Skip to main content

Full text of "La prima parte della Via Appia dalla Porta Capena a Boville"

See other formats


fi,S--;^^ 


/ 


^A,  ',(-i      '-"-'■  M<^. 


Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2009  with  funding  from 

Research  Library,  The  Getty  Research  Institute 


http://www.archive.org/details/laprimapartedell01cani 


VIA     A  P  P  I  A 


DALLA  PORTA  CAPENA  A  BOVILLE 


DESCRIZIONE 


LA  PRIMA  PARTE 

DELLA  VIA   APPIA 

DALLA  PORTA  CAPENA  A  BOVILLE 

DESCRITTA  E  DIMOSTRATA  CON  I  MONUMENTI  SUPERSTITI 
DAL  COMMENDATORE  L.  CANINA 

IN  SEGUITO  DELLE  REGOLARI  SCAVAZIONI  E  LAVORI  DIVERSI 
ESEGUITI     PER     LODEVOLI     DISPOSIZIONI 

DEL  GOVERNO  PONTIFICIO 
dall'anno  mdcccl  al  mdcccliii 


ONDE  PROCDBARNE  IL  RISTABaiMENTO 


VOLUME  l. 

DESCRIZIONE 


ROMA 


NELLO  STABIL.  TIPOGR.  DI  G.  A.  BERTINELLl. 
1853. 


(>F.  XTE     vixiriA 


^': 

X. 

^1 

'- 

■    ■    -      il 

z 

^ 

'\ 

o 

'S 

-■  1 

k- 

■s 

' 

?: 

x^ 

§ 

,  l 

^ 

%1- 

Wm 

>^ 

V 

4 

_. 

■  ^ 

ÌS 

^ 

- 

^ 

"^ 

•     'ji^ 

(S 

■ .  ,      ■ 

^ 

v^»-^.  -^-  ^-)  BfHrit 

IHIi 

1 

IlilHiili  1 

1" 

F                            :          •                                       1 

PREFAZIONE 


Dopo  l'abbandono  di  quella  parte  dell'antica  \ia  Appia,  che  da  poco  oltre 
il  ben  noto  monumento  di  Cecilia  Metella  progrediva  sino  alle  adiacenze 
dellantica  città  di  Boville,  ove  la  strada  moderna  fu  portata  a  coincidere 
sulla  via  antica  sino  ad  Albano ,  era  oggetto  di  universale  desiderio  il  suo 
ristabilimento;  e  ciò  non  tanto  per  vedere  restituita  all'uso  pubblico  siffatta 
parte  di  via  piìi  breve  e  piti  amena  di  quella  moderna  che  esce  dalla  porta 
di  s.  Giovanni ,  quanto  per  ottenere  di  scuoprire  le  reliquie  degli  antichi  mo- 
numenti esistenti  lungo  la  stessa  via.  Siffatto  desiderio  si  prendeva  princi- 
palmente in  considerazione  quando  il  sommo  pontefice  Pio  VI  portava  ad 
effetto  il  ristabilimento  dell'altra  parte  della  stessa  via  Appia  che  traversa 
tuttora  l'agro  Pontino  bonificato  per  le  cure  sue,  e  ne  faceva  coniare  espres- 
samente una  medaglia  nell'anno  XIY  del  suo  pontificato.  Quindi  successiva- 
mente, dopo  il  ritorno  in  Roma  del  sommo  pontefice  Pio  VII.  si  sollecitava  lo 
stesso  ristabihmento  precipuamente  per  le  cure  del  zelantissimo  avvocato  Car- 
lo Fea  ;  poiché  considerava  egli  che  era  in  allora  cessato  il  motivo  di  alcuni 
riguardi  dovuti  dall'anzidetto  pontefice  Pio  VI  ad  alcune  particolarità  per  esse- 
re stati  già  demoliti  alcuni  muri  di  cinta  che  chiudevano  certi  terreni  esistenti 
verso  il  termine  dell'indicata  parte  della  via  antica.  Quindi  colla  cooperazione 
precipuamente  di  monsignor  Nicolai ,  eziandio  molto  amante  delle  opere  di 
utihtà  pubblica,  ne  proponeva  prima  la  esecuzione  nellanno  181"  per  ser- 
vire di  nobile  dimostrazione  ad  offrirsi  al  re  Ferdinando  delle  Due  Sicilie . 
facendolo  passare  per  detta  via  allorché  aveva  divisato  di  portarsi  a  Ro- 
ma; e  poscia  per  altra  simile  dimostrazione  a  darsi  all'imperatore  d'Austria 
Francesco  I  al  suo  ritorno  da  Napoli.  Ed  in  ciò  assicurava  egli  avere  otte- 
nuto la  cooperazione  del  duca  Giovanni  Torlonia,  che  già  era  divenuto  pro- 
prietario di  alcuni  grandi  tenimenti  posti  lungo  la  stessa  prima  parte  della 
via  Appia;  ed  anzi,  oltre  al  togliere  ogni  impedimento  al  libero  transito  lun- 


6  PREFAZIONE. 

go  di  essa,  aveva  offerto  generosamente  una  ragguardevole  somma  di  da- 
naro, affinchè  fosse  tale  piano  portato  ad  effetto  con  maggiori  facilitazioni, 
come  lo  stesso  Fea  faceva  particolarmente  conoscere  in  principio  del  suo 
opuscolo,  pubblicato  nell'anno  1833,  sul  ristabilimento  della  via  Appia  da 
Roma  a  Brindisi.  Eziandio  nell'anno  1845,  accadendo  di  dovere  rinnovare 
il  suolo  di  selci  della  strada  nazionale  di  Albano  dall'osteria  di  Tor  di  mez- 
za via  a  quella  delle  Fratlocchie,  si  proponeva  di  abbandonare  tale  strada 
e  portarla  lungo  la  via  antica  in  vicinanza  della  villa  dei  OuÌQtilii  facendone 
la  deviazione  in  prossimità  del  ponte  Pignatelli.  Ed  a  cooperare  ed  ottene- 
re la  approvazione  di  un  tale  parziale  ristabilimento,  mi  si  chiedeva  una 
dimostrazione  sulla  sua  utilità  ed  importanza  che  non  faceva  punto  ritardare. 
Però  tutto  ciò,  che  sino  allora  erasi  promosso  su  tale  importante  oggetto,  si 
riduceva  a  puro  desiderio  di  tutte  quelle  persone  che  ne  prendevano  inte- 
ressamento; mentre  per  altra  parte  alcuni  ben  noti  intraprendenti  di  lavori 
stradali  continuavano  a  distruggere  il  superstite  suolo  della  via  antica  per 
profittare  dei  grandi  massi  di  selci  e  degli  altri  materiali  che  ricavavano 
dalla  demolizione  degli  antichi  monumenti,  e  mentre  veniva   sempre  più 
troncato  il  transito  da  staccionate  e  macerie,  che  s'interponevano  per  como- 
do degli  adiacenti  tenimenti.  Quando  nel  principio  dell'anno  1850,  impren- 
dendosi regolari  scavazioni  lungo  la  stessa  via  per  private  speculazioni,  ve- 
nivano maggiormente  spogliate  le  poche  reliquie  degli  stessi  antichi  mo- 
numenti, che  si  scuoprivano  ;  e  né  per  lo  scopo,  a  cui  erano  destinate  quelle 
scavazioni,  si  poteva  pretendere  maggior  buon  successo.  Su  di  ciò  palesan- 
dosi generalmente  sommo  dispiacere,  si  venne  nella  determinazione  di  for- 
malmente riconoscere  lo  stato  di  tali  operazioni  con  alcune  ispezioni  fatte 
coli' intervento  del  commendatore  Camillo  Jacobini  ministro  del  commer- 
cio e  di  varii  consiglieri  della  Commissione  generale  di  antichità  e  delle 
belle  arti.  Servirono  tali  gite  a  far  conoscere  la  convenienza  e  la  utilità 
di  porre  termine  a  taH  parziali    scavazioni  e  d'imprenderne  delle  regolari 
per  conto  del  governo,  onde  portare  ad  effetto  il  ristabilimento  della  me- 
desima parte  della  via  Appia  cotanto  desiderato.  Dopo  alcune  pratiche  te- 
nute a  tale  effetto,  e  promosse  dal  solo  amore  per  la  conservazione  dei  mo- 
numenti antichi,  ebbi  la  soddisfazione  di  vedere  concessa  la  sovrana  approva- 
zione. Quindi  per  procedere  regolarmente  e  con  accordo  dei  proprietari 
degli  adiacenti  tenimenti,  si  vennero  a  stabilire  convenzioni  eque,  che  fu- 
rono da  essi  accolte  giustamente  con  soddisfazione  in  vista  dell'utile  grande 
che  si  procurava  alla  storia,  all'arte,  ed  al  bene  anche  del  commercio,  senza 
alcun  loro  pregiudizio.  Ponendo  in  generale  per  base  che  il  diritto  di  qua- 


PREFAZIONE.  i 

lunque  pertinenza  pubblica  non  può  soffrire  danno  da  un  temporaneo  ab- 
bandono, ed  in  specie  ciie  l'area  occupata  dalla  via  antica  era  anche  esclu- 
sa dalla  proprietà  particolare  nei  tipi  censuali,  ne  derivò  la  giusta  conse- 
guenza di  non  dare  motivo  ad  opposizioni  la  sua  restituzione  al  pubblico 
uso.  Ma  bensì  per  comprendere  nella  restituzione  della  proprietà  pubblica 
le  reliquie  dei  comuni  monumenti  sepolcrali,  che  si  trovano  sussistere  lungo 
la  medesima  via,  si  conobbe  essere  necessario  di  dilatare  lo  spazio  a  non 
meno  di  cento  palmi  di  larghezza.  Per  il  di  più  del  terreno,  che  con  laU  di- 
mensioni si  veniva  ad  occupare  da  quanto  era  proprio  della  via  con  le  sue 
crepidini  e  dei  monumenti  antichi,  che  sempre  sono  di  proprietà  del  go- 
verno, si  convenne  di  costruire  lungo  i  lati  dello  stesso  spazio  regolari  ma- 
cerie con  i  sassi  informi  che  si  rinvenivano  nelle  scavazioni  e  di  collocare 
cancelli  di  legno  negh  accessi  ai  varii  riparti  delle  adiacenti  tenute.  Così 
si  potè  dare  cominciamento  al  lavoro  delle  scavazioni  con  regolare  metodo 
e  con  comune  approvazione  nel  mese  di  decembre  dellanno  1850;  e  di 
seguito  continuarle  nelle  due  stagioni  del  successivo  anno  1851  tra  il  quar- 
to ed  il  settimo  migho.  Poscia  nelle  due  stagioni  dell'anno  seguente  1852 
si  portavano  le  scoperte  e  le  sistemazioni  della  via  sino  al  miglio  nono. 
Quindi  nella  stagione  di  primavera  del  corrente  anno  1853  si  continuavano 
gli  stessi  lavori  sino  all'undecimo  miglio  della  via,  con  i  quali  si  venne  a  por- 
tarne la  congiunzione  con  quella  di  Albano  che  riprende  l'andamento  della 
via  antica.  E  ciò  facevasi  con  universale  soddisfazione  e  con  quei  mezzi  limi- 
tati che  venivano  a  tale  oggetto  speciale  concessi  usando  la  maggiore  economia 
possibile  in  ogni  specie  di  lavoro  che  venne  regolarmente  appaltato  a  buoni 
ed  attivi  intraprendenti.  Il  zelo,  prestato  dall'anzidetto  Ministro  per  portare 
ad  effetto  l'opera  stessa  e  vincere  ogni  difficoltà  che  si  frappose ,  è  stato 
grande;  ed  egli  perciò  si  è  reso  meritevole  di  ogni  lode. 

Infatti  quando  si  considera  che,  per  lo  scavamento  dell'altezza  raggua- 
ghata  di  metri  due  nella  larghezza  di  circa  venti  metri,  con  trasporto  delle 
terre  oltre  tale  misura  nella  lunghezza  di  più  di  miglia  sette,  per  la  siste- 
mazione del  piano  stradale  in  tutta  la  medesima  estensione  e  di  più  col 
riattamento  della  strada  sino  alla  chiesa  di  s.  Sebastiano,  quindi  per  la  co- 
struzione in  ambo  i  lati  delle  macerie  nella  stessa  lunghezza ,  ed  inoltre  per 
il  ristabilimento  di  varii  monumenti  antichi  discoperti  ed  adornati  con  le  re- 
liquie superstiti,  si  contenne  in  tre  anni  la  spesa  a  non  oltrepassare  la  somma 
di  scudi  sedici  mille,  si  dovrà  certamente  apprezzare  l'opera  stessa.  E  ciò 
vieppiù  quando  si  osserverà  che  la  stessa  opera  non  è  d'interesse  semplice- 
mente locale,  ma  di  tutto  lo  Stato,  ed  anche  può  dirsi  di  tutte  quelle  nazioni 


8  PREFAZIONE. 

che  hanno  fatto  parte  dell'antico  impero  romano  e  che  conservano  per  base 
del  loro  incivilimento  le  vetuste  istituzioni  romane  ;  quindi  esse  ne  prendono 
grande  interessamento,  e  se  non  partecipano  direttamente  alla  spesa,  vi  con- 
tribuiscono però  largamente  col  concorso  che  viene  effettuato  di  continuo  per 
visitare  le  medesime  importanti  scoperte.  Il  sommo  pontefice  Pio  IX  nel 
giorno  13  del  mese  di  maggio  dell'anno  1852,  portandosi  a  visitare  quasi  tutto 
il  lavoro  sin'allora  eseguito,  ne  riconosceva  la  importanza  e  ne  dimostrava 
la  piena  sua  soddisfazione.  Quindi  a  render  più  ampia  l'approvazione  sovra- 
na di  sì  lodevole  opera,  e  nel  tempo  stesso  a  conservarne  degna  memoria, 
ordinava  egli  che  per  l'anno  settimo  del  suo  pontificato  la  medaglia,  che 
suole  coniarsi  in  ogni  anno  alla  ricorrenza  della  festività  di  s.  Pietro,  offrisse 
nel  rovescio  la  rappresentanza  del  luogo,  in  cui  ebbe  cominciamento  la  resti- 
tuzione della  via  Appia  con  la  effigie  del  santo  martire  Sebastiano ,  che  ivi 
stesso  si  venera  nella  chiesa  innalzata  da  antichi  tempi,  e  coU'epigrafe  :  via 

APPIA  .  RESTITVTA  .  A  .  TEMPLO  .  S.  SEBASTIANI  .  AD  .  BOVILLAS.  Di  pili,  ricono- 
scendosi conveniente  di  rinnovare  la  croce  che  esisteva  avanti  la  medesima 
chiesa,  si  è  innalzato  lo  stesso  simbolo  della  cristianità  sopra  una  colonna  di 
granito  coll'indicazione  scritta  in  due  lati  del  suo  marmoreo  piedestallo  che 
dichiara  essere  stata  dedicata  dal  sommo  pontefice  Pio  IX  nellànno  settimo 
del  suo  pontificato  al  medesimo  santo  martire;  e  nel  lato  rivolto  verso  l'opera 
eseguita  si  aggiunse  la  particolare  dichiarazione  :  qvvm  .  vu  .  appia  .  hinc  .  ad  . 
BOVU.LAS  .  RESTiTVEBATVR.  Così  all'universale  approvazione  dell'opera  stessa 
si  aggiunse  nobilmente  quella  di  chi  superiormente  governa. 

In  vista  di  tanta  importanza  era  con  la  piiì  grande  soddisfazione  che  io 
assumeva  la  direzione  dei  lavori  per  l'adempimento  di  quell'opera  stessa  che 
aveva  promossa,  e  quindi  con  il  maggior  impegno  ne  procurava  il  miglior 
buon  successo  possibile.  In  seguito  di  ciò  si  rendeva  necessario  che  ne  espo- 
nessi una  descrizione,  onde  non  andasse  perduta  la  memoria  dei  ritrova- 
menti fatti  in  tali  scavazioni,  e  nel  tempo  stesso  fosse  conosciuta  nel  mighor 
modo  la  importanza  dei  monumenti  superstiti.  Ma  tra  la  moltipHcità  delle 
varie  memorie  antiche,  che  furono  collocate  lungo  la  stessa  parte  della  via  Ap- 
pia dal  principio  del  suo  stabilimento  sino  al  termine  dell'impero  romano,  tra 
gli  esterminabili  spogli  fatti  nei  secoli  di  mezzo,  tra  le  grandi  distruzioni 
continuate  posteriormente  per  ricavarne  materiale  da  costruzione  e  quanto 
rimaneva  di  pregievole,  e  tra  la  poca  cura  che  si  ebbe  nel  conservare 
precise  notizie  delle  scoperte  fatte  anche  nei  tempi  a  noi  più  prossimi  al- 
lorché già  si  promuovevano  scoperte  apparentemente  di  utilità  artistica  e 
storica ,  sono  ben  lontano  dal  credere  di  avere  con  questa  giudicata  neces- 


PRERUIONE.  9 

saria  esposizione  supplito  a  quanto  si  richiedeva  dall'importanza  dell'og- 
getto. Quindi  mi  limito  a  credere  di  avere  con  essa  solo  agevolato  il  mezzo 
ad  altri,  che  ne  volessero  assumere  la  cura  d'illustrare  gli  stessi  monumenti 
discoperti,  coll'offrire  loro  raccolte  piìi  gran  numero  di  memorie  di  quanto 
mai  si  sia  fatto  sulla  medesima  prima  parte  dell'antica  via,  ed  anche  di 
averne  esposta  una  più  ampia  idea  della  moltiplicità  e  della  nobiltà  dei  mo- 
numenti di  cui  essa  era  adorna. 

L'opera  però  del  ristabilimento  della  medesima  parte  della  via  Appia 
e  della  scoperta  degli  antichi  monumenti  non  può  considerarsi  compita  con 
i  lavori  sin'ora  eseguiti  ;  perchè  è  primieramente  meritevole  di  considera- 
zione l'osservare  che  il  suolo  discoperto  della  via  antica  appartiene  in  più 
gran  parte  ai  rialzamenti  fatti  nei  ristauri  eseguiti  dopo  la  caduta  dell'im- 
pero romano  impiegando,  per  economia  di  lavoro,  massi  diversi  di  pietra 
che  furono  collocati  sopra  il  suolo  più  antico.  Non  si  può  però  ristabilire 
la  via  sul  medesimo  primo  suolo  senza  scomporre  tutto  il  piano  stradale 
e  distruggere  gran  numero  di  monumenti  antichi  stabiliti  sullo  stesso  suolo 
rialzato  :  ma  bensì  si  rende  necessario  di  fare  dihgenti  ricerche  nei  lati  della 
via  al  di  sotto  del  suo  piano  per  scuoprire  quanto  vi  può  essere  sepolto, 
dalla  quale  operazione  si  devono  attendere  felici  risullamenti  ;  perchè  le 
scavazioni  dei  ricercatori  di  antichità  non  furono  comunemente  protratte  a 
tanta  profondità,  come  fu  già  dimostrato  da  alcuni  parziali  scavi  che  fecero 
rinvenire  oggetti  pregievoli.  Manca  ancora  di  avvicinare  di  più  alla  città  lo 
scuoprimento  della  via  antica  dal  quarto  miglio,  ove  ebbe  principio  la  sco- 
perta sin'ora  eseguita,  e  di  portarla  almeno  sino  al  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
tella,  cioè  in  circa  al  miglio  terzo.  Ed  in  tale  parte  di  via  è  da  sperare 
che  possino  tornare  alla  luce  importanti  monumenti  ;  giacché  i  lati  della  via, 
per  essere  occupati  da  muri  di  cinta,  non  andarono  soggetti  a  grandi  sca- 
vazioni dei  ricercatori  di  oggetti  antichi.  E  manca  eziandio  il  ristabilimento 
dei  monumenti  discoperti,  o  almeno  il  collocamento  delle  varie  rehquie  or- 
namentali di  essi  in  modo  che  possano  trovarsi  al  sicuro  dalle  comuni  de- 
vastazioni, come  già,  seguendo  il  nobile  esempio  dato  dal  Canova  nel  rista- 
bilimento del  sepolcro  di  Marco  Servilio  Quarto,  se  ne  sono  ricomposti  nel 
miglior  modo  possibile  circa  dodici  :  ma  ne  mancano  moltissimi  altri  ed  in 
particolare  alcuni  grandissimi  ed  importantissimi,  come  può  considerarsi 
quello  volgarmente  detto  Casal  rotondo.  Quindi  solamente  quando  saranno 
portate  a  compimento  le  indicate  scoperte  ed  i  necessarii  ristabilimenti  si  po- 
trà fare  una  accurata  e  studiata  esposizione  della  medesima  prima  parte 
della  via  Appia.  Ed  a  renderla  più  completa ,  quando  si  volesse  da  altri 

2 


I  {)  PREFAZIONE. 

imprendere,  non  mancherò  di  prestarmi  in  ciò  che  possa  essere  utile  a  faci- 
litarne gli  sludj.  Altrimenti,  se  non  mi  verranno  meno  le  forze,  e  se,  ciò 
che  pili  si  rende  necessario,  non  mi  mancheranno  i  mezzi  pecuniari,  pro- 
curerò di  supplire  con  altra  nuova  pubbUcazione  più  studiata  ed  anche  mag- 
giormente ampliata. 

La  enunciata  esposizione,  che  è  proposta  a  supplire  temporaneamente 
ad  alcuna  più  ampia  opera,  viene  preceduta  da  varie  notizie  prehminari 
che  si  sono  giudicate  necessarie  di  riferire  per  la  maggior  conoscenza  di 
tutto  ciò  che  concerne  la  medesima  prima  parte  della  via,  e  particolarmente 
alcune  memorie  su  tutti  gli  studj  e  le  pubblicazioni  precedentemente  fatte 
sul  medesimo  argomento.  Quindi  si  offre  essa  suddivisa  in  dodici  parti,  cioè 
in  altrettanti  spazj  compresi  tra  le  colonne  migliane  che  compongono  la  me- 
desima porzione  di  via  che  si  protrae  dalla  porta  Capena  a  Boville.  Si  sono 
denotati  siffatti  partimenti  semplicemente  col  titolo  tra  l'uno  e  l'altro  mi- 
glio, per  signiGcare  lo  spazio  interposto  ai  termini  senza  ripetere  tra  luna 
e  l'altra  lapide  o  colonna  migliaria,  i  quali  limiti  pure  dagli  antichi  si  so- 
levano accennare  col  vocabolo  milliario.  Con  questa  divisione  si  è  ottenuto 
di  rendere  più  chiaramente  palese  quanto  sussiste,  e  di  togliere  ogni  in- 
tralcio in  tutto  ciò  che  si  è  preso  ad  illustrare.  A  siffatta  esposizione  de- 
scrittiva viene  successivamente  aggiunta  per  prima  appendice  una  ben  stu- 
diata dimostrazione  sulla  precisa  estensione  dell'antico  migho  romano  per 
servire  di  base  alla  determinazione  delle  colonne  migliarle  lungo  la  stessa 
parte  della  via  Appia,  che  furono  interamente  distrutte  o  tolte  dal  proprio 
luogo.  Inoltre  da  una  seconda  appendice  viene  la  stessa  esposizione  descrittiva 
corredata,  la  quale  contiene  una  indicazione  topograflca  che  compie  il  primo 
volume,  e  che  serve  come  d'indice  a  tutto  quanto  fu  preso  a  descrivere 
nella  medesima  esposizione. 

Considerando  poi  che  non  si  può  mai  bene  raggiungere  lo  scopo  di 
dimostrare  tutto  ciò  che  è  relativo  alle  opere  di  arte  senza  il  soccorso  di 
alcune  figure  che  ne  facciano  conoscere  le  forme,  si  è  creduto  necessario 
di  aggiungere  un  secondo  volume  che  contiene  un  ragguardevole  numero  di 
tavole  rappresentanti  i  principali  monumenti  scoperti  lungo  la  medesima  parte 
della  via,  tanto  esposti  nel  loro  stato  di  rovina  quanto  nell'intera  loro  forma 
e  decorazione,  quale  può  più  convenientemente  dedursi  dalle  stesse  reUquie 
discoperte.  E  con  ciò  si  è  suppUto  nel  migUor  modo,  che  veniva  concesso, 
a  quanto  si  rendeva  necessario  di  esporre  su  tanto  importante  oggetto,  e 
sulle  scoperte  fatte  dal  mese  di  decembre  dell'anno  1850  sino  al  mese  di 
aprile  dell'anno  1853,  in  cui  fu  pubblicata  la  enunciata  esposizione. 


NOTIZIE    PRELIMINARI 


Benché  la  enunciata  esposizione  sulla  prima  parte  della  via  Appia , 
compresa  tra  la  porta  Capena  della  vetusta  cinta  di  Roma  e  l'antica  città 
di  Boville,  fatta  astrazione  di  tutto  ciò  che  può  essere  relativo  alla  sua 
importanza,  sia  la  più  estesa  di  ogni  altra  pubblicazione  che  sin' ora  sia- 
si fatta  sul  medesimo  argomento;  pure  mi  è  d'uopo  dichiarare  primiera- 
mente, come  già  feci  per  altra  particolare  esposizione  topografica,  che  il 
dimostrare  la  celebrità  della  stessa  antica  via  Appia  con  quanto  ne  han- 
no riferito  gH  antichi  scrittori,  e  trovasi  tuttora  palesato  dai  monumenti 
superstiti ,  porterebbe  a  ripetere  ciò  che  le  tante  volte  fu  esposto  da  tutti 
coloro  che  hanno  preso  ad  illustrare  lo  stesso  importante  argomento.  Ed 
anzi  si  rende  opportuno  l'osservare  che  è  volgare  consuetudine  il  ridire  la 
sentenza  di  Stazio,  con  cui  vedesi  attestato  essere  stata  la  via  xVppia 
considerata  quale  Regina  delle  vie  lunghe.  Ma  è  altresì  necessario  l'indi- 
care che  a  tale  sentenza  non  trovasi  poi  corrispondere  l'altra  dello  stesso 
poeta,  con  cui  faceva  conoscere  che  tale  via  non  avrebbe  mai  invecchiato 
coll'avauzare  degli  anni  (1);  perciocché,  nonostante  la  indicata  sì  vantata 

(1)  Flectere  iam  cupidiim  gressus,  qua  limite  noto 

Appia  longarum  teritur  regina  viarum. 

f Stazio,  Silv.  Lib.  II.  l  IL  r.  11  e  12 J 
Haec  donec  via,  te  regente  terras. 
Annosa  magis  Appia  senescat. 

(Stazio,  Silv.  Lib.  IV.  §.  ///.  in  fine.) 
La  indicata  prima  notizia  venne  riferita  da  Stazio  descrivendo  la  villa  Surrentina  di 
Pollione  Felice,  alla  quale  si  accedeva  da  Roma  col  mezzo  della  via  Appia;  e  la  secon- 
da facendo  menzione  delle  grandi  opere  fatte  da  Domiziano  per  la  via  da  lui  stabilita 
che  si  diramava  dalla  medesima  via  Appia.  La  qualifica,  data  da  Stazio  alla  stessa  via 
Appia  di  Regina,  si  potrebbe  forse  contestare  pure  da  una  iscrizione  riferita  dal  Rei- 
nesio  (Classe  II.  N.  84),  e  rinvenuta  tra  la  via  Appia  e  Latina,  in  cui  leggesi  nella  terza 


12  VIA   APPIA 

sua  celebrità,  fu  ridotta  nella  sua  prima  parie,  ch'era  la  piìi  nobilmente 
decorata,  non  solo  abbandonata,  ma  quasi  per  intero  compresa  nelle 
private  proprietà  contro  ogni  autorevole  prescrizione  di  pubblico  diritto.  È 
eziandio  a  comune  conoscenza  la  tradizione  storica  sull'origine  dello  sta- 
bilimento o  almeno  del  suolo  di  pietre  fatto  lungo  la  medesima  via,  che 
ebbe  luogo  nellanno  412  di  Roma,  mentre  era  rimasto  solo  Appio  Clau- 
dio nella  censura,  come  vedesi  attestato  da  varii  autorevoli  documenti  (2). 

linea v.  appiae  regin se  la  stessa  iscrizione  non  fosse  tanto  fram- 
mentata, e  se  tale  indicazione  non  si  dovesse  attribuire  ad  altro  nome,  come  fu  sup- 
posto, per  essere  la  iscrizione  stessa  relativa  ad  alcune  opere  fatte  ad  un  tempio  d'Iside. 
(2)  El  censura  darà  eo  aniw  fài2,^  Appli  Oaiidii  et  C.  Plautii  fuit:  memoriae  tamcnfe- 
licioris  ad  posteros  nomen  Appii,  qitod  viam  miinivit,  et  aquam  in  Urbem  diixit,  eaque  unus 
perfecit;  quia  oh  infamem  atque  invidiosam  senatus  lectionem  verecundia  victus  collega,  magi- 
stratu  se  abdicaverat.  ("Livio.  Lih.  IX.  e.  29.J  Ciò  è  dicliiarato  da  Frontino  indicando  egli 
quelPopera  essersi  impresa  a  fare  nel  trentesimo  primo  anno  dopo  il  cominciamento  della 
guerra  sannilica,  che  ebbe  luogo  secondo  Livio  nellanno  411  fLib.  VII.  e.  29;.-  31.  Va- 
lerio Maximo,  P.  Decio  Mure  Coss.,  anno  post  inilium  Samnitici  belli  XXXI,  aqiia  in  Ur- 
bem inducta  est  ab  Appio  Claudio  Crasso  censore,  cui  postea  Cucco  fuit  cognomen,  qui  et  viam 
Appiam  a  porta  Capena  usque  ad  urbem  Capuam  muniendam  curavit  ^Frontino,  De  aqueducti- 
bus  e.  òj.  Ne  fu  anche  dato  un  cenno  da  Cicerone  dicendo  di  Appio  Claudio:  ideo  viam  mu- 
nivit.  fOralio  Pro  M.  Caelio.  e.  14  e«  De  Senectute.  e.  Q.J  E  similmente  ciò  vedesi  dichiarato 
da  Sesto  Aurelio  Vittore  :  Appius  Claudius  Caecus  in  censura  libertinos  quoque  in  sena- 

lum  legit Viam  usque  Brundisium  lapidibus  stravit;  unde  illa  Appio  dieta.  Aquam 

Anienem  in  Urbem  induxit.  Censuram  solus  omni  quinquennio  obtinuit.  (De  Viris  Illustr.  e.  34y' 
In  queir  iscrizione,  che  esiste  nel  museo  di  Firenze,  e  che  contiene  un  elogio  dello  stesso 

Appio  Claudio,  si  appropria  a  lui  stesso  la  medesima  opera:  APPivs  CLAVDivs m 

CEssvBA  VIAM  APPLVsi  STRAVIT fOrclK,  luscript.  N.  ÒS9.J  Da  Diodoro  poi  giu- 
stamente si  riferiva  che  solo  la  massima  parte  della  via  Appia  era  stata  lastricata  da  Ap- 
pio Claudio  ;  poiché  alcune  parti  di  tale  opera  si  conoscevano  essersi  eseguite  nel  seguito  ; 
[xs^x  OS  raùru  r?,;  à'f  iav-cì»  zJ.'/jSjjjvj;  'Arr-t'ag  cosò  zo  tù.ìÌcj  (xipo^  liBci;  ariOcsT; 
zxT-7roi)ff-y  ixkò  'PcÓ/jI>jj  p-iy^pi  Kanv/i;,  cvtcc  zoO  Siaff-Jj^aarc;  a-xota-j  nlBié'jcùv  t  yi- 
Xf'cuv,  zat  To5y  -órrwv  tcO;  p.h  vn-pi/pvxxg  dtxaxx'^xg,  zov;  8i  (pxpar/'^udii;  'h  y.oikouz 
xvxIyìij.'j.xgvj  x^toXcyotg  i^iiyasxg.  (Diodoro.  Lib.  XX.  e.  36.J  Vedesi  pure  contestata  tale 
opera  ad  Appio  Claudio  da  Procopio,  dicendolo  però  console  invece  di  censore,  ed  esegui- 
ta novecento  anni  prima  del  tempo  in  cui  egli  la  percorse  :  ~-r;j  'kznixj  sósy  àciìg  vj 
àptazspx,  -fly  "Atttijcj  6  'Pu;j.xiav  vr.aro;  ì'JVT/.caiot;  èyixvzcìg  npózzpo'j  ìnoir,ui  ts  xaì 
tn'irjMiio-i  ET/sv.  'EffTÌ  5i  h  'ATmia  cShg  ^ix-pSrj  ni'jzz  mopì  vòZ,cùva'  ìv.  'Pij/xvjg  yap  avrti 
ig  KxU'jYìv  or/jXcj"  tòpo-  M  £7T!  T^;  cQox)  rau'-vj;  cusv  àfix^xg  dva  xX>:iìKaig  ivxvzia: 
rjvxt,  y.xì  inzvj  x^toBixzo;  t.x-ìz'stì  \J.x\i.r:zx.  (Procopio,  Guerra  gotica.  Lib.  I.  e.  lA.J  Lo 
stesso  si  rinvenne  anche  registrato  nella  cronaca  di  Eusebio,  però  in  corrispondenza  del- 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  13 

Però  ciò  che  non  è  tuttora  ben  stato  dichiarato,  relativamente  allo  sta- 
bihmento  della  prima  parte  di  tale  via,  presa  ora  a  considerare,  è  che 
essa  non  dovette  ancora  essere  nel  detto  primo  suo  stabilimento  lastri- 
cata e  nemmeno  resa  di  quella  ampiezza  che  ebbe  nel  seguito;  poiché 
da  Livio  si  dice  solo  nell'anno  456  essersi  fatto  il  suolo  con  pietre  squa- 
drate della  semita,  cioè  piccola  via,  che  dalla  porta  Capena  metteva  al 
tempio  di  Marte,  ciò  che  costituiva  il  principio  della  via  Appia;  e  quin- 
di essersi  nell'anno  459  lastricata  con  selci  la  stessa  via  che  dal  medesi- 
mo tempio  di  Marte  giungeva  sino  a  Boville  (3).  Ma  poi  è  importante 
l'osservare  che,  per  essersi  consumato  il  suolo  dell'indicato  primo  tratto, 
posto  tra  la  porta  Capena  ed  il  tempio  di  Marte,  essendo  fatto  eviden- 
temente con  la  pietra  albana  squadrata,  che  è  di  qualità  molto  tenera ,  si 
dovette  esso  nell'anno  563  rifare  con  selci  ed  anche  amphare;  poiché  da 
Livio  non  si  disse  più  semita ,  ma  via  (4).  Così  appropriando  l'uso  di  for- 
mare il  suolo  con  ghiaia  delle  crepidini  alle  sole  strade  fuori  di  Roma,  che  in 
città  era  fatto  con  pietre   squadrate,  si  deve  credere  che  nell'anno  578 

Tanno  430  forse  per  errore  dei  trascrittori  :  Appius  Claudius  Caectis  Romae  clarus  habetur, 
qui  aquam  Claudiam  induxit  et  viam  Appiani  stravit.  Ann.  R.  CDXXX.  Quindi  in  seguito 
di  tali  autorevoli  documenti  si  deve  credere  che,  se  per  l'avanti  esisteva  una  qualche 
via  nel  luogo  stesso  occupato  dall'Appia,  come  può  dedursi  da  quanto  è  riferito  da  Li- 
vio in  corrispondenza  dellanno  413  con  queste  parole  dette  a  riguardo  dei  militi  in- 
sorti nella  Campania  che  si  avvicinarono  a  Roma:  infesto  agmine  ad  lapidem  octavum 
viae,  quae  mine  Appia  est,  perveniunt  (Lib.  VII.  e.  39j,  doveva  essere  però  tale  via  per 
più  gran  parte  semplicemente  tracciata  nel  terreno  e  coperta  con  ghiaia  ;  giacché  il 
merito  di  averla  impresa  a  lastricare  con  grandi  selci  si  deve  decisamente  attribuire  al 
suddetto  Appio  Claudio. 

(3)  Eodem  anno  (456)  Cn.   et  Q.  Ogulnii  aediles  curules semitamqtie  saxo 

quadrato  a  Capena  porta  ad  Martis  straverunt.  (Livio.  Lib.  X.  e.  23  J  —  Eodem  anno  f459,)  ab 
aedilibus  curulibus,  qui  eos  ludos  feceriml,  damnatis  aliquot  pecuariis,  via  a  Martis  silice  ad 
Bovillas  perstrata  est.  (Livio.  Lib.  X.  e.  il.J 

(4)  Censores  Romae  T.  Quinctius  Fìamininus  et  M.  Claudius  Marcellus  senatiim  perle- 

gerunt Substructionem  super  Aequimaelium  in  Capitolio,  et  viam  silice  sternendam  a 

porta  Capena  ad  Martis  locaverunt.  (Livio.  Lib.  XXXVIII.  e.  28.^  Evidentemente  nelPepoca 
stessa,  riducendosi  da  semita  a  via  l'indieato  primo  tratto  della  via  Appia,  si  dovette  pure 
spianare  il  clivo  detto  di  Marte  che  faceva  parte  dello  stesso  principio,  come  può  de- 
dursi dalla  ben  nota  iscrizione  che  indica  una  tale  opera,  la  quale  vedesi  scritta  con 
ortografia  vetusta  e  propria  di  quell'epoca  :  senatvs  popvlvsqve  romanvs  clivom  mar- 
tis PECVNiA  pvBLiCA  IN  PLAJJiTiAM  REDEGENDVM  cvRAViT.  Siffatta  circostanza  meglio  ver- 
rà nel  seguito  dimostrata. 


14  VU    APPI  A 

fossero  in  tal  modo  coperti  i  suoli  delle  crepidini  della  via  Appia,  e 
trattenute  con  margini  sostruiti ,  come  è  eziandio  dichiarato  da  Li- 
vio (5).  Diverse  altre  grandi  opere  furono  nel  seguito  eseguite  lungo  la 
medesima  via,  che  saranno  successivamente  prese  a  descrivere  :  ma  ciò 
che  merita  speciale  considerazione,  perchè  rendeva  grandemente  ammira- 
bile la  stessa  via,  era  la  quantità  immensa  dei  sepolcri  che  furono  edifi- 
cati nei  suoi  lati  per  seguire  il  lodevole  uso  accennato  da  Varrone,  cioè 
di  servire  ad  un  tempo  di  ammonizione  ai  passaggieri,  e  di  ricordo  es- 
sere essi  mortali,  come  quei  sepolti  (6).  Quindi  è  che  questi  stessi  monu- 
menti somministreranno  principale  argomento  alla  enunciata  esposizione. 

Però  dell'indicata  sì  vantata  magnificenza  della  stessa  parte  dell'an- 
tica via  Appia  ora  sussistono  solo  poche  reliquie,  le  quali  vedonsi  inol- 
tre grandemente  spogliate  dei  più  nobili  loro  ornamenti.  Quel  suo  suo- 
lo, che  aveva  fatto  ancora  nel  quinto  secolo  l'ammirazione  di  Procopio 
dicendolo  composto  con  pietre  levigate  e  piane  con  angoli  perfettamente 
congiunti  che,  nonostante  l'atrito  in  lungo  tempo  prodotto  dai  molti  carri 
e  dagli  animali  diversi  che  vi  transitarono,  non  eravi  avvenuto  alcun 
danno,  quasi  per  intero  si  trova  ora  mancare;  e  ciò  non  già  per  difetto 
di  governative  disposizioni ,  ma  per  particolari  speculazioni  (T).  E  si- 
fa)   Censores  eo  anno  (578)  creati  Q.  Fulvius  Flaccus  et  A.  Postumius  Aìbinus  legerunl 

senatum Censores  vias  sternendas  silice  in  Urbe,  glarea  extra  Vrbem  substernendas 

marginandasque  primi  omnium  locaverunt,  pontesque  multis  locis  faciendos.  (Livio.  Lib.  XLI. 
e.  21.J  la  seguito  dei  citati  autorevoli  documenti  sul  susseguente  uso  di  lastricare  con 
selci  le  vie  poste  fuori  di  Roma,  si  deve  limitare  T anzidetto  metodo  di  formare  con 
ghiaia  i  suoli  alle  sole  crepidini ,  che  in  città  si  solevano  formare  con  pietre,  come 
quello  delle  vie.  Siffatta  circostanza  trovasi  particolarmente  dichiarata  da  Plutarco  nel 
descrivere  le  grandi  opere  imprese  a  farsi  da  Cajo  Gracco  lungo  le  vie  romane  in  ge- 
nerale ;  poiché  osservava  essere  state  quelle  vie  per  una  parte  lastricate  con  pietre  po- 
lite, e  l'altra  stretta  da  doppia  crepidine  con  ghiaia:  Eùxificu  yài  r/p'j-:o  S'.y.  rSv  yu/ta-j 
à-piiJLit?.  xaì  zè  ij.èv  ìa-ip'jvzo  -i-px  '^laz-Pj,  ts  5'  x[x^.ov  y^ì^/jsii  av'Jiiay.z^'i q  s'ttuxvsDts. 
(Plutarco,  in  C.  Gracco,  e.  1.) 

(6)  Ab  eodem  monere,  quod  is  qui  monet,  proinde  sit  ac  memoria.  Sic  monimenta  quae 
in  sepulcris  ;  et  ideo  secundum  viam,  quo  praelereuntis  admoneant  et  se  fuisse  et  illos  esse  mor- 
talis.  Ab  eo  celerà  quae  scripta  ac  facta  memoria  causa,  monimenta  dieta.  (Varrrone,  De  Ling. 
Lat.  Lib.  VL  e.  45.; 

(7)  Procopio,  dopo  di  avere  esposto  quanto  si  è  riferito  nella  precedente  nota 
sull'epoca  dello  stabilimento  della  via  Appia,  ne  dimostrava  successivamente  la  sua  sta- 
bilità e  conservazione  nel  seguente  modo:  Tsy  -pp  lì^ov  xktj'.x,  iiv^iziv  zt  ovzx  Y.xì  fjfjii 
(jylrjpiv,  iy.  X^px;  càlri;  p.x/.px'J  sÌjto;  t£,u.O)v"A~~!jc  h^rxvox  hó[X'.'7-.  zxvz-o;  yxp  ò/j  tv;; 


NOTIZIE    PRELIMIxNARI.  15 

milmente  lo  stesso  è  accaduto  del  più  gran  numero  dei  monumenti  se- 
polcrali che  erano  stati  costrutti  dagli  antichi  romani  nei  suoi  lati.  Quelle 
poche  colonne  migharie,  che  avevano  superato  le  devastazioni  del  medio 
evo,  e  quelle  iscrizioni,  che  servivano  a  denotare  alcune  particolarità  dei 
luoghi  in  cui  furono  rinvenute,  vennero  anche  tolte  senza  conservare 
precisa  notizia  del  luogo  in  cui  si  scuoprirono.  Nei  grandi  ritrovamenti, 
fatti  nel  precedente  secolo  con  animo  di  proteggere  gli  studj  delle  antichità, 
ne  fu  tanto  trascurata  la  conservazione,  di  modo  tale  che  ora  inutilmente 
si  ricercano.  Quindi  non  si  possono  mai  abbastanza  lodare  le  cure  che 
prese  il  Governo  pontificio  in  questi  ultimi  tempi  per  non  solamente  re- 
stituire al  pubblico  l'antica  via,  ma  eziandio  per  sruoprire  le  reliquie  su- 
perstiti dei  monumenti  sepolcrali  che  l'adornavano,  e  procurarne  nel  tem- 
po stesso  la  loro  conservazione  nel  modo  che  meglio  potessero  servire 
alla  storia  ed  allo  studio  sulle  arti  degli  antichi. 

Prima  di  passare  a  parzialmente  descrivere  la  enunciata  parte  della 
via  Appia  reputo  ancora  necessario  di  esporre  alcune  nozioni  che  concer- 
nono la  stessa  via  in  generale ,  benché  eziandio  sieno  esse  pure  ben  cognite, 
e  riferite  in  tutte  quelle  descrizioni  che  si  hanno  sulle  comuni  vie  degli 
antichi  romani:  però  quanto  si  prende  ad  esporre  si  limita  non  solo  alla 
via  Appia,  ma  eziandio  alla  sua  prima  parte  a  cui  unicamente  è  rivolta  que- 
sta esposizione.  Quindi  non  ci  tratterremo  a  considerare  né  quanto  si  de- 
duce da  Dionisio  e  da  Strabone  sull'avere  nella  costruzione  delle  vie  i  ro- 
mani superato  i  greci  e  gli  altri  popoli  dell'antichità,  né  le  pratiche  che 
essi  tenevano  nella  costruzione  delle  stesse  grandi  opere  e  la  cura  grande 
che  avevano  per  la  loro  conservazione  e  custodia,  che  si  deducono  da 
molte  importanti  notizie  esposte  dagli  antichi  scrittori,  e  né  a  quanto  si 
estendevano  le  principali  vie  che  uscivano  da  Roma,  neppure  come  la 
stessa  via  Appia  dall' indicato  termine  prefisso  a  questa  esposizione  si  pro- 
traesse sino  a  Capua  ed  a  Brindisi  e  come  da  essa  si  diramassero  altre 
lunghe  vie:  ma  unicamente  ci  terremo  ad  indicare  che,  dopo  i  grandi  la- 

yìj;  où3aju,yj  néfVY.£.  hiou:  8k  toiÌs  Xiàov;  y.at  ip-ukoùg  ipyatJUfXBVog,  iy^uviovg  Ss  r/j 
bjTO(j.yi  7imoiYip.ivo;,  kg  «XXvjXsuj  ^uvÉSvjffev,  outs  /«Xxsv  èvtÒ;  cute  -£  aXXs  èiJ.f:iBfi'kri[j.s- 
-joz.  CI  §£  aXXvjXc;;  c-j'tco  te  àatpa'Xag  ^uvSc'osvTat  v.oà  iJ.iixiiY.aocj,  w7Tc  ó't(  8/3  cux  tia'tv 
vip  1X0(7 [j.i\iot,  «XV  iixr.KpVY.CiGtv  (zXX-^Xcj:,  oc^tj  roi;  cpàoi  nocpt/vj-ii-  y.uì  y^p<i)jzv  rot^EVTog 
avyyau  òr,  svrco;  àix(x%M;  ts  TiolloTt:  /.où  ^cóot;  anaut  dixiìxzoì  ycvófxivot  ic  -^[x-tpav  ìy.u- 
(7T»jy  orni  Tvj;  àp[J.ovia:  nccjróazx'ji  àixY.éy.pt'jzm  ciirs  rivi  aÙTÓÒv  Btuai3c(pr,vat  ■/;  [xncvt  7£V£- 
c3«t  '^uvinìGiv,  où  [x-/ì'j  ou3È  r^;  à[xapuyYi;  ri  c-olic/liiBctt.  za  [jÀv  Sri  t»;;  'Anncc'tac  sSsù 
zitoòza  'zGZt.  f Procopio,  Della  guerra  gotica.  Lih.  I.  e.   ìi.J 


16  VIA    APPIA 

vori  fatti  per  il  suo  stabilimento  e  quegli  aggiunti  da  Cajo  Gracco  pre- 
cipuamente per  togliere  gli  avvallamenti  e  determinare  le  distanze  con  le 
colonne  migliane,  secondo  Plutarco,  e  dal  tribuno  Curione,  secondo  Appia- 
no, e  dopo  il  parziale  lavoro  fatto  per  portare  in  piano  il  clivo  del  tem- 
pio di  Marte,  come  venne  indicato  nella  iscrizione  rinvenuta  vicino  al 
primo  miglio,  si  conosce  da  Plutarco  che  Giulio  Cesare  nel  tempo  che 
era  curatore  della  via  Appia  vi  aveva  fatto  eseguire  molti  lavori  a  pro- 
prie spese  (8).  Lo  stesso  si  dovette  portare  ad  effetto  nei  grandi  ristabi- 
limenti procurati  da  Augusto  e  dai  suoi  amici  lungo  le  vie  in  generale, 
come  vedesi  da  Svetonio  e  da  Dione  accennato,  quantunque  non  si  fac- 
cia particolare  menzionR  della  via  Appia,  la  quale  però  sembra  essere 
stata  risarcita  da  Messala  Corvino  imitamente  a  quella  che  metteva  al 
Tusculo,  come  può  dedursi  da  un  cenno  dato  da  Tibullo  (9).  Tra  le  me- 
morie, che  ci  sono  state  conservate  nei  marmi  scritti  e  che  si  possono 
con  piti  sicurezza  appropriare  all'indicata  prima  parte  della  via  Appia,  si 
rende  importante  il  dare  un  cenno  di  quanto  si  deduce  dalle  iscrizioni  esi- 
stenti sulle  colonne  del  primo  e  del  settimo  miglio  della  stessa  via  ;  per- 
chè in  esse  leggonsi  le  indicazioni  di  Vespasiano  nel  settimo  suo  consolato 
e  di  Nerva  nel  terzo  consolato,  come  in  particolare  meglio  sarà  dimo- 
strato nel  descrivere  le  stesse  colonne  migliarle;  perchè  è  da  credere 
che  sotto  i  medesimi  principi  si  sieno  non  solamente  rinnovate  le  stes- 
se colonne,  ma  eziandio  fatti  diversi  lavori  lungo  la  via,  come  eziandio 
viene  contestato  da  varie  simili  lapidi  che  si  sono  rinvenute  lungo  la  via 
medesima  che  traversa  l'agro  Pontino.  In  simil  modo  da  quanto  fu  trovato 
scritto  in   una  colonna  del  quarto  miglio  della   stessa   via   Appia  si  deve 

(8)  'Enei  òi  ramo  {liv,  cSsù  fÀ;  'Annia;  à-o^sty5cig  knsiJ.ù.-rìr-^:,  nd[JLno).'ka  /ps- 
ixxrx  7i05ffxvij).w7c  Twv  ÈKUTsù  fPlularco,  in  Giulio  Cesare,  e.  b.J  Quanto  si  riferisce  alle 
grandi  opere  fatte  eseguire  da  Cajo  Gracco  in  generale  sulle  vie  che  uscivano  da  Roma, 
senza  però  precisare  TAppia,  venne  descritto  nel  cap.  7  della  vita  del  medesimo  tribuno. 
Ciò  poi  che  si  riferisce  alle  opere  eziandio  fatte  in  generale  lungo  le  vie  dal  tribuno  Cu- 
rione, si  descrive  da  Appiano  nel  Libro  II  delle  Guerre  Civili;  e  da  Cicerone  nella  let- 
tera sesta  del  Libro  Vili  delle  sue  Epistole  si  ricorda  la  legge  Viaria  da  lui  promossa. 

(9)  Le  indicazioni  sulle  opere  fatte  eseguire  da  Augusto  e  dai  suoi  amici  lungo  le 
vie  consolari  sono  riferite  da  Svetonio  nella  vita  dello  stesso  Augusto,  cap.  30  e  37,  e  da 
Dione,  Lib.  XLIX.  cap.  43.  E  quindi  da  Tibullo,  Lib.  L  Eleg.  VII,  si  fa  menzione  delle  ope- 
re fatte  eseguire  da  Messala  Corvino.  Da  quanto  poi  si  trova  accennato  da  Orazio  sulla 
stessa  via  Appia  non  può  nulla  dedursi  su  questa  prima  parte  della  via ,  giacche  la 
sua  descrizione  comincia  daH.Vricia  (Salire.  Lib.  I.   V.J 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  17 

credere  che  pure  alcuni  lavori  sieno  stati  fatti  da  Massenzio  (10).  Di- 
verse memorie  poi  si  rinvengono  nelle  antiche  lapidi,  che  sono  relative 
ad  alcuni  impiegati  della  medesima  via  Appia,  senza  però  determinarne 
la  precisa  loro  corrispondenza,  come  in  particolare  merita  di  far  menzione 
di  quella  di  Giulio  Aspro  che  ebbe,  tra  varie  onorificenze,  l'impiego  di 
curatore  della  via  Appia;  perchè  si  dice  rinvenuta  nelle  adiacenze  della 
parte  di  essa  presa  a  descrivere  (il).  Parimenti  alle  stesse  adiacenze  si 
appropriò  una  iscrizione  di  un  certo  Cn.  Cornelio  Museo  raancipe,  cioè 
appaltatore  della  medesima  via  (12).  E  così  pure  di,  un  tabellario  o  ar- 
chivista della  stessa  via  denominato  M.  Ulpio  Eutichio,  si  ha  pure  me- 
moria in  altra  iscrizione  rinvenuta  nella  parte  della  via  Appia  corrispon- 
dente in  vicinanza  da  Roma  (13).  Come  ancora  merita  considerazione  la 
memoria  di  un  certo  L.  Stazio  Onesimo  che  ebbe  alcun  negozio  sui  lavori 
della  stessa  via  (li).  Altre  notizie  si  hanno  dalle  iscrizioni  antiche  sulle  per- 

(10)  Per  le  lapidi  della  prima  colonna  migliaria  si  veda  la  dissertazione  del  Revillas  sul 
Migliano  Aureo  inserita  nella  Parte  II  del  Tom.  I  degli  atti  dell'Accademia  di  Cortona;  e 
per  le  lapidi  delle  colonne  migliarie  della  via  Appia  nell'agro  Pontino  si  veda  Nicolai  :  Le 
Bonificazioni  delle  terre  Pontine.  Cap.  XIX.  Quindi  per  la  iscrizione  della  colonna  del  mi- 
glio quarto  della  stessa  via,  posta  da  Massenzio,  si  veda  il  Marini  :  Atti  e  monumenti  degli 
Arvali.  Tom.  I.  Pag.  LXXXVI. 

(11)  G.  IVLIO  .  ASPRO  I  COS  |  PRAETORI  .  CVRATORI  f  VIAE  .  APPIAE  .  SODALI  . 
AVGVSTALI   I    TRIB.    PLEB.    QVAESTORI   |   PROVINC.  AFRICAE  .  CVRAT   |  AEDH'M    .    SACRARVM   | 

PRo^^^'CIA  .  britanma  [  patrono.  Il  Marini  in  piìi  ampio  modo  e  con  più  esattezza  prese 
a  considerare  tale  iscrizione  unitamente  ad  altre  simili  nel  Tom.  II.  Pag.  780  -  785  del- 
l'opera sua  sugli  Atti  e  monumenti  degli  Arvali,  e  si  assicura  rinvenuta  ai  piedi  dei  colli 
Tusculani.  Di  un  certo  G.  Giulio  Severo,  che  con  altri  diversi  impieghi  ebbe  pure  quello 
di  curatore  della  via  Appia,  si  trova  fatta  menzione  in  un'  iscrizione  greca  riferita  dal  Mu- 
ratori alla  Pag.  CCCXXXII.  N.  1.  Anche  di  minore  probabilità  sulla  pertinenza  alla  pri- 
ma parte  della  via  Appia  è  quella  iscrizione  di  P.  Claudio  Sulpiciano  che  si  dice  curatore 
della  stessa  via,  la  quale  fu  pubblicata  dal  Donati.  Tom.  II.  Pag.  250.  N.  5. 

(12)  D.    M.    S    I    CN.    CORNELIO    |    CN.    F.    SAB    |    MVSAEO    |    MANCIPI    .    VIAE    .    APPIAE    | 

HERENTviA  .  PRISCILLA  |  coNiVGi  |  BENEMERENTI  |  FECiT.  fPanvinio,  Urbs  Roma.  Pag.  121. 
Grutero,  Pag.  DCXXII.  N.  2.J 

(13)  D.    M  1   M.     VLPI.     AVG.     LIB   |   EVTYCUI    TABVL.    VIAE    APPIAE  J   VIX.    ANN.    XXXX    | 

FLAVIA  I  DAPHNE  ]  CONIVGI  .  B.  M.  FECiT.  (Fabretli,  Inscrtpt.  Pag.  717.  N.  390;  Nicolai, 

Basilica  di  S.  Paolo.  Pag.  lì.) 

(14)  IN  .  HOC  .  T\'MVL0  .  lACET  .  CORPVS  .  EXANIMIS  [  CVIVS  .  SPIRITVS  .  INTER  . 
DEOS    .    RECEPTVS    .    EST   ]   SIC    .    ENIM    .    MERVIT  .  L.    STATFVS  .  ONESIMVS   |   VIAE    .    APPIAE  , 

MVLTOR  .  ANNOR  .  NEGOTiANS (Boldetti,  in  Caemit.  Gali.) 

3 


18  VIA    APPIA 

sone  che  ebbero  alcuna  parte  alla  direzione  dei  lavori  ed  alla  conservazione 
della  via  Appia,  ma  sono  esse  di  minore  importanza  ed  anche  di  più  incerta 
appropriazione  a  quella  parte  della  via  a  cui  esse  si  riferivano;  quindi  non  si 
crede  opportuno  di  farne  menzione  onde  contenersi  quanto  più  si  può  nei 
limiti  prescritti. 

Tra  le  altre  singolarità,  che  meritano  di  essere  ricordate  su  quanto  con- 
cerne la  stessa  prima  parte  della  via  Appia  avanti  di  passare  alla  sua  par- 
ziale decorazione,  si  deve  prendere  in  considerazione  primieramente  la  cir- 
costanza di  non  essere  il  suolo  della  via  discoperto  certamente  né  quello  che 
venne  stabilito  nell'anno  4-5fi  dagli  edili  curuli  tra  la  porta  Capena  ed  il 
tempio  di  Marte  con  pietre  quadrate  e  poscia  rinnovalo  con  selci  nell'anno 
563,  né  quello  protratto  da  detta  porta  sino  a  Boville  nell'anno  459  impie- 
gando i  soliti  massi  di  selci  di  forma  poligona,  come  già  si  è  osservato  coll'au- 
torità  di  Livio,  e  né  anche  appartenere  ad  alcuna  rinnovazione  fatta  nel 
tempo  dell'impero  romano  (15):  ma  bensì  solamente  a  ristauri  fatti  dopo  la 
caduta  dello  stesso  impero  soprapponendo  massi  informi  di  varia  specie  sul 
suolo  antico;  percui  n'é  derivato  un  ragguardevole  rialzamento  e  forse  anche 
alcun  spostamento  nelle  crepidini  che  determinavano  la  larghezza  della  via. 
E  ciò  si  dovette  eseguire  anche  dopo  il  sesto  secolo,  in  cui  fu  veduta  la  stes- 
sa via  da  Procopio;  poiché  nella  surriferita  sua  descrizione  si  dimostra  esser- 
si conservato  ancora  intatto  il  vetusto  suolo.  Laonde  da  quanto  rimane  non 
può  riconoscersi  il  vero  metodo  tenuto  nel  comporre  il  suolo  nei  suddetti 
grandi  massi  poligoni  di  selci,  e  né  con  le  pietre  squadrate;  però  sì  dall'uno 
che  dall'altro  metodo  se  ne  hanno  altrove  diversi  esenipj  più  conservati. 
Pertanto  sulla  larghezza  della  via  si  rende  importante  l'osservare  che  per 
legge  delle  dodici  tavole  stabiHte  sino  dall'anno  301,  cioè  circa  140  anni  prima 
della  formazione  della  via  Appia,  venne  essa  determinata  a  otto  piedi,  allor- 
ché erano  le  vie  praticate  in  linea  retta ,  e  nei  luoghi  tortuosi  sedici  :  ma  per 
convenzione  posteriore  si  solevano  stabiUre  le  vie  alcun  poco  più  larghe  di 
otto  piedi  ed  anche  più  anguste  purché  avessero  tanta  larghezza  da  lasciare 
passare  un  carro,  come  si  dichiara  nelle  Pandette  (16).  Nelle  parti  più  con- 


(15)  Per  quanto  concerne  i  suddetti  primi  lastrici,  fatti  nella  via  Appia,  si  vedano 
le  note  3  e  4,  ove  sono  riferiti  i  corrispondenti  passi  di  Livio;  e  come  pure  nella  nota  4 
è  esposto  quanto  si  riferisce  al  rinnovamento  del  suolo  dell'indicata  prima  parte  della  via. 

(16)  Viae  lalitudo  ex  lege  XII  Tabularum,  in  porrectum  odo  pcdes  habet,  in  amfraclum, 
id  est  ubi  flexiim  est ,  sedecim.  Via  constitui  vel  lalior  odo  pcdiòus  vel  angustiar  potest  ;  ut 
tamen  eam  latiludinem  habeat  qua  vehiculum  ire  potest.  fPand.  Lib.  Vili.  Tit.  Iti.) 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  19 

servate  della  via  discoperta  si  è  trovata  ragguagliatamente  tra  un  margine  e 
l'altro  delle  crepidini  la  larghezza  di  metri  4: 150,  cioè  piedi  romani  14;  percui, 
essendo  questa  via  per  intero  disposta  in  linea  retta,  si  deve  riconoscere  es- 
sersi praticata  la  maggiore  dimensione  prescritta ,  giacché  si  avvicina  ai  sedici 
piedi  determinati  per  le  vie  tortuose;  e  così  potevano  comodamente  tran- 
sitare due  carri  allorché  vi  s'incontravano,  come  venne  osservato  da  Procopio 
nella  già  esposta  sua  descrizione.  Le  crepidini,  che  si  trovano  poste  nei  lati, 
tra  la  via  lastricata  ed  i  monumenti  sepolcrali,  si  sono  conosciute  dilatarsi 
irregolarmente,  ma  mai  meno  di  cinque  piedi;  percui  la  totale  larghezza 
della  via  può  considerarsi  essere  stata  di  ventiquattro  piedi.  Il  suolo  delle 
stesse  crepidini,  che  vedesi  tuttora  in  diversi  luoghi  contenuto  dai  margini 
composti  di  pietre  comuni ,  può  credersi  essere  stato  formato  più  comune- 
mente con  semplici  strati  di  ghiaia,  come  si  trova  prescritto  in  molte  memorie 
antiche,  e  precipuamente  in  quella  memoria  di  Livio  già  citata  sui  lavori 
appaltati  dai  censori  nell'anno  578 ,  e  da  quanto  venne  esposto  da  Plutar- 
co (17):  ma  in  alcuni  luoghi  corrispondenti  avanti  ai  più  nobih  sepolcri 
sembrano  essere  stati  interamente  coperti  con  pietre  squadrate,  aventi  sem- 
pre a  regolari  distanze  le  pietre  più  elevate  che  si  denominavano  gonfi. 

Sulla  più  esatta  misura  dell'antico  miglio  romano ,  in  vista  dei  risulta- 
menti  ottenuti  da  documenti  non  ancora  stati  presi  a  considerare,  se  ne 
tiene  un  particolare  discorso  nella  prima  Appendice  aggiunta  alla  stessa  de- 
scrizione. E  sulla  più  precisa  collocazione  delle  colonne  migliane  che  a  nor- 
ma di  quanto  venne  primieramente  stabilito  da  C.  Gracco,  secondo  Plutarco, 
dovevano  essere  poste  lungo  la  parte  della  via  Appia  presa  a  descrivere,  se 
ne  tiene  ragionamento  in  principio  di  ogni  partimento  della  enunciata  espo- 
sizione ;  la  quale  viene  suddivisa  precisamente  sugli  spazj  compresi  tra  le 
stesse  lapidi  migliarle,  che  si  distinsero  col  titolo  tra  l'uno  e  l'altro  miglio 
per  denotare  propriamente  gì' indicati  limiti,  che  pure  migliari  si  dicevano  da- 
gH  antichi.  Quindi  ci  resterà  solo  a  dare  alcun  cenno  sulle  notizie  che  si  han- 
no negli  antichi  itinerari  sulla  medesima  prima  parte  della  via  Appia.  Nell'iti- 
nerario, detto  di  Antonino,  si  trova  solamente  determinata  per  prima  stazione 
1  Aricia  a  miglia  XVI  distante  da  Roma  ;  e  questa  misura  si  trova  infatti 
con  esattezza  corrispondere  tra  il  luogo,  in  cui  stava  collocata  la  porta  Ca- 
pena  e  quello  della  parte  dell'antica  Aricia,  che  stava  nella  valle  ove  passa- 
va la  via  Appia.  Ma  questa  stessa  prima  stazione  si  trova  fuori  del  limite 

(17)  Si  veda  la  nota  5  ove  sono  riferite  le  memorie  relative  alle  suddette  opere.  E 
per  la  descrizione  di  Procopio  si  veda  la  nota  7. 


20  VIA    APPIA 

prescritto  alla  parte  della  via  prgfea  a  descrivere  j  perchè  in  essa  si  giunge  solo 
a  Boville.  Nella  carta  Peunlingeriana  si  trova  bensì  determinata  per  prima 
stazione  questa  vetusta  città  del  Lazio  con  il  titolo  Bohellas  e  con  la  rappre- 
sentanza di  una  grande  fabbrica:  ma  poi  si  assegna  tra  la  distanza  da  Roma 
a  tale  città  miglia  X  e  miglia  III  da  essa  all'Ancia  ;  laonde  per  giungere  alle 
miglia  XYI,  prescritte  con  esattezza  nell'itinerario  di  Antonino,  mancano  tre 
miglia.  Questa  mancanza  si  deve  attribuire  ad  alcuni  dei  tanti  errori  che 
si  trovano  sussistere  nella  stessa  Carta  ;  percui  ci  porta  a  credere  essersi  in- 
vece dei  suddetti  numeri  posto  il  XI  per  la  distanza  da  Roma  a  Boville, 
come  verrà  dimostrato  nell'ultimo  partimento  di  questa  esposizione  sussi- 
stere in  fatto,  ed  il  V  per  la  distanza  da  Boville  all'Aricia.  In  quell'itinera- 
rio poi  denominato  comunemente  Gerosolimitano,  che  si  crede  essere  stato 
stabilito  nei  tempi  posteriori,  si  trova  aggiunta  una  prima  stazione,  o  muta- 
zione di  cavalli,  a  miglia  IX  da  Roma,  che  fu  distinta  perciò  col  titolo  ad 
Nonum  ;  e  quindi  miglia  VII  tra  essa  e  l'Aricia ,  ciò  che  con  esattezza  corri- 
sponde a  quanto  si  trova  registrato  nel  suddetto  più  antico  itinerario.  Queste 
particolarità  vengono  meglio  dimostrate  nella  successiva  esposizione  in  corri- 
spondenza dei  luoghi  a  cui  esse  sono  relative. 

Ma  prima  di  passare  ad  esporre  partitamente  la  enunciata  descrizione, 
per  far  conoscere  ad  un  tempo  quali  sieno  state  le  notizie  che  hanno  servito 
alla  medesima  esposizione,  e  la  importanza  dell'argomento  preso  ad  illu- 
strare ,  credesi  opportuno  di  dare  un  cenno  di  tutte  le  principali  pubblica- 
zioni che  si  sono  fatte  sin'ora  sulla  illustrazione  della  medesima  prima  parte 
della  via  Appia  che  si  prende  a  descrivere.  Ed  in  tale  indicazione  non  si 
giudica  necessario  di  comprendere  quelle  moltissime  e  grandissime  opere 
che,  essendo  particolarmente  dirette  ad  illustrare  le  antichità  di  Roma  si 
stendono  a  considerare  i  monumenti  che  trovansi  nel  principio  della  stessa 
via,  che  venne  compresa  nella  cinta  delle  mura  Aureliane  posteriormente 
stabilita  ;  perchè  esse  ebbero  altro  scopo  di  quello  che  è  proprio  di  questa 
(isposizione.  E  solamente  possono  meritare  qualche  considerazione  tra  le  piti 
antiche  descrizioni  quelle  ben  cognite  del  Marliani  e  del  Nardini  partico- 
larmente ;  perchè  si  estendono  alquanto  più  sui  monumenti  che  si  trovano 
essere  posti  anche  fuori  della  indicata  seconda  cinta  e  che  venivano  ad  es- 
sere collocati  lungo  il  principio  della  via  Appia  al  di  là  della  porta  ora  detta 
di  S.  Sebastiano. 

Dopo  le  poche  memorie,  che  ci  vennero  conservate  sullo  stato  in  cui  si 
trovava  la  stessa  prima  parte  della  via  Appia  verso  il  principio  del  secolo 
deciraoquinto ,  in  particolare  dal  Poggio  Fiorentino  limitate  però  al  sepolcro 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  21 

di  Cecilia  Metella  (18).  E  successivamente  dall'Alberti  nella  parte  della  sua 
descrizione  suU"  Italia  che  concerne  la  campagna  romana ,  da  Pomponio  Leto 
nei  brevi  suoi  cenni  sulla  stessa  classe  di  monumenti ,  e  dall'Alessandro  nella 
sua  varietà  di  notizie  raccolte  sulle  antichità  romane,  e  come  ancora  dal 
Lipsie  nella  sua  opera  sulla  grandezza  dell'impero  romano  (19).  E  dopo 
quanto  venne  da  Raffaele  di  Urbino  nella  sua  insigne  lettera  scritta  per  im- 
pedire la  distruzione  dei  monumenti  antichi,  tra  i  quali  si  comprendevano 
quei  della  via  Appia,  che  fu  diretta  al  pontefice  Leone  X,  e  che  si  attribuiva 
a  Baldassar  Castiglione,  per  procurarne  la  loro  conservazione,  come  ne  eb- 
be egli  autorevolmente  la  cura  dal  medesimo  pontefice  con  breve  del  27 
agosto  dell'anno  1516  (20).  Eziandio  dopo  le  grandi  raccolte  delle  iscri- 

(18)  Juxta  viam  Appiam  ad  secundum  lapidein  integrimi  vidi  scpulcrum  Q.  Caeciliae 
Metellae,  opus  egregium ,  et  id  ipsitm  tot  saecuìis  intaclum ,  ad  calcem  postea  majore  ex  parte 
exterminatum.  Ann.  1440.  {Poggio  Fiorentino,  De  Variet.Forl.  Rom.  SoUengrc.  Tom.  I.p.  òOl.ì 
Da  queUepoca  sino  in  prossimità  dei  tempi  nostri  si  è  continuato  sempre  a  distruggere  quan- 
to di  più  conservato  rimaneva  della  stessa  via  Appia.  Di  ciò  ne  oCfrono  autorevole  docu- 
mento tutte  le  memorie  che  ci  furono  tramandate  tanto  dagli  scrittori  che  presero  ad  illu- 
strare i  monumenti  antichi  neirepoca  del  risorgimento  delle  arti,  quanto  dai  successivi 
descrittori  dei  medesimi  monumenti;  poiché  da  tutti  fu  contestata  la  stessa  distruzione. 

(19)  Alessandro  da  Alessandro:  Genialium  Dicntm.  Lih.  III.  e.  2.  —  Alberti  Leandro: 
Descrizione  di  tutta  l'Italia.  Bologna  1550.  E  importante  l'osservare  quanto  venne  scritto 
sulla  via  Appia  dal  medesimo  Alberti  dopo  di  averne  a  carte  109  indicata  la  sua  princi- 
pale direzione,  e  dopo  di  avere  a  carte  126  descritto  alcuni  ritrovamenti  fattivi  e  preci- 
puamente quello  in  allora  tanto  rinomato  del  corpo  di  Tulliola,  riferiva  lo  stato  in  cui  si 
trovava  la  via  stessa  al  suo  tempo:  Oltre  alle  sepolture  che  da  ogni  lato  di  questa  via  Appio 
si  veggiono  etiandio  appareno  assai  vestiggi  di  soperbi  edifici,  siccome  fondamenti,  mura  mezze 
rovinate,  colonne  grandissime  spezzate,  con  capitelli,  basi,  pedestalli,  cornici,  architravi,  avelli, 
mensole,  poste  di  grandi  porte,  con  altre  simili  cose,  che  invero  sono  tante  che  parerà  cosa  quasi 
incredibile,  a  quelli  che  non  l'avranno  veduti.  Certamente  sono  cose  da  fare  contristare  quelli 
che  li  veggiono,  considerando  la  gran  rovina  di  tanti  nobilissimi  edifìci.  Ritornardo  alla  nostra 
descritione.  Partendosi  adunque  da  Roma  e  camminando  per  essa  via  Appia  sedici  miglia  fra 
queste  rovine,  si  giunge  ad  Albano,  f Alberti,  Descrizione  dell  Italia.  Carte  Ì2Q.)  Altre  notizie 
si  hanno  del  Lipsio:  Della  Grandezza  di  Roma.  Lib.  III.  e.  10. 

(20)  Tra  le  lettere  di  Raffaele  di  Urbino,  che  ci  sono  stale  conservate,  merita  con- 
siderazione quella  diretta  al  pontefice  Leone  X  per  la  tutela  dei  monumenti  antichi  con- 
cessa alla  sua  sopraintendenza  e  per  impedirne  la  ulteriore  loro  distruzione;  e  perciò  non  si 
saprebbe  mai  abbastanza  raccomandarla  alla  universale  considerazione.  Essa  fu  appropria- 
ta a  Baldassar  Castiglione  sinché  non  venne  rivendicata  al  Sanzio  dall'abate  Daniele 
Francesconi.  {Congettura  che  una  lettera,  creduta  di  Baldassar  Castiglioni,  sia  di  Raffaello  da 
Urbino.  Firenze,  Brazzini  1799.J 


22  VIA    APPIA 

zioiii  antiche,  alle  quali  ne  fornirono  immenso  numero  i  ritrovamenti  fatti 
lungo  la  via  Appia,  come  è  dichiaralo  in  particolare  dal  Mazzocchi,  che  le 
espose  in  fine  del  suo  libro  distinguendole  con  un  titolo  particolare,  dal 
Pighio  e  dal  Reinesio,  ed  anche  dal  Grutero,  che  nella  sua  grande  raccolta  si 
trova  spesso  registrato  per  luogo  del  ritrovamento  la  via  Appia  ;  e  benché 
questo  vago  titolo  non  presenti  alcuna  certa  determinazione  di  luogo,  pure 
servono  le  stesse  memorie  a  contestare  la  moltitudine  grande  dei  monumenti 
che  esistevano  lungo  tale  via,  escludendo  anche  quelle  notizie,  non  sempre 
sicure,  che  sono  provenienti  dal  Ligorio.  Lo  stesso  si  contesta  dal  Muratori,  dal 
Doni,  dal  Donati,  dal  Guasco  e  dall'Orelli,  e  da  tutti  coloro  che  si  occuparono 
di  raccogUere  le  antiche  iscrizioni  in  generale;  tra  i  quali  merita  speciale  con- 
siderazione il  Fabretti,  perchè  conservò  più  precisa  memoria  di  quelle 
rinvenute  nelle  adiacenze  di  Roma ,  e  quindi  aggiunse  diverse  altre  notizie 
sulla  via  Appia  nelle  altre  sue  pubblicazioni  (21).  Come  ancora  dopo  le 
memorie  dei  ritrovamenti  fatti  lungo  la  stessa  via,  che  ci  furono  tramandate 
da  Flaminio  Vacca ,  e  da  Santi  Bartoli  in  particolare ,  il  quale  aggiunse  di- 
verse effigie  dei  sepolcri,  che  più  conservati  esistevano  al  suo  tempo,  e  de- 
gli oggetti  rinvenuti  in  essi  (22).  Inoltre  dopo  quanto  venne  compreso 
nelle  descrizioni  generali,  che  si  hanno  dal  Cluverio  con  l'aggiunta  delle 
dotte  osservazioni  fatte  dalfOlstenio,  e  quindi  in  quelle  parziah  del  Kir- 
cher,  del  Corradiuo  e  Volpi  e  dell' Eschinardi  (23),  devesi  primieramente 
prendere  in  considerazione  il  Bergier,  che,  scrivendo  un  ampio  commento 
sulle  vie  degli  antichi  in  generale,  espose  pure  diverse  notizie  sulla  via  Ap- 
pia (24-).  Quindi  il  Pratilli,  che  illustrando  ampiamente  la  via  stessa  in  tutta 

(21)  Fabretti  Raffaele:  Inscriptionum  antiquarum.  —  De  Aquis  et  Aquaeduclibus  Ve- 
teris  Romae.  Roma  1680  e  1702. 

(22)  Flaminio  Vacca:  Memorie  di  ritrovamenti  fatti  dall'anno  1594.  Sono  relative  alla 
via  Appia  quelle  indicate  con  i  N.  66,  81 ,  82,  e  83.  —  Santi  Bartoli:  Memorie  di  varie 
escavazioni  fatte  in  Roma  e  nei  luoghi  suburhani  sino  dall'anno  1720,  tra  le  quali  sono  re- 
lative alla  via  Appia  quelle  distinte  con  i  N.  4,  15,  80,  81,  82,  83,  84,  85,  86,  87,  88. 
Dallo  stesso  Santi  Bartoli  si  hanno  altre  memorie  nelle  seguenti  sue  opere:  Le  antiche  lu- 
cerne sepolcrali,  con  illustrazioni  del  Bellori.  Roma  1681.  Gli  antichi  sepolcri.  Roma  1704. 

(23)  Cluverio:  Italiae  Antiquae.  Tom.  II.  Lib.  IIL  Pag.  910  -  920.  —  Olstenio  Luca 
nei  commentarli  fatti  allo  stesso  Libro  III  del  Cluverio.  —  Kircbcr  Atanasio:  Latium  ve- 
tus.  Pari.  I.  e.  1.  —  Corradino  Pietro  Marcellino:  Vetus  Latium.  Tom.  IL  Lib.  11.  e.  XX. 
—  Eschinardi  Francesco  :  Descrizione  di  Roma  e  dell'Agro  Romano.  Via  Appia. 

(24)  Bergier  Nicola:  De  viis  imperiis  romani.  Sect.  XXVI.  Nel  Tesoro  delle  antichi- 
tà romane  di  Grevio  Tom.  XI,  con  i  commenti  di  Bos  Giovanni  Battista.  Ed  anche  fu 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  23 

la  sua  estensione  da  Roma  a  Brindisi ,  descrisse  pure  in  ampio  modo  la 
indicata  prima  parte  (25).  L'Olstenio  anzidetto,  il  Clarini,  e  più  accurata- 
mente il  Revillas.  che  si  fecero  a  dimostrare  con  i  più  autorevoli  documenti, 
come  la  numerazione  delle  miglia  della  via  stessa  cominciasse  dall'antica 
porta  Capena  e  non  dal  Migliarlo  aureo  che  stava  nel  foro  romano  da  piedi 
al  Campidoglio,  ed  anche  contestare  il  luogo  in  cui  fu  rinvenuta  la  prima 
colonna  migliarla  a  512  palmi  fuori  dell'attuale  porta  di  s.  Sebastiano  (26). 
Importanti  ed  erudite  esposizioni  si  ebbero  poscia  dal  Gori,  dal  Bianchini  e  dal 
Marangoni  sui  ritrovamenti  fatti  nei  primi  anni  del  secolo  decimottavo  dei 
sepolcri  dei  liberti  e  servi  della  casa  di  Augusto  e  di  Livia  (27).  Siffatti 
ritrovamenti  furono  ritratti  con  dihgenza  dal  Piranesi  unitamente  a  tutto 
ciò  che  venne  scoperto  al  suo  tempo  lungo  la  via  Appia  ed  in  particolare 
il  sepolcro  dei  Scipioni,  che  fu  dottamente  illustrato  da  Ennio  Quirino 
"N'isconti  (28).  Alcune  effigie  dei  sepolcri ,  che  si  scuoprirono  entro  le  due 

pubblicata  in  francese  col  titolo:  Histoire  des  grands  chemins  de  l'Empire  Romain.  Bruxel- 
les 1728. 

(25)  Pratiili  Francesco  Maria:  Della  via  Appia  riconosciuta  e  descritta  da  Roma  a 
Brindisi.  Napoli  1745.  Le  osservazioni  critiche  su  tale  opera,  fatte  da  Erasmo  Gesualdo 
in  un  grande  volume  pubblicato  in  Napoli  nell'anno  1754,  e  quelle  dell'arcidiacono  Ca- 
gnazzi,  Sui  valori  delle  misure.  Napoli  1825,  sono  relative  quasi  unicamente  alla  parte 
della  via  Appia  che  si  trova  compresa  nel  regno  di  Napoli  e  non  a  quella  parte  ora  im- 
presa ad  illustrare. 

26)  Olstenio  Luca  :  De  Milliario  aureo.  Nel  tesoro  delle  antichità  romane  del  Grevio, 
Tom.  IV.  pag.  1805.  —  Marini  Gaetano:  Gli  atti  e  monumenti  dei  Fratelli  Arvali.  Tom.  I. 
pag.  8  seg.  Anno  1795.  —  Revillas  Don  Diego:  Sopra  la  colonna  dagli  antichi  chiamata 
Milliarium  aureum.  Dissertazione  inserita  nel  Tom.  I.  Parte  II  degli  atti  dell'Accademia  di 
Cortona,  Roma  1742. 

\2~)  Gori  Francesco:  Monumenlum  sive  Columbarium  libertorum  et  serrorum  Liviae 
Augustae,  et  Caesarum,  Romae  detectum  in  via  Appia,  an.  1726.  —  Bianchini  Francesco:  Ca- 
mere ed  iscrizioni  sepolcrali  dei  liberti,  servi  ed  ufficiali  della  casa  di  Augusto  scoperte  nella 
via  Appia.  —  Descriptio  monumenti  sive  columbarii  liberi,  et  serv.  Liviae  Aug.  Nel  Tom.  Ili 
del  Supplemento  del  Poleni  al  Tesoro  delle  antichità  romane  di  Grevio.  —  Ghezzi  Pier 
Leone:  Camere  sepolcrali  dei  liberti  e  liberte  di  Livia  Augusta  ed  altri  Cesari,  come  anche 
altri  sepolcri  che  idtimamente  furono  ritrovati  fuori  della  porta  Capena.  —  Dal  Marangoni 
furono  pure  esposte  alcune  notizie  sulle  stesse  scoperte  nella  sua  opera:  Delle  cose  gentile- 
sche trasportate  ad  uso  delle  chiese. 

(28)  Piranesi  Gio.  Battista:  Tomi  II  e  III  delle  Antichità  romane.  Tom.  V,  Monumenti 
degli  Scipioni  con  illustrazione  di  Ennio  Quirino  Visconti,  e  Tom.  XI,  Atitichitù  di  Albano. 
Roma  Ann.  1756-1794. 


24  VIA    APPIA 

prime  miglia  della  via  Appia,  furono  esposte  dal  Labruzzi  con  qualche  di- 
ligenza (29).  Con  maggiore  dottrina  si  presero  ad  illustrare  in  particolare 
dal  suddetto  Ennio  Quirino  Visconti  le  celebri  iscrizioni  triopee,  che  ser- 
virono a  determinare  la  situazione  del  Triopio  al  terzo  miglio  della  stessa 
via  (30).  Ed  il  Fea  faceva  conoscere  come  in  un  codice  della  biblioteca 
Farnesiana  di  Napoli,  attribuito  a  Pirro  Ligorio,  esistesse  il  disegno  della 
villa  di  Erode  Attico,  in  cui  furono  rinvenute  le  dette  iscrizioni;  e  quindi 
esponeva  diverse  altre  notizie  sui  ritrovamenti  fatti  lungo  la  stessa  via  in 
tutto  il  tempo  ch'egli  fu  alla  direzione  dei  monumenti  antichi.  Ed  oltre  al- 
la riproduzione  delle  memorie  già  indicate  di  Flaminio  Vacca  e  di  Santi 
Bartoli,  raccogheva  pure  diverse  importanti  notizie  sulle  stesse  scoperte 
dalle  pubblicazioni  del  Winckelmann  e  del  Ficoroni  (31).  Cooperò  lo  stesso 


(19)  Labruzzi  Carlo:  Raccolta  di  vedute  dei  Sepolcri  della  via  Appia;  impresa  a  pub- 
blicarsi sino  da  verso  il  fine  del  passato  secolo,  e  poscia  di  nuovo  riprodotta  con  pochissi- 
me variazioni  dal  cav.  Agostino  Rem-picei  col  titolo:  Monumenti  e  ruderi  antichi  che  veg- 
gonsi  lungo  i  lati  della  due  prime  miglia  della  via  Appia.  Roma  1843. 

(30)  Visconti  Ennio  Quirino  :  Iscrizioni  greche  triopee.  Vi  sono  prese  in  conside- 
razione le  testimonianze  riferite  sulle  stesse  iscrizioni  dal  Casaubono,  dallo  Scaligero,  dal- 
l'Eschelio,  dal  Salmasìo,  dai  Montfaucon,  dal  Fabrelti  e  dal  Burigny.  Roma  1794.  Ed  al- 
cune altre  notizie  di  ritrovamenti  fatti  lungo  la  via  Appia  sono  state  inserite  nel  Voi.  II 
della  Miscellanea  del  Fea  edito  nell'anno  1836.  Inoltre  alcune  memorie  sugli  scavi  fatti 
dall'anno  1789  al  1792  nel  luogo  denominato  volgarmente  Roma  Vecchia  presso  la 
via  Appia,  sono  state  inserite  nel  Tom.  I  delie  Opere  varie  dello  stesso  Ennio  Qui- 
rino Visconti  che  furono  pubblicate  a  Milano  nell'anno  1827.  Ed  in  tale  Volume  si  è 
riprodotta  la  descrizione  del  sepolcro  dei  Scipioni,  già  pubblicata  nell'opera  anzidetta 
del  Piranesi.  Quindi  in  tutte  le  sue  grandi  descrizioni  dei  Museo  Valicano  si  trovano 
esposte  illustrazioni  delle  opere  di  scoltura  rinvenute  nelle  scoperte  della  via  Appia. 

(31)  Fea  Carlo:  Miscellanea  antiquaria.  Tom.  I.  Roma  1790.  In  tale  volume  sono 
comprese  le  notizie  eslratte  dalle  opere  del  Winckelmann  da  lui  illustrate,  e  da  quelle  del 
Ficoroni,  tra  le  quali  si  trovano  essere  relative  alle  scoperte  della  via  Appia  le  memorie 
distinte  con  i  N.  19,  20,  21,  26,  31,  33,  34  e  40.  Nelle  Varietà  di  Notizie,  pubblicate 
nell'anno  1820,  all'articolo  XXI,  sono  descritti  i  ritrovamenti  fatti  in  detto  tempo  tra  il 
secondo  ed  il  terzo  miglio  nelle  vigne  Cassini  ed  Ammendoin.  E  quindi  diverse  altre  no- 
tizie furono  esposte  nelle  sue  Osservazioni  sid  ristabilimento  della  via  Appia  da  Roma  a 
Brindisi,  pubblicate  nell'anno  1833.  Meritano  poi  speciale  considerazione  le  importanti 
notizie  esposte  dal  Ficoroni  nella  Parte  II  del  suo  libercolo  intitolato  :  La  Bolla  doro  dei 
fanciulli  nobili  romani,  pubblicato  nell'anno  1732.  Mentre  tali  memorie  erano  già  state 
esposte  in  Latino  nell'opera  dello  stesso  Ficoroni  sulle  Gemme  antiche  stampata  nel- 
l'anno 1756.  Relativamente  al  Winckelmann  poi  è  d'uopo  indicare  che  nel  Lib.  XI.  e.  1 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  25 

Fea  alla  pubblicazione  dell'opera  del  Bianconi  sui  circhi  ed  in  particolare 
su  quello  detto  di  Caracalla  che  si  trova  esistere  lungo  la  stessa  prima 
parte  della  via  Appia  (32).  Il  Nicolai  nella  sua  ampia  esposizione  sui  boni- 
ficamenti dell'agro  Pontino,  che  era  traversato  dalla  continuazione  della  via 
Appia,  ed  in  diverse  sue  ricerche  sui  luoghi  della  Campagna  romana,  già 
abitati  dagli  antichi,  aggiunse  eziandio  altre  notizie  che  furono  poscia  ac- 
cresciute dall'abate  Coppi  (33).  E  così  il  Lucidi,  descrivendo  il  territorio 
dell'Ancia,  per  il  quale  pure  transitava  la  stessa  via,  prese  ad  esporre 
alcune  sue  particolari  ricerche  (3i).  Similmente  il  Riccy,  tanto  descriven- 
do l'Albano  moderno,  ed  il  pago  Lemonio,  quanto  il  sepolcro  consolare  in- 
cavato nel  monte  Albano,  ha  eziandio  preso  a  considerare  diversi  docu- 
menti degh  antichi  monumenti  (35).  E  così  pure  il  Ratti,  tanto  nelle  sue 
memorie  sui  monumenti  di  Albano,  quanto  su  quei  di  Genzano,  ove  da 
vicino  transitava  eziandio  la  via  Appia  (36).  II  Chaupy  dalle  ricerche  sulla 

della  sua  Storia  dell'Arte  e  nelle  sue  Lettere  famigliari  del  16  settembre  1766  e  16 
settembre  1767,  scritte  da  Roma  e  pubblicate  nel  Tom.  X.  pag.  259  e  384  della  rac- 
colta delle  sue  opere  complete  edite  a  Prato  nell'anno  1833,  si  trovano  esposte  no- 
tizie sulle  Cariatidi  rinvenute  nell'anno  1766  in  vicinanza  del  sepolcro  di  Cecilia  Metella, 
ove  corrispondevano  gli  edifizj  di  Erode  Attico,  ai  quali  si  credettero  appartenere  le 
stesse  figure.  Quindi  nel  Tom.  II.  Parte  IV.  Cap.  16  dei  suoi  Monumenti  inediti  si  tro- 
va esposto  un  dipinto  di  paesaggio  rinvenuto  nella  villa  dei  Quintilii,  in  allora  creduta 
essere  un  antico  pago.  Seconda  Edizione  Romana  edita  nell'anno  1821. 

'32)  Bianconi  Gio.  Lodovico  :  Descrizione  dei  circhi  e  particolarmente  di  quello  di  Ca- 
racalla con  note  dell' Avv.  Carlo  Fea.  Roma  1786. 

(33)  Nicolai  Nicola  Maria:  Dei  bonificamenti  delle  terre  Pontine.  Roma  1800,  e.  XVI. 
—  Luoghi  della  Campagna  Romana  abitali  dagli  antichi:  —  Pago  Lemonio.  —  Casal  Ro- 
tondo. Tomo  I,  Parte  I,  degli  atti  dell'Accademia  romana  di  Archeologia.  Roma  1821. 
Siffatte  memorie  furono  poscia  continuate  dall'abate  Coppi  nella  pubblicazione  dei  mede- 
simi atti  deli" Accademia,  il  quale  aggiunse  ultimamente  una  disertazione  sulle  tenute  con- 
finanti con  la  stessa  via,  della  quale  se  ne  desidera  tuttora  la  pubblicazione. 

(34)  Lucidi  Emanuele  :  Memorie  storiche  dell'antichissimo  Municipio  ora  terra  dell'A- 
rida. Roma  1796. 

(3.5)  Riccy  Giovanni  Antonio:  Memorie  storiche  dell'antichissima  città  di  Albalonga  e 
dell  Albano  moderno.  Roma  1787.  —  Dell'antico  Pago  Lemonio  in  oggi  Roma  vecchia.  Roma 
1802.  —  Mausoleo  consolare  incavato  nel  Monte  Albano.  Roma  1828. 

(36)  Ratti  Nicola  :  Storia  di  Genzano  e  della  villa  di  Pompeo  nell'agro  Albano.  Pubbli- 
cata nel  Tom.  I,  Parte  II,  degli  atti  dell'Accademia  romana  di  Archeologia.  Alle  opinio- 
ni, esposte  dal  Ratti  anzidetto,  successero  diverse  pubblicazioni  di  contraria  opinione,  le 
quali  però  non  sono  di  ragguardevole  importanza  per  la  descrizione  della  via  .\ppia. 

l 


26  VIA    APPIA 

villa  di  Orazio,  si  slese  a  considerare  alcuna  parie  dell'anlica  via  Appia, 
che  pure  fu  descrilla  dal  medesimo  poela  nel  suo  viaggio  a  Brindisi  (37). 
Parlicolari  memorie  sulle  scoperle,  falle  nel  fine  del  secolo  passalo,  si  Iro- 
vano  inserite  nelle  pubblicazioni  dell'Amaduzzi  (38);  ed  anche  con  piij  par- 
licolarità  dal  Gualtani,  il  quale  descrisse  lanlo  i  rilrovamenti  fatti  nella  vi- 
gna Moroui ,  ({uanto  quei  promossi  per  cura  del  Canova  intorno  al  sepol- 
cro dei  Servilii  (39).  Tra  i  varii  scrittori,  che  in  tale  epoca  descrissero  le 
antichità  di  Roma,  merita  di  essere  ricordalo,  oltre  il  Ficoroni  già  citalo  per 
altre  memorie,  il  Venuti  ;  perchè  si  estese  alquanto  di  più  a  considerare  i  mo- 
numenti della  via  Appia  (40).  Alcune  utili  ricerche  furono  esposte  dall'abate 
T  ggeri  sui  monumenti  antichi  che  esistono  da  vicino  alla  via  Appia  nella 
valle  della  Caffarella  ed  in  Albano  (41).  Anche  piìi  importanti  notizie  venne- 
ro pubblicate  dal  Nibbv  lanlo  nella  sua  dissertazione  sulle  vie  degli  antichi, 
che  uscivano  dalle  porte  di  Roma,  quanto  nel  suo  viaggio  antiquario  ad  Al- 
bano, e  nelle  descrizioni  degli  orti  dei  ServiUi,  del  sarcofago  della  vigna 
Ammendola  e  del  sepolcro  volgarmente  denominalo  degli  Orazii  e  Curiazii 
in  Albano,  come  anche  sul  circo  detto  di  Caracalla  da  lui  riconosciuto  es- 
sere di  Romolo  figlio  di  Massenzio  (42).  Sul  quale  circo  pure  ne  scrisse  il 

(37)  Chaup):  Découverle  de  la  maison  de  campagne  d' Borace.  Tomo  II,  pag.  75  e 
Tom.  ni,  pag.  366  e  seg. 

(38)  Amaduzzi  Giovanni:  Anecdota  Litteraria.  Tom.  I,  pag.  465,  468,  471  e  475; 
Tom.  II,  pag.  477;  Tom.  Ili,  pag.  466.  —  Ficoroni  Francesco:  Le  Vestigie  e  rarità  di  Ro- 
ma. Lib.  I.  e.  XXIV.  Roma  1754. 

(39)  Guattani  Giuseppe  Antonio:  Monumenti  antichi  inedili.  Tom.  IV,  Scavi  della 
vigna  Moroni;  Memorie  enciclopediche.  Tom.  III,  Sepolcro  dei  Servilii  scoperto  da  Canova. 
Roma  anno  1787  e  1820. 

(40)  Venuti  Ridolfino:  Accurata  e  succinta  descrizione  topografica  delle  antichità  di  Roma. 
Edizione  terza  con  aggiunte  di  Stefano  Piale.  Roma  1824.  Parte  II.  Gap.  I.  Via  Appia. 

(41)  Uggeri  Angelo:  Tom.  XV,  Capo  di  Bove  et  Vallee  des  Camènes.  Tom.  XVI.  Ve- 
dute degli  stessi  monumenti.  Albano  e  Castel  Gandolfo.  Roma  1804  e  1808.  Lo  stesso  Uggeri 
asseriva  di  avere  eseguito  i  disegni  del  cosi  detto  circo  di  Caracalla,  che  furono  inseriti 
nella  sopracitata  opera  del  Bianconi,  sulla  descrizione  degli  antichi  circhi. 

(42)  Nibby  Antonio:  Delle  vie  degli  antichi.  Dissertazione  aggiunta  in  fine  del  To- 
mo IV  dell'edizione  della  Roma  antica  del  Nardini  da  lui  corredata  di  note.  Roma  1820. 

—  Viaggio  Antiquario  nei  contorni  di  Roma.  e.  XXVIII.  Roma  1819.  —  Analisi  storico-to- 
pografìco-antiguario  della  carta  dei  contorni  di  Roma.  Tom.  III.  pag.  522  e  seg.  Roma  1837. 

—  Del  circo  volgarmente  detto  di  Caracalla.  Roma  1825.  —  Del  rinomato  sepolcro  volgar- 
mente detto  degli  Orazii  e  Curiazii.  Roma  1834.  —  Degli  orti  dei  Servilii.  Nel  Tom.  VI 
degli  atti  della  Pontificia  accademia  di  Archeologia.  Roma   1835.  —  Sopra  il  sarcofago 


NOTIZIE    PRELLMINARI.  27 

Burgess  (13);  come  eziandio  il  Blackie  prese  ad  illustrare  l' indicato  sarcofago 
rinvenuto  negli  scavi  della  vigna  Annuendola  (il).  Su  i  medesimi  scavi  furo- 
no esposte  erudite  notizie  dal  marchese  Melchiorri  e  dal  commendatore  Vi- 
sconti, il  quale  poscia  aggiunse  un  carme  sulla  prima  parte  della  via  Appia; 
quindi  dall'Amati  furono  sugli  stessi  ritrovamenti  esposte  diverse  erudite 
notizie  e  particolarmente  sulle  iscrizioni  dei  Volunnii  rinvenute  nella  stessa 
localilà  (i5).  Egualmente  importanti  notizie  si  ebbero  dal  cav.  Tambroni  e 
dal  cav.  Poletli  sulle  scoperte  di  Boville  (46).  Il  Geli  ed  il  Vestphal.  nelle 

scoperto  nella  vigna  Ammendola.  Tom.  IX  degli  atti  della  Accademia  medesima.  Roma 
1840.  Non  tralasciò  lo  stesso  Nibby  di  esporre  altre  memorie  sui  particolari  monumenti 
della  via  Appia  in  diverse  relazioni  sui  molti  ritrovamenti  accaduti  lungo  la  stessa  via  al 
tempo  in  cui  egli  viveva. 

^i3  Burgess  Richard:  Description  of  the  Circus  on  the  via  Appia;  Opera  tradotta  in 
italiano  col  titolo:  Descrizione  del  circo  sulla  via  Appia.  Roma  1829. 

(44)  Blackie:  Batailles  des  Romains  avec  les  Marcomans,  has-relief  dun  sarcophage 
Irouvé  dans  la  vigne  Ammendola.  Annali  deirinstituto  archeologico.  Anno  1831. 

(45)  Melchiorri  Giuseppe  e  Visconti  Pietro  Ercole:  Silloge  d'iscrizioni  antiche  ine- 
dite dfdotte  dai  ritrovamenti  della  villa  Ammendola  dell'anno  1823.  Nelle  Effemeridi  romane 
del  medesimo  anno  e  continuate  nei  volumi  successivamente  pubblicati  col  titolo:  Memo- 
rie romane  di  antichità  e  belle  arti  dal  1824  al  1827.  Ed  anche  furono  riprodotte  con 
alcune  osservazioni  dell'Amati  nel  fascicolo  di  decembre  dell'anno  1825  dal  giornale  Ar- 
cadico. Quindi  le  osservazioni  dello  stesso  Amati  furono  estese  sulle  iscrizioni  appropriate 
a  Terenzio  nel  fascicolo  di  ottobre  dell'anno  1826  ed  in  quello  di  settembre  dell'anno  1828. 
E  poscia  sulle  iscrizioni  dei  Volunnii  nel  fascicolo  di  giugno  dell'anno  1831.  In  partico- 
lare dal  Visconti  fu  successivamente  pubblicata  una  descrizione  poetica  sulla  prima  parte 
della  via  Appia  col  titolo  :  La  via  Appia  dal  sepolcro  dei  Scipioni  al  mausoleo  di  Metella,  Car- 
me. Roma  1832.  Dal  medesimo  commissario  delle  antichità  romane  furono  esposte  altre 
notizie  sulle  scoperte  della  vigna  Ammendola  ed  in  vicinanza  del  sepolcro  dei  Serpilli  e 
di  Boville  nel  Tom.  II  degli  atti  dell'Accademia  romana  di  Archeologia.  E  quindi  egli 
si  prese  cura  di  pubblicare  nel  giornale  di  Roma  tutti  i  ritrovamenti  che  si  sono  di  re- 
cente fatti  negli  scavi  che  si  eseguiscono  dal  Governo  pontificio  per  lo  scuoprimento  della 
via  Appia.  E  dal  Melchiorri  poi  si  è  descritto  nel  Tom.  Il  degli  atti  dell'Accademia  ro- 
mana di  Archeologia  un  bassorilievo  rappresentante  una  scena  fanciullesca  rinvenuto  nella 
vigna  Ammendola. 

(46)  Tambroni  Giuseppe  e  Poletti  Luigi:  Sugli  edifizj  di  Boville.  Dissertazione  inse- 
rita nel  Tom.  HI  degli  atti  dell'Accademia  romana  di  Archeologia  pubblicato  nell'anno 
1829.  Nel  volume  delle  Effemeridi  romane,  pubblicato  nell'anno  1823,  vi  furono  di- 
verse esposte  memorie  del  De-Romanis  sugli  stessi  ritrovamenti.  Ed  anche  nel  fascicolo 
del  mese  di  giugno  dell'anno  1823  del  giornale  Arcadico  si  trovano  inserite  le  stesse 
descrizioni  di  Tambroni  e  Poletti. 


28  VIA    APPI 4 

loro  esposizioni  sulla  topografia  dei  d'intorni  di  Roma,  rilerirono  pure  no- 
tizie sulla  via  Appia ,  come  eziandio  alcune  particolarità  topografiche  si 
trovano  indicate  tanto  del  suburbano  di  Roma  della  direzione  del  Censo 
quanto  in  quella  del  barone  di  Moltke  (47).  Anche  piìi  parlicolarizzate  e  più 
studiate  sono  le  esposizioni  dell'Angelini  e  dell'avvocato  Fea  sulla  stessa 
via,  ed  in  particolare  su  tutti  gli  edifìzj  antichi  che  esistono  tra  Roma  ed 
Albano  e  sue  adiacenze  (48).  Similmente  di  considerevole  importanza  sono 
le  vedute  degli  stessi  monumenti  antichi  pubblicate  dal  professore  Rossi- 
ni (49).  E  di  ragguardevole  utilità  si  considerano  le  esposizioni  dei  mo- 
numenti Amaranziani  del  marchese  Biondi,  rinvenuti  nel  tenimento  di  Tor 
Marancio  che  si  comprende  nella  regione  presa  a  descrivere  (50).  Meritano 
inoltre  considerazione  le  pubblicazioni  del  marchese  Campana  sui  colombari 
scoperti  per  sua  cura  nelle  adiacenze  del  sepolcro  dei  Scipioni;  perchè  da 
tali  scoperte  si  può  dire  che  ebbe  principio  il  lodevole  divisamento  che 
prese  il  Governo  pontificio,  in  seguito  di  particolari  mie  premure,  onde 
procurare  la  conservazione  dei  sepolcri  degli  antichi,  che  si  vanno  dissot- 
terrando, con  apposite  opere  di  moderna  struttura  (51).  Meritano  eziandio 
di  essere  ricordate  le  recenti  illustrazioni  fatte  dal  P.  Garrucci  su  alcune 
pitture  rinvenute  in  un  sepolcro  della  stessa  via  Appia,  benché  già  da  lun- 
go tempo  ed  anche  già  descritte  da   varii  dotti  scrittori  dei  monumenti 


,47'  Geli  William:  The  (opography  of  Rome  andits  vicinity.  London  1834,  Tom.  I. 
pag.  127  e  segg.  —  Westphal:  Carta  topografica  della  Campagna  di  Roma,  con  una  de- 
scrizione della  stessa  topografia  pubblicata  nell'anno  1827,  in  cui  all'Articolo  10  è  fatta 
menzione  della  via  Appia.  E  similmente  nelle  Tavole  della  stessa  Campagna  romana  pub- 
blicate di  seguito  a  Berlino  relativamente  allo  stato  antico  e  moderno  nell'anno  1829. 
Anche  nella  Carta  topografica  del  Suburbano  di  Roma,  pubblicata  dalla  direzione  del  Censo 
nell'anno  1839,  vi  sono  espresse  alcune  particolarità  della  stessa  prima  parte  della  via 
Appia.  E  similmente  nella  Carta  topografica  di  Roma  e  suoi  contorni  del  Barone  di  Moltke 
pubblicata  in  Berlino  nell'anno  1852. 

(48  Angelini  Giovanni  ed  Antonio  Fea  :  /  Monumenti  più  insigni  del  Lazio  distribuiti 
in  vie.  Parte  I,  Via  Appia.  Roma  1828. 

(49;  Rossini  Luigi:  Viaggio  pittoresco  da  Roma  a  Napoli.  Volume  unico.  Roma  1839. 

(50)  Biondi  Luigi:  /  Monumenti  Amaranziani.  Roma  1843. 

(51)  Campana  Gio.  Pietro:  Di  due  sepolcri  Romani  del  secolo  di  Augusto,  scoperti  tra 
la  via  Latina  e  l' Appia  in  vicinanza  del  sepolcro  dei  Scipioni.  Roma  1840.  Queste  stesse 
esposizioni  si  comprendono  nel  Volume  XI  degli  atti  dell'Accademia  romana  di  Archeo- 
logia. Nei  successivi  Volumi  si  aggiungerà  la  descrizione  di  altro  importante  colombario 
successivamente  scoperto  dal  medesimo  marchese  Campana  nella  stessa  vigna  Codini. 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  29 

sacri  ed  in  particolare  dal  Bottari;  perchè  servono  a  confermare  esservi 
stato  un  edifizio  sacro  al  culto  di  Mitra  nel  principio  della  stessa  via,  come 
può  dedursi  da  altre  memorie  rinvenute  nelle  stesse  adiacenze  (52).  A  ser- 
vire poi  di  prima  illustrazione  delle  scoperte  fatte  nell'anno  1851  furono 
esposte  alcune  memorie  dal  sig.  Agostino  Jacobini  ;  con  alcuni  eruditi  com- 
menti del  conte  Bartolommeo  Borghesi  sulle  iscrizioni  più  importanti  ritro- 
vate nelle  stesse  prime  scoperte  che  gentilmente  mi  aveva  comunicate  (53). 
Sono  poscia  da  apprezzarsi  alcune  dotte  osservazioni  fatte  dal  dottor  Hen- 
zen  sulle  principali  iscrizioni  rinvenute  nelle  medesime  ultime  scavazio- 
ni (5-1).  In  fine  giudico  opportuno  d'indicare  che  furono  già  da  me  stesso 


(52)  P.  Raffaele  Garrucci  :  Tre  sepolcri  con  pitture  ed  iscrizioni  appartenenti  alle  su- 
perstizioni pagane  del  Bacco  Sabazio  e  del  Persidico  Mitra.  Napoli  1852.  Sul  quale  argo- 
mento sono  promesse  altre  notizie  dal  cav.  G.  B.  De  Rossi.  Pertanto  si  osserva  che 
in  circa  nelle  adiacenze  del  luogo,  in  cui  furono  scoperte  le  enunciate  opere,  si  rinvennero 
diverse  memorie  spettanti  al  culto  del  Sole  che  si  prendono  a  considerare  nel  terzo  parti- 
mento.  Le  memorie  sacre  poi,  che  esistono  nelle  adiacenze  della  chiesa  di  s.  Sebastiano, 
si  trovano  esposte  precipuamente  nella  dissertazione  del  cimitero  di  s.  Calisto  nelle  ben 
note  ed  erudite  opere  del  Bosio,  Roma  sotterranea,  del  Boldetti,  Osservazioni  sopra  i 
cimiteri  dei  santi  Martiri  ed  antichi  cristiani,  dal  Boltari,  le  catacombe,  dal  Raoul-Rochette 
su  eguale  argomento,  ed  anche  piìi  accuratamente  dal  P.  Marchi  nella  sua  opera  sui 
Monumenti  Cristiani  primitivi,  impresa  a  pubblicarsi  da  qualche  anno  e  che  è  da  desi- 
derare che  sia  portata  ad  illustrare  anche  piìi  ampiamente  i  monumenti  sacri  degli  anti- 
chi cimiteri  cristiani  esistenti  nel  principio  della  via  Appia.  come  già  fece  dottamente 
per  alcuni  altri.  Nulla  poi  ancora  si  conosce  della  pubblicazione  degli  stessi  monumenti 
sacri   impresa  a  farsi  a  Parigi  dall'architetto  Perret. 

i53)  Jacobini  Agostino:  Memorie  dello  scavo  della  via  Appia  fatto  nell'anno  1851.  Vi 
sono  aggiunti  i  commenti  del  conte  Bartolommeo  Borghesi  sopra  alcune  delle  iscrizioni 
trovate  nello  stesso  scavo.  Il  Cavedonì  pure  espose  alcune  illustrazioni  sugli  stessi  monu- 
menti scritti.  Si  devono  aggiungere  alcune  notizie  che  furono  pubblicate  dal  dottor  Carlo 
Pancaldi  sulle  recenti  scoperte  che  furono  inserite  nei  fogli  45  e  46  dell'anno  XVIU  del 
giornale  intitolato  Album;  il  quale  inoltre  ba  promesso  di  rendere  a  pubblica  cognizione 
una  sua  descrizione  sulla  stessa  prima  parte  della  via  Appia  intitolata:  Sguardo  generale 
estetico-storico-artistico.  Diverse  notizie  poi  sulle  recenti  scoperte  furono  pubblicate  in  altri 
fogli  periodici,  e  tra  i  quali  quello  del  Debats,  che  hanno  ser\ito  a  sempre  più  farne  cono- 
scere la  loro  importanza,  e  sotto  questo  aspetto  si  desiderano  che  sieno  vieppiù  estese. 

54;  Henzen  Guglielmo  :  Sulle  iscrizioni  principali  rinvenute  negli  scavi  della  via  Ap- 
pia. Nel  Voi.  IX  deiranno  1852  degli  Annali  dell' Instituto  di  Corrispondenza  Archeo- 
lica.  Pag.  301.  In  fine  delle  indicate  iscrizioni  si  riferisce  quella  della  gente  Pompeia 
con  il  supplemento  proposto  dal  Comm.  P.  E.  Visconti. 


30  VIA    .APPLI 

esposte  notizie  tanto  sulle  grandi  sostruzioni  della  via  Appia,  che  esistono  nella 
valle  dell'Ancia ,  quanto  sui  principali  monumenti  antichi,  di  cui  rimangono 
ancora  rehquie  lungo  la  medesima  via,  ed  in  particolare  sulla  topografia  ge- 
nerale della  stessa  prima  parte  della  via  dimostrata  con  tavole  dehneate 
ed  incise  da  Pietro  Rosa  (55). 

Fu  colla  conoscenza  delle  enunciale  pubblicazioni  che  si  è  impreso  ad 
esporre  la  descrizione  dell'antica  via  Appia  contenuta  nei  limiti  surriferiti. 
E  nonostante  che  a  sifTatto  accurato  studio  sulle  indicate  esposizioni  dei  più 
ragguardevoli  dotti  scrittori  di  tali  particolari  memorie  antiche,  si  sieno  ag- 
giunte le  conoscenze  acquistate  dalle  scoperte  maggiori  che  mai  si  sieno 
fatte  con  tanta  regolarità;  pure  sono  ben  persuaso  che  molte  cose  man- 
cheranno a  soddisfare  quanto  si  richiedeva  dall'importanza  dell'argomento 
considerandolo  esteso  in  ogni  specie  di  memorie.  Però  spero  che  lo  scopo 
principale,  quale  è  quello  di  offrire  una  idea  generale  della  parte  della  via 
Appia  ultimamente  discoperta,  verrà  raggiunto;  poiché  nulla  si  è  trascurato 
per  dimostrare  non  solamente  lo  stato  in  cui  si  rinvennero  le  reliquie  dei 
più  cospicui  monumenti  lungo  la  stessa  via ,  ma  eziandio  quello  più  pro- 
babile della  loro  intera  struttura  quale  dovevasi  ammirare  nei  tempi  anti- 
chi. Con  tuttociò  non  si  è  trascurato  di  prendere  a  considerare  quanto  più 
si  rendeva  necessario  di  esporre  per  avere  una  compiuta  conoscenza  della 
stessa  parte  più  importante  della  via  antica.  Ed  in  particolare  per  corri- 


(55)  Canina  Luigi  :  Sostruzioni  della  via  Appia  nella  valle  deli  Arida,  nel  volume  de- 
gli Annali  deirinstituto  archeologico  dellanno  1837.  Quindi  sulla  costruzione  della  via 
Appia  in  generale  e  sui  principali  monumenti  ctie  si  trovano  sussistere  lungo  la  medesima 
via  e  sul  circo  di  Massenzio,  ne  vengono  riferite  ampie  esposizioni  tanto  nella  Sezione  III 
della  grande  opera  suWArchilctlura  antica:  quanto  nelle  diverse  classi,  a  cui  appartengono 
gli  stessi  monumenti,  dell'altra  grande  opera  recentemente  pubblicata  sugli  Edifizj  antichi 
di  Roma.  Volumi  HI  e  IV,  Classe  XIV.  Quindi  una  particolare  descrizione  sulP importante 
ristabilimento  della  prima  parte  della  via  Appia  tra  Roma  e  la  prima  stazione  dell'Aricia, 
col  mezzo  di  notizie  preliminari  fu  inserita  nel  Tom.  Vili  della  seconda  serie  degli  An- 
nali di  corrispodenza  archeologica  dell'anno  1851.  Successivamente  nel  Tom.  IX  delTan- 
no  1852  è  stata  inserita  la  prima  sezione  della  descrizione  della  medesima  parte  della 
via  antica,  compresa  tra  il  miglio  quarto  ed  il  nono,  con  tre  tavole  topografiche  della 
stessa  parte  della  via  delineate  ed  incise  da  Pietro  Rosa.  Nel  successivo  Volume  sarà 
protratta  la  descrizione  stessa,  tanto  verso  Roma  quanto  verso  Albano,  per  quanto  sa- 
ranno progredite  le  scavazioni,  ed  anche  su  quanto  si  è  compreso  nella  prescrizione  di 
tale  esposizione  tra  la  porta  Capena  e  la  prima   stazione   corrispondente    all'Ancia. 


NOTIZIE    PRELIMINARI.  31 

spendere  nel  modo  che  migliore  si  potesse  desiderare,  per  quanto  concerne 
la  illustrazione  delle  principali  iscrizioni  antiche,  mi  sono  mollo  giovato  de- 
gli autorevoli  consigli  del  sommo  Borghesi  inserendo  le  stesse  sue  lettere  che 
gentilmente  mi  scrisse.  Credo  quindi  giusto  d'indicare  che  nella  parte  della 
rappresentanza  in  disegno  dei  diversi  monumenti,  che  formano  il  principale 
corredo  di  questa  esposizione ,  mi  è  stato  di  grande  giovamento  la  coope- 
razione dell'eccellente  mio  collaboratore  Giovanni  Montiroli. 

Nonostante  che  con  le  indicate  cure  e  considerazioni  sulle  precedenti 
pubblicazioni  si  sia  forse  ottenuto  di  offrire  una  piìi  palese  dimostrazione 
della  stessa  principale  parte  della  via  Appia  di  quanto  si  sia  sin'ora  espo- 
sto; pure  è  mio  proponimento  di  allargare  la  stessa  esposizione  anche  in 
più  ampli  dilatamenti  tanto  per  la  parte  topografica  quanto  per  quella  mo- 
numentale neir  imprendere  la  descrizione  dell'Albano  e  dell'Ancia  nella 
seconda  parte  dell'opera  sugli  Edifizj  di  Roma  antica  e  della  Campagna 
romana,  già  portata  a  compimento  per  quanto  concerne  la  prima  parte 
in  quattro  grandi  Volumi  in  foglio;  perciocché  la  stessa  via  Appia  serve 
come  di  principale  avviamento  alla  illustrazione  dei  monumenti  che  si  trova- 
no nei  suddetti  due  luoghi,  per  i  quali  essa  transitava. 

Pertanto  in  adempimento,  a  quanto  spetta  a  questa  particolare  espo- 
sizione, si  dichiara  che  essa  viene  divisa  nel  seguente  partimento. 

In  dodici  distinte  parti  è  suddivisa  la  principale  esposizione  dell'in- 
dicata prima  parte  della  via  Appia ,  le  quali  corrispondono  agli  altri  altret- 
tanti spazj  che  si  comprendono  tra  ciascuno  dei  termini  migliarli  che  di- 
videvano anticamente  la  stessa  parte  della  via  compresa  tra  la  porta  Ca- 
pena  e  la  vetusta  città  di  Boville.  Ed  a  ciascuno  dei  medesimi  partimenti 
sono  appropriate  tutte  quelle  memorie  che  si  sono  potute  con  più  sicurezza 
riconoscere  avere  appartenuto  alla  respettiva  parte  della  via,  non  solamente 
nelle  recenti  discoperte,  ma  eziandio  in  tutte  quelle  precedentemente  ese- 
guite, benché  condotte  per  tutt'altro  motivo  di  quello  di  procurare  un  be- 
nificio  alle  stesse  memorie  antiche ,  e  quindi  ricordate  con  notizie  assai  va- 
gamente esposte.  E  con  tale  esposizione  si  giunge  a  raccoghere  tutto  quanto 
può  maggiormente  importare  per  la  conoscenza  delle  principali  memorie 
superstiti  che  si  possono  appropriare  alla  parte  della  via  Appia  compresa 
tra  il  suo  cominciamento,  che  accadeva  all'uscire  dalla  porta  Capena,  esi- 
stente nella  vetusta  cinta  delle  mura  di  Servio,  ed  il  suo  trapasso  a  lato 
dell'antica  città  di  Boville,  ove  si  è  prescritto  dovere  succedere  il  limite  a 
questa  stessa  esposizione. 


32  VIA    APPU 

Alla  medesima  generale  descrizione  si  aggiunge  primieramente  per  Ap- 
pendice una  esposizione  delle  principali  iscrizioni  antiche  rinvenute  lungo 
la  stessa  parte  della  via  Appia,  che  avrebbero  portato  troppo  intralcia- 
mento allorché  si  fossero  imprese  a  considerarle  nella  indicata  descrizione 
generale,  e  che  d'altronde  non  si  sono  potute  con  sicurezza  determinare  a 
quale  partimento  esse  si  riferivano  per  mancanza  di  sicure  notizie  sul 
loro  ritrovamento. 

Quindi  in  una  seconda  Appendice  si  prende  a  dimostrare  ampiamente, 
e  col  soccorso  di  nuove  considerazioni  sui  monumenti ,  quale  sia  il  preciso 
valore  dell'antico  miglio  romano,  che  ha  servito  a  determinare  la  più  pro- 
babile collocazione  delle  antiche  colonne  migliarie  lungo  le  vie  dei  roma- 
ni in  generale;  sul  qual  riparto  si  è  basata  la  enunciata  esposizione  ge- 
nerale della  prima  parte  della  stessa  via  Appia. 

Inoltre  si  è  aggiunta  una  terza  Appendice  per  servire  di  collegamento  a 
tutte  le  indicate  parziali  esposizioni  ;  poiché  in  essa  si  prende  ad  esporre 
una  succinta  indicazione  topografica  dei  più  importanti  ritrovamenti,  fatti  lun- 
go la  stessa  parte  della  via  Appia ,  riferendoli  non  solamente  ai  tipi  espres- 
samente annessi,  ma  eziandio  a  quanto  venne  esposto  nella  enunciata  de- 
scrizione generale,  alla  quale  può  servire  d'indice. 

In  fine  non  si  potrebbe  meglio  porre  termine  a  queste  notizie  prelimi- 
nari altro  che  colfattribuire  giustamente  somma  riconoscenza  non  solamen- 
te a  chi  regge  il  supremo  potere  di  tutto  quanto  è  proprio  di  questa  dizione 
Pontificia ,  ed  al  quale  dominio  è  sempre  stato  di  speciale  decoro  la  prote- 
zione concessa  a  favore  dell'incremento  delle  arti  e  degli  studj  dei  monu- 
menti antichi  :  ma  eziandio  a  chi  ha  la  parziale  cura  di  questo  partimento 
artistico  e  njonumentale,  quale  è  il  ministero  del  Commercio  e  delle  Belle 
arti,  ora  lodevolmente  retto  dal  Commendatore  Camillo  Jacobini,  che  prese 
particolarmente  grandissima  premura  per  la  stessa  opera,  e  ciò  in  modo 
tale  che  senza  la  sua  efficace  cooperazione  non  si  sarebbe  forse  portata  a 
compimento.  E  quindi  giustamente  si  deve  aggiungere  lodevole  commemo- 
razione in  favore  dei  miei  insigni  colleghi  della  Commissione  generale  di 
Antichità  e  Belle  arti  che  con  molto  zelo  ed  intendimento  si  prestano  sem- 
pre a  coadiuvare  con  i  loro  autorevoli  consigli  ai  lodevoli  sovrani  divisa- 
menti.  Si  è  soltanto  con  siffatto  unanime  accordo  che  si  possono  portare  a 
buon  fine  le  cose  che  concernono  le  importanti  memorie  storiche  ed  ar- 
tistiche di  questa  metropoli  della  sede  del  più  vasto  dominio  che  mai  ab- 
bia esistito  e  che  forse  non  più  si  effettuerà  in  tanta  ampiezza. 


PRIMA   PARTE 
TRA  LA  PORTA  CAPENA  ED  IL  PRIMO  MIGLIO 

PORTA  CAPENA.  La  via  Appia  aveva  principio  dalla  porta  Capena, 
posta  nella  cinta  delle  mura  di  Servio  Tullio,  come  chiaramente  da  Frontino 
vedesi  attestato  senza  avere  bisogno  di  ricorrere  ad  altre  autorità  ed  impren- 
dere a  dimostrare  la  insussistenza  delle  varie  opinioni  contrarie  (  1  ).  La  si- 
tuazione di  questa  porta  si  trova  determinata  dallo  stesso  Frontino  nel  di- 
re che  l'acqua  Appia,  venendo  condotta  dalle  sue  sorgenti  lungo  la  via  Pre- 
nestina,  e  portata  nel  luogo  detto  Speranza  vecchia,  per  giungere  sino 
dove  cominciava  ad  essere  distribuita  in  vicinanza  delle  Saline  e  della 
porta  Trigemina,  trapassava  sopra  la  porta  Capena;  ed  era  ivi  il  suo  acque- 
dotto sostenuto  con  opere  di  soslruzione  in  parte  inarcate  per  la  estensione  di 
sessanta  passi  (2).  Perciocché  tra  il  monte  Celio,  che  tale  acquedotto  trapas- 
sava venendo  dal  detto  luogo  della  Speranza  vecchia,  ed  il  monte  Aventino, 
ove  esso  aveva  termine  in  vicinanza  della  porta  Trigemina,  non  si  trova  altro 
spazio  che  presenti  maggior  ristrettezza  per  contenere  la  indicata  estensione 
delle  anzidette  opere  di  sostruzione,  che  sostenevano  l'acquedotto,  della 
stessa  acqua ,  di  quello  corrispondente  tra  l'angolo  del  Celio  più  sporgente 
verso  il  meridio  della  vigna  dei  monaci  Camaldolesi  di  S.  Gregorio,  e  quello 
pure  più  sporgente  verso  settentrione  della  parte  dell'Aventino  che  rima- 
ne sotto  la  chiesa  di  S.  Balbina.  In  tale  posizione  solo  si  può  stabiUre  essersi 
potuto  con  la  indicata  estensione  delle  opere  di  sostruzione  di  passi  sessanta, 
cioè  piedi  romani  trecento,  corrispondenti  a  poco  meno  di  metri  novanta, 
congiungere  luna  elevazione  con  l'altra  e  trapassare  sopra  alla  porta  Cape- 

{V  Viain  Àppinm  a  porta  Cnpenn  usgue  ad  iirhem  Capuani  municndam  curaiit.  Fron- 
tino, De  Aqiinedurtibiis.  e.  ó.J  Questa  notizia  venne  esposta  da  Frontino  nel  narrare  come 
Àppio  Claudio  aveva  nel  tempo  slesso  impreso  a  condurre  in  Roma  l'acqua  pure  detta 
Appia  dal  suo  nome. 

(2)  Diicliis  rjitf  hahet  longìliidinem  a  capite  usgue  ad  Salinas,  qui  locus  est  ad  portam 
Trigeminam  passuum  XICXC:  subterraneo  rivo  pnssuum  XICXXX;  sitpra  terram  substruc- 
tione  et  arcuato  opere  proxime  portam  Capenam  passuum  LX.  (Frontino,  De  Aquaeduct.  e.  5.y 
In  tale  misura  delle  opere  di  sostruzione  non  dovevasi  evidentemente  comprendere  la  por- 
ta Capena  ;  poiché  essa,  formando  un'opera  distinta,  non  poteva  considerarsi  nelle  dette  par- 
ticolari sostruzioni:  e  così  si  ottiene  una  qualche  magtriore  dilatazione  a  traverso  della  val- 
le, che  di  troppo  sarebbe  limitata  colla  misura  prescritta. 

5 


34  VIA   APPU    PARTE    I. 

na  stabilita  in  principio  della  via  Appia.  Tale  coincidenza  di  luogo,  quale 
è  determinata  dalla  naturale  disposizione  dei  sovrastanti  colli,  che  ivi  solo  di 
pili  si  accostano,  e  quale  viene  anche  richiesta  dal  migliore  tracciamento  che 
dovevano  avere  le  mura  di  Servio  stabilite  a  traverso  della  parte  più  ristret- 
ta della  valle,  è  anche  contestata  da  quanto  il  medesimo  Frontino  espose 
sulla  condotta  dell'acqua  Marcia  ;  poiché  riferiva  che  una  parte  di  essa  dopo 
gli  orti  Pallanziani,  esistenti  da  vicino  al  suddetto  luogo  chiamato  Speranza 
vecchia,  introdotta  nel  rivo ,  che  si  denominava  Ercolaneo,  era  portata  per  il 
CeHo,  senza  però  servire  agli  usi  di  tale  colle,  essendo  di  livello  inferiore;  ed 
aveva  il  suo  acquedotto  termine  sopra  la  stessa  porta  Capena.  Nel  seguito 
poi  venne  protratto  sino  sull'Aventino,  seguendo  evidentemente  la  stessa 
direzione  dell'acquedotto  dell' Appia  ;  ma  il  rivo  della  Marcia  doveva  essere 
soprapposto  a  quello  dell' Appia,  per  essere  il  suo  Hvello  assai  superiore, 
come  è  dichiarato  dal  medesimo  Frontino  (3).  È  dal  trapasso  dei  condotti 
delle  stesse  due  acque  che,  lasciandone  cadere  alcune  goccio,  aveva  la  porta 
stessa  acquistato  il  distintivo  di  bagnata  e  di  antico  arco  stillante  secondo 
Giovenale  ed  il  suo  scoliaste,  la  quale  condizione  venne  anche  contestata 
da  Marziale  (4).  È  confermata  la  stessa  corrispondenza  di  luogo  da  Stra- 
bone  nel  dire  che  la  via  Latina  aveva  principio  dall' Appia,  dalla  quale 
si  separava  deviando  a  sinistra  in  vicinanza  di  Roma  (5)  ;  poiché  la  separa- 
zione di  tale  via  ben  si  conosce  tuttora  avere  avuto  luogo  alcun  poco  dopo 
della  stessa  posizione  in  vicinanza  della  chiesa  di  S.  Cesareo.  La  importante 
scoperta  del  sepolcro  degli  Scipioni,  che  stava  fuori  della  porta  Capena  ed 
entro  il  primo  miglio,  già  aveva  fatto  conoscere  dovere  esistere  tale  porta 
alquanto  piiì  verso  l' interno  della  città;  e  così  pure  gU  altri  diversi  sepolcri, 
scoperti  nella  vigna  Casali  in  circa  d'incontro  ed  a  lato  del  suddetto  monu- 

(3)  Marcia  autem  partem  sui  post  hortos  Pallantianos  in  rivum,  qui  vocatur  Hercu- 
laneus,  deiicit:  is  per  Coelitim  duclus,  ipsiiis  monds  iisibus  nihil.  ut  inferior,  submi  ni  strans, 
finitur  supra  portam  Capenam.  (Frontino,  De  Aquacduct.  e.  19.J  Quibus  mine  plurcs  aquae,  et 
in  primis  Marcia  reddita  ampliare  opere  a  Coelio  in  Aventimim  usque  perducilur.  (Id.  e.  81. J 
I  livelli  poi  delle  diverse  acque  condotte  sono  dichiarati  dallo  stesso  Frontino  al  cap.  18. 

(4)  Sìibstitit  ad  veteres  arcus  inadidamque  Capenam. 

Quia  supra  eam  aquae  ductus  est,  quem  nuìic  appellant  Arcum  stillantem.  Primum  enim  usque 
ibidem  fuerunt  portae  quae  porta  Capena  vocahatur.  (Giovenale.  Sat.  III.  v.  II,  e  suo  Scoliaste.) 
Capena  grandi  porta  qua  pluit  gutla. 

(Marziale.  Lib.  Ili  Ep.  il.J 

(5)  'Afi/jTX'.  de  (ri  A«TfVvj^>  ano  riig  'Annioc;  Jv  àpi(7Z£pSr  àn  cà)V?iq  i-xzpmoiivjfj 
TÙoo'jió'j  'Vaiioz.  (Strabone.  Lib.   V.  e.  1.) 


DALLA   PORTA   CAPENA   AL   MIGLIO   I.  35 

menlo,  avevano  contestata  la  stessa  circostanza  :  ma  verso  il  One  dello  scorso 
anno  1851  da  S.  A.  R.  la  contessa  Marianna  di  Seitenberg  principessa  dei  Pae- 
si Bassi  facendo  eseguire  a  mia  insinuazione  alcuni  scavi  nella  parte  infe- 
riore della  sua  villa  Celimontana  già  Mattei,  ove  si  trova  aver  lambito  il 
lato  sinistro  della  via  Appia,  si  scopersero  reliquie  di  diversi  sepolcri,  che 
servirono  a  far  conoscere  avere  necessariamente  quel  luogo  corrisposto 
fuori  della  cinta  delle  nmra  di  Servio.  Si  può  inoltre  contestare  la  in- 
dicata situazione  della  porta  Capena  da  quanto  venne  esposto  dal  Guattani 
nell'asserire  che  il  suo  maestro  Orazio  Orlandi  in  uno  scavo,  fatto  nell'or- 
to dei  padri  di  S.  Gregorio,  apparvero  gli  stipiti  di  una  porta  che  fu  cre- 
duta la  Capena  (6).  Con  maggior  precisione  poi  ho  potuto  determinare 
la  vera  posizione  della  stessa  porta  in  seguito  di  quanto  venne  esposto  sul 
luogo  del  ritrovamento  della  colonna  indicante  il  primo  miglio  della  stessa 
via  Appia,  che  nell'anno  1692  dopo  varie  vicende  fu  collocata  sulla  ba- 
laustrata del  Campidoglio.  Il  Revillas  prese  a  dimostrare,  coll'autorità  delle 
più  autorevoli  memorie,  che  tale  colonna  milliaria  era  stata  ritrovata  nel- 
l'anno 158i,  unitamente  al  piedestallo  dedicato  dal  collegio  dei  viatori  ad 
Adriano,  che  fu  pure  situato  a  lato  della  stessa  colonna,  in  vicinanza  della  ca- 
sa della  vigna  Naro  che  trovasi  nel  lato  destro  uscendo  dalla  porta  S.  Seba- 
stiano, e  precisamente  a  palmi  romani  512  distante  dalla  stessa  porta, 
cioè  palmi  8  prima  di  giungere  all'angolo  settentrionale  di  detta  casa,  ove 
esisteva  sino  a  poco  tempo  avanti  una  memoria  che  dichiarava  il  luogo  di 
detto  ritrovamento,  come  gU  venne  attestato  dall'abate  Valesio  e  confermato 
con  le  ricerche  fatte  dal  Fabretti  e  dal  Ficoroni  (7).  Quindi  per  conoscere 
con  più  esattezza  la  estensione  del  primo  migho  di  tale  via,  onde  stabilire 
il  luogo  in  cui  esisteva  la  porta  Capena,  s' imprese  con  accurate  ricerche  a 
determinare  la  precisa  lunghezza  del  miglio  antico  romano  in  relazione  delle 
misure  moderne,  e  precipuamente  basandole  sui  ritrovamenti  della  eleva- 
zione delle  due  colonne  coclidi  Trajana  ed  Antonina,  limitate  dallo  spigolo 
inferiore  del  plinto  della  base  a  quello  superiore  dell'abaco  del  capitello,  da 
cui  si  ebbe  per  la  prima  volta  l'autorevole  misura  di  metri  29  :  655  corri- 
spondenti a  piedi  romani  antichi  100;  percui  erano  dette  centinarie  le  stes- 
se colonne,  come  fu  nella  precedente  esposizione  chiaramente  dimostrato. 

(6)  Guattani,  Roma  descritta  ed  illustrata.    Tom.  I.  pag.  36,    e  Monumenti  Sabini. 
Tom.  I.  pag.  237. 

(7)  Revillas  D.  Diego,  Dissertazione  sopra  la  colonna  chiamata  Milliarìum  Aureum, 
inserita  nel  Tomo  I.  Parte  II  dei  Saggi  di  dissertazioni  dell'Accademia  Etrusco  di  Cortona. 


36  AIV   APPIA   PARTE   t. 

Costituita  SU  tale  misura  una  catena,  e  con  la  diligente  direzione  dell'inge- 
gnere Bravuzzi  e  dell'architetto  Fontana  fatta  stendere  da!  suddetto  luogo, 
in  cui  fu  ritrovata  la  colonna  niilliaria,  per  cinquanta  volte  lungo  l'attuale 
strada  di  porta  S.  Sebastiano,  che  conserva  la  direzione  della  prima  parte 
dell'antica  via  Appia,  si  è  giunto  a  fissare  l'altro  limite,  ove  si  è  segnato 
con  le  lettere  P  C  nella  parte  del  muro  di  cinta  della  vigna  dei  PP.  Camal- 
dolesi di  S.  Gregorio,  che  corrisponde  d'incontro  al  principio  della  nuova 
piantaggione  di  alberi  ed  al  ponticello  costrutto  sulla  ÌMarrana  che  mette  al 
viottolo  di  S.  Balbina  ;  perciocché  il  migho  antico,  essendo  composto  di  mille 
passi,  cioè  piedi  cinquecento,  si  trova  avere  corrisposto  precisamente  alle 
indicate  cinquanta  catene  di  piedi  cento,  o  metri  29  :  655  che  sono  per  il 
miglio  metri  l-i82,  750.  Si  è  con  la  stessa  catena  e  colla  direzione  dei  me- 
desimi signori  che  si  sono  determinati  i  luoghi  in  cui  dovevano  corrisponde- 
re le  altre  colonne  miUiarie  dalla  prima  anzidetta  sino  alla  undecima,  ove  ha 
termine  il  ristabilimento  della  via  xVppia  ed  ove  si  congiunge  all'attuale  stra- 
da di  Albano  corrispondente  sull'andamento  dell'antica  via  da  vicino  all'oste- 
ria delle  Fratocchie  ed  all'antica  Boville;  e  tale  determinazione  si  è  trovata 
collegarsi  con  le  fosse  milliarie  della  bonificazione  Pontina  stabilite  in  corri- 
spondenza delle  antiche  colonne  milliarie.  Così  venne  fissato  con  precisione 
il  luogo  della  porta  Capena,  che  corrisponde  infatti  ove  i  colli  Celio  ed  Aven- 
tino si  avvicinano  di  più  a  norma  di  quanto  viene  prescritto  per  concordare 
in  miglior  modo  il  giro  delle  vetuste  mura  di  Servio  in  tale  luogo,  con 
la  indicata  estensione  delle  opere  di  sostruzione  fatte  per  sostenere  l'ac- 
quedotto delle  acque  Appia  e  Marcia,  che  trapassavano  sulla  stessa  porta, 
ed  ove  si  dicono  essersene  scoperte  tracce  nella  parte  inferiore  della  an- 
zidetta vigna  dei  PP.  Camaldolesi.  Relativamente  alla  medesima  porta  è 
quindi  necessario  l'osservare  che  essa ,  esistendo  sino  dal  tempo  in  cui  fu  co- 
strutta la  cinta  delle  mura  di  Servio,  ed  incirca  due  secoli  e  mezzo  avanti 
che  fosse  da  Appio  Claudio  stabihta  la  via  Appia  da  Roma  a  Capua,  ed  anzi 
vedendola  già  ricordata  da  Livio  nella  narrazione  della  morte  della  sorella  del 
superstite  Orazio  del  tanto  noto  avvenimento  degli  Orazj  e  Curiazj  accaduto 
sotto  Tulio  Ostilio,  non  poteva  perciò  avere  ricevuto  il  suo  nome  né  dalla 
stessa  città  di  Capua.  come  si  volle  dedurre,  né  eziandio  dall'antica  città  di 
Capena  che  esisteva  nella  parte  opposta  in  vicinanza  del  monte  Soratte  lun- 
go la  via  Flaminia,  come  pure  si  volle  stabilire  da  un  passo  di  Servio  corrotta- 
mente riferito  ;  ma  bensì  dal  bosco  sacro  alle  Camene  che  stava  collocato 
precisamente  fuori  della  stessa  porta  e  che  era  celebre  sino  dal  tempo  di 
Numa,  e  perciò  di  più  probabile  derivazione  come  si  deduce  dalla  miglior 


DALLA.   PORTA  CAPENA   AL   MIGLIO   1.  3T 

lezione  della  suddetta  notizia  di  Servio,  e  ciò  è  anche  contestato  dall'antico  Sco- 
liaste di  Giovenale  (8).  In  seguito  di  tali  considerazioni  deve  credersi  che  la 
porta  stessa  preesistesse  alla  cinta  di  Servio,  e  fosse  slata  stabilita  da  Tulio 
Ostilio  allorché  aggiunse  il  Celio  alla  primitiva  città  (9)  ;  e  così  si  trova  palese 
motivo  di  essere  stata  essa  tanto  internata.  In  fine  convien  credere  che  al- 
l'epoca di  Domiziano  fosse  la  stessa  porta  ridotta  in  uno  stato  di  rovina;  poi- 
ché si  trova  annoverata  tra  le  opere  edificate  dallo  stesso  principe  nel  cata- 
logo viennese  degl'imperatori  romani  pubbhcato  dall' Eccardo. 

SEPOLCRO  DI  ORAZIA.  Livio  narrando  la  battaglia  degli  Orazj  e 
Curiazj.  riferiva  in  fine  che  il  superstite  Orazio,  ritornando  in  Roma  trion- 
fante colle  triplici  spoglie  dei  Curiazj,  per  avere  incontrato  la  sua  sorella 
avanti  la  porta  Capena,  che  piangeva  la  morte  di  uno  dei  medesimi  Curiazj 
a  lei  promesso  sposo,  la  uccise  ;  ed  in  tal  luogo  fu  poscia  costruito  il  suo  se- 
polcro con  sasso  quadrato  (  1 0).  Mentre  questa  notizia  serve  a  determinare 
essere  stato  tale  monumento  collocato  vicino  alla  porta  Capena  ed  essere 
stato  evidentemente  di  piccole  proporzioni  e  composto  solo  con  poche  pietre 
albaue  semplicemente  squadrate,  e  non  potersi  perciò  riconoscere  apparte- 
nere ad  esso  le  reliquie  dei  grandi  sepolcri  che  esistono  a  molta  distanza  da 
detta  porta,  come  fu  supposto  da  diversi  scrittori  della  topografia  di  Roma 
del  secolo  passato  ;  offre  poi  palese  ragione  per  determinare  essere  stata  la 
porta  stessa  stabilita  da  Tulio  Ostilio  in  circa  nel  tempo  medesimo  in  cui 
accadde  il  suddetto  avvenimento. 

FONTE,  ROSCO  E  TEMPIO  DELLE  CAMENE.  In  seguito  delle 
più  accurate  considerazioni,  venendo  ora  comunemente  giudicata  impropria 
quella  opinione  che  stabiUva  il  luogo  celebre  dei  privati  congressi  di  Numa 
con  Egeria  nella  valle  della  Caffarella  a  grande  distanza  dalla  porta  Capena 
ed  anche  dalla  via  Appia,  come  pure  quella  che  lo  confondeva  con  altro 
luogo  del  bosco  sacro  a  Diana  della  valle  Aricina,  pure  rinomato  per  simili 

(8)  Lucosque  Capenas Vnde  et  porta  Capena,  quae   iuxta  Camenas  fai. 

Capello»  —  Capenas  —  CamenosJ  est,  nomen  accepit.  fServio,  in  Virgilio,  Aeneid.  Lib.  VII. 
V.  697.  Sletit  expcctans  rhedam,  uhi  solent  pi'oconsiiles  jurare  in  via  Appia  ad  portam 
Capenam  idesl  ad  Camenas.  (Scoliaste  di  Giovenale.  Satira  III.  v.   11 J 

(9)  Coelius  additur  Urbi  mons.  (Litio.  Lib.  I.  e.  30,  Dionisio.  Lib.  III.  e.  22,  e  S.  Au- 
relio Vittore,  De  Viris  Ilhist.  e.  4.J  Da  Strabene  però  con  minore  autenlicilà  di  memorie 
si  dice  il  monte  Celio  abitato  da  Anco  Marcio  (Lib.   V.  e.  3.J 

{lOj  Princcps  Horatius  ibat,  trigemina  spolia  prae  se  gerens;  cui  soror  virgo,  quae  de- 

sponsa  uni  ex  Curialiis  fuerat,  ohvia  ante  portam  Capenam  fuit Horatiae  se- 

pidcrum,  quo  loco  corruerat  icta,  constructum  est  saxo  quadrato.  (Lino.  Lib.  I.  e.  26. 


38  ^  VIA    APPU   PARTE    I. 

memorie,  si  rende  opportuno  di  prendere  a  considerare  quanto  si  riferisce  aU 
l'enuncialo  fonte,  bosco  e  tempio  delle  Camene,  cioè  delle  Muse  ;  perchè  ser- 
ve a  contestare  meglio  tanto  la  preesistenza  della  stessa  porta  alla  cinta  di 
Servio,  quanto  la  provenienza  del  suo  nome.  Da  Livio,  venendo  esposto  che 
Numa  aveva  consacrato  tale  luogo  alle  Camene,  perchè  esse  si  credevano  in- 
tervenirvi e  trattenersi  con  Egeria,  si  dimostra  chiaramente  la  corrispondenza 
nella  stessa  posizione  di  quanto  si  riferiva  al  bosco,  speco  e  fonte  di  Egeria, 
con  ciò  che  era  appropriato  alle  Camene,  come  si  contesta  con  altre  me- 
morie (11).  Anche  in  modo  autorevole  si  può  stabihre  essere  stato  collocato 
il  tempio  delle  Camene  nelle  adiacenze  della  porta  Capena  tanto  dal  vederlo 
registrato  nei  cataloghi  dei  regionari  della  regione  I,  che  si  estendeva  precisa- 
mente lungo  la  via  Appia  tra  la  stessa  porta  e  quella  della  cinta  di  Aureliano 
ora  detta  di  S.  Sebastiano,  quanto  dal  trovare  annoverato  nella  base  capitolina 
il  vico  delle  Camene  tra  i  vici  appropriati  alla  stessa  regione,  come  è  di- 
mostrato nella  descrizione  di  tal  regione  nella  quarta  edizione  della  Indi- 
cazione topografica  di  Roma  antica.  Se  ne  trova  poi  chiaramente  contestata 
la  prossimità  tanto  del  luogo  sacro  alle  Camene,  quanto  di  quello  relativo 
ad  Egeria,  dai  ben  noti  versi  di  Giovenale  con  cui  egH  descrive  il  colloquio 
tenuto  col  suo  amico  Umbrico  appena  uscito  dalla  porta  Capena  e  mentre 
stava  aspettando  che  fosse  caricato  il  carro  per  il  viaggio  ;  poiché  si  dimostra 
distintamente  essere  stato  il  luogo,  in  cui  Numa  si  portava  a  consigliarsi  con 

(11)  Lucus  erat,  quem  medium  ex  opaco  specu  fons  perenni  rigabat  aqua:  quo  quia 
se  persaepe  Numa  sine  arbitris,  velut  ad  congressum  deae,  inferebat,  Camenis  eum  ìocum  sa- 
cravit;  quod  eariim  ibi  concilia  cum  coniuge  sua  Egeria  csscnt.  ('Livio.  Lib.  I.  e.  21.'  Da 
Plutarco  fin  Numa.  e.  13j  confermandosi  la  stessa  consacrazione  fatta  da  Numa  alle  Came- 
ne del  detto  luogo,  s' indicava  essere  stato  nel  luogo  stesso  caduto  dal  cielo  l'Ancile  celebre. 
Da  Servio  poi  si  espone  questa  notizia  :  His  (Musis)  Numa  aedicuìam  aeneam  brevem  fecerat, 
quani  poslea  de  coelo  tactam  et  in  aede  Honoris  et  Virtutis  colìocatam  Fuìvius  Nobilior  in  aedem 
Herculis  translulit,  linde  aedis  Hcrculis  et  Musarum  appellatur.  (Servio,  in  Virgilio,  Aeneid.  Lib.  L 
V.  S.J  Da  Plinio,  nelF  indicare  avere  il  poeta  L.  Accio  posta  una  sua  statua  di  grandi  pro- 
porzioni nel  tempio  delle  Camene,  si  dimostra  questo  edifizio  collocato  vicino  alla  porta  Ca- 
pena :  Notatum  ab  auctoribus  et  L.  Accium  poctam  in  Camenarum  aede  maxima  forma  statuam 
sibi  posuisse.  (Plinio,  Nat.  Hist.  Lib.  XXXIV.  e.  lO.J  Le  quali  notizie  tutte  dimostrano  es- 
sere stato  quel  rinomato  luogo  situato  da  vicino  alla  porta  Capena  ;  mentre  quanto  si  ac- 
cenna da  Virgilio  (Aeneid.  Lib.  VII.  v.  161J  e  dal  suo  commentatore  Servio,  da  Ovidio  (Fa- 
sti. Lib.  IH.  V.  2&3,eMetam.  Lib.  XV.  v.  Ì82J,  da  Silio  Italico  (De  Bello  Punico.  Lib.  IV. 
V.  365J  e  da  Stazio  (Sylvar.  Lib.  V.  §.  3),  si  trova  essere  relativo  al  luogo  sacro  alla 
stessa  dea  nella  valle  Aricina.  E  Marziale  (Lib.  VI.  Epig.  ilj  dimostra  in  miglior  modo 
la  distinzione  dei  due  luoghi  che  erano  consacrati  ad  Egeria. 


DALLA    PORTA    CAPENA    AL   MIGLIO    I.  39 

Egeria  vicino  alla  porta  Capena,  in  allora  bastantemente  discosto  dalle  abi- 
tazioni della  città,  ed  ivi  esservi  stato  il  bosco  bagnato  dal  sacro  fonte  che 
era  dato  in  affitto  ai  giudei,  e  ridotto  a  servire  di  ricettacolo  ai  niendici. 
Anche  la  valle  di  Egeria  con  la  spelunca ,  in  cui  sorgeva  l'acqua  anzidetta, 
vedesi  accennata  in  vicinanza  della  porta  stessa  (12).  Laonde  senza  in- 
golfarci nelle  molte  cose,  che  si  scrissero  su  tale  argomento,  basterà  per  de- 
finire la  questione  osservare  che  il  medesimo  luogo  sì  rinomato  per  i  con- 

(12)  I  seguenti  versi  di  Giovenale  della  Satira  IH  dal  v.  10  al  20  sono  quelli  che 
dimostrano  la  suddetta  condizione  locale  della  porta  Capena: 

Sed  dum  tota  domus  redo  componitur  una, 

Substitit  ad  veteres  arcus  madidamque  Qipenam, 

Eie  ubi  nocturnae  Nutria  constituebat  amicae. 

Niaic  sacri  fontis  nemiis  et  deìubra  locantur 

Iiidaeis,  quorum  cophinus  foenumque  supellex. 

Omnis  enim  popuh  mercedetn  pendere  iussa  est 

Arbor,  et  eiectis  mendicai  silva  Camenis. 

In  vaìlem  Egeriae  descendimm,  et  speluncas, 

Dissimiles  veris.  Quanto  praestantius  esset 

Numen  aquae,  viridi  si  margine  dauderet  tmdas 

Rerba,  nec  ingenuum  violarenl  marmora  tophum. 
Si  spiega  poi  la  vicinanza  dell'  indicata  valle  di  Egeria  alla  porta  Capena  nel  far  conoscere 
che  dal  luogo,  in  cui  Giovenale  si  era  trattenuto  a  discorrere  con  Umbrico  nella  valle 
stessa  si  erano  intesi  i  cavalli  che  uscivano  dalla  medesima  porta,  come  venne  accenna- 
to nei  seguenti  versi  315  e  316  della  stessa  Satira  HI: 

His  alias  poteram  et  plures  subnectere  causas, 

Sed  iumenta  vocant,  et  sol  inclinai  :  eundem  est. 
Ed  anche  la  stessa  circostanza  si  contesta  dal  suo  Scoliaste  spiegando  tali  versi:  Stetit 
exspectans  rhedam  ubi  solent  proconsules  iurare  in  via  Appia  ad  portam  Capenam,  id  est 
ad  Camenas.  Dai  moderni  scrittori  della  topografia  di  Roma  si  esposero  tante  interpre- 
tazioni sulla  stessa  descrizione  che  porterebbero  un  lungo  discorso  il  darne  un  solo  cenno.  E 
colui  che  più  ampiamente  si  diffuse  per  sostenere  la  volgare  opinione  con  esami  conside- 
razioni, conclusioni,  corollarj  e  simili  distinzioni  di  discorso,  fu  il  Guattani  in  fine  del  To- 
mo I  dei  suoi  monumenti  Sabini  pubblicati  nell'anno  1827.  Però  il  Fea,  nonostante  le 
contrarie  contestazioni,  osservando  che  da  Vitruvio  si  dichiarava  l'acqua  del  fonte  delle 
Camene  essère  stata  soave  a  bere  come  la  Marcia  :  sunt  autem  etiatn  nonnulli  fontes  calidi, 
ex  quibus  profluit  aqua  sapore  optima,  quae  in  potione  ita  est  soavis,  itti  nec  fontinalis  ab  Ca- 
moenis  nec  Mnrtia  saliens  desideretur.  fVitruvio.  Lib.  Vili.  e.  3',  imprese  a  far  analizare 
l'acqua,  che  sorge  da  vicino  a  quel  ninfeo  della  valle  Caffarella,  volgarmente  detta  di 
Egeria,  la  quale  invece  di  essere  soave  a  bere  fu  trovata  alquanto  acidula  {Prodromo  di 
varie  osservazioni  e  scoperte  fatte  nelle  antichità  di  Roma.   Pag.  28,  e  Varietà  di  notizie. 


40  VI\    APPIA    PARTE    l. 

gressi  di  Nuiua ,  venendo  consacrato  alle  Camene,  ed  il  bosco  con  fonte  e 
tempio  sacro  a  queste  Muse  sapendosi  per  tanti  documenti  collocato  vicino 
alla  porta  Capena,  ne  viene  di  conseguenza  che  tutti  quanti  i  medesimi  luo- 
ghi corrispondessero  nelle  adiacenze  della  stessa  porta.  Quindi  si  può  stabi- 
lire con  ragguardevole  probabilità  che  il  tempio  stassc  eretto  lungo  la  via  Ap- 
pia  a  poca  distanza  dal  luogo  occupato  dalla  porta  Capena  ove  incirca  esistono 
le  fabbriche  dette  di  S.  Sisto  vecchio;  ed  il  bosco  con  il  fonte,  che  l'inaffiava, 
doveva  corrispondere  nell'orto  botanico  o  nella  parte  inferiore  dell'orto  an- 
nesso alla  villa  già  Mattei,  ove  infatti  si  trovano  tuttora  scatturire  ai  piedi 
del  Celio  acque  che  si  ristagnano  e  che,  per  quanto  si  può  conoscere  da 
quelle  che  vengono  raccolte  in  un  ricettacolo  esistente  sotto  la  casa  posta  nel 
detto  luogo,  sono  soavi  a  bere,  come  infatti  si  dichiararono  da  Vitruvio  esse- 
re state  quelle  della  fonte  delle  Camene  in  modo  simile  alla  Marcia.  La 
spelunca  di  Egeria  poi  doveva  in  conseguenza  essere  scavata  entro  la  parte 
inferiore  del  Celio  che  corrisponde  verso  queir  incavamento  esistente  tra  lo 
stesso  colle  e  quella  sommità  che  s'innalza  verso  la  porta  Latina  denomi- 
nata volgarmente  Celiolo,  ove  precisamente  trovasi  formato  un  basso  piano  a 
guisa  di  valle,  in  cui  ora  scorre  il  canale  dell'acqua  detta  Marrana.  Si  è  alcuna 
delle  stesse  acque  sorgive  che  doveva  costituire  quella  indicata  da  Ovidio 
col  nome  di  acqua  Mercurio  e  creduta  essere  stata  sotto  la  tutela  di  un  nu- 
me, della  quale  però  non  si  conoscono  altre  notizie  (13). 

TEMPI  DELL'ONORE  E  DELLA  VIRTÙ.  Anche  più  da  vicino  al- 
la porta  Capena  dovevano  esistere  quei  tempj  che  insieme  congiunti  erano 


Pag.  182.  '  Quindi  da  ciò  egli  potò  aggiungere  altro  documento  per  provare  non  potere  mai 
il  detto  ninfeo  avere  appartenuto  alla  spelunca  di  Egeria  ;  come  ancora  ne  veniva  esclusa 
la  pertinenza  dall'avere  ritrovato  che  l'acqua  in  esso  veniva  portata  da  un  particolare  con- 
dotto e  non  sorgeva  in  esso,  come  vedesi  indicato  nelle  surriferite  notizie  antiche. 
(13)  Est  agua  Mercnrii  portae  vicina  Capenae, 

Si  iuvat  expertis  credere  numeri  habet. 

fOvidio,  Fasti.  Uh.  V.  v.  669.; 
Dal  medesimo  Fea  si  fecero  negli  ultimi  anni  di  sua  vita  diverse  ricerche  per  conoscere 
quanto  si  elevava  naturalmente  la  stessa  acqua,  considerata  raccolta  entro  la  fabbrica  an- 
tica che  esiste  nella  parte  inferiore  della  vigna  dei  PP.  Camaldolesi  di  S.  Gregorio,  onde 
poterle  condurre  a  beneficio  della  adiacente  regione.  E  dalle  livellazioni  da  me  stesso 
fatte  ne  risultò  che  esse  avevano  un  livello  corrispondente  solo  al  piano  della  soglia  della 
chiesa  di  S.  Maria  in  Cosmedin  ;  e  perciò  non  potevano  essere  ridotte  ad  alcun  utile 
delle  moderne  abitazioni.  Nei  tempi  antichi  il  piano  della  regione,  essendo  assai  più  basso, 
dovevano  corrispondere  al  livello  del  suolo  adiacente  al  luogo  in  cui  esse  emergevano. 


DALLA    PORTA   CAPENA    AL    MIGLIO    I.  41 

Stati  dedicati  allOnore  ed  alla  VirtiJ  sino  dall'anno  di  Roma  520  da  Q.  Fa- 
bio Massimo,  secondo  Cicerone,  ma  solo  evidentemente  in  miglior  modo  sta- 
biliti da  INI,  Marcello  nell'anno  545  in  seguito  di  un  voto  fatto  a  Clastidio 
nella  guerra  contro  i  galli,  come  venne  esposto  da  Livio  dicendo  che,  essen- 
dogli stato  vietato  dai  pontefici  di  unire  in  una  sola  cella  il  culto  di  due  numi, 
egli  aggiunse  alla  cella  dell'Onore  un'altra  per  la  Virtìi,  come  eziandio  venne 
dichiarato  da  Valerio  Massimo  e  da  Plutarco.  Il  particolare  tempio  però 
della  Virtù  fu  soltanto  dedicato  dal  figlio  di  M.  Marcello  nell'anno  548  (  1 4). 
In  tutte  le  accennate  memorie  i  medesimi  due  tempj  uniti  si  trovano  indi- 
cati essere  collocati  ad  portam  Capenam;  e  ciò  si  trova  anche  contestato  da 
quanto  si  è  interpretato  dopo  le  più  accurate  ricerche  sulle  rehquie  del- 
l' iscrizione  ancirana,  ove  è  fatta  menzione  di  un'ara  eretta  alla  Fortuna  Sa- 
lutare per  il  ritorno  di  Augusto  (15).  Quindi  non  si  può  appropriare  agli 
stessi  tempj  quanto  venne  accennato  da  Vitruvio  a  riguardo  dei  simili  tempj 
architettati  da  Muzio  che,  per  essere  stati  edificati  in  vicinanza  dei  trofei  di 
Mario,  si  denotarono  sempre  coli' indicazione  ad  Mariana.  E  se  la  iscrizione, 
rinvenuta  nel  decimo  quinto  secolo  tra  il  mausoleo  di  Augusto  ed  il  colle  de- 
gli Orti,  non  è  inventata  o  almeno  supphta  nella  sua  integrità  da  un  semplice 
frammento,  si  devono  credere  essere  stati  gli  stessi  tempj,  edificati  da  Mario, 
posti  nelle  adiacenze  del  luogo  in  cui  fu  rinvenuta  la  detta  iscrizione,  i  quali 
inoltre  dovettero  essere  costrutti  dopo  l'anno  di  Roma  654,  e  per  conseguenza 

(14)  La  indicala  prima  notizia  si  ha  da  Cicerone  f'De  Nat.  Deor.  Lib.  IL  e.  23.) 
Quindi  da  Lino  si  trova  esposto  :  Marcellum  aline  atque  aìiae  obieclae  animo  religiones  lene- 
bant:  in  qtnbus,  quod,  quum  bello  gallico  ad  Clastidium  aedcm  Honori  et  Virtuti  vovisset,  de- 
dicatio  ejus  a  pontificibus  impediebatur  ;  quod  negabant  unam  cellam  duobus  recte  dedicavi  .  .  . 
Ita  addila  Virtutis  aedis  apparato  opere.  (Livio.  Lib.  XXVII.  e.  25,'  Da  Va- 
lerio Massimo  si  descrive  anche  più  distintamente  la  stessa  prescrizione  fLib.  I.  e.  1.  §.  8  ' 
e  così  pure  da  Plutarco  fin  Marcello  e.  28.J  Altre  notizie  su  tale  edifiaczione  si  hanno  da 
Cicerone  (  in  Verre.  Ad.  IL  Lib.  IV.  e.  54  e  òò.J  Da  Livio  poi,  neir  indicare  precedente- 
mente come  M.  Marcello  aveva  adornati  tali  edifizj  con  le  spoglie  riportate  da  Siracusa,  li 
dice  posti  alla  porta  Capena:  Visebantur  enim  ab  cxternts  ad  portam  Capenam  dedicata  a  Mar- 
cello tempia propler  excellentia  ejus  generis  ornamenta,  quorum  perexigua pars  comparet.  f Livio. 
Lib.  XXV.  e.  40.^  La  quale  situazione  venne  confermata  da  Livio  stesso  nel  narrare  co- 
me in  particolare  il  tempio  della  Virtìi  era  solo  stato  dedicato  dal  figlio  di  M.  Marcello 
diecisette  anni  dopo  che  erano  stati  ambidue  votati  da  suo  padre:  Aedem  Virtutis  eo  an- 
no ad  portam  Capenam,  M.  Marcellus  dedicavit,  septimodecimo  anno  postquam  a  putre  ejus 
primo  consulato  vota  Gallia  ad  Clastidium  fuerat.  [Lib.   XXIX.  e.   11.,' 

(15)  ARAM    FORTVNAE     SALVTARIS    PROPE     AEDIS    HONORIS     ET    VIRTVTIS    AD    PORTAM 

CAPENAM.  (Iscrizione  Ancirana  illustrata  dal  dott.  Zumpt.  Pag.  ÒZ.J 

6 


42i  VL4   APPU   PARTE    I. 

più  di  un  secolo  dopo  dell'epoca  in  cui  fu  eretto  ledifizio  anzidetto  di  M.  Mar- 
cello (16).  La  corrispondenza  poi  degli  stessi  tenipj  uniti  all'anzidetto  delle  Ca- 
mene trovasi  particolarmente  indicata  da  Simmaco  ;  quindi  tutti  i  medesimi 
edifizj  essere  stati  collocati  nella  regione  I,  distinta  col  nome  di  Porta  Capena, 
si  dichiara  non  solamente  dal  trovarli  registrati  nei  cataloghi  dei  regionari, 
ma  pure  da  quanto  concerne  i  vici  delle  Camene  e  dell'Onore  e  della  Virtìi, 
che  sono  insieme  annoverati  tra  quei  della  stessa  regione  nella  ben  nota  iscri- 
zione della  base  capitolina  (17).  Così  da  queste  notizie  si  può  conchiudere  che 
i  medesimi  tempj  gemelh  stassero  posti  a  poca  distanza  da  quello  delle  Came- 
ne nelle  indicate  adiacenze  della  porta  Capena  e  nel  lato  sinistro  della  prima 
parte  della  via  Appia,  ove  dovevano  esistere  altri  diversi  tempj,  come  ven- 
ne indicato  da  Cicerone  ;  ed  avanti  ad  uno  di  essi  doveva  essere  praticato  il 
secondo  senaculo  dei  tre  simili  luoghi  di  cui  fece  menzione  Festo  coU'au- 
torità  di  Nicostrato  (18). 

(16)  Ad  Mariana  Honoris  et  Virtutis  sino  postico  a  Mutio  facto.  (Vilruvio.  Lib.  III. 
e.  2.J  E  Io  stesso  Vilruvio  ciò  ripete  nella  Prefazione  al  Libro  Vili.  A  questo  edifizio 
si  deve  riferire  quanto  venne  accennato  da  Cicerone  in  diverse  orazioni  fPro  Sext.  e.  ói, 
Pro  Piane,  e.  22,  e  De  Divin.  Lib.  I.  e.  28.J  Mentre  ciò  che  da  esso  si  accenna  altrove  a  ri- 
guardo di  un  tempio  consacrato  all'Onore  in  particolare,  si  deve  attribuire  a  quello  che 
stava  fuori  della  porta  Collina,  ove  in  vicinanza  dell'Amene  stava  pure  il  sepolcro  dello 
stesso  Mario  che  fu  distrutto  da  Siila  fDc  Leg.  Lib.  II.  e.  22  e  23J  Sull' enunciata 
iscrizione  di  Mario,  rinvenuta  in  vicinanza  del  mausoleo  di  Augusto  e  del  colle  degli 
Orti,  si  veda  quanto  fu  da  me  scritto  nell'  Indicazione  topograflca ,  edizione  quarta,  Re- 
gione IX,  pag.  426  e  segg.  sotto  il  titolo  Monumenti  Mariani.  Il  dottor  Mommsen  nella 
recente  pubblicazione  delle  iscrizioni  latine  del  Regno  Napolitano  riporta  la  stessa  iscri- 
zione, che  trascrisse  da  quella  esistente  nel  Museo  Borbonico  di  Napoli  e  che  si  crede  ave- 
re appartenuto  a  Pomponio  Leto,  la  quale  forse  è  una  di  quelle  che  furono  supplite  dal 
frammento  primieramente  rinvenuto  nel  detto  luogo  (Inscript.  Regni  Neapolitani.  N.  6802.^ 
Però  se  tali  iscrizioni  ed  altre  simili,  che  si  conoscono,  non  sono  state  supplite  nel 
risorgimento  degli  studii,  è  da  credere  che  sieno  composte  in  tempo  dell'  impero  e  for- 
se dall'autore  dei  cenni  storici  sugli  uomini  illustri,  che  si  dice  essere  Aurelio  Vittore. 
17;    Bene  ac  sapientcr  maiores  nostri,  ut  sunt  alia  aetatis  illius,   aecles  Honori  ac 

Virtuti  gemella  facie  iunctim  locarunt Sed  enim  propter  eas  faedesj  Camoe- 

nariim  religio  sacro  fonti  advertitur.  (Simmaco.  Lib.  I.  Epist.  2i.J  aedem  honoris  et  vir- 

TVTis  —  CA.MENAS fCuriosum  et  Notitia  Urbis.  Reg.  I.)  vico  camenarvm 

VICO  HOXOR.  ET  viRTVT.  .   .  [Base   Capitolina  Reg.  I.} 

(18)  Quum  venissem  ad  porlam  Capenam,  gradus  templornm  ab  infima  plebe  completi 
erant.  (Cicerone,  Epist.  ad  Attic.  Lib.  IV.  Epist.  I.J  Senacula  trio  fuisse  Romae  in  quibus 
Senatus  kaberi  solitus  est,  memoriae  rodidit  Nicostratus dteriim  ad  porlam  Ca- 
penam.   Pesto,  in  Senacula.J  E  se  si  dovesse  prestar  fede  alla  spiegazione  data  dallo  sco- 


DALLA    PORTA   CATENA   AL    MIGLIO    I.  4-3 

AREA  RADICARIA  E  MUTATORIO  DI  CESARE.  Trovandosi  in 
un  frammento  della  ben  nota  pianta  antica  di  Roma,  collocato  nella  Tav.  XI, 
la  indicazione  dell'Area  Radicaria,  area  radicarla,  che  è  registrata  nei  cata- 
loghi dei  regionari  della  regione  XII  denominata  Piscina  Pubblica,  con 
quella  del  INIutatorio  di  Cesare,  mvtatorivm,  che  si  annovera  negli  stessi  cata- 
loghi nella  regione  I,  ed  anche  la  indicazione  di  alcuna  grande  via  denotata 

con  le  lettere  vi si  venne  a  stabilire  che  le  fabbriche  tracciate  in  tale 

lapide  dovessero  corrispondere  a  quelle  che  stavano  erette  nei  lati  del  prin- 
cipio della  via  Appia  ;  poiché  soltanto  ivi  poteva  accadere  la  congiunzione 
delle  indicate  due  regioni,  come  fu  dimostrato  nell'  Indicazione  topografica 
di  Roma  antica.  Non  si  conosce  precisamente  ciò  che  fosse  il  detto  Mutato- 
rio,  né  è  di  alcuna  importanza  per  lo  scopo  nostro  il  ricercarlo. 

CASE  DEI  PARTI.  Nei  cataloghi  della  regione  XII,  che  si  stendeva 
lungo  il  lato  destro  del  principio  della  via  Appia,  si  trovano  registrate  quelle 
case  che  in  numero  di  sette  si  attribuiscono  essere  state  edificate  dall  impe- 
ratore Alessandro  Severo  per  i  Parti,  secondo  quanto  può  dedursi  da  una 
notizia  riferita  da  Aurelio  Vittore  ;  quindi  è  che  convenientemente  ad  esse 
si  devono  appropriare  alcune  reliquie  di  mura  che  esistono  nellorto  sot- 
toposto alla  chiesa  di  S.  Ralbina  (19). 

TERME  ANTONINI ANE.  Succedono  nella  stessa  parte  destra  della  via 
Appia,  appartenente  alla  regione  XII,  le  grandi  terme  denominate  Antoni- 
niane  dell'imperatore  Antonino  Caracalla  che  le  fece  per  piiì  gran  parte 
edificare,  e  poscia  nobihtate  con  portici  ed  altri  ornamenti  da  Ehogabalo  e 
da  Alessandro  Severo,  come  venne  indicato  da  Sparziano,  da  Lampridio,  da 
Aurelio  Vittore  e  da  Eutropio;  quindi  in  particolare  da  Olimpiodoro  si  con- 
siderarono tra  le  più  grandi  simili  fabbriche  di  Roma  indicandole  avere  conte- 
nuto mille  seicento  sedili  di  marmo  per  comodo  da  bagnarsi  (20).  La  grandez- 
za di  tale  fabbrica  e  delle  sue  rehquie  superstiti  non  permette  che  se  ne  possa 

liaste  di  Giovenale  ai  surriferiti  suoi  versi  relativi  alle  Camene,  si  dovrebbe  credere  che 
tale  Senaculo  slasse  avanti  al  tempio  consacralo  alle  stesse  divinità  ;  poiché  scrisse  :  Slclit 
expectans  rhcdam,  nói  sohnt  proconsnles  turare  in  via  Appia  ad  portam  Capcnam  id  est  ad 
Camenas.  (Scoliaste  di  Giovenale.  Sat.  III.  v.  10  e  segg.J  Altre  notizie  sulla  riunione  del 
senato  fuori  di  porta  Capena  sono  indicate  da  Livio  (Lib.  VII.  e.  23  e  Lib.  XXIII.  e.  32.) 

(19)  Sesto  Aurelio  Vittore,  Epit.  e.  20.  E  si  veda  l' Indicazione  topografica  di  Roma 
antica,  Edizione  quarta,  Rcg.  XII. 

(20)  Sparziano,  in  Antonino  Caracalla.  e.  9,  ed  in  Alessandro  Severo,  e.  21;  Lampri- 
dio, in  Eliogabalo.  e.  17,  ed  in  Alessandro  Severo,  e.  25  ;  Sesto  Aurelio  Vittore,  De  Caesar. 
e.  21;  Eutropio.  Lib.   Vili.  e.  11,  ed  Olimpiodoro,  presso  Fazio,  Bibliot.  Pag.  197. 


4-4i  VIA    APPU   PARTE    I. 

esibire  breve  descrizione,  e  né  essa  sarebbe  coerente  a  quanto  ora  si  richiede 
di  dimostrare.  Perciò  si  rimandano  coloro,  che  avessero  piacere  di  pren- 
derne cognizioni,  a  quanto  è  stato  ampiamente  esposto  nella  Classe  IX  della 
grande  opera  sugli  Edifizj  antichi  di  Roma.  Quindi  ci  limiteremo  ad  osser- 
vare che,  siccome  si  dicono  da  Lampridio  tali  terme  essere  state  edificate 
nel  vico  Sulpizio,  e  trovandosi  nell'iscrizione  della  ben  nota  base  capitoli- 
na alla  regione  I  annoverato  tanto  il  vico  Sulpizio  Ulteriore  quanto  il  Cite- 
riore, così  deve  credersi  che  tali  due  vici  dalla  via  Appia  si  stendessero  nei 
lati  delle  stesse  terme. 

VIA  NUOVA  ED  ORTI  ASINIANI.  Concordando  quanto  venne  espo- 
sto da  Sparziano  e  da  Aureho  Vittore  sulla  via  Nuova,  che  trapassava  sotto 
le  terme  Antoniniane  e  che  serviva  a  dare  più  ampio  e  nobile  accesso  alla 
città  da  tale  parte,  con  la  indicazione  riferita  da  Frontino  a  riguardo  del- 
l'acqua denominata  Aniene  nuovo,  che  veniva  per  una  parte  dal  secondo 
miglio  della  via  Latina  portata  col  mezzo  dello  speco  detto  Ottaviano  nella 
regione  della  via  Nuova  agli  orti  Asiniani,  si  viene  a  stabilire  che  la  indica- 
ta via  transitava  lungo  quel  portico  che  fu  impreso  ad  aggiungere  da  Elioga- 
balo  e  compito  da  Alessandro  Severo  lasciando  un'ampia  area  tra  la  stessa 
parte  anteriore  delle  terme  e  la  via  Appia  (21).  La  stessa  via  doveva  far  capo 
alla  porta  Capena  e  congiungersi  all'Appia  alcun  poco  prima  dell'arco  di  Dru- 
so.  In  tal  modo,  venendo  evitato  il  transito  per  la  prima  parte  dell'Appia 
che  era  stata  in  origine  assai  ristretta,  percui  denomina  vasi  semita,  ed  in- 
gombrata da  molli  edifizj  e  sepolcri,  si  aveva  ottenuto  di  dare  un  nobile 
ed  ampio  accesso  alla  città.  La  stessa  via  Nuova  doveva  preesistere  all'edi- 
ficazione delle  terme  dal  vederla  ricordata  nella  indicata  notizia  di  Frontino, 
e  perciò  essere  soltanto  dai  suddetti  principi  lastricata  ed  in  miglior  modo  ador- 
nata. La  corrispondenza  degli  orti  Asiniani  nel  luogo,  occupato  poscia  dalle 
indicate  terme,  si  contesta  precipuamente  col  ritrovamento  fatto  tra  le  sue 
reliquie  del  grande  gruppo  in  marmo,  rappresentante  Amfione,  Zelo  e  Dirce 
col  toro,  che  volgarmente  è  detto  Toro  farnese  ;  poiché  tale  opera  venne 
descritta  da  Plinio  tra  quelle  possedute  da  Asinio  PolUone  5  e  né  dopo  l'epo- 

(21)  Idem  viam  Novam  munivit,  quae  est  sub  eius  thermis,  Antoninianis  scilicet,  qua 
pulchrius  inter  Romanas  plateas,  non  facile  quidqimm  invenias.  (Sparziano,  in  Antonino 
Caracalla.  e.  'd.J  Acgypti  sacra  per  cum  deportata  Romaìn,  atque  aucta  Vrbs  tnagno  accessu 
viae  Novae,  et  ad  lavandum  absolula  opera  pulchri  cultus.  fSesto  Aurelio  Vittore,  De  Caesar. 
e.  21. J  Inde  intra  II  milliarium  partem  dat  in  specum,  qui  vocatur  Octavianus,  et  perve- 
nit  in  rcgionem  viae  Novae  ad  hortos  Asinianos  unde  per  illum  tractum  distribuitur.  (Fron- 
tino, De  Aquacductibus.  e.  2Ì.J 


DALLA   PORTA   CAPENA   AL   MIGLIO   I.  45 

ca,  in  cui  Plinio  scriveva  tale  notizia,  si  hanno  più  notizie  della  sussistenza 
dei  suddetti  orti  (22).  Lo  speco  poi  denominato  Ottaviano,  che  Frontino 
indica  avere  servito  per  portare  l'acqua  detta  Aniene  vecchio  nella  regione 
della  via  Nuova,  doveva  evidentemente  seguire  lo  stesso  andamento  di  quel 
canale,  volgarmente  denominato  la  Marrana,  che  entra  in  Roma  nella  porta 
della  Ferratella  e  che  scorre  da  vicino  alle  dette  terme  ;  giacché  il  hvello 
dello  speco,  in  cui  era  condotta  tale  acqua,  si  conosce  essere  stato  egual- 
mente poco  elevato. 

TERME  SEYERIANE  E  COMMODIANE.  Nelle  stesse  adicicenze  do- 
vevano esistere  le  enunciale  terme,  ma  però  in  quella  parte  che  appartene- 
va alla  regione  I,  alla  quale  si  trovano  nei  cataloghi  dei  regionari  appropria- 
te le  stesse  due  terme.  Di  esse  si  hanno  soltanto  incerte  notizie,  né  esistono 
ragguardevoh  reliquie  che  con  sicurezza  si  possano  attribuire  (23).  E  soltan- 
to si  può  stabihre,  in  seguito  dell'indicata  condizione,  che  esse  furono  collo- 
cate nel  lato  destro  della  via  Appia  al  di  là  delle  terme  anzidette  Antoniane, 
dopo  le  quali  aveva  termine  la  regione  XII. 

SEPARAZIONE  DELLA  YIA  LATINA.  Intorno  alla  terza  parte  del 
primo  miglio  della  via  Appia  si  separava  a  sinistra  la  via  Latina,  come  ven- 
ne indicato  nella  già  citata  notizia  di  Strabene  e  come  risulta  ancora  conte- 
stato da  quanto  sussiste.  Essa  si  vede  tuttora  essersi  diretta  alla  porta  Latina 

(22)  Polito  Asinius,  ut  futi  acris  vehementiae,  sic  quoque  spcctari  monumenta  sua  vo- 

luit.  In  iis  sìtnl Zi:t1nis  et  Amphion  ac  Dirce  et  tanrus,  vinciilumque,  ex 

eodum  lapide  Rhodo  advecla  opera  ApoUonii  et  Taurisci.  (Plinio,  Nat.  Hist.  Lih.  XXXVI. 
e.  i.J  L'Aldobrandi  nella  sua  raccolta  delle  statue  di  Roma,  pubblicata  neiranno  1551, 
ha  consen  ata  memoria  del  ritrovamento  nelle  terme  di  Caracalla  del  medesimo  gruppo, 
che  ora  esiste  nel  museo  Borbonico  di  Napoli. 

(23)  Le  poche  notizie  che  si  hanno  sulle  terme  Scveriane  e  Commodiane,  oltre  le 
indicazioni  dei  cataloghi  della  regione  I,  della  Notizia  e  delle  Curiosità,  annoverandole  col 
titolo ,  THERMAS  SEVERiANAS  ET  COMMODiANAS,  sono  esposte  da  Lampridio  a  riguardo  del- 
le Commodiane  dicendo  nella  vita  di  Commodo  e.  17  :  Opera  eius  practer  lavacntm,  quod 
Cleander  nomine  ipsius  fecerat  nulla  exstunt.  E  da  Sparziano  relativamente  alle  terme 
Severiane  nella  vita  di  Settimio  Severo  al  e.  19,  riferendo:  Opera  pubi ica  praecipue  ejtts 
exstant,  Septizoniam  et  thermae  Severianae.  Quindi  nelle  memorie  cronologiche  di  Eusebio 
e  di  Cassiodoro  si  dicono  quelle  di  Commodo  edificate  mentre  erano  consoli  MeruUo  ed 
Eliiano,  e  quelle  di  Severo  nel  tempo  dei  consoli  Fabiano  e  Mudano.  Le  notizie  del 
medio  evo  poi,  che  si  hanno  in  particolare  dai  Mirabilia,  non  si  possono  considerare  di 
alcuna  autenticità;  perchè  s'indicano  in  esse  le  suddette  terme  poste  a  S.  Sabina  sul- 
l'Aventino, ove  mai  poteva  giungere  la  regione  1,  e  ciò  neppure  a  S.  Balbina,  quando 
si  volesse  sostituire  questa  chiesa  alla  suddetta  di  S.  Sabina. 


46  VIA   APPU   PARTE    I. 

della  cinta  delle  mura  Aureliane  ;  e  quindi,  traversando  al  terzo  miglio  l'at- 
tuale strada  di  Albano,  detta  Appia  nuova,  metteva  ai  monti  Tusculani,  e  si 
univa  poscia  alla  Labicana  nel  luogo  detto  perciò  Bivio.  Di  tal  via  non  è 
di  nostro  scopo  il  parlarne  ;  quindi  solo  basterà  averne  indicato  il  luogo  del- 
la sua  separazione  dall'Appia. 

SEPOLCRO  DEGLI  SCIPIONI  E  TEMPIO  DELLA  TEMPESTA. 
Per  una  delle  più  importanti  scoperte ,  che  si  siano  fatte  nel  secolo  pas- 
sato, si  deve  certamente  considerare  quella  del  sepolcro  degli  Scipioni  che 
ebbe  luogo  nell'anno  1780,  per  casualità,  entro  la  vigna  Sassi,  come  venne 
narrato  da  tutti  quegli  espositori  delle  antichità  romane  che  vissero  in  ta- 
le epoca,  e  più  ampiamente  dal  Piranesi  e  dall'illustratore  dei  suoi  disegni. 
Ben  sapevasi  che  tale  sepolcro  degli  Scipioni,  con  quelli  di  Calatine,  dei 
Servilii  e  dei  Metelli,  stava  fuori  della  porta  Capena,  come  venne  denotato 
da  Cicerone,  ed  anche  da  Livio  indicando  che  nello  stesso  monumento  , 
posto  fuori  della  detta  porta,  eranvi  tre  statue,  due  che  si  dicevano  di  Pubho 
e  Lucio  Scipioni  e  la  terza  del  poeta  0-  Ennio  (24):  ma  poi  assai  variata- 
mente si  attribuiva  la  pertinenza  di  tale  sepolcro  a  diverse  reliquie  di  simil 
genere  di  monunìenti  che  esistono  lungo  la  prima  parte  dell'Appia  ;  e  sarebbe 
veramente  di  niuua  utilità  l'intrattenerci  ora  su  tali  varie  opinioni  dopo  la 
enunciata  scoperta.  Né  poi  può  essere  utile  allo  scopo  prefisso  il  ridire  tutto 
ciò  che  si  dedusse  dalle  iscrizioni  sepolcrali  scoperte  in  esso  :  ma  bensì  ci 
limiteremo  ad  osservare  che  da  una  notizia,  tramandata  da  Jeronimo  ed  in- 
serita nella  cronologia  di  Eusebio,  si  conosce  che  tale  sepolcro  stava  entro 
il  primo  miglio  della  via  Appia.  Poscia  dalle  indicate  scoperte  si  trovò 
avere  avuto  la  sua  fronte  principale  non  già  rivolta  verso  tale  via,  dalla 
quale  alquanto  distava,  ma  verso  una  piccola  via  che  dall' Appia  comunicava 
colla  Latina.  E  quindi  è  anche  importante  l'osservare  che  da  una  iscrizione, 
precedentemente  rinvenuta  ed  appartenente  a  Lucio  Cornelio  Scipione  Bar- 

(24)  An  tu  cgressus  porta  Capena  quum  Calatini,  Sctpiomtm,  Serviliorum,  Melcllorum 
sepulcra  vides  mùcros  putas  ìllos?  (Cicerone,  Tuscul.  Lih.  I.  e.  1.)  Et  Romae  extra  por- 
tam  Capenam  iti  Scipionum  monumento  tres  statuae  sitnt,  quorum  dtcae  P.  et  L.  Scipionum 
dicuntur  esse,  tertia  poctac  Q.  Ennii.  (Livio.  Lib.  XXXVIII.  e.  5&.J  II  medesimo  storico 
confermava  precedentemente  la  esistenza  del  medesimo  sepolcro  posto  fuori  della  por- 
ta Capena  dicendo:  et  ad portam  Capenam  midtum proseculis  funus.  (Idem.  Lib.  XXXVIII. 
e.  òò.J  Piranesi  nel  Yol.  V  della  sua  ben  cognita  grande  opera,  pubblicato  dal  suo  fra- 
tello Francesco  nell'anno  1783,  dette  in  piiì  ampio  modo  notizie  di  tale  importante  se- 
polcro. E  nella  Classe  XVI  dell'opera  mia  sugli  Edifizj  di  Roma  antica,  se  ne  espose 
la  sua  più  probabile  intera  decorazione. 


DALLA   PORTA   CAPENA   AL   MIGLIO    I.  47 

bato,  si  conosce  che  esso  aveva  edificato  un  piccolo  tempio  alla  Tempesta 
evidentemente  non  lungi  dal  luogo  ove  fu  rinvenuta  tale  iscrizione,  come  pu- 
re fu  indicato  da  Ovidio  e  come  nel  seguito  si  descriverà  (25).  Inoltre  si 
reputa  opportuno  l'osservare  che,  seguendo  l'ordine,  con  cui  furono  accennati 
da  Cicerone  i  sepolcri,  che  stavano  fuori  della  porta  Capena,  si  deve  cre- 
dere che  quello  di  Calatino  fosse  collocato  prima  di  quello  degli  Scipioni,  e 
forse  in  circa  nelle  adiacenze  delle  fabbriche  di  S.  Sisto  vecchio,  ove  furono 
nell'anno  1722  scoperti  diversi  sepolcri  dell'epoca  repubbUcana.  come  si  as- 
serisce dal  Ficoroni  (26). 

SEPOLCRI  DIVERSI  DELLA  TIGNA  MORONI.  Nella  parte  destra 
della  via  Appia  d' incontro  al  suddetto  sepolcro  degli  Scipioni,  si  sono  sco- 
perti nella  vigna  Moroni  in  principio  del  passato  secolo  moltissimi  sepolcri 
antichi  in  gran  parte  formati  a  guisa  di  colombari.  Il  Ficoroni,  nel  dare  noti- 
zie di  tali  scoperte  fatte  da  lui  stesso  in  cinque  anni  di  tempo,  indicava  aver 
fatto  disotterrare  novantadue  camere  sepolcrali,  che  dopo  di  essere  state 
smantellate  altrettante  camere  superiori,  che  formavano  mausolei,  per  ridur- 
vi  i  luoghi  occupati  da  esse  ad  essere  fruttiferi,  erano  state  nei  tempi  prece- 
denti ricoperte  con  calcinacci  e  scarichi  di  terra.  Tali  scoperte  furono  con- 
tinuate sino  all'anno  1732  da  certo  Belardino  Frasconi;  e  se  ne  ebbero  noti- 
zie, oltre  il  suddetto  Ficoroni,  dal  YignoH  e  dal  Labruzzi  per  altri  scavi  fatti 
posteriormente:  ma  disgraziatamente  i  disegui,  che  furono  dai  detti  scuopri- 
tori  fatti  rilevare,  ora  non  si  conoscono  precisamente  ove  siano.  Benché  nulla 
di  ben  preciso  si  sia  conservato  sulle  stesse  importanti  scoperte,  si  dedusse 
però  da  alcune  iscrizioni  e  da  effigie  scolpite  che  uno  dei  medesimi  sepolcri 

(25)  Ennius  poeta  LXX  tnaior  ariìios  arliailari  morbo  periit,  sepullusque  est  in  Scipio- 
nis  monumento,  in  via  Appia,  intra  primiim  ab  Urbe  miUiariìim.  (leronimo,  presso  Eusebio, 
Cronic.  Lib.  IL  Neil' iscrizione  di  L.  Cornelio  Scipione  Barbato,  rinvenuta  nell'anno  1616 
ed  esistente  nella  biblioteca  Barberini,  si  trova  accennato  sul  tempio  della  Tempesta 
la  seguente  notizia:  hec  .  cepit  .  Corsica  .  aleriaqve  .  vrbe  .  dedet  .  tempesta- 
TiBvs  .  AIDE  .  MERITO.  E  da  Ovidio  sul  medesimo  oggetto  si  trova  esposto: 

Te  quoque,  Tempestas  meritam  delubro  falemur 
Quum  pene  est  Corsis  obruta  classis  aquis. 

(Fasti.  Lib.  YL  v.  193.; 

(26)  Le  indicate  scoperte,  fatte  nelle  adiacenze  delle  fabbriche  di  S.  Sisto  vec- 
chio, sono  descritte  dal  Ficoroni  nel  suo  libercolo  sulla  Bolla  d'Oro  pag.  49.  La  iscri- 
zione distinta  col  consolato  dei  due  Gemini,  C.  Fufio  e  L.  Bubellio,  rinvenuta  negli 
stessi  scavi,  fu  oggetto  di  ricerche  di  diversi  dotti  illustratori  del  museo  Capitolino  ove 
tuttora  si  conserva. 


4-8  VU   APPIA    PARTE    I. 

doveva  appartenere  ad  alcune  persone  della  famiglia  Furia  ed  altro  a  quelle 
della  Massilia  (27).  Merita  pertanto  di  aggiungere  una  importante  considera- 
zione a  riguardo  di  sì  gran  numero  di  sepolcri  scoperti  in  tale  vigna,  i  quali 
pure  si  stendevano  nell'  altra  vigna  già  del  Collegio  dementino  e  s' innoltra- 
vano  sino  nelle  adiacenze  della  chiesa  di  s.  Cesareo;  cioè  che  doveva  esi- 
stere una  specie  di  cemitero,  con  sepolcri  incavati  nel  masso,  ai  piedi  della 
parte  del  colle  Aventino,  che  s'innalza  a  destra  della  via  Appia  dopo  le 
terme  Antoniniane,  i  quali  tutti  erano  formati  a  guisa  di  colombari  per  ser- 
vire a  varietà  di  defunti.  Siffatta  sussistenza  è  stata  contestata  dalle  scoperte 
fatte  nei  tempi  posteriori  nella  medesima  località. 

SEPOLCRI  DIVERSI  DELLA  YIGNA  CASALI.  Servirono  a  conte- 
stare la  indicata  corrispondenza  di  un  cemitero  comune  le  grandi  scoperte 
fatte  nella  successiva  vigna  Casali,  che  si  stende  sempre  a  destra  della  via 
Appia  dalla  suddetta  vigna  Moroni  sino  alle  mura  Aureliane.  Di  tali  scoperte 
ne  furono  conservate  alcune  più  precise  memorie  ;  e  particolarmente  nelle 
tavole  inserite  in  fine  delle  pubblicazioni  fatte  dal  Gori,  Rianconi  e  Ghezzi 
sui  colombari  rinvenuti  in  altro  luogo  della  via  Appia  che  successivamente 
saranno  indicati.  Il  Piranesi  pure  ci  ha  conservata  memoria  di  un  nobile  se- 
polcro scoperto  nella  stessa  vigna  Casali,  e  così  pure  il  Labruzzi.  Anche  nei 
tempi  a  noi  non  lontani  vi  si  fecero  altre  scavazioni  che  hanno  vieppiià 
dimostrata  la  sussistenza  di  moltissimi  sepolcri  comuni,  e  che  ora  sono  quasi 
per  intero  spariti.  Solamente  si  possono  ricordare  alcune  reliquie  super- 
stiti dell'  indicato  sepolcro  particolare,  composto  di  una  cella  quadrata  de- 

(27)  Il  Ficoroni  descrisse  le  indicale  scoperte  da  lui  fatte  nella  vigna  Moroni 
neiroperetla  da  lui  pubblicata  uelPanno  1732  ed  intitolata,  La  Bolla  d'Oro  dei  fanciulli 
nobili  Romani.  Ed  è  importante  Tosscrvare  la  notizia  esposta  in  tale  operetta  sui  di- 
segni da  lui  fatti  ritrarre  dai  dipinti  e  dagli  altri  ornamenti  rinvenuti  nelle  novanta- 
due  camere  sepolcrali  discoperte  ;  giacché  riferiva  che,  non  avendo  mezzi  per  farli  pub- 
blicare, furono  da  lui  donati  al  Cardinale  D.  Filippo  Gualtieri.  Il  Vignoli  nella  pag.  200  e 
segg.  della  sua  opera  sulla  Colonna  di  Antonino  Pio  pubblicò  alcune  delle  iscrizioni  in  esse 
rinvenute,  le  quali  furono  trasportale  nel  musco  Capitolino  e  poscia  illustrate  dal  Guasco 
nel  Voi.  I  della  grande  descrizione  di  detto  museo.  Tra  le  iscrizioni  stesse,  quella  che 
merita  considerazione,  è  quella  di  P.  Cornelio  Celado  librajo  abitante  fuori  la  porta 
Trigemina:  p.  cornelivs  celadvs  |  librarivs  ab  extra  porta  ]  trigemina  vix.  a>. 
XXVI.  Il  Labruzzi  si  fece  a  ritrarre  vedute  delle  scoperte  fatte  nella  stessa  vigna  Mo- 
roni negli  anni  1789,  1790  e  1791,  che  furono  pubblicate  poi  ultimamente  dal  cav.  Ago- 
stino Rem-picei  nelle  Tav.  TV,  V  e  VI  nella  riproduzione  della  stessa  raccolta.  Anche  il 
Guattani,  nella  pubblicazione  dei  Monumenti  inediti  degli  anni  1787  e  1788,  riferisce 
diverse  notizie  sugli  scavi  operati  in  tale  epoca  nella  stessa  vigna  Moroni. 


I 


DALLA    PORTA   CAPENA    AL    MIGLIO    1.  49 

corata  regolarmente  con  nicchie  semicircolari  nel  mezzo  e  quadrangolari 
nei  lati  e  con  volta  a  crociera  ornata  con  cassettoni  di  stucco  (28). 

ALTRI  SEPOLCRI  COMUNI  SCOPERTI  NELLA  VIGNA  CODINI. 
La  stessa  sussistenza  di  molti  sepolcri  comuni,  componenti  un  vasto  cemitero  e 
formati  a  guisa  di  colombari,  nei  lati  della  medesima  prima  parte  della  via  Ap- 
piè, si  conferma  pure  con  quanto  si  dedusse  dalle  scoperte  fatte  nelle  vigne 
del  lato  sinistro  della  via  stessa  d' incontro  alle  vigne  fioroni  e  Casali,  e  parti- 
colarmente nella  vigna  Codini  posta  tra  la  via  Appia  e  la  Latina  su  quel  picco- 
lo colle  che  dicesi  Celiolo.  Narra  il  Ficoroni  che  le  scoperte  in  tale  luogo  eb- 
bero principio  sino  dal  tempo  di  Pio  IV  e  che  erano  state  descritte  da  Pirro 
Ligorio^  ma  poscia  furono  riprese  nell'anno  1726  da  certo  Giovanni  France- 
sco Bevilacqua  che  vi  smantellò  quantità  grande  di  camere  sepolcrali.  Tra 
medesimi  monumenti  distrutti  deve  comprendersi  quello  importantissimo  ap- 
partenente a  diverse  persone  addette  alla  famiglia  Pompeia,  del  quale  lo 
stesso  Pirro  Ligorio  ha  conservati  i  disegni  che  furono  poscia  pubblicati 
dal  Santi  Bartoli  (29).  Non  così  avvenne  a  riguardo  delle  ulteriori  scoperte 

(28)  I  principali  sepolcri,  scoperti  dall'anno  1726  al  1732,  si  sono  pubblicati  nel- 
le Tav.  XXXVIII,  XXXIX  e  XL  che  vennero  inserite  nelle  illustrazioni  del  Gori,  Bian- 
chini e  Ghezzi  sulle  Camere  ed  iscrizioni  sepolcrali  dei  liberti  e  servi  della  casa  di  Livia 
Augusta.  Dal  Tiranesi  nel  Voi.  Il,  Tav.  LV  e  LVI  si  espose  altro  importante  sepolcro  sco- 
perto in  tale  vigna.  E  similmente  dal  Labruzzi  furono  esposte  vedute  degli  stessi  sepolcri 
con  quelle  di  un  altro  scoperto  nell'anno  1791,  le  quali  furono  riferite  nelle  Tav.  Vili, 
IX  e  X  deiranzidetta  recente  pubblicazione  fatta  dal  Cav.  Rem-picei.  Nel  volume  dell'  Ug- 
geri, intitolato  Capo  di  Bove  e  Valle  delle  Camène,  pubblicato  nell'anno  1804,  si  riporta 
nella  Tav.  VI,  Fig.  1  la  pianta  dell'  indicato  sepolcro  nobilmente  decorato  che  in  parte 
si  conserva.  Diverse  memorie  poi  si  ebbero  dal  Ficoroni  nella  citata  sua  operetta  sulla 
Bolla  doro,  e  così  pure  dal  Guattani  nei  primi  volumi  dei  suoi  monumenti  inediti,  e  da 
tutti  gli  altri  scrittori  delle  antichità  romane  di  tale  epoca.  Presso  la  famiglia  Casali 
si  conservano  alcuni  dei  moltissimi  oggetti  che  furono  dedotti  da  tali  ritrovamenti  :  ma 
diverse  opere  figurate  sono  passate  ad  adornare  altri  musei  esteri. 

(29)  Il  Ficoroni,  nella  citata  operetta  sulla  Bolla  d'oro  alla  pag.  47,  descrisse  le 
anzidette  scoperte,  e  particolarmente  indicò  essersi  rinvenuto  un  dipinto  rappresentante 
un  giovine  architettto  con  gli  istrumenti  dell'arte  sua,  che  fu  tolto  con  cura  e  poscia  con- 
servato dal  marchese  Capponi.  Delle  scoperte,  fatte  al  tempo  di  Pirro  Ligorio,  se  ne 
possono  rinvenire  notizie  nelle  sue  memorie  inedite  che  si  conservano  nella  biblioteca 
Vaticana.  I  disegni  del  sepolcro,  appartenente  a  diverse  persone  addette  alla  famiglia 
Pompeia,  che  furono  ricavati  da  Pirro  Ligorio  e  che  si  dicono  conservarsi  nella  bi- 
blioteca Vaticana,  vennero  pubblicati  dal  Santi  Bartoli  nelle  Tav.  39,  40  e  41  della 
sua  raccolta  sugli  antichi  sepolcri,  indicando  essersi  esso  scoperto  avanti  da  uscire  la  por- 

7 


50  VIA    APPIA    PARTE    I. 

latte  nella  stessa  vigna  precipuamente  per  cura  del  marchese  Campana  ;  per- 
chè due  dei  più  importanti  sepolcri  scoperti,  oltre  ad  altro  posto  verso  la  via 
Latina,  furono  conservati  e  ricoperti  con  stabili  opere  murarie  in  modo  da 
offrire  tuttora  una  idea  approssimativa  della  loro  intera  struttura,  e  ciò  si 
fece  precipuamente  per  una  delle  tante  simili  lodevoh  disposizioni  del  Mini- 
stero che  ha  la  tutela  e  la  conservazione  dei  monumenti  antichi.  Lo  stesso  mar- 
chese Campana  si  prese  cura  di  pubblicare  le  iscrizioni  rinvenute  nei  mede- 
simi colombari  in  alcune  dissertazioni,  che  vennero  inserite  negli  ultimi  volumi 
degli  atti  dell'accademia  romana  di  archeologia  che  devono  apparire  alla  luce 
tra  breve.  Tutte  le  stesse  iscrizioni  furono  collocate  con  diligenza  al  proprio 
luogo,  e  si  possono  osservare  senza  andarle  a  ricercare  in  luoghi  non  a  tutti 
accessibili  e  confusi  con  altre  tante,  come  si  fece  per  il  passato.  Se  in  tal  mo- 
do si  fosse  operato  in  antecedenza  si  sarebbero  conservate  le  tante  preziose 
memorie  che  ora  disgraziatamente  andarono  quasi  per  intero  perdute.  Seguen- 
do le  indicate  lodevoli  cure,  sarà  pure  conservato  altro  colombario  scoperto  ul- 
timamente nella  stessa  vigna  Codini  assai  da  vicino  alla  via  Appia,  nel  quale 
furono  eziandio  rinvenute  importanti  iscrizioni  che  pure  verranno  collocate 
al  proprio  luogo  unitamente  a  quei  frammenti  della  decorazione  apposta  ai 
loculi  (30).  Altro  particolare  e  vetusto  sepolcro  fu  rinvenuto  tra  lo  stesso  co- 
la di  Roma.  Dal  Muratori  flnscript.  Class.  XII.  Pag.  CMXXIXì,  riportando  le  iscrizioni 
rinvenute  in  tale  sepolcro,  lo  dice  posto  a  sinistra  di  coloro  che  si  portavano  dall'  interno 
della  città  alla  porta  di  S.  Sebastiano,  come  si  denota  dal  Ficoroni  nel  fare  menzione  delle 
scoperte  fatte  sotto  il  pontificato  di  Pio  IV  nella  vigna  posta  d'incontro  a  quella  da  lui 
stesso  di  molto  scavata.  È  a  tale  sepolcro  che  si  devono  appropriare  le  osservazioni 
fatte  dal  Borghesi  nel  Voi.  XX  degli  Annali  dell'  Instituto  Archeologico  pag.  245,  e  suc- 
cessivamcnlc  nella  Memoria  sulla  via  Appia  pubblicata  da  Agostino  lacobini  nell'anno 
1851.  Quindi  ci  limiteremo  ad  esporre  la  seguente  giusta  osservazione  fatta  dal  Fi- 
coroni alla  pag.  48  dell'  indicato  suo  libercolo  :  «  La  prodigiosa  quantità  dei  mauso- 
»  lei  e  sepolcri  sopraddetti,  tutti  da  me  veduti,  che  erano  già  fuori  del  recinto  del- 
»  l'antica  Roma,  per  il  divieto  ben  noto  di  non  seppellire  i  defunti  entro  le  mura,  ven- 
»  nero  poscia  inclusi  dentro  le  odierne  mura  dilatatevi,  al  dire  di  Vopisco,  dall'  impera- 
»  tore  Aureliano.  »  E  così  resta  da  questa  osservazione  sempre  più  confermato  che 
tali  luoghi  corrispondevano  fuori  della  cinta  delle  mura  di  Servio,  che  servì  in  ogni  tem- 
po antico  di  limite  alla  città. 

(30)  Tra  le  iscrizioni,  rinvenute  nel  colombario  di  recente  scoperto  nella  vigna 
Codini  in  prossimità  della  via  Appia,  si  crede  solo  opportuno  di  far  menzione  di  una 
appartenente  ad  un  certo  Soterico  servo  pubblico  adetlo  alla  biblioteca  dei  portici  di  Ot- 
tavia :    SOTERICUI    .    PVBLICI   |   VESTRICIANI  .  A   [   BVBLIOTECE  {sic)  .  PORTICIBVS   |   OCTAVIAE    | 

STATiLiA  .  UEI.PIS  |  coMVGi  .  B.  M.  F.  V.  A.   xxviH.  Perchè  serve  questa  iscrizione  a 


DALLA  PORTA  CAPENA  AL  MIGLIO  I.  51 

lombario  e  la  via  Appia  che  venne  di  nuovo  ricoperto  e  che  doveva  apparte- 
nere ad  alcuno  distinto  personaggio  dell'epoca  repubblicana.  Però  con  i  sud- 
detti tre  sepolcri  comuni  viene  conservata  memoria  di  quei  moltissimi  si- 
mih  monumenti  che  esistevano  nel  luogo  stesso  lungo  il  lato  sinistro  della  via 
Appia,  e  che  costituivano  unitamente  a  quei  rinvenuti  nel  lato  opposto  una 
vasta  e  nobile  necropoli  praticata  lungo  la  prima  parte  della  slessa  via  ;  giac- 
ché i  sepolcri  suddetti  non  erano  limitati  solo  a  corrispondere  lungo  i  lati  della 
crepidine  della  via,  come  si  rinvengono  in  tutta  la  sua  estensione,  ma  si  di- 
latavano assai  largamente  nelle  adiacenze  in  certo  modo  simile  a  quanto  lu 
rinvenuto  sul  Gianicolo  in  corrispondenza  del  principio  della  via  Aurelia. 

ARCO  DI  DRUSO.  Poco  prima  di  giungere  alla  porta  Appia,  detta  ora 
di  S.  Sebastiano  della  cinta  di  Aureliano,  esiste  un  antico  arco  monumenta- 
le, formato  a  guisa  di  quei  denominali  trionfali,  che  si  giudica  comunemente 
•essere  quello  che  fu  innalzato  a  Druso  per  decreto  del  senato  nella  via  Ap- 
pia, e  che  fu  decorato  con  scolture  rappresentanti  trofei,  come  venne  riferito 
da  Svetonio,  Tacito  e  Dione,  e  come  si  può  in  certo  modo  contestare  con 
quanto  vedesi  esposto  nel  rovescio  di  una  medaglia  di  Claudio  (31).  Venne 
successivamente  ridotto  a  servire  di  acquedotto,  come  si  fece  della  preceden- 
te porta  Capena,  per  far  trapassare  sopra  la  via  Appia  l'acqua  che  fu  desti- 
nata al  servizio  delle  grandi  terme  Antoniniane,  come  è  dimostrato  tanto 
dallo  speco,  che  esiste  incavato  nel  suo  attico,  quanto  dagli  archi  minori,  si- 
mili a  quei  degli  altri  acquedotti,  che  si  protraevano  nei  suoi  lati,  e  precipua- 

contestare  quanto  già  era  stato  indicato  nella  seguente  altra  iscrizione  riferita  dal  Fa- 
bretti  alla  pag.  337  e  dal  Mommsea  riprodotta  nella  recente  pubblicazione  delle  iscri- 
zioni del  regno  di  Napoli  N.  G889  :  puiloxenvs  .  hlian  |  pvblic.  de  .  porticv  |  octa- 
VL\E  .  A  .  BiBLioTHECA  |  GRAECA.  Cioè  csscrvi  decisamente  esistita  nel  detto  portico  di  Ot- 
tavia una  biblioteca  greca  e  latina,  come  fu  dimostrato  nella  descrizione  di  tale  monu- 
mento neiropera  sugli  Edifizj  antichi.  DalfortograCa,  con  cui  è  scritta  tale  iscrizione  e 
dal  nome  Soterico  del  detto  servo  publico,  si  deve  credere  ch'egli  fosse  greco  e  depu- 
tato al  servizio  della  biblioteca  greca,  come  era  Filosseno;  giacché  per  a'jìrny.yoz  s'in- 
tendeva denotare  dai  greci  un  consenatore.  Si  sono  trovate  nello  stesso  colombario 
iscrizioni  di  altre  persone  addette  alla  biblioteca  Palatina  del  tempio  di  Apollo,  come 
diversi  altri  simili  esempj  si  hanno  nelle  iscrizioni  antiche. 

(31)  Praeterea  senatus  inter  alia  complura  marmoreum  arcum  cum  trophaeis  via  Ap- 
pia decrevit.  (Svetonio,  in  Gaudio,  e.  l.J  Da  Tacito  (Annali.  Lib.  II.  e.  83  e  da  Dione 
(Lih.  LV.  e.  2',  si  trova  confermata  la  stessa  onorificenza  concessa  a  Druso.  Nella  me- 
daglia poi  di  Claudio,  che  nel  rovescio  porta  impressa  la  effigie  di  un  arco  assai  simi- 
le a  quello  superstite  nel  detto  luogo,  con  la  epigrafe:  nero  .  clavdivs  .  drvs  .  ger- 
siAN.  iMP.  s.  e.  ;  si  trova  altro  valido  documento  per  contestare  la  stessa  appropriazione. 


52  VIA    àPPIA    PARTE   1. 

mente  nel  lato  destro  sino  alla  conserva  praticata  nel  mezzo  superiore  delle 
dette  terme  (32).  Facendosi  pochi  anni  sono  costruire  un  muro  di  cinta  nei 
lati  dello  stesso  arco,  si  scopersero  altre  reliquie  di  sepolcri  che  si  sono  la- 
sciate visibili  e  che  appartengono  a  monumenti  dell'epoca  inoltrata  dell'  im- 
pero. Quindi  è  importante  l'osservare  che  il  medesimo  luogo  faceva  parte  della 
regione  I  ;  poiché  nei  cataloghi  dei  regionari  trovasi  annoverato  un  arco  di 
Druso  ;  e  nella  iscrizione  della  base  capitolina  è  indicato  nella  regione 
stessa  il  vico  di  Druso,  ciò  che  serve  a  dimostrare  essersi  tale  vico  esteso 
nei  lati  del  medesimo  arco,  dal  quale  ne  doveva  ricevere  il  nome. 

PORTA  APPIA  DETTA  DI  S.  SEBASTIANO.  In  corrispondenza 
della  cinta  delle  mura  Aureliane  venne  aperta  la  grande  porta  sussistente  dopo 
il  descritto  arco  di  Druso,  che  conservò  sino  incirca  al  decimoquinto  secolo 
il  nome  Appia  dedotto  dalla  via  che  vi  transitava  ;  il  quale  nome  mutò  poscia 
in  quello  di  S.  Sebastiano  dalla  chiesa  consacrata  a  questo  santo  martire  che 
esiste  lungo  la  stessa  via.  Nei  lati  di  tale  porta  s  innalzano  due  alte  torri  co- 
strutte nella  loro  parte  inferiore,  come  la  porta  stessa,  con  grandi  massi  di  mar- 
mo che  furono  tolti  evidentemente  dagU  antichi  monumenti  che  esistevano  nel- 
le adiacenze,  e  probabilmente  dal  tempio  di  ÌMarte  e  dagh  altri  edifizj  che  sta- 
vano eretti  nel  suo  d'intorno,  come  nel  seguito  vengono  indicati.  Pertanto  a 
compimento  di  quanto  appartiene  all'enunciato  primo  partimento  dell' Appia 
ci  faremo  solo  ad  osservare  che  a  pochi  passi  fuori  della  stessa  porta  a  sinistra 
furono  scoperti  diversi  sepolcri  che  dovevano  essere  posti  in  continuazione 
di  quei  precedentemente  descritti ,  prima  che  venisse  stabilita  la  cinta  delle 
mura  Aureliane,  e  comporre  il  cemitero  anzidetto.  Il  Pratilli  nel  primo  li- 
bro della  sua  opera  sulla  via  Appia  riporta  diverse  delle  iscrizioni  in  essi  rin- 
venute, le  quali  però  dedusse  da  memorie  non  abbastanza  circostanziate  per 
potere  essere  utili  allo  scopo  prefìssoci. 

(32)  I  suddetti  archi  dell'acquedotto  antico  furono  in  gran  parte  distrutti  verso 
il  fine  del  secolo  passato,  come  assicura  il  Venuti  (Descrizione  di  Roma  antica.  Parte  IL 
e.  i.J  Si  deve  credere  poi  che  l'acqua  condotta  a  trapassare  sul  detto  arco  di  Druso 
fosse  la  Marcia;  poiché  nella  terza  iscrizione,  che  leggesi  sul  monumento  delle  acque 
Marcia,  Tcpula  e  Giulia,  esistente  sulla  porta  S.  Lorenzo,  diccsi  tale  acqua  Marcia  rista- 
bilita da  Antonino  Caracalla  ed  accresciuta  di  un  nuovo  fonte  detto  dal  suo  nome  An- 
toniniano.  Quest'acqua  denominavasi  Jopia  o  Jovia  nel  medio  evo,  come  trovasi  indi- 
cato dall'Anonimo  Einsiedlense  pubblicato  dal  Mabillon,  in  cui  si  accenna  essersi  decisa- 
mente tale  acqua  derivata  dalla  3Iarcia  :  Inde  ad  portam  Appiam.  Ri  forma  Jopia  (Jovia) 
quae  venit  de  Marcia  et  currit  usque  ad  ripam.  Laonde  viene  con  ciò  tolto  ogni  dubbio 
sulla  pertinenza  dell'acqua  condotta  sul  detto  arco. 


SECONDA    PARTE 

TRA  IL  MIGLIO  PRIMO  ED  IL  SECONDO 


COLONNA  DEL  PRIMO  MIGLIO,  In  seguito  di  quanto  fu  osservato 
nel  descrivere  la  situazione  della  porta  Capena  il  luogo,  in  cui  fu  ritrovata  la 
enunciata  colonna  del  primo  miglio,  corrisponde  a  palmi  romani  512,  che  si 
ragguagliano  a  metri  1 1 4  :  480  fuori  della  porta  S.  Sebastiano,  cioè  palmi  8 
prima  di  giungere  all'angolo  settentrionale  della  casa  della  vigna  Naro  che 
s' incontra  a  destra  lungo  la  via  Appia  uscendo  da  detta  porta ,  come  con 
molto  studio  venne  dimostrato  dal  Revillas  (1).  La  corrispondenza  di  detta 
colonna  in  tale  luogo  fu  anche  contestata  da  altri  documenti  autorevoli, 
in  modo  tale  che  da  quel  punto  si  può  stabilire  con  precisione  avere  avuto 
principio  il  secondo  Partimento  preso  a  considerare. 

TEMPIO  DI  MARTE.  Il  più  cospicuo  edilìzio,  che  esisteva  dopo  l'indi- 
cato primo  migho,  era  il  tempio  di  Marte,  il  quale,  trovandosi  annoverato  col 
fiume  Aimone  nei  cataloghi  della  regione  I,  denominata  Porta  Capena,  si  deve 
credere  che,  mentre  esso  era  compreso  in  tal  regione,  non  fosse  poi  molto  di- 
scosto dall' indicato  fiumicello  (2).  Infatti  se  per  una  parte  da  Ovidio  e  dal  suo 
scoliaste,  come  pure  da  Servio  e  da  altre  notizie,  si  trova  denotato  il  tempio 

(1)  Sulla  detta  colonna  milliaria,  che  ora  vedesi  collocata  sul  lato  destro  della 
balaustrata  del  Campidoglio,  si  leggono  le  seguenti  due  iscrizioni;  cioè  la  prima  posta 
in  una  riquadratura  espressamente  fatta  sotto  al  Numero  I  indicante  il  primo  miglio  :  imp. 

CAESAR   1  VESPASIAMS  .  AVG.   \   PONTIF.  MAXIM.   ]    TRIB.  POTESTAT.  VII.   [   IMP.  XVII.  PP.  CEN- 

SOR  1  COS.  VII.  DESIGN.  VIII.  E  la  seconda  incisa  posteriormente  sulla  parte  del  fusto 
sottoposta  alla  detta  cartella  :  imp.  nerva  .  cassar  [  avgvstvs  .  pontifex  [  maximvs  . 

TRrB%T<ICIA   I   POTESTATE    .    COS.    III.    PATER   [  PATRIAE  .  REFECIT.    Su    di    UH    piedestallo  pOÌ 

rinvenuto  nello  stesso  luogo,  e  che  però  non  sembra  essere  stato  posto  sotto  alla  detta 
colonna,  come  fu  supposto,  si  legge  la  seguente  altra  iscrizione  che  si  riferisce  alla  stessa 

via  :  IMP.  CAESARI  .  DIVI  1  TRAIAKI  .  PARTHICI  .  F.  |  DIV I  .  NERVAE  .  NEP0TI  j  TRAIANO  . 
HADRIANO  I  AVG.  PONTIF.  MAXIM  ]  TRIB.  POTEST.  II.  COS.  II.  ]  VIATORES  .  QVI  .  IPSI  .  ET  . 
COS.    ET  j   PR.    CETERISQ.    MAGISTRATIB   |   APPARENT    .    ET    .    H.    V.     È     da    Credere    cbs    BSSO 

abbia  invece  servito  a  sostenere  alcuna  statua  di  Adriano  eretta  dai  viatori  dell'Appia 
fD.  Diego  Revillas,  Sopra  la  colonna  chiamata  Milliarium  Aureum.  Dissertazione  dell'Ac- 
cademia di  Cortona.   Tom.  I.  Parte  II.) 

(2)  AEDEM  MARTIS,  FLVMEN  ALMOXIS.  (Curìosum.  Reg.  I.J  AEDEM  MARTIS  ET  MINER- 
VAB    ET    TEMPESTATIS,    FLN^MEN   ALMOMS.    (Notitia.   Reg.    I.J 


5i  VIA   APPI4.   PARTE    II. 

stesso  colla  semplice  indicazione  di  essere  fuori  della  porta  Capena;  da  altra 
parte  poi  viene  dichiarato  con  diverse  memorie  avere  esso  corrisposto  anche 
fuori  delia  porta  Appia  ora  denominata  di  S.  Sebastiano,  ove  si  trovava  in 
vista  della  parte  retta  della  via  Appia  che  cominciava  dopo  di  avere  trapassato 
l'Aimone,  e  non  di  prospetto  alla  porta  Capena  secondo  la  comune  opinione; 
poiché  in  tal  modo  viene  megho  spiegata  la  notizia  esposta  da  Ovidio  (3). 
Quindi  è  da  credere  che  Servio,  facendo  menzione  del  tempio  di  IMarte  in 
confronto  di  quello  di  Quirino,  che  stava  fuori  della  città  in  vicinanza  delle 
mura  e  della  porta,  abbia  voluto  ciò  attribuire  alla  cinta  di  Aureliano  che 
racchiudeva  la  città  al  suo  tempo  ed  alla  porta  Appia  in  essa  aperta,  e  non 
alla  cinta  di  Servio  ed  alla  vetusta  porta  Capena  (i).  Infatti  tutte  le  memo- 
rie, che  si  hanno  dei  tempi  anche  posteriori  a  Servio,  dimostrano  quel  tem- 
pio collocalo  fuori  della  stessa  porta  Appia;  ed  anche  il  Bufalini  lo  indica 


(3)  Lux  eadem  Marti  festa  est;  quem  prospicit  extra 

Adpositum  rectae  porla  Capena  viae. 
Te  quoque,  Tcmpestas,  meritam  dclubra  fatemur 
Cum  paene  est  Corsis  obruta  classis  aquis. 
All'indicata  notizia  sulla  posizione  del  tempio  di  Marie,  si  trova  esposta  la  seguente 
spiegazione  dell" antico  scoliaste  di  Ovidio:  templum  Martis  stai  recta  fronte  cantra  Ca- 
penam  portarn  et  est  appositum  extra  a  viam  tectam  quae  et  hodie  est  Romae.  (Ovidio,  Fa- 
sti. Lih.  VI.  V.  191  e  segg.J  In  seguito  di  tale  spiegazione  si  verrebbe  in  certo  modo  a 
contestare  la  voce  teclae  invece  di  rectae  o  dextrae  che  si  credettero  di  sostituire  nei 
citati  versi:  ma  trovando  più  propria  alle  condizioni  della  via  Appia  la  qualità  di  retta 
che  quella  di  lastricata  che  aveva  in  comune  con  tutte  le  altre  vie  consolari,  giusta- 
mente essa  si  deve  preferire.  Quindi  sulla  più  probabile  interpretazione  della  stessa  indica- 
zione di  Ovidio  è  da  osservare  che  il  tempio  di  Marte  doveva  trovarsi  più  in  vista 
della  parte  retta  della  via  Appia,  la  quale  aveva  principio  dopo  di  avere  trapassato 
l'Aimone  di  prospetto  al  luogo  in  cui  si  trovava  collocato  il  tempio  stesso,  che  di  cor- 
rispondere di  fronte  alla  porta  Capena,  come  comunemente  si  spiega,  per  essere  stato 
decisamente  collocato  alquanto  distante  da  essa.  E  quindi  necessario  l'osservare  che  il 
surriferito  scoliaste  di  Ovidio,  scrivendo  nel  tempo  che  la  porta  Capena  era  stata  so- 
stituita dall'Appia,  confuse  evidentemente  l'una  coli* altra,  allorché  disse  il  tempio  di 
Marte  avere  la  sua  fronte  rivolta  alla  porta  Capena. 

(4)  Mars  enim  cum  saevit,  Gradivus  dicilur:  cum  tranquillus  est,  Quirinus.  Denique 
in  Urbe  duo  eiiis  tempia  sunt;  unum  Quirini  intra  Urbem  quasi  custodis  et  tranquilli  : 
alliud  in  Appia  via  extra  Urbem  prope  portarn,  quasi  bellatoris  id  est  Gradivi.  (Servio,  in 
Virgilio,  Aeneid.  Lih.  I.  v.  292.J  Servio,  egualmente  dello  scoliaste  di  Ovidio  anzidetto, 
dovette  intendere  la  porta  Appia  e  non  la  Capena  nelf  indicare  la  posizione  del  tem- 
pio di  Marte  estramuraneo. 


TRI    IL   MIGLIO   I.   ED    IL    II.  55 

fuori  della  indicata  cinta  nella  ben  nota  sua  pianta  di  Roma  (5).  Alcune 
scoperte  poi,  imprese  a  farsi  sino  dal  principio  del  passato  secolo,  come  se 
ne  conservò  memoria  dal  Santi  Bartoli,  hanno  in  modo  più  preciso  fatto 
conoscere  la  vera  posizione  tanto  del  tempio  stesso  quanto  degli  altri  cdifizj 
che  stavano  nel  suo  d'intorno;  la  qual  posizione  poi  è  stata  contestata  dai 
ritrovamenti  fatti  nella  vigna  Marini  nell'anno  18i8,  di  cui  già  se  ne  fece 
menzione  (6).  Le  più  accurate  considerazioni  esposte  sulla  importante  iscri- 
zione di  Salvia  Marcellina,  che  aveva  fatto  dono  di  varie  opere  al  collegio 
di  Esculapio  e  d'Igia,  hanno  tolto  ogni  dubbio  sulla  determinazione  del  luo- 
go occupato  da  tale  tempio  ;  poiché  in  essa  vedesi  dichiarato  la  località,  deno- 
minata ad  Marlis  dal  tempio  stesso,  avere  corrisposto  tra  il  primo  ed  il 
secondo  miglio  della  via  Appia  a  sinistra  di  coloro  che  uscivano  dalla  città. 
La  quale  indicazione  di  luogo,  stendendosi  ad  abbracciare  una  grande  area 
con  diversi  edifizj,  tra  i  quali  comprendevansi  quegh  accennati  nella  stessa 
iscrizione,  si  doveva  appropriare  a  quanto  si  trovava  effettivamente  pro- 

(5)  Le  notizie,  che  servono  a  dimostrare  essere  stato  il  tempio  di  Marte  posto 
fuori  della  porta  Appia,  si  trovano  indicato  nei  seguenti  passi  degli  atti  dei  SS.  Mar- 
tiri :  Jussilque  eum  duci  ad  T.  Marlis  et  ibidem  dieta  sentcntia  capite  Iruncari  si  non  aquie- 
sceret  adorare  nefandi  Martis  simulacrum.  Tane  B.  Stephanus  ductus  a  militibus  foras  mu- 
ros  Àppiae  portae  ad  T.  Marlis iterum  sacrifìcent.  (Alti  di  S.  Stefano  e  S.  Giu- 
lio.) Et  dadi  foras  rnuritm  portae  Appiac  cocpit  B.  Syxtus  dicere diacones  du' 

xerunt  in  cliviim  Martis  ante  tcmplnm  et  ibidem  decoìlatus  est.  (Atto  di  S.  Sisto.)  Tale 
corrispondenza  di  luogo  vedesi  contestata  in  vario  modo  nelle  vaghe  memorie  di  Roma 
che  sono  cognite  col  titolo  Mirabilia;  ed  in  quelle  meno  scorrette  delle  quali  riportate  dal 
Montfaucon  nel  Diarium  Italicum  pag.  283,  si  dice:  Haec  sunt  loca  qime  invenientur  in 
passionibus  sanctorum  foris  portam  Appiam,  ubi  beatiis  Syxlus  decoìlatus  fuit,  et  ubi  Domi- 
nus  apparuit  Petra  Domine  quo  vadis  ?  Ibi  temphim  Marlis  inlus  portam  arcus  Sijllae.  Nella 
citata  pianta  del  Bufalini  si  denota  tale  tempio  con  però  poca  verità  in  forma  rotonda, 
ed  anche  più  da  vicino  alle  mura  Aureliane  di  quanto  cflettivamente  esisteva. 

(6)  La  indicazione  dei  ritrovamenti  fatti  in  detto  luogo,  nel  principio  del  secolo 
passato,  fu  esposta  dal  Santi  Bartoli  nel  seguente  modo:  cf  Incontro  alla  detta  vigna. 
»  (cioè  quella  appartenente  alla  famiglia  Naro  in  cui  al  suo  tempo  furono  scoperti  diver- 
»  si  sepolcri)  dall'altra  parte  della  strada,  un  poco  più  abbasso,  vi  furono  cavati  bellis- 
»  simi  corniciamenti  e  colonne  di  marmo  parlo,  quali  si  crede  che  siano  del  tempio 
»  di  Marte,  nel  quale  fu  condotto  il  S.  martire  Sisto.  »  (Fea,  Miscellanea.  Tom.  I.  Pag. 
CCXLVI.)  I  ritrovamenti  poi  fatti  nellanno  1848  nel  luogo  stesso  furono  da  me  de- 
scritti nel  foglio  V  del  Bulleltino  dell' Instituto  Archeologico  dell'anno  1850.  Quindi  è 
da  credere  che  i  marmi,  impiegati  nella  ediCcazione  della  anzidetta  porla  di  S.  Seba- 
stiano, siano  stati  tolti  dagli  stessi  edifizj,  come  già  fu  indicato. 


56  VIA    APPIA    PARTE   li. 

trarsi  tra  il  primo  ed  il  secondo  miglio  della  stessa  via  (7).  Così  si  può  sta- 
bilire decisamente  che  il  detto  tempio,  col  suo  bosco  sacro,  stava  eretto  in 
quel  piano  inclinato  verso  la  valle  dell'Aimone  che  corrisponde  a  sinistra 
della  via  Appia  dopo  il  luogo  in  cui  fu  rinvenuta  la  detta  colonna  milliaria, 
ed  ove  furono  ultimamente  scoperti  alcuni  grandi  marmi  scorniciati.  Ed  al- 
quanto più  inferiormente  dovevano  esistere  gli  anzidetti  piccoli  edifizj  sacri 

(7)  La  surriferita  iscrizione,  che  si  dichiara  esistere  nel  palazzo  Barberini,  fu  ri- 
ferita dallo  Spon  nelle  sue  Miscellanee,  pag.  52 ,  e  dal  Marini  (Fratelli  Arvali  pag.  SJ, 
ma  più  esattamente  ed  anche  per  intero  dal  Fabretti  flnscript.  pag.  724.  N-  443J  e  così 
ancora  dal  Morcelli  (Epig.  Tom.  I.  pag.  521.J  E  la  prima  parte  di  essa  è  così  espres- 
sa: LEX  .  COLLEGI  .  AESCVLAPH  .  ET  .  UYGIAE  |  SALVIA  .  C.  F.  MARCELLINA  .  GB  .  ME- 
MORIALI .  FL.  APOLLONI  .  PROC.  AVG.  QVI  .  FVIT  .  A  .  PINACOTHECIS  .  ET  .  CAPITO- 
NIS  .  AVG.  L.  ADIVTOR  ]  EIVS  .  MARITI  .  SVI  .  OPTIMI  .  PIISSIMI  .  DOPO'M  .  DEDIT  .  COLLEGIO  . 
AESCVLAPI  .  ET  .  HYGIAE  .  LOCVM  .  AEDICVLAE  .  C\HI  .  PERGVLA  .  ET  .  SIGNVM  .  MARMO- 
REVM  .  AESCVLAPI  .  ET  .  SOLARIVM  .  TECTVM  .  IVNCTVM  .  IN  |  QVO  .  POPVLVS  .  COLLE- 
GI .  SS.  EPVLENTVR  .  QVOD  .  EST  .  VIA  .  APPIA  .  AD  .  MARTIS  .  INTRA  .  MILLIARIVM  .  I. 
ET  .  II.    AB  .  VRBE    .    EVNTIBVS  .  PARTE  .  LAEVA  .  INTER  .  ADFINES  .  VIBIVM  .  CALOCAERVM  . 

ET  .  POPVLVM  iTEM SuU' indicata  iscrizione  di  Salvia  Marcellina  è  da  osservare 

che  ben  è  vero  che  successivamente  si  trova  fatta  menzione  di  una  edicola  con  un  so- 
lario coperto,  o  cenacolo,  che  serviva  per  la  riunione  del  collegio  di  Esculapio  e  di 
Igia  che  stava  nel  luogo  stesso,  e  che  costituiva  ciò  che  dicevasi  ad  martis  in  scho- 
LAM,  come  è  registrato  nella  stessa  iscrizione  ;  ma  è  altresì  vero  che  i  medesimi  marmi 
scorniciati  si  trovano  aver  appartenuto  ad  un  più  nobile  e  grande  edifizio  di  quello  che 
poteva  essere  costituito  da  una  edicola  o  da  un  cenacolo  qualunque.  Non  è  ben  cogni- 
to in  qual  tempo  fosse  stata  rinnovata  la  prima  fabbrica  del  tempio  eretta  sino  dal- 
l'anno 368  di  Roma,  secondo  Livio  fLib.  VI.  e.  òj  ;  perchè  dalle  posteriori  memorie  si 
conosce  essere  stata  più  vasta  e  più  nobile  di  quella  che  poteva  esistere  ncll'  indicata 
prima  edificazione  :  ma  per  quanto  può  dedursi  da  un  bassorilievo  dell'arco  di  Costan- 
tino, appartenente  ad  altro  arco  più  antico  di  Trajano,  in  cui  vedesi  effigiato  questo 
imperatore  trattenuto  avanti  ad  un  tempio  tetrastilo  corintio,  prima  di  entrare  trion- 
fante in  Roma  dopo  la  vittoria  dacica,  come  precisamente  accadeva  avanti  al  tempio 
di  Marte,  portandosi  però  ad  esso  dalla  città,  come  già  fu  osservato,  si  deve  stabilire  es- 
sere stato  in  tale  epoca  edificato  con  architettura  corintia  propria  dèi  tempo  imperia- 
le; ed  a  tal  genere  di  architettura  effettivamente  si  conoscono  avere  appartenuto  i 
surriferiti  marmi.  Quindi  è  da  osservare  che  evidentemente  al  medesimo  luogo  sacro  ad 
Esculapio  e  ad  Igia,  doveva  appartenere  quella  iscrizione  riferita  dal  Muratori  alla  pagi- 
na XX,  N.  2  ;  perchè  si  dice  comunicata  dal  marchese  Capponi,  che  fece  diversi  scavi 
in  tale  località.  E  propriamente  al  tempio  di  Marte  doveva  appartenere  quella  iscri- 
zione che  fu  riferita  dal  Grutero  pag.  LVT,  N.  7,  in  cui  si  trova  indicato:  martei  . 
M.  CLAVDIVS  .  M.  F.  coNSOL.  DEDIT  ;  perchè  si  dice  rinvenuta  precisamente  in  vicinan- 


TRA   IL    MIGLIO    I.    ED    IL    II.  57 

ad  Esculapio  e  ad  Igi'a.  Nella  stessa  posizione  doveva  essere  collocato  quel 
piccolo  tempio,  di  cui  si  trova  fatta  menzione  nella  iscrizione  di  L.  Cor- 
nelio Scipione  Barbato  primieramente  rinvenuta  nelle  adiacenze  del  sepol- 
cro degli  Scipioni  ;  poiché  da  Ovidio  nei  surriferiti  versi  se  ne  fece  men- 
zione dopo  di  avere  ricordato  il  tempio  di  Marte,  e  nei  cataloghi  dei  regio- 
nari si  annovera  dopo  lo  stesso  tempio  unitamente  a  quello  di  Minerva,  di 
cui  però  non  si  hanno  altre  notizie  (8). 

CLIVO  DI  IMARTE.  Apparteneva  al  luogo  detto  ad  Marfis  princi- 
palmente il  clivo  denominato  di  Marte,  che  si  è  reso  ben  cognito  in  se- 
guito della  importante  iscrizione  che  si  conservava  sino  all'ottavo  secolo 
lungo  la  via  Appia,  come  si  è  attestato  nella  raccolta  delle  iscrizioni  anti- 
che del  codice  Einsiedlense,  e  che  venne  successivamente  riconosciuta  ave- 
re esistito  nel  muro  di  cinta  dell'anzidetta  vigna  Naro,  ove  da  vicino  fu 
rinvenuta  la  già  descritta  colonna  milliaria  ;  perciocché  vedcsi  in  tale  iscrizio- 
ne, ora  trasportata  al  museo  Vaticano,  dichiarato  essersi  dal  senato  e  po- 
polo romano,  evidentemente  avanti  l'epoca  imperiale,  ridotto  con  pubbli- 
co dispendio  il  clivo  di  Marte  a  pianezza ,  cioè  essersi  agevolato  il  piano 
inclinato  di  detto  clivo;  giacché  la  riduzione  a  piano  perfetto  di  qualunque 
salita  non  può  ottenersi  altro  che  col  toghere  una  elevazione  intermedia  tra 
due  piani  proclivi  in  senso  opposto  e  non  con  uno  soltanto  (9).  Siccome 

za  della  porta  di  S.  Sebastiano,  la  quale  notizia  serve  pure  a  contestare  la  corrispondenza 
dèi  tempio  stesso  in  tale  luogo.  Altre  iscrizioni  si  dicono  rinvenute  nel  luogo  stesso. 
le  quali,  mentre  contestano  la  situazione  in  tale  località  del  tempio  di  Marte,  non  sono 
poi  di  niuna  importanza  per  la  topografia,  e  sono  riferite  dalPAmaduzzi  fNov.  litt. 
Firenze.  Anno  1786.  A'.  ì),  in  cui  si  trova  scritto:  mart.  sac.  t.  livivs  .  t.  f.  .  .  .  Inol- 
tre dairantico  scoliaste  di  Giovenale,  spiegando  la  notizia  esposta  al  v.  7  della  Satira  I 
con  le  parole,  quam  mihi  luciis  3Iarlis,  osservava,  Lucum  Martis  dicit  qni  Romac  est  in 
Appio,  in  quo  soìebant  recitare  poetae,  si  viene  così  a  conoscere  che  unitamente  al  tempio 
stesso  esisteva  un  bosco  sacro.  Infine  si  crede  opportuno  pure  far  cenno  dì  quella  pietra 
Manale,  la  quale  solevasi  portare  per  Roma  in  caso  di  siccità  per  ottenere  la  pioggia, 
come  venne  indicato  da  Festo  in  Manalcm  e  da  Nonio  in  Tntlìum. 

(8;  Si  veda  la  Nota  25  del  precedente  partimento,  e  le  antecedenti  2  e  3. 

(9)  La  indicata  iscrizione,  denotante  il  suddetto  spianamento  fatto  nel  medesimo  cli- 
vo dal  senato  e  popolo  romano,  che  ora  esiste  nel  Museo  vaticano,  e  che  offre  scolpite  con 
vetuste  lettere:  senatvs  |  popvlvsqve  |  romanvs  |  clivom  |  martis  ]  pecvnia  .  pvblica  f 
i-\  .  PLAMTIAM  I  REDiGEXD\"M  |  CMiAviT.  csistcva  aucora  siuo  allottavo  secolo  lungo  la  via 
Appia.  come  è  dichiarato  dalla  raccolta  d"  iscrizioni  dell'anonimo  viaggiatore  edita  dal  Ma- 
hillon.  Quindi  apparisce  da  ciò  che  feltra  simile  iscrizione,  che  venne  riferita  dal  Ma- 
zocchi  come  esistente  nel  rione  Trevi  in  altro  modo  scritta,  sia  una  contrafazione.  E 

8 


58  MA   APPIA   PARTE    II. 

da  molte  autorevoli  memorie  si  può  solo  riconoscere  la  corrispondenza 
di  detto  clivo  di  Marte  in  quella  parte  della  via  Appia  che  dal  fiume  Ai- 
mone sale  sul  piano  elevato  ora  occupato  dalla  porta  di  S.  Sebastiano 
e  dall'arco  di  Druso;  così  la  indicata  riduzione  si  deve  credere  essersi  ef- 
fettuata coU'avere  abbassata  la  sommità  di  quella  elevazione  che  serviva 
di  collegamento  tra  la  estremità  meridionale  dell'Aventino  e  quella  del  così 
(letto  Celiolo.  Infatti,  mentre  si  trova  il  detto  arco  di  Druso,  stabiUto  cer- 
tamente dopo  la  detta  riduzione,  corrispondere  al  piano  attuale  della  stra- 
da, si  rinvengono  poi  i  monumenti  sepolcrali  di  più  vetusto  stabilimento, 
e  principalmente  quello  degli  Scipioni  e  quegli  scoperti  nelle  vigne  Codini. 

siccome  il  luogo,  in  cui  fu  nel  passato  secolo  discoperta  la  stessa  originale  iscrizione,  in 
vicinanza  del  casino  delia  vigna  Naro,  corrispondeva  precisamente  d'incontro  a  quello,  in 
cui  si  sono  rinvenuti  i  marmi  riconosciuti  appartenere  al  tempio  di  Marte  ;  così  ne  viene 
di  conseguenza  che  il  clivo  di  Marte  non  fosse  altro  che  quella  parte  della  via  Appia  in 
declivo  che  dall'attuale  porla  di  S.  Sebastiano,  o  Appia,  discende  sino  al  luogo  in  cui  tran- 
sita l'Aimone,  come  in  particolare  è  dichiarato  dalla  surriferita  iscrizione  di  Salvia  Mar- 
cellina,  in  cui  si  stabilisce  il  luogo  detto  ad  Martis  precisamente  lungo  la  via  Appia.  In- 
fatti se  si  prendono  a  considerare  le  seguenti  notizie  di  Livio:  semitamque  saxo  quadrato  a 
Capala  porta  ad  Martis  straverunt.  (Lib.  X.  e.  23J;  via  a  Martis  silice  ad  Bovillas  per- 
slrata  est.  (Lib.  X.  e.  47,';  viam  silice  stcrnendam  a  porta  Capcna  ad  Martis  locaverunt. 
(Lib.  XXXVIII.  e.  78',  si  troverà  dimostralo  chiaramente  che  l'indicato  clivo  non  pote- 
va essere  disgiunto  da  quella  parte  della  via  Appia  che  dalla  porta  Capena  metteva  nel  luo- 
go detto  ad  Martis  e  da  questo  luogo  a  Boville.  Né  può  appropriarsi  al  clivo  di  Marte 
quella  salita  che  esiste  vicino  al  sepolcro  di  Cecilia  Metella,  che  è  l'altro  solo  piano  incli- 
nato che  si  possa  considerare  quale  clivo  nella  stessa  prima  parte  della  via  Appia,  come  è 
opinione  di  alcuni  scrittori  ;  poiché  tale  luogo  si  trova  avere  corrisposto  assai  da  vicino  al 
terzo  miglio,  e  non  tra  il  primo  ed  il  secondo,  come  è  dichiarato  dai  suddetti  documenti. 
D'altronde  la  corrispondenza  del  clivo  di  3Iarte  nella  surriferita  prima  discesa,  oltre  al- 
l'essere contestata  dal  ritrovamento  ivi  fatto  della  esposta  importante  iscrizione,  è  anche 
dimostrata  da  Cicerone  con  questa  notizia  :  Romae  et  maxime  Appia  ad  Martis,  mira  prolurics. 
Crassipedis  ambtdatio  aliata,  horli,  tabernae  plurimae  :  magna  vis  aqiiae,  iisque  ad  Piscinam 
publicam.  (Ad  Quintum  Fratrem.  Lib.  ITI.  Ep.  1);  perchè  si  dimostra  una  vicinanza  tra  il 
luogo  detto  ad  Martis  e  quello  della  Piscina  pubblica  che  stava  compreso  entro  la  porta 
Capena  nella  regione  duodecima,  dalla  quale  essa  riceveva  il  nome.  Dalle  indicate  notizie  di 
Livio  si  viene  in  tal  modo  anche  a  dimostrare  che  la  via  Appia  cominciava  propriamente 
soltanto  dopo  TAlmone,  come  vcdcsi  accennato  dalle  seguenti  parole  di  Stazio:  Est  locus 
ante  urbetn,  qua  primum  nascitur  Appia.  (Silv.  Lib.  VI.  v.  222,';  perchè  effettivamente  sol- 
tanto dopo  lo  slesso  fiumicello  la  via  Appia  si  trova  avere  avuto  una  direzione  retta,  men- 
tre nel  tratto  anteriore  era  tortuosa,  e  forse  anche  di  molto  ristretta,  e  perciò  distinta  con 
il  nome  semita  dallo  stesso  Livio. 


TRA   IL   MIGLIO   I.    ED   IL    II.  59 

Moroni  e  Casali,  corrispondere  ad  un  piano  più  elevato  quantunque  fos- 
sero per  la  loro  specie  di  struttura  già  costrutti  sottoterra.  Percui  può  sta- 
bilirsi con  molta  evidenza  essersi  la  parte  della  via  antica,  compresa  tra 
la  porta  Appia,  o  di  S.  Sebastiano,  ed  incirca  il  sepolcro  degli  Scipioni,  ab- 
bassata forse  non  meno  di  quaranta  piedi  ;  ed  essersi  ridotta  così  la  succes- 
siva parte  della  via,  che  discendeva  verso  l'Aimone  e  che  costituiva  il  clivo 
di  Marte,  ed  avere  di  altrettanta  misura  minore  proclività. 

ARCHI  DI  YERO  E  DI  TRAJANO.  Nei  surriferiti  cataloghi  dei  re- 
gionari, trovandosi  annoverati  dopo  il  tempio  di  Marte  gli  archi  dei  divi 
Vero  e  Trajano  con  quello  di  Druso  già  considerato,  e  quindi  in  alcune 
memorie  del  medio  evo  conoscendosi  che  alcuni  archi  trionfali  esistevano 
nel  luogo  stesso  sino  almeno  al  duodecimo  secolo,  si  può  così  stabilire  che  gli 
enunciati  archi  stassero  collocati  precisamente  lungo  il  suddetto  clivo  di 
Marte  che  transitava  lateralmente  al  tempio  consacrato  allo  stesso  nume. 
D'altronde  in  uno  dei  bassorilievi,  che  adornano  l'arco  di  Costantino  e  che 
si  conoscono  avere  appartenuto  ad  altro  di  Trajano  non  evidentemente  com- 
pito, si  conosce  essersi  rappresentato  l'arco  anzidetto  eretto  in  onore  del 
divo  Trajano  nel  clivo  di  Marte  con  la  effigie  del  tempio  quale  doveva  esi- 
stere nell'epoca  del  medesimo  imperatore.  In  tale  rappresentanza  non  deve 
riconoscersi  il  principe  in  atto  di  entrare  in  Roma  venendo  dalla  via  Ap- 
pia, ma  bensì  andando  dalla  porta  Capena  al  tempio  di  Marte;  giacché 
vedasi  il  tempio  stesso  figurato  alla  sua  sinistra.  Dell'arco  del  divo  Vero 
poi  non  se  ne  hanno  precise  notizie,  ma  è  da  credere  che  esistesse  piiì 
verso  la  parte  inferiore  del  clivo  in  vicinanza  del  fiumicello  Aimone  ;  poi- 
ché secondo  tale  ordine  vedesi  esso  cogli  anzidetti  altri  archi  annoverato 
nelle  citate  memorie  (10). 

CAMPO  DI  MARTE.  Nel  piano  sottoposto  al  luogo,  in  cui  stava  il 
tempio  di  Marte  e  corrispondente  lungo  il  fiumicello  Aimone  sempre  a  si- 
nistra del  cammino  lungo  la  via  Appia,  doveva  esistere  quel  campo  in  cui 
si  riunivano  le  mihzie  prima  di  entrare  in  Roma  precipuamente  in  occa- 

(10)    AEDEM    MARTIS,     FLVMEN    ALMOMS,    ARCVM    DIVI    VERI    ET     TRAIAM     ET     DRVSI. 

(Curtosum.  Reg.  I.)  Arms  ....  foris  Appiam  portam  ad  templam  Martis  et  triumphalis  ar- 
cus.  Tale  notizia,  che  si  rinviene  registrata  nei  Mirabilia,  trovasi  espressa  in  vario  modo  nel- 
Tarticolo  sugli  Archi  e  nell'epilogo  finale  delle  diverse  edizioni  che  si  hanno  di  tal  libercolo, 
ed  anche  vedesi  il  detto  arco  trionfale  confuso  con  quello  di  Teodosio,  Valentiniano  e  Gra- 
ziano che  stava  vicino  alla  chiesa  di  S.  Celso  nella  regione  IX.  Il  bassorilievo  poi  dell'arco 
di  Costantino,  in  cui  vedesi  rappresentato  il  tempio  di  Marte  con  l'arco  anzidetto  di  Traja- 
no, si  prese  a  considerare  nella  Tav.  CCLVII  dell'opera  mia  sugli  Edifizj  antichi  di  Roma. 


60  VIA    APPIA   P.ARTE    II. 

sione  (li  alcune  pompe  trionfali  5  perciocché  da  Appiano,  nel  determinare  il 
luogo  in  cui  si  trattennero  le  milizie  di  Cesare  condotte  dalla  Campania,  s'in- 
dica avere  corrisposto  a  quindici  stadj  distante  da  Roma,  cioè  tra  il  primo 
ed  il  secondo  miglio,  nel  quale  spazio  si  comprendeva  tutto  ciò  che  era 
distinto  col  titolo  ad  Martis,  come  già  fu  dichiarato.  E  si  è  solo  collo  sta- 
bihre  in  tale  posizione  il  detto  luogo  di  riunione  per  le  minzie,  che  si 
possono  concordare  quelle  notizie  che  sono  relative  alla  solennità  che  si  ce- 
lebrava nel  mese  di  luglio  in  memoria  della  vittoria  riportata  al  lago  Re- 
gillo;  poiché,  mentre  i  cavalieri  in  numero  di  cinque  mille  soltanto  si  po- 
tevano riunire  in  tale  ampio  spazio  in  vicinanza  del  tempio  di  jMarte,  come 
venne  accennato  da  Dionisio,  la  processione  poi  regolarmente  ordinata  ve- 
niva ad  avere  solo  principio  da  vicino  al  tempio  dell'Onore  e  della  Virtù, 
collocato  successivamente  lungo  la  via  Appia  in  luogo  ristretto,  da  dove 
si  portava  con  ordine  al  tempio  di  Castore  e  Polluce  stabilito  nel  foro  Ro- 
mano, come  si  deduce  da  Aurelio  Vittore  e  da  Dione,  il  quale  perciò  in- 
dicava tale  celebrità  col  titolo  dell'Onore  e  della  Virtiì.  Ed  è  soltanto  nel 
medesimo  campo  che  potevano  riunirsi  le  milizie  di  ritorno  dalle  guerre 
ed  appendere  le  armi  nel  tempio  di  Marte,  come  si  accenna  da  Proper- 
zio e  da  Livio  precipuamente  (11).  Quindi  si  può  dedurre  che  evidente- 
mente uno  dei  suddetti  archi  di  trionfo  fosse  posto  nell'accesso  al  medesimo 
campo  praticato  lungo  la  via  Appia  prima  di  giungere  all'Aimone. 

ORTI  DI  TERENZIO.  Sapendosi  da  Svetonio  che  Terenzio,  celebre 
poeta,  possedeva  alcuni  orti  dell'estensione  di  venti  jugeri  nelle  adiacenze 
della  via  Appia  nel  luogo  detto  ad  Martis,  e  conoscendosi  per  alcuni  ri- 
trovamenti  fatti   nell'anno  1826   nella  vigna  Frediani  già  appartenente  a 

(11)  Tcàlxo!.  Sdizà'j,  £cr-/37c  zòv  Kxiaxpx,  (xvliaixp.vjov  npò  tov  àa-tipoi  ani  craoj'wv 
mvmxcd-y.x  Èv  tw  tsÙ  "Apia;  IzpS).  {Appiano,  Guerre  Civili.  Lih.  III.  e.  ii.J  'ApHaf^.ivs; 
u.h  àr.ò  \zpCf\>  Tjvcg  "kpza^  È^w  rÀ;  tls^sw;  topu[J.i'jo'j  ^iiyi'jxi^  3c  TV7V  zc/jXr,v  r.ol'.'j  0'.:< 
Tvjj  àrppxt,  v.oà  napà  x6  xàv  Ato<ji{ovpc>ì-j.  (Dionisio.  Lib.  VI  e.  Ì3.J  Eie  primus  instituit,  uti 
equites  Romani  idibtis  quinctilibus  ab  acde  Honoris,  equis  insidentes,  in  Capitolium  transirent. 
l'Aurelio  Vittore,  De  Viris  Ulust.  e.  32.J  T/jv  t£  ttj;  TjjW.^;  y.xì  tvjs'A.oitvj;  nay^'jvptv  ig  rà; 
vùv  r,ij.ipci(.:  iJ-iricrr^a-.  (Dione.  Lib.  LIV.  e.  18.J  Con  i  seguenti  versi  di  Properzio  {Lib.  IV. 
Ehg.  IIIJ,  si  fa  menzione  delle  arme  votive  che  si  appendevano  dalle  milizie  alla  porta 
Capena,  cioè  al  tempio  di  Marte  posto  fuori  di  tale  porta  : 

Armaque  quum  tulero  portae  votiva  Capenae 
Subscribam,  Stdvo  grata  pnella  viro. 
Come  venne  attestato  da  Livio  con  la  seguente  notizia:  qmim  omnes  extra  portoni  Capenam 
ad  Martis  aedem  convenire  armatos  juniores  iussisset.  [Livio.  Lib.  VII  e.  '23.y 


TRA    IL    mano    I.    ED   IL    II,  61 

Pieri  collocata  nella  piccola  via  suburbana  detta  delle  Tre  madonne,  che 
da  vicino  alla  porta  di  S.  Giovanni  mette  alla  Latina,  i  quali  si  conobbe- 
ro avere  alcuna  corrispondenza  con  lo  stesso  Terenzio  e  principalmente  un 
busto  di  marmo,  in  cui  si  volle  da  Alessandro  Visconti  vedervi  la  sua  ef- 
figie, si  deve  così  stabilire  essere  stati  in  tale  luogo  decisamente  collocati 
i  suddetti  orti  di  Terenzio  nonostante  la  contraria  opinione  palesata  dal- 
l'Amati che  prese  ad  illustrare  le  dette  scoperte  ;  perciocché  effettivamen- 
te l'indicato  luogo,  corrispondendo  da  vicino  alla  porta  Latina,  si  acco- 
stava pure  a  quello  preso  a  descrivere,  in  cui  stava  il  tempio  di  Marte 
cogli  altri  accennati  monumenti  compresi  sotto  lo  stesso  titolo  (12).  Ed  è 
importante  l'osservare  che  dalla  medesima  scoperta  si  può  stabilire  che  il 
luogo  detto  ad  Martis  si  stendeva  dalla  via  Appia  alla  Latina  al  di  fuori 
della  cinta  delle  mura  Aureliane;  e  così  resta  sempre  piti  confermato  es- 
sere stato  effettivamente  il  medesimo  tempio  di  Ì^Iarte  collocato  nello  spa- 
zio compreso  tra  le  dette  due  vie. 

SEPOLCRI  DIVERSI  A  DESTRA  DEL  CLIVO  DI  MARTE.  Nella 
vigna  Naro  anzidetta,  in  cui  fu  rinvenuta  tanto  la  iscrizione  relativa  al  cli- 
vo di  Marte  quanto  la  colonna  del  primo  miglio,  furono  nel  secolo  pas- 
sato scoperti  diversi  sepolcri,  di  cui  ci  sono  state  tramandate  poche  me- 
morie dal  Santi  Bartoh  e  dal  Ficoroni  principalmente  ;  quindi  dal  Labruzzi 
si  pubblicò  il  disegno  di  una  celia  costruita  con  bellissima  opera  laterizia 


(12)  La  notizia,  esposta  da  Svctonio  sugli  orti  di  Terenzio,  è  contenuta  in  queste  po- 
ctie  parole  :  Rdiquil  filiam,  qiiae  post  eqiciti  romano  niipsil  :  item  hortulos  vigiliti  jiigcrum  in 
via  Appia  ad  Martis  villani.  (Svetonio,  nella  vita  Terenzio,  e.  ò.)  II  vocabolo  villam  posto  in 
fine  della  riferita  notizia,  si  crede  un'aggiunta  intrusa  dagli  trascrittori  o  sostituita  al  verbo 
denotante  il  possedimento  degli  stessi  orti.  Le  notizie  poi  delle  scoperte  fatte  nell'an- 
no 1826  nella  vigna  Frediani,  posta  nella  via  detta  delle  Tre  madonne,  si  trovano  esposte 
dall'Amati  nel  Voi.  XCIV  del  Giornale  Arcadico  del  mese  di  ottobre  dell'anno  1826  pag. 
105  e  segg.  e  nel  Voi.  CXMI  del  mese  di  settemlire  dell'anno  1828,  pag.  221,  ove  si  pren- 
dono ad  illustrare  le  iscrizioni,  che  si  rinvennero  nelle  adiacenze  dello  stesso  luogo,  tra  le 
quali  si  annoverano  alcune  appartenenti  agli  Scipioni.  Con  esse  si  venne  a  determinare  ave- 
re corrisposto  eziandio  tra  le  vie  Appia  e  Latina  e  gli  orti  suburbani  degli  Scipioni  indicati 
da  Cicerone  nel  suo  libro  sulla  Repubblica.  Dal  Mazocchi  poi  ai  foglii  CLXXXIII  e 
CLXXXIV  della  sua  raccolta  d'iscrizioni  antiche,  ne  riferisce  diverse  esistenti  al  suo 
tempo  in  tale  luogo,  le  quali  però  non  hanno  alcun  interesse  per  lo  scopo  nostro.  Così 
questa  indicazione  può  supplire  a  quanto  vagamente  sotto  il  titolo  generale  di  Via  Appia 
fu  esposto  dal  Grutero  nel  riportare  molte  delle  stesse  iscrizioni,  precipuamente  dalla  pa- 
gina MXXXI  alla  MXLH. 


62  Vl.V   APPIA   PARTE   II, 

e  coperta  con  volta  adornata  elegantemente  di  stucchi  che  in  gran  parte 
ancora  si  conservano  (13). 

FIUME  ALIMONE.  Tra  le  pertinenze  della  regione  I  si  annoverava 
pure  l'Aimone,  che  doveva  prescriverne  il  limite  meridionale.  Per  esso  vie- 
ne riconosciuto  quel  fiumicello  che  scorre  nella  valle  della  Caffarella  e  che, 
traversando  la  via  Appia  nel  luogo  detto  volgarmente  Acquatacelo,  va  a 
scaricare  le  sue  acque  nel  Tevere  in  vicinanza  del  primo  miglio  della  via 
Ostiense.  Lo  stesso  fiumicello  era  divenuto  rinomato  presso  gU  antichi  a  mo- 
tivo della  celebrazione  che  facevasi  dai  sacerdoti  di  Cibele  nelle  calende 
di  Aprile  per  lavare  il  simulacro  e  gli  utensili  proprii  alla  stessa  dea,  co- 
me venne  ricordato  da  Ovidio,  da  Lucano,  da  Marziale  e  da  altri  espo- 
sitori di  memorie  storiche  (14). 

SEPOLCRO  DI  PRISCILLA.  Siccome  da  Stazio  venne  descritto  che 
il  sontuoso  sepolcro  eretto  da  Abascanto,  liberto  favorito  di  Domiziano,  alla 
sua  moglie  Priscilla  si  trovava  subito  dopo  di  avere  oltrepassato  l'Aimone 
anzidetto  lungo  la  via  Appia,  e  che  vedevasi  coperto  da  un  tolo  con  va- 
rie statue  che  lo  adornavano  ;  così  si  venne  a  determinare  avere  apparte- 
nuto a  tale  monumento  quella  grande  reliquia  d'interna  struttura  che  esiste 
entro  la  casa  dell'osteria  di  Acquatacelo  quasi  d' incontro  alla  piccola  chie- 
sa denominata  Domine  quo  vadis?  perciocché  esso  presenta  la  forma  di  un 
monumento  che  da  sopra  un  basamento  quadrangolare  s' innalzava  un  cor- 
po rotondo  assai  adatto  ad  essere  coperto  da  un  tolo  ed  avere  nelle  gran- 
di nicchie,  superstiti  nel  suo  d' intorno ,  diverse  statue,  come  s'indica  nei 
versi  di  detto  poeta.  E  tale  opinione  venne  confermata  dalle  scoperte  fatte 


(13)  Santi  Bartoli,  Memorie.  N-  87;  Ficoroni,  Memorie.  ^V.  110;  Labruzzi,  Via  Appia. 
Tav.  XII.  Dair  Uggeri  fVol.  XV.  Capo  di  Bove  e  Valle  delle  Camene.  Tav.  V.  Fig.  \J  si  ripor- 
ta la  pianta  del  medesimo  sepolcro  della  vigna  Naro  di  più  conservato. 

(14)  Est  locus  in  Tiberini  qua  lubricus  influii  Almo 

Et  nomen  magno  pcrdit  in  amne  minor, 
lllic  purpurea  canus  cum  veste  sacerdos 

Almonis  dominam  sacraque  lavit  aquis. 

(Ovidio,  Fasti.  Lib.  IV.  v.  335  e  segg.J 
Et  parvo  lotam  revocant  Aimone  Cybclem. 

(Lucano,  Farsalia.  Lib.  I.  v.  600.^ 
Phrygiaeque  matris  Almo  qua  lavat  ferrum. 

(Marziale.  Lib.  III.  Epig.  iT.J 
Così  si  trova  registrato  da  Vibio  Sequestre  nelle  sue  memorie  :  Almon  Romae,  ubi  Mater 
Deum   VI.  Kal.  Apr.  lavatur. 


TRA  IL  MIGLIO   I.   ED  IL   II.  63 

nel  secolo  passato  intorno  alla  medesima  grande  reliquia  (  1 5).  E  se  tale 
monumento  venne  eretto  nelle  proprietà  dello  stesso  iVbascanto,  come  era 
consuetudine  presso  i  romani,  si  dovrà  credere  che  nelle  slesse  adiacenze 
fossero  collocati  quei  bagni  di  Abascanto  che  si  trovano  registrati  nei  cata- 
loghi della  regione  I  :  ma  su  di  ciò  nulla  di  positivo  può  determinarsi. 

(15)  Stazio,  dopo  di  avere  narrato  come  il  corpo  di  Priscilla  non  fosse  stato  abbru- 
ciato ma  involto  in  un  velo  purpureo,  dimostra  essere  stato  collocato  in  una  tomba  di 
marmo  posta  lungo  la  via  Appia  subito  dopo  di  aver  oltrepassato  TAImonc  con  i  se- 
guenti versi  : 

Est  locus  ante  urbem,  qua  jjrimitm  nascitur  ingcns 

Appia;  quoque  Italo  gemitus  Aimone  Cybcle 

Ponit,  et  Idaeos  jam  non  reminiscitur  amnes. 

Hic  te  Sidonio  velatam  moUiter  ostro 

Eximius  cunjux  fnec  enim  fumantia  busta 

Clamoremque  rogi  potuit  perferrej  beato 

Composuit,  Priscilla,  toro:  nil  longior  aetas 

Carpere,  nil  aeri  poterunt  titiare  laborcs 

Siccatam  tnembris;  tantas  venerabile  marmar 

Spirai  opes:  max  in  varias  mutata  novaris 

Effigies;  hoc  aere  Ccres,  hoc  lucida   Gnosis, 

Ilio  Maia  tholo,   Vcnus  hoc  non  improba  saxo. 

Accipiunt  vultus,  haud  indignata,  decoros 

Numina;  circumstant  famuli,  consuetaque  turba 

Obsequiis:  tum  rite  tori,  mensaeque  parantur 

Assiduae:  dotnus  isla,  domus;  quis  triste  sepulcrum 

Dixerit? 

(Stazio,  Silvar.  Lib.   V.  N.  I  v.  221  e  segg.J 
Negli  scavi,  fatti  intorno  al  detto  monumento  nell'anno  1773,  si  rinvenne  la  seguente  iscri- 
zione che  servi  di  documento  per  considerare  in  esso  la  corrispondenza  del  sepolcro  di  Pri- 
scilla :  DIS  .  M.  SACR  1  AHPBODISIO  ]  VERNAE  .  SVO  .  DVLC   ]  FECIT    .   T.    FLAVIVS   |  EPAPHRO- 
DITVS  1  AEDrrV\'S  I  ABASCANTI    .    ET    .    PRISCIL   ]   LAES    .    PATRONOR   |   ET  .   SIRI  .  SVIS  .  B.    B. 

Perciocché  si  trova  in  essa  attestato  che  Epafrodito,  liberto  di  Ahascantoe  di  Priscilla,  fu 
edituo  del  loro  sepolcro  e  consenò  il  nome  degli  stessi  suoi  padroni,  e  che  dovette  essere 
slato  sepolto  in  vicinanza  del  monumento  che  ebbe  in  custodia.  Da  altra  iscrizione,  rinve- 
nuta nel  luogo  stesso,  si  conosce  che  ivi  fu  pure  sepolto  un  certo  Lamiro  liberto  del  me- 
desimo Abascanto  dichiarato  segretario  privato  di  Domiziano:  lamtro  .  abascanti  |  avo. 

LlB.    AB.    EPISTVLIS  ]   DOMITIA    .    NEREIS  j   COMVGI  .  OPTIMO.    Da  qUCStC  ÌSCrÌZÌonÌ,  chc  furO- 

no  pubblicate  dalKAmaduzzi  (Anecdota  litteraria.  Tom.  I.  pag.  477  ',  conoscendosi  la  perti- 
nenza ad  Abascanto  ed  alla  sua  moglie  Priscilla,  che  ebbero  sepoltura  nel  luogo  stesso,  si 
venne  a  stabilire  avere  effettivamente  appartenuto  al  descritto  sepolcro  di  Priscilla  la  gran- 


64  VIA   APPIA   PARTE   II. 

SEPOLCRO  DI  GETA.  Venendo  narrato  da  Sparziano  che  il  corpo 
di  Gela  fu  riposto  nel  sepolcro  dei  suoi  maggiori,  cioè  dei  parenti  di  Se- 
vero, che  stava  lungo  la  via  Appia  a  destra  di  coloro  che  si  avvicinavano 
alla  porta,  e  che  era  formato  a  guisa  di  Settizonio,  e  quindi  essendo  di- 
moslrato  che  per  tale  monumento  non  può  intendersi  il  Settizonio  di  Set- 
timio Severo  che  stava  nell'angolo  meridionale  del  Palatino  entro  la  città, 
non  si  può  trovare  miglior  reliquia  che  offra  tracce  di  un  monumento  ador- 
nato con  sette  zone  di  distinta  decorazione,  che  compiesse  la  forma  prescrit- 
ta ai  Settizouii,  altro  che  quell'avanzo  di  interna  costruzione  che  esiste  nella 
parte  opposta  all'anzidetto  sepolcro  e  che  corrisponde  alla  destra  della  via 
di  coloro  che  si  portano  verso  la  città,  come  è  prescritto  nella  surriferita 
notizia  \  giacché  tutto  ciò  che  sussiste  serve  di  documento  per  stabilire  es- 
sere stato  in  tal  modo  decorato  (16). 

COLOMBARIO  DETTO  DEI  LIBERTI  DI  AUGUSTO.  Dopo  la 
edicola  di  Domine  quo  radis?  la  via  Appia  piega  alquanto  a  sinistra  se- 
guendo l'andamento  antico,  come  è  contestato  da  alcune  reliquie  di  se- 
polcri che  esistono  nei  lati.  Quindi  dopo  la  deviazione  della  via  moderna, 
che  mette  nella  valle  della  Caffarella,  rivolge  di  nuovo  alquanto  a  destra 
per  prendere  dopo  breve  salita  la  direzione  della  lunga  via  che  in  linea 
retta  si  protrae  sino  ad  Albano.  È  da  tale  luogo  che  precisamente  aveva 
principio  la  via  distinta  con  la  qualità  di  retta  e  regina  delle  lunghe  vie, 
mentre  la  parte  anteriore  era  primieramente  indicata  col  titolo  di  semita, 
0  via  ristretta,  e  di  clivo  di  Marte,  come  vedesi  accennato  nelle  spesso 
citate  notizie  di  Livio  relative  ai  primi   lastrici   fotti  in  essa.  Ed  infatti 

de  reliquia  superstite.  Tale  monumento  poi  si  trova  già  essere  stato  dimostrato  dal  Santi 
Bartoli  nella  sua  raccolta  sugli  antichi  sepolcri,  dal  Piranesi  nel  Voi.  II,  Tav.  XXVII  e 
XXVIII  delia  sua  grande  opera  sulle  Antichità  Romane  e  dal  Labruzzi  nella  Tav.  XV  della 
sua  raccolta  delle  vedute  della  via  Appia.  Da  tutte  queste  notizie  si  è  potuto  stabilire  una 
idea  della  sua  intera  decorazione  quale  è  esposta  nella  Tav.  CCLXX  dell'opera  sugli  Edifizj 
di  Roma  antica. 

(16)  Ulatusque  est  mniorum  sepulcro,  hoc  est  Severi  quod  in  Appia  via  euntibiis  ad  por- 
tarli dextram  specie  Septizonii  extructum,  quod  sibi  Uh  vivus  ornaveral.  (Sparziano,  in  Geta. 
e.  7.  Per  avere  conoscenza  della  diCfcrcnza  che  vi  era  tra  il  detto  sepolcro  di  Geta  ed  il 
Settizonio  di  Settimio  Severo,  posto  entro  Roma  nell'angolo  meridionale  del  Palatino,  si 
veda  quanto  fu  espósto  nella  descrizione  dello  stesso  monumento  esibito  nella  Classe  XIII 
delfopera  sugli  Edifizj  di  Roma  antica,  e  quale  fosse  farchitettura  del  sepolcro  di  Geta, 
quanto  fu  rappresentato  nella  citata  Tav.  CCLXX  dell'opera  stessa.  Il  Labruzzi  nella 
Tav.  XIV  ne  dimostra  in  modo  più  palese  lo  stato  di  rovina  in  cui  si  trova  ridotto. 


TRA   IL   MIGLIO    I.    ED   IL    II.  65 

Stazio,  neir  indicare  la  posizione  dell'anzidetto  sepolcro  di  Priscilla,  accenna- 
va precisamente  esservi  stato  da  vicino  il  primo  accesso  alla  via  Appia  dopo 
di  avere  oltrepassato  l'Aimone.  Nel  salire  dal  medesimo  luogo  inferiore  al 
superiore,  s'incontra  a  sinistra  una  grande  reliquia  di  un  sepolcro  di  forma 
rotonda  esteriormente  e  nell'interno  quadrangolare  con  soli  quattro  luoghi 
distinti  per  collocare  depositi  ;  e  scorgesi  essere  esso  stato  tutto  costrutto  con 
grandi  pietre  in  modo  da  potere  appartenere  solo  ad  alcuni  distinti  per- 
sonaggi, di  cui  restano  ignoti  i  nomi  (17).  Di  seguito  dalla  stessa  parte 
sinistra  si  vedono  incorporate  nella  casa  della  vigna,  ora  Vagnolini,  le  reli- 
quie di  uno  dei  piìi  grandi  sepolcri  comuni  a  più  persone,  denominati  co- 
lombari dai  molti  loculi,  che  mai  si  sia  scoperto.  Esso  consisteva  in  tre  gran- 
di celle,  nelle  di  cui  pareti  erano  praticati  più  centinaia  di  loculi.  Inoltre  si 
riconosce  essere  stato  decorato  con  pilastri  ed  altri  ornamenti  fatti  coH'ope- 
ra  laterizia,  come  si  trovano  eseguiti  diversi  altri  simili  monumenti  della 
via  Appia.  Si  volle  credere  avere  questo  colombario  appartenuto  ai  liberti 
di  Augusto,  col  quale  titolo  si  distinse:  ma  ciò  senza  alcun  autorevole  do- 
cumento, mentre  a  gran  varietà  di  defunti  si  conosce  essere  stata  data  se- 
poltura nelle  dette  tre  celle  (18).  La  maggiore  delle  indicate  celle  sepol- 
crali offrì  poscia  opportuno  mezzo  per  stabilirvi  un  ampio  tinello  ad  uso 
dell'anzidetta  vigna;  cosi  al  deposito  dei  defunti  si  è  sostituito  quello  dei 
vini.  Quasi  di  fronte  al  medesimo  colombario,  nella  parte  opposta  della 


(17)  Tale  sepolcro  venne  in  modo  più  ampio  preso  ad  esporre  dal  Piranesi  nel  Vo- 
lume II  delle  Antichità  Romane,  Tav.  XXXVI  e  XXXVII,  e  se  ne  determinò  la  sua  esi- 
stenza in  vicinanza  della  vigna  in  allora  Buonamici  ed  ora  Vagnolini.  Nelle  stesse  adia- 
cenze si  dovette  scoprire  il  musaico  che  il  Ficoroni  dice  rinvenuto  nell'anno  1720  al  di  là 
della  chiesuola  di  Domine  quo  Vadis?  in  cui  si  lesse  il  nome  deHartelìce  severvs  con  rappre- 
sentanza di  giuochi  circensi.  (Memorie.  N.  19.  '  Ed  in  vicinanza  della  stessa  chiesuola  si  atte- 
sta dal  Gruferò,  colTautorità  dell'Ursino  principalmente,  essersi  rinvenute  le  iscrizioni  che 
riferisce  alle  Pag.  xMXXXI.  N.  4,  MXL.  N.  1,  MXLI.  N.  8.  MXLIl.  N.  7,  N.  16  e  N.  17. 
Ed  anche  quella  della  Pag.  MXLin.  N.  1,  che  si  dice  rinvenuta  vicino  allAlmone  e  che  si 
riferisce  ad  un  sepolcro  dell'epoca  più  antica.  E  sulla  asserzione  del  Ligorio  si  dice  avere 
esistito  pure  nel  luogo  stesso  il  sepolcro  degli  Arrii. 

(18)  Il  colombario  comunemente  detto  dei  liberti  di  Augusto,  esistente  nella  vigna 
già  Buonamici  ora  Vagnolini,  è  stalo  in  più  ampio  modo  dimostrato  nella  sua  intera  forma 
dal  Piranesi  nel  Voi.  II  delle  Antichità  Romane.  Tav.  XL,  XLI  e  XUI;  e  dal  I.abruzzi, 
Tav.  XVI  e  XVII.  Dal  Fabretti  si  riportano  alla  Pag.  50  alcune  iscrizioni  rinvenute  in  es- 
so, con  cui  si  dimostra  la  poca  convenienza  della  particolare  pertinenza  sua  ai  liberti  di 
Augusto,  come  si  prese  a  dichiarare  pure  dal  Nibby.  (Analisi.  Tom.  IH.  Pag.  Ó36.J 

9 


66  VIA   API'IA    PARTE    II. 

via,  esiste  una  reliquia  di  altro  grande  monuuiento  sepolcrale,  di  cui  s  igno- 
ra la  pertinenza  e  la  sua  precisa  forma  per  essersi  spogliato  di  lutti  i  pro- 
pri ornamenti,  e  per  non  essersi  conservata  alcuna  memoria  dei  ritrova- 
menti fatti  nel  suo  d'intorno  nel  passato  secolo. 

COLOMBARIO  DEI  LIBERTI  E  SERVI  DI  LIVIA  AUGUSTA. 
Negli  anni  1725  e  1720  fu  scoperto,  sempre  a  sinistra  dell'Appia,  nella  suc- 
cessiva vigna,  in  allora  appartenente  a  Giuseppe  Benci,  l'enunciato  impor- 
tante colombario  dei  liberti  e  servi  di  Livia  Augusta ,  del  quale  ora  disgra- 
ziatamente si  rinvengono  soltanto  pochissime  tracce.  Il  Ficoroni  ne  descrisse 
il  modo  con  cui  si  venne  casualmente  a  scuoprire;  quindi  il  Gori  ed  il 
Bianchini  esposero  le  iscrizioni  in  esso  rinvenute  illustrandole  con  somma 
dottrina.  Dal  Tiranesi  e  dal  Ghezzi  furono  poscia  riprodotte  le  stesse  im- 
portanti memorie  corredandole  con  alcuni  disegni  per  dimostrare  la  fornia 
che  aveva  il  monumento  (19).  Nella  stessa  posizione  esistono  avanzi  di 
sepolcri  particolari  costrutti  per  più  gran  parte  con  l'opera  laterizia,  tra  i 
quali  inerita  considerazione  quello  su  cui  fu  stabiHta  la  piccola  casa  della 
vigna  Casali,  che  si  trova  corrispondere  vicino  al  termine  prefisso  al  secon- 
do parlimento;  poiché  esso  offre  uno  dei  molti  esempj  di  quei  sepolcri 
che  furono  costrutti  coll'opera  laterizia  in  forma  quadrangolare  e  con  de- 
corazioni di  pilastri  corintii  eseguiti  colla  stessa  struttura  (20). 


(19)  Ficoroni,  La  bolla  d'Oro.  Pag.  65  e  segg.;  Gori,  iloni/mendim  sive  Columbariinn  li- 
bertorum  el  servorum  Liviae  Auguslae  ;  Bianchini,  Camere  ed  iscrizioni  sepolcrali  dei  liberti, 
servi  ed  ìtlJiciali  della  casa  di  Augusto.  Le  stesse  tavole  furono  riprodotte  dal  Ghezzi.  Il  Pi- 
ranesi  nel  Volume  IH  delle  antichità  Romane,  dalla  Tav.  XXI  alla  XXXIX,  prese  ad 
esporre  lo  stesso  monumento  con  tutte  le  iscrizioni  in  esso  rinvenute.  Merita  considerazio- 
ne tra  le  stesse  iscrizioni  quella  di  Batillo  edituo  del  tempio  di  Augusto  sul  Palatino,  che 
si  rinvenne  scolpita  su  di  un  piccolo  sarcofago  ;  perchè  ha  servito  per  togliere  ogni  dubhio 
sulla  vera  posizione  di  un  tale  tempio  :  dis  .  manibvs  |  .  .  .  avg.  lib.  batbyllvs  .  aeditvvs. 

TEMPLI    .    DIVI    .    AVG.    [    .  .  .    ET  .  DIVAE    .   AVGVSTAE    .    QVOD    .    EST    .    IN    .    PALATIVM    |   IM- 

MVNis  .  ET  .  iioNORATVs.  Alcuue  di  tali  iscrizioni  si  conservano  nel  museo  Capitolino. 
Ma  di  molle  altre  non  si  tenne  verun  conto,  ed  andarono  perdute,  come  perduto  fu  quasi 
per  intero  P  importante  monumento  che  conteneva  tante  preziose  memorie. 

(20)  I  sepolcri,  che  si  trovano  esistere  in  vicinanza  del  suddetto  colombario  dei  servi 
e  liberti  di  Livia  Augusta,  furono  in  parte  esposti  dal  Piranesi  nel  Volume  III  delle  Anti- 
chità Romane,  Tav.  XX,  e  dall'Uggeri  nel  Volume  XV.  Tav.  V.  Fig.  2,  3  e  4.  Dal  medesi- 
mo Uggeri  si  fece  conoscere  esistervi  nella  piccola  casa  della  vigna  Casali  due  iscrizioni,  che 
egli  trascrisse  alla  Pag.  41  di  detta  sua  opera  su  Capo  di  Bove  e  valle  delle  Camene,  le 
quali  non  presentano  alcuna  importanza  ragguardevole  per  essere  prese  in  considerazione. 


TERZA    PARTE 
TRA  IL  SECONDO  ED  IL  TERZO  iMIGLIO 


CAMPO  ED  EDICOLA  DEL  DIO  REDICULO.  La  lapide  del  se- 
condo miglio,  secondo  la  indicata  diligente  misura  estesa  dal  luogo  in  cui  fu 
rinvenuta  la  prima  colonna  milliaria,  si  è  trovata  corrispondere  a  jM.  6 :  930 
dopo  di  avere  oltrepassato  l'angolo  meridionale  della  anzidetta  piccola  casa 
della  vigna  Casali.  Precisamente  in  vicinanza  della  stessa  lapide  doveva 
esistere  quel  campo  che  con  una  edicola  fu  consacrata  al  dio  Rediculo  in  me- 
moria di  esser  Annibale,  nella  scorreria  fatta  intorno  a  Roma  nel  suo  ritor- 
no dalla  Campania,  rimasto  da  quel  luogo  atterrito  da  una  visione  ;  poiché 
da  Plinio  si  accenna  essere  stato  lo  stesso  luogo  collocato  alla  seconda  la- 
pide della  via  Appia  a  destra  di  chi  vi  andava  dalla  città  ;  ed  avere  poi 
corrisposto  fuori  della  porta  Capena  si  dimostra  da  Pesto  (1).  Percui  può 
stabilirsi  essere  stato  situato  tale  campo  in  circa  nella  parte  media  della 


(1)  Plinio,  nel  descrivere  i  funerali  celebrati  con  pompa  al  corvo  che  ogni  mat- 
tina dai  Rostri  salutava  Tiberio  con  Germanico  e  Druso,  esponeva  la  citata  importan- 
te notizia  con  queste  parole:  praecedente  (ihicine,  et  coronis  omnium  generttm,  ad  rogum 
usq>ie  qui  conulruclus  dextra  viae  Appiae  ad  secundum  lapidem,  in  campo  Rediculi  appel- 
lato, fuit.  i  Plinio,  Nat.  Hist.  Lih.  X.  e.  60.J  Da  Paolo  poi  venne  esposta  la  seguente  al- 
tra notizia,  compendiando  Pesto  nella  spiegazione  del  vocabolo  Rediculo,  che  ci  è  giunta 
assai  imperfetta:  Rediculi  fanum  extra  portam  Capcnam  fuit,  qui  accedens  in  Urbem  Han- 
nibal  ex  eo  loco  redicrit  quibusdam  perterritus  visis.  La  varietà  tra  il  vocabolo  Rediculuf 
e  Ridiculus  fu  bastantemente  spiegata  dallo  stesso  Fasto  e  dal  detto  suo  compendiatore 
senza  avere  bisogno  di  altra  dichiarazione.  Forse  lo  spavento,  che  ebbe  Annibale  da  ta- 
le luogo  nellavvicinarsi  a  Roma,  dovette  essere  stato  aumentalo  dal  campo  che  vi  po- 
se il  console  Fulvio  Fiacco;  perche  egli  in  tale  circostanza  fece  entrare  da  quella  par- 
ie l'esercito  in  Roma  passando  dalla  porta  Capena  per  andare  a  collocarsi  tra  la 
porta  Collina  e  la  Esquilina  quasi  d'incontro  airaccampamento  di  Annibale  situato  al 
fiume  Aniene  distante  tre  miglia  dalla  città,  come  più  chiaramente  venne  descritto  da 
Livio:  In  hoc  tumullu  Fulvius  Flaccus,  porta  Capena  cum  exercitu  Romam  ingressus,  me- 
dia irbe  per  Carinas  Esquilias  conlendit.  Inde  cgressus,  inter  Esquilinam  Collinamque  por- 
tam posuit  castra Inter  haec  Hannibal   ad   Anienem  /luvium   Iria  millia  pas- 

suum  ab   Urbe  castra  ndmovit.  (Livio.  Lib.   XXVI.  e.   iO.J 


68  VIA    APPU    PARTE    III. 

vigna  Aniuiendola.  ove  infatti  corrisponde  un'ampia  area  piana  capace  di 
avere  potuto  contenere  un  campo  militare,  quale  esso  si  distinse  con 
lenunciato  titolo.  Nel  lato  settentrionale  del  medesimo  campo  doveva  esse- 
re collocato  quel  sepolcro,  in  cui  nell'anno  1830  fu  rinvenuto  dal  proprie- 
tario della  stessa  vigna  l'importante  grande  sarcofago,  nel  quale  vedesi,  se- 
condo una  opinione,  scolpito  un  combattimento  dei  romani  contro  i  guadi  e 
marcomanni,  e  secondo  altra  opinione,  una  battaglia  degli  stessi  romani  con- 
tro i  galli;  percui,  seguendo  la  prima  attribuzione,  si  venne  a  credere  il 
sepolcro,  in  cui  fu  rinvenuto  tale  sarcofago,  avere  appartenuto  ad  alcun 
capitano  di  Marco  Antonino,  e  secondo  l'altra  ad  alcun  individuo  della  fa- 
miglia Attilia  che  visse  nella  stessa  epoca  degli  Antonini,  nella  quale  più 
comunemente  si  scolpirono  grandi  rappresentanze  figurate  nei  sarcofaghi  (2). 
Ma  qualunque  sia  la  vera  spiegazione  di  tale  scollura,  sempre  si  vede  in 
essa  effigiato  un  combattimento  di  romani  contro  i  barbari  ;  e  perciò,  ap- 
partenendo il  monumento  ad  alcun  distinto  mihtare,  assai  bene  conveniva 
il  suo  collocamento  in  vicinanza  di  quel  campo  che  fu  rinomato  per  avere 
offerto  terrore  ad  Annibale.  E  se  in  esso  si  fosse  voluto  conservare  alcuna 
memoria  dei  combattimenti  fatti  dai  duci  romani  contro  i  cartaginesi,  se 
ne  sarebbe  forse  con  più  convenienza  trovata  una  appropriazione  al  con- 
sole Fulvio  Fiacco;  poiché  egli  in  quella  circostanza  fece  entrare  l'esercito 
in  Roma  dalla  porta  Capena  percorrendo  necessariamente  la  via  Appia,  o 
ad  alcun  altro  duce  che  combattè  contro  i  cartaginesi  comandati  da  An- 
nibale :  ma  su  di  ciò  nulla  di  certo  si  può  determinare.  Quindi  ci  basterà 
l'avere  accennato  il  luogo  del  ritrovamento  dell'indicato  monumento,  che 
può  offrire  maggiore  importanza  per  la  storia  che  per  la  topografia  della  re- 
gione presa  ad  illustrare. 

(2)  Blackie,  Combattimento  di  Romani  e  Barbari.  Sarcofago  rinvenuto  nella  vigna 
Ammendola,  Annali  deli  Instituto  archeologico.  Tom.  III^  anno  1831.  Tav.  XXX  e  XXXI; 
Nibbij,  Sopra  un  sarcofago  scoperto  l'anyio  1830  nella  via  Appia  entro  la  vigna  Ammen- 
dola. Dissertazioni  della  Pontificia  Accademia  Romana  di  Archeologia.  Tom.  IX  anno  1840. 
Nel  BulleUino  dello  slesso  Instituto  delFanno  1830,  Pag.  122,  254,  262  e  274,  si  trova- 
no raccolte  altre  notizie  sul  medesimo  ritrovamento  e  sulle  varie  spiegazioni  che  si 
diedero  della  stessa  scoltura.  È  da  osservare  inoltre  clic  in  circa  nella  medesima  posizione 
doveva  esistere  quel  fundo,  che  si  dice  di  Prode  ncU'  iscrizione  riferita  dal  Fabretti 
Pag.  416,  linea  6;  perchè  si  accenna  al  secondo  miglio  dell'Appia:  fvnd  proclis  in  int. 
VIA  APPIA  .  MI.  II.  CVMPANTAN.  Diverse  altre  osservazioni  furono  esposte  sullo  stesso 
monumento,  che,  non  essendo  relative  al  nostro  scopo,  si  tralasciano  di  prenderle  in 
considerazione. 


TRA    IL    MIGLIO    II.    ED    IL    III.  69 

COLO>IB.\RIO  DEI  LIBERTI  DELLA  FAMIGLIA  CECILIA.  Ben- 
ché si  conosca  esservi  stati  altri  monumenti  sepolcrali  distinti  con  il  no- 
me dei  Cecilii,  e  particolarmente  lungo  il  principio  della  via  Aurelia  sul 
Gianicolo,  ove  tra  i  varj  sepolcri  discoperti  nel  secolo  passato  se  ne  rin- 
venne uno  dei  Palangarii  acquistato  da  Q.  Cecilio,  come  venne  dichiara- 
to dal  Santi  Bartoli,  ed  eziandio  al  quinto  miglio  di  questa  stessa  via  Ap- 
pia,  come  nel  seguito  sarà  esposto  ;  pure  per  i  ritrovamenti  fatti  negli  an- 
ni 1820,  1821  e  1822  nella  parte  della  vigna  Ammendola,  ora  Molinari, 
che  succedeva  a  quella,  in  cui  si  è  determinato  essere  stato  collocato  l'an- 
zidetto campo,  si  deve  stabilire  avere  corrisposto  uno  di  quei  tanti  sepol- 
cri comuni  distinti  con  il  nome  di  colombari,  in  cui  ebbero  sepoltura  di- 
verse persone  addette  alla  famiglia  Cecilia  ;  poiché  in  esso  furono  rinve- 
nute diverse  lapidi  che  ad  essa  appartenevano,  delle  quali  si  è  conservata 
memoria  unitamente  alla  forma  e  decorazione  principale  della  cella  sepol- 
crale ora  di  nuovo  sotterrata  (.3). 

COLOMBARIO  DEI  LIBERTI  E  SERVI  DELLA  FAMIGLIA  VO- 
LUSIA,  Tra  i  moltissimi  monumenti  sepolcrali  scoperti  nel  luogo  stesso, 
e  nella  medesima  indicata  epoca,  merita  che  sia  fatta  menzione  di  quello 
pure  formato  a  guisa  di  colombario  in  cui  furono  rinvenute  moltissime  iscri- 
zioni appartenenti  ai  liberti  e  servi  addetti  alla  famiglia  dei  Volusii  Satur- 
nini. Ma  mentre  si  è  conservata  memoria  delle  stesse  iscrizioni  ed  anche 
di  alcune  altre  siniih,  che  furono  dopo  varie  vicende  ricuperate  dal  governo, 
non  venne  poi  tramandata  alcuna  precisa  notizia  della  cella  sepolcrale  in 
cui  furono  rinvenute.  Solo  si  può  stabihre,  in  seguito  di  particolari  notizie, 
che  le  prime  furono  ritrovate  nel  lato  destro  della  via  e  le  altre  nella 
parte  opposta,  cioè  forse  solo  a  motivo  di  alcun  incognito  e  facile  tra- 
sferimento. Però  è  da  osservare  che  nel  lato  sinistro  si  rinvennero  diversi 
frammenti  di  una  monumentale  decorazione  scolpita  nel  peperino  secondo 
lo  stile  dei  tempi  che  precedettero  l'epoca  imperiale,  che  si  possono  be- 
nissimo appropriare  ad  un  tale  sepolcro  :  ma  non  si  hanno  poi  precise  me- 
morie per  stabilire  siffatta  appropriazione  con  qualche  autenticità.  Quindi 


(3)  Le  iscrizioni  dei  Cecilii,  rinvenute  nella  vigna  Ammendola  negli  anni  1820, 
1821  e  1822,  furono  esposte  con  illustrazioni  del  niarcticse  G.  Mekhiorri  e  del  cav. 
Pietro  Visconti  nel  XXIII  fascicolo  delle  EITemeridi  Letterarie  pubMicalo  nel  mese  di 
agosto  dell'anno  1822,  nel  quale  d'incontro  alla  Pag.  198  è  riportata  una  veduti- 
na  con  la  pianta  della  cella  sepolcrale  in  allora  discoperta,  in  cui  vedevansi  in  uno  dei 
lati  praticati  tre  distinti  loculi  ornati  con  pilastrini  e  frontispizj. 


70  VIA    APPIA    PARTE    III. 

per  la  importanza,  che  hanno  le  slesse  iscrizioni,  si  ò  credulo  opportuno 
d'indicare  il  luogo  approssimativo  del  loro  ritrovamento  (i). 

VIA  ANTICA  TRAVERSANTE  L' APPIA  TRA  IL  SECONDO  E 
TERZO  MIGLIO.  Sull'andamento  della  strada  attuale,  che  a  sinistra  del- 
l'Appia  mette  alla  moderna  strada  di  Albano  al  ponte  Pignatelli,  si  cono- 
sce avervi  corrisposto  una  via  antica,  la  quale  dopo  di  avere  trapassato  l'arco, 
che  dava  accesso  al  circo  di  Massenzio  nel  mezzo  della  parte  semicircola, 
e  di  seguito  continuato  lungo  le  fabbriche  antiche  esistenti  nel  lato  setten- 
trionale dello  stesso  circo,  si  vede  esser  stata  portata  ad  unirsi  coll'Appia  tra 
il  secondo  e  terzo  miglio;  e  quindi,  trapassando  la  stessa  via,  si  trova  essere 
slata  rivolta  verso  la  via  Ostiense.  La  direzione  di  detta  via,  prima  di  giun- 
gere a  traversare  l'Appia,  viene  determinala  da  alcuni  grandi  sepolcri  che 
offrono  tuttora  reliquie  ragguardevoU.  Esse  sono  contenute  nella  vigna  già 
Vidasca,  che  corrisponde  tra  le  stesse  due  strade,  e  furono  coll'autorilà  del 
Serlio  specialmente  considerati  dal  Labruzzi  e  dall'Uggeri.  Ino  di  taU  se- 
polcri si  conosce  avere  avuto  una  grande  cella  tonda  con  sei  nicchie  semi- 
circolari, e  l'altro  vedesi  disposto  in  forma  quadrangolare  con  simili  incava- 
menli.  La  piccola  casa  della  stessa  vigna,  che  corrisponde  nell'angolo  della 
detta  deviazione,  si  trova  pure  essere  collocata  sopra  un  monumento  sepol- 
crale di  forma  quadrangolare  e  di  costruzione  laterizia  (5).  Più  importanti 

(4)  Le  dette  iscrizioni  dei  liberti  e  servi  della  famiglia  dei  Volusii  Saturnini,  sco- 
perte nella  vigna  Ammendola  intorno  Tanno  1822,  si  dicevano  possedute  dall'Amati  sino 
dall'anno  1826,  e  furono  da  lui  pubblicate  ed  illustrate,  in  seguito  di  osservazioni  fatte 
dal  Borgbesi,  nel  Tom.  L  del  Giornale  Arcadico  delTanno  1831,  dalla  Pag.  250  alla 
276,  prendendone  ad  esporre  trentacinque.  Nciranno  1849  poi  ne  furono  acquistate  dal 
Ministero  del  Commercio  e  Belle  arti  venti  delle  stesse  iscrizioni  dei  Volusii,  che  pos- 
sedeva il  sig.  Molinari,  divenuto  anche  proprietario  della  vigna  posta  d'incontro  a  quella 
di  Ammendola,  e  furono  inviate  al  museo  Lateranense,  ove  si  conservano  ammucchiate 
ancora  nei  depositi  con  diversi  piccoli  cippi  ed  altri  marmi  pure  nella  stessa  circostan- 
za acquistati. 

(5;  Il  più  ragguardevole  sepolcro,  che  in  forma  curvilinea  rimane  Inngo  la  via. 
che  dall'Appia  mette  alla  moderna  strada  di  Albano,  passando  lungo  il  lato  settentrio- 
nale del  circo  di  Massenzio,  fu  primieramente  preso  a  considerare  dal  Serlio  nel  suo 
libro  sulle  Antichità  di  Roma,  e  poscia  riprodotto  con  due  vedute  dal  Labruzzi  nelle 
Tav.  XX  e  XXI  della  sua  esposizione  sulla  via  Appia,  e  successivamente  dall'Uggeri 
con  le  piante  dèi  due  piani  esibiti  nella  Tav.  Vili,  Fig.  1  e  2  del  Voi.  XV,  e  con 
due  vedute  del  Voi.  XVI,  N.  10  e  11.  Quindi  lo  stesso  Uggeri  nel  citato  Voi.  XV 
espose  nella  Tav.  VIII,  Fig.  3.  la  pianta  dei  due  piani  del  sepolcro  quadrangolare  che  sus- 
siste da  vicino  al  suddetto  di  forma  curvilinea.  E  nella  Tav.  Vili.  Fig.  4  dello  stesso 


TRA    IL    MIGUO    II.    ED    IL    III.  71 

nionunicnti.  o  almeno  più  riserbati  dalle  maggiori  devastazioni,  si  rinvennero 
nella  protrazione  della  stessa  via  dopo  di  avere  traversalo  lAppia,  ed  essersi 
inoltrata  tra  le  vigne  già  Cassini  ed  Ammendola-  poiché,  rimanendo  in  tale 
parte  la  via  chiusa  e  per  conseguenza  negletta,  non  andò  essa  soggetta  alle 
comuni  distruzioni.  Infatti  sino  dall'anno  17G9  si  narrano  essersi  fatti  in  tale 
luogo  importanti  ritrovamenti,  dei  quali  ne  fu  conservata  memoria  dall'Ama- 
duzzi;  e  quindi  si  accrebbero  in  seguito  delle  scoperte  imprese  a  fare 
negli  anni  1818,  1819  e  1820  dall' Ammendola  anzidetto  divenuto  proprie- 
tario dei  detti  due  poderi,  come  venne  indicato  dal  Fea.  dichiarando  egli 
esservi  stato  nel  luogo  stesso,  per  la  moltiplicilà  dei  sepolcri  scoperti,  un  ci- 
miterio  gentilesco;  mentre  sembra  invece  essere  slato  ciò  prodotto  solo 
dall'  indicata  protrazione  di  via  secondaria  che  era  rimasta  occulta  ai  de- 
^astato^i  sino  alla  delta  epoca  (6).  Furono  nello  stesso  luogo  rinvenute  im- 


Vol.  XY  delle  opere  di  Uggeri  si  espone  la  pianta  del  sepolcro  esistente  nella  casa 
della  detta  vigna  già  Vidasca;  ed  è  esibito  nella  veduta  N.  9  del  Voi.  XVI.  Quindi  si  di- 
mostra aver  dovuto  appartenere  ad  esso  la  iscrizione  di  L.  Cercenio  da  lui  riferita 
alla  I*ag.  43  del  suddetto  Voi.  XV;  mentre  poi  dal  Labruzzi  si  espone  rinvenuta  nel- 
l'anzidetto grande  sepolcro  di  forma  curvilinea,  come  è  dimostrato  nella  Tav.  XX.  In 
ogni  modo,  non  offrendo  tale  iscrizione  certezza  di  avere  appartenuto  ad  un  singolare 
monumento,  non  si  rende  importante  il  contestarne  la  sua  pertinenza. 

(6)  Dall'Amaduzzi  nella  sua  pubblicazione,  intitolata  Anedocta  litteraria,  furono  espo- 
ste le  iscrizioni  principali  rinvenute  nel  suddetto  luogo  da  D.  Giulio  Cassini  nell'an- 
no 1769  e  seguenti,  e  ciò  nel  Tom.  I,  Pag.  465  e  468,  471  e  475;  e  nel  Tom.  III. 
Pag.  466.  Dal  Marini  (Momimcnù  Arvali.  Pag.  8,  691  e  699  ',  e  dal  Peter  in  una  dis- 
sertazione pubblicata  nell'anno  1815  su  di  un  antico  orologio  solare,  la  quale  fu  inse- 
rita nel  Tom.  I,  Parte  II  degli  Atti  dell'accademia  romana  di  Archeologia,  si  esposero 
altre  notizie  sui  ritrovamenti  fatti  in  tale  luogo,  tra  i  quali  si  comprendeva  lo  stesso  og- 
getto preso  ad  illustrare,  che  può  meritare  considerazione  per  l'analogia  del  suo  uso 
con  quanto  erasi  ivi  stabilito.  Al  luogo,  in  cui  fu  rinvenuto  il  medesimo  orologio  solare,  do- 
vevano appartenere  le  due  ben  cognite  are  capitoline  rinvenute  nell'anno  1745,  come  ven- 
ne asserito  dal  Ficoroni,  nell'una  delle  quali  si  lesse:  i.  o.  .m.  soli  .  serapidi  |  Scipio  . 
OKFiTvs  .  V.    G.  I  AVGVR  j  VOTI  .  cosipo  .  s.   REDDiTvs.    E    nell'altra:   M.   D.    M.    ET  . 

ATIDI    I    L.    CORNELIVS     .     SCIPIO    .    ORFITVS    .    V.    C.    |   AVGVR  .  EX  .  VOTO    |    TAVROBOLIO  .  SI- 

VE  I  CRiOBOLiO  .  FACTO.  (Fea,  Miscellanea.  Tom.  I.  Pag.  CLXII.Ì  Percni  può  stabilirsi 
esservi  stato  un  qualche  edifizio  consacrato  al  Sole.  La  prima  di  dette  are  vedesi  espo- 
sta nel  Voi.  IV,  Tav.  64,  65,  66  e  67  del  Museo  Capitolino  illustrilo  dal  Foggini,  e 
la  seconda  dal  Mazocchi  che  si  dice  esistere  nella  chiesa  di  S.  Sebastiano.  Il  Fea  poi, 
nel  volume  intitolato.  Varietà  di  Notizie,  e  pubblicato  nell'anno  1820,  all'articolo  XXI 
conservò  più  accurate  memorie  degli  stessi  importanti   ritrovamenti,  ed  in  particolare 


T2  VIA    APPIA    PARTE    IH, 

portanti  niomorie  cristiane,  che  offriranno  documento  a  coloro,  che  hanno 
autorità  di  studiarle  e  di  esporle,  precipuamente  dopo  le  ulteriori  scoperte 
che  resero  sempre  piij  meritevole  di  considerazione  la  stessa  località.  Negli 
scavi,  continuati  dopo  l'anno  1821  dal  medesimo  anzidetto  proprietario,  si 
rinvennero  altre  memorie  di  ragguardevole  interessamento,  tra  le  quali  si 
annovera  quella  denotante  la  disposizione  presa  da  trentatre  distinte  perso- 
ne di  portare  a  compimento  uno  dei  tanti  monumenti  sepolcrali  comuni 
che  doveva  esistere  nel  luogo  stesso  (7).  Moltissime  poi  furono  le  iscrizio- 
ni sepolcrali  che  si  rinvennero  in  tale  posizione  tanto  negli  scavi  fatti  per 
più  anni  dal  suddetto  Santi  Ammendola  quanto  successivamente  dal  Mo- 
linari,  il  quale  passò  in  possesso  dello  stesso  fondo  suburbano  5  e  diverse 
di  tali  iscrizioni,  portando  la  indicazione  di  quanto  la  proprietà  del  mo- 
numento si  stendeva  nella  fronte  e  nell'agro,  dimostrano  avere  appartenuto 
a  sepolcri  particolari,  che  dovevano  rendere  quella  parte  di  strada  assai 
importante,  la  quale  ora  è  rimasta  per  più  gran  parte  spogliata  da  tante 
preziose  memorie  (8). 

del  testamento  di  Dasunio  che  fu  poscia  piiì  accuratamente  illustrato  dal  dottore  Giu- 
lio Ambrosch  nel  Tom.  Ili  degli  Annali  dell' Instituto  Archeologico  pubblicato  nelKan- 
no  1831,  per  esservi  stato  nelle  Tav.  agg.  B  C  esposta  correttamente  la  intera  iscrizione. 
(7)  La  enunciata  iscrizione,  denotante  la  unione  di  trentatre  persone  per  por- 
tare a  compimento  un  monumento  comune,  fu  esposta  primieramente  ed  illustrata  dal 
march.  G.  Melchiorri  e  dal  cav.  P.  Visconti  nel  fascicolo  XVIII  delle  Effemeridi  let- 
terarie pubblicalo  nel  mese  di  marzo  dellanno  1822  dalla  Pag.  473  alla  493.  Quindi 
venne  meglio  dichiarala  dalPAmali  nel  Voi.  LXXXV  del  Giornale  Arcadico  pubblicato 
nel  dicembre  dell'anno  1825,  Pag.  347  e  348. 

8)  Le  iscrizioni  rinvenute  nella  vigna  Ammendola  dall'anno  1821  all'anno  1826, 
furono  esposte  con  illustrazioni  dai  suddetti  march.  G.  Melchiorri  e  cav.  P.  Visconti  nelle 
Effemeridi  letterarie  pubblicate  dall'ottobre  1820  a  tutto  fanno  1823,  e  particolarmente 
nei  Fascicoli  XVII  del  fcbbrajo,  XVIII  del  marzo,  XIX  dell'aprile,  XXI  del  giugno, 
e  XXIII  delfagosto  1822,  XXVIII  del  gennajo,  XXXI  dell'aprile,  XXXII  del  maggio, 
XXXIV  del  luglio,  XXXVI  del  seltendire,  e  XXXVII  dell'ottobre  1823.  Poscia  furo- 
no contiuate  le  stesse  pubblicazioni  nelle  distribuzioni  1  e  2  delle  Memorie  Romane  di 
Antichità  e  di  Belle  arti  che  succedettero  alle  suddette  Effemeridi,  e  che  si  stampa- 
rono dall'anno  1824  al  1827.  Tra  le  indicate  diverse  memorie  faremo  un  cenno  solo 
(li  quella  di  certo  T.  Elio  Primitivo  Archimagiro  liberto  di  Adriano  ;  perchè  in  essa 
si  trova  data  notizia  di  un  collegio  dei  cuochi  che  stava  sul  Palatino:  t.  aeuvs  .  avg. 

LIB.  PRIMITIVVS  1  ARCIIIMAGIRVS  .  ET  ]  AELIA  .  AVG.  LIB.  |  TVCHE  .  COMVNX  ]  FECERVNT  . 
SIRI  .  ET  .  SVIS  .  LIB.  LIBERTABVSO.  [  POSTERISQ.  EORVM  |  CVSTODIA  .  M0MME>TI  .  INHA- 
BITANDI    .    NE    .    OVIS    .    INTER    1    CERE    .    VEI.LIT   .    QVOD  .  SI   .  NEMO  .  DE   .  H.^C    .    MEMORIA    . 


TRA    IL    MIGLIO    II.    ED    IL    III.  73 

SCUOLA  E  COLLEGIO  DEL  DIO  SILVANO.  La  memoria  più  im- 
portante, che  si  sia  rinvenuta  nel  medesimo  luogo,  è  quella  della  iscrizio- 
ne scoperta  nell'anno  1773  da  D.  Giulio  Cassini  nella  vigna  di  sua  pro- 
prietà che  poscia  passò  all'anzidetto  Santi  Ammendola  ;  giacché  da  essa  si 
trova  dichiarata  la  precisa  corrispondenza  di  tale  luogo  tra  il  secondo  ed 
il  terzo  miglio  della  via  Appia,  come  infatti  venne  determinata  nella  siste- 
mazione della  anzidetta  misura  milliaria  fatta  ultimamente.  Ed  avere  pre- 
cisamente lo  stesso  luogo  corrisposto  a  destra  andandovi  da  Roma,  come 
venne  indicato  nella  detta  iscrizione,  si  trova  contestato  infatti  da  quanto 
succede  tuttora.  Ivi  si  denota  esservi  stato  l'agro  Curziano  e  Talarchia- 
no  con  i  predii  di  GiuHa  Monime  e  socii,  ove  fu  edificala  una  scuola  sot- 
to i  portici,  consacrala  a  Silvano  con  un  collegio  sodalizio,  come  vedesi 
espresso  nella  citata  importante  iscrizione  (9).  A  confermare  la  corrispon- 


NOSTRA  I  TITERIT  .  PERTIXERE  .  DEBEBIT  .  AD  .  COLLEGmi  .  COCORVM  |  VG.  N.  QVOD  . 
CONSISTIT  .  IN  .  PALATIO  .  QVOD  .  NEQVE  .  DONARI  1  NEQVE  .  VENIR!  .  PERMITTIMVS  .  QVOD  . 
SI    .    QVIS    .    CONTRA   ]   LEGEM  .  S.    S.    FECERIT    .    DARE    .    DEBEBIT    .    CORPORI    .    QVI    .    SM<T   | 

IN  .  HAC  .  STATioNEM  .  US.  L.  M.  N.  (Effemeridi  ìetlerarie.  Fase.  XXXI.  Pag.  40.)  Ma 
poi  tra  le  indicate  iscrizioni  si  trovano  annoverate  memorie  di  persone  appartenenti  co- 
me liberti  a  diverse  delle  principali  famiglie  di  Roma,  oltre  a  quella  dei  Volusii  e  dei 
Cecilii  particolarmente  già  prese  a  considerare  per  la  maggiore  loro  copia.  Sarebbe  stato 
assai  utile,  per  stabilire  la  posizione  occupata  dai  diversi  monumenti,  se  dai  suddetti 
espositori  si  fosse  procurato  di  conservare  memorie  precise  dei  luoghi  in  cui  furono 
trovate  le  dette  iscrizioni.  Altri  monumenti,  rinvenuti  nella  stessa  vigna  Ammendola 
posteriormente,  furono  acquistati  dal  governo  nell'anno  1846.  Le  iscrizioni  rimangono 
tuttora  neglette  e  due  cippi  si  sono  depositati  tcmporariaraente  alle  terme  Antoniniane. 
(9)  La  indicata  iscrizione  fu  primieramente  pubblicata  dall'Amaduzzi  nel  Tom.  III. 
l*ag.  466  dei  suoi  Anecdota  Litteraria.  E  quindi  dal  Fea  nel  Volume  intitolato.  Va- 
rietà di  Notizie,  Pag.  175,  con  alcune  importanti  osservazioni.  Ed  in  particolare  nella 
Tav.  II,  annessa  alla  Pag.  182,  ci  ha  conservata  memoria  della  pianta  della  scuola  rotonda 
che  fu  discoperta  nei  suddetti  scavi.  La  iscrizione  si  contiene  nel  seguente  modo  :  locvs  . 

SIVE  .  IS  .  AGER  I  EST  .  QVI  .  EST  .  VIA  .  APPIA  .  INTER  ]  MILLIARIV.M  .  SECVNDMM  . 
ET  .  Ili  I  EMVTIBVS  .  AB  .  ROM.AE  .  PARTE  .  DEXTERIORI  |  IN  .  AGRO  .  CVRTIANO  .  TA- 
LARCHIANO  .  IN  ]  PRAEDIS  .  IVLIAES  .  MONIMES  .  ET  .  SOCIORVM  |  LOCVS  .  IN  .  QVO  .  AE- 
DIFIC.VTA  .  EST  .  SCUOLA  .  SVB  .  POR  [  CONSACRATA  .  SILVANO  .  ET  .  COLLEGIO  .  EIVS  . 
SODALIC  I  MANCIPIO  .  ACCEPERVNT  .  IMMVNES  .  ET  .  CVRATOR  |  ET  .  PLEPS  .  VMVERSA  . 
COLLEGI  .  EIVS  .  DE  .  IVLIA  .  MONIME  |  ET  .  SOCis  .  EIVS  .  SESTERTIO  .  NVMMO  .  VNO  . 
DONATIONIS  I  CAVSA  .  TVTORE  .  C.  MEMIO  .  ORIONE  .  IVLIAES  .  MONIMES  |  ET  .  AD  .  EVM  . 
LOCVM  .  ITVM  .  ACTVM  .  ADITVM  .  AMBITV.M  |  SACRIFICIA  .  F.\CERE  .  VESCI  .  EPVLARI  . 
ITA    .    LICEAT  j   QVANDIV    .    IS    .    COLLEGIVS    .    STETERIT     .     QVOD    .    SI    .    ALITER   [   FACTVM    . 

10 


lì  VIA    APPIA    PARTE    III. 

(lenza  in  tale  luogo  di  un  edifizio  sacro  al  dio  Silvano  servono  le  diver- 
se altre  notizie  di  ritrovamenti,  fatti  anteriormente  nelle  stesse  adiacen- 
ze, d'iscrizioni  antiche  indicanti  alcune  offerte  consacrate  al  medesimo  nu- 
me ;  tra  le  quali  se  ne  annovera  una  di  Cornelio  Repentino  fatta  a  Silvano 
denominato  Santissimo,  ed  altra  in  cui  si  attribuisce  il  titolo  di  Ermadio- 
ne.  ed  eziandio  un'altra  che  offre  la  unione  di  dedica  a  Silvano  e  ad  Er- 
cole Invitto,  come  si  trova  contestato  da  altri  documenti  scritti  (10).  Della 
indicata  scuola,  disposta  in  forma  circolare,  se  ne  conservarono  sino  al- 
l'anno 1820  ragguardevoli  tracce,  come  dal  Fea  furono  indicate  in  un  pic- 
colo disegno:  ma  poi  nulla  più  ora  ci  è  dato  di  conoscere  degli  altri  edi- 
lizi ^^^  erano  stati  eretti  al  medesimo  nume  nella  inrlicata  località. 

SEPOLCRO  DI  L.  VOLU.MNIO  ESISTENTE  TRA  IL  SECONDO 
E  TERZO  MIGLIO  DELLA  VIA  APPIA.  Dopo  gli  anzidetti  edifizj  sa- 
cri a  Silvano,  progredendo  verso  la  chiesa  di  S.  Sebastiano,  si  conosce 
che  doveva  esistere  il  sepolcro  enunciato  ;  perchè  da  una  antica  iscrizione, 
che  il  Reinesio  attestò  avere  letto  lungo  la  via  Appia  in  vicinanza  di  det- 
ta chiesa,  si  dichiara  avere  A.  Fabricio  Onesimo  riposte  le  ossa  di  L.  Vo- 
lumnio,  evidentemente  detto  Fortunato,  e  di  Giulia  Tirannide,  tra  il  se- 
condo ed  il  terzo  migUo  della  via  Appia,  la  quale  posizione  effettivamente 


FVERIT  .  QVOD  .  AD  .  COLLEGI\TM  .  PERTINET  |  SiLVANI  .  IS  .  LOCVS  .  SACRATVS  .  EE- 
STITVETVR   I PI    .    SINE     .    VLLA     .     CONTROVERSIA    .    HAEC   | ICI    .    .    . 

I  .  .  .  SVNT.  fOrclli,  Inscript.  N.  iMl.J 

(10)  La  indicata  prima  iscrizione  si  trova  riferita  primieramente  dal  Mazocchi  co- 
me esistente  nell'orto  annesso  alla  chiesa  di  S.  Sebastiano,  e  quindi  dal  Grutcro  alla 
Pag.  LXV.  N.  5,  come  pure  esistente  negli  orti  di  S.  Sebastiano  lungo  la  via  Appia  sulla 
autorità  dello  Smezio:  silvano  |  sanctissi.mo  ]  cornelivs  .  re  |  pentinvs  |  v.  c.  fecit. 
La  seconda  venne  esposta  dal  Fabretti,  Pag.  694.  N.  146,  come  esistente  lungo  la  via 
Appia  e  tratta  da  alcune  schede  Chigiane  :  sancto  .  silvano  |  hermadion  |  q.  crepe- 
rei   .    MARTIALIS   I   ARCARIVS     .     SVA     .     PECVNIA     .    D.    D.    |   DEDICATVS    .    XI.    K.    NOVEMBR.    | 

SEX  .  ERVCCio  .  CLARO  .  II.  ET  ]  CN.  CL.  SEVERO  .  COS.  Il  Fca ,  nel  Contestare  la  sus- 
sistenza di  una  tale  memoria  con  uno  scritto  della  biblioteca  Chigiana,  indicava  essersi 
tale  monumento  rinvenuto  Tanno  1661  fuori  della  porta  S.  Sebastiano.  (Miscellanea 
Filologica  critica  ed  antiquaria.  Tom.  I.  Pag.  CXI.)  Della  stessa  iscrizione  poi  ne  ven- 
ne conservata  memoria  dal  Labruzzi  nella  Tav.  XX,  rappresentante  l'anzidetto  sepol- 
cro di  forma  curvilinea  esistente  da  vicino  al  medesimo  luogo.  È  importante  poi  l'os- 
servare che  nella  memoria,  distinta  col  N.  80  del  Santi  Bartoli,  si  dice  essersi  rinvenu- 
ta una  bella  statua  del  dio  Silvano  entro  le  reliquie  di  un  nobile  edifizio  scoperto  al 
suo  tempo  a  sinistra  della  via  .\ppia  prima  di  giungere    alla   chiesa  di  S.  Sebastiano. 


TRA    IL    MIGLIO    li.    ED    IL    III.  75 

si  trova  corrispondere  nel  medesimo  luogo  (11).  Benché  non  offra  la  no- 
tizia di  tale  sepolcro  alcuna  ragguardevole  importanza  per  le  persone  a  cui 
fu  destinato,  presenta  essa  però  molto  interessamento  per  la  determinazione 
del  luogo  in  cui  fu  stabilito  ;  giacché  serve  la  stessa  notizia  di  valido  docu- 
mento per  sempre  più  contestare  la  corrispondenza  delle  colonne  milharie 
lungo  la  via  Appia  nel  modo  che  fu  determinato. 

SEPOLCRO  DI  CLAUDIA  SEMNE.  Con  più  precise  indicazioni  si 
può  stabilire,  tanto  la  posizione  quanto  la  pertinenza,  di  un  sepolcro  sco- 
perto nell'anno  1793  nella  vigna  contigua  al  monastero  di  S.  Sebastiano 
in  allora  posseduta  dal  cav.  Corbet  ;  poiché,  concordando  le  memorie  con- 
servate da  E.  0-  Visconti  con  quelle  esposte  dal  Labruzzi,  si  può  appro- 
priare la  reliquia  di  una  cella  sepolcrale,  adornata  nel  lato  di  prospetto 
all'ingresso  con  una  nicchia  distinta,  che  venne  scoperta  nella  surriferita 
vigna,  al  sepolcro  di  Claudia  Semne  stabilito  da  M.  Ulpio  Crotonense  li- 
berto dell'imperatore  Ulpio  Trajano,  come  venne  dichiarato  dalle  iscrizio- 
ni scoperte  tra  le  stesse  rehquie  (12). 

(11)  La  enunciata  iscrizione  venne  trascritta  nella  collezione  del  Reinesio  coli' indi- 
cazione, Romae,  in  via  Appia  prope  S.  Sebastiani.  ;  CI.  X  VI.  N.  Ì6J,  nel  seguente  modo  : 

L.    VOLVMNIO TO   I   ET    .    IVLIAE    .    TIRANNIDI    |   A    .    FABRICIVS  .  ONESI- 

MVS  1  VIA  .  APPIA  .  INTER  .  II.  ET  .  III.  MILLIAR  |  ADIT\-M  .  AMBITVM  .  INTROITVM  f  OSSA  . 
KEPONERE    .    LICEAT    .    SIBI   |   ET    .    POSTERIS    .    LIBERTIS    .    LIBER   |   TABVSQ.  EORVM.  La  COF- 

rispondenza  nel  luogo  stesso  di  persone  addette  alla  famiglia  Volumnia,  si  trova  contesta- 
ta dal  vedere  nella  già  citata  iscrizione  delle  trentatre  persone,  che  si  unirono  per  por- 
tare a  compimento  un  sepolcro  comune,  e  rinvenuta  nella  vicina  vigna  Ammendola,  anno- 
verato nella  quinta  linea  un  M.  Volumnio  Priamo  {Effemeridi  Letterarie.  Fase.  XVIII.  Pag. 
476.)  Di  un  A.  Volumnio  si  ha  notizia  unitamente  di  un  C.  Volumnio  in  una  iscrizione  di 
Signia  denotante  alcuni  quatuorviri  di  quel  municipio  ^'Annali  di  Archeologia.  Ann.  1829. 
Pag.  87.  Come  poi  la  gente  Volumnia  fosse  di  origine  Etrusca  fu  ampiamente  dimostra- 
to dal  Vermiglioli  nella  descrizione  dei  sepolcri  dei  Volumnii  scoperto  da  vicino  a  Pe- 
rugia nell'anno  1840. 

(12)  Le  iscrizioni,  rinvenute  nellanno  1793  nella  suddetta  vigna  posta  da  vicino 
alla  chiesa  di  S.  Sebastiano,  furono  pubblicate  nel  Tom.  II  della  Miscellanea  filologica, 
critica  ed  antiquaria  del  Fea  alla  Pag.  61,  su  di  una  nota  di  Ennio  Quirino  Visconti. 
Tra  le  quali  merita  di  essere  considerata  quella  che  stava  scritta  su  di  un  grande  archi- 
trave, posto  evidentemente  nella  decorazione  della  fronte  del  monumento,  in  cui  si  legge- 
va:   CLAVDIAE    .    SEMNE    .     COMVGI     .    DVLCISSIMAE   |   M.    VLPnS    .    AVG.    LIB.    CROTONENSIS    . 

FECiT.  Quindi  su  altra  iscrizione,  che  doveva  essere  collocata  sulla  fronte  interna  della 
cella  sepolcrale,  in  cui  stavano  riposte  le  reliquie  di  Claudia   Semne,  veniva   dichiarato  : 

CLAVDIAE    .    SEMNE    .    ^'XORI    .    ET  !  M.    VLPIO    .    CROTONENSI  .  FIL   [  CROTONENSIS  .  AVG.  LIB. 


^ 


76  VIA    APPI  A    PARTE    III. 

SEPOLCRI  NEL  LATO  SINISTRO  DELLA  VIA.  In  corrispondenza 
dello  stesso  spazio,  tra  il  secondo  e  terzo  miglio,  nella  parte  sinistra  della 
via  d'incontro  ai  surriferiti  monumenti,  esistono  nella  vigna  già  Bellucci  di- 
verse reliquie  di  simili  monumenti  sepolcrali,  le  quali  però  non  offrono 
nulla  d'importante  per  l'arte,  e  né  si  sono  conservate  ragguardevoli  memo- 
rie degli  oggetti  e  delle  iscrizioni  in  esse  rinvenute.  IMerita  non  pertanto 
considerazione  un  grande  colombario,  di  cui  rimangono  reliquie  di  tre  ar- 
chi sopra  terra  in  vicinanza  della  casa  dell'osteria  posta  quasi  d' incontro  alla 
chiesa  di  S.  Sebastiano;  poiché  dal  Piranesi  si  attesta  avere  egli  veduto 
in  uno  scavo,  fatto  nell'anno  1750,  il  modo  con  cui  era  adornata  la  cella 
sepolcrale  a  guisa  di  colombario  avente  però  colonne  nel  mezzo  ed  altre 
particolarità  non  comuni  con  altri  simili  monumenti.  E  dai  frammenti  delle 
iscrizioni  rinvenute  si  conobbe  avere  servito  di  principale  sepoltura  ad 
una  persona  di  nome  Cresto,  di  cui  se  ne  hanno  altre  memorie  nelle  iscri- 
zioni sepolcrali  della  via  Appia  (13). 

FF.CIT  I  IIVIC  .  MONVMENTO  .  CEDEX  |  UORTVS  .  INQVO  .  TRICLIAE  [  VINIOLA  .  PVTEVM  . 
AEDICVLAE   |   IN    .    QVIBVS     .    SIMVLACRA     .    CLAVDIAE    |    SEMNES    .     IN    .    FORMAM    .    DEORVM    . 

ITA  .  VTi  I  CVM  .  MACERIA  .  AME  .  ciRCVMSTRVCTA  .  EST  |  H.  M.  H.  N.  s.  Inoltre  in  Con- 
ferma che  i  simulacri  di  Semne  fossero  fatti  sotto  la  forma  di  divinità,  cioè  della  Fortu- 
na, della  Speranza  e  di  Venere,  si  trovò  un'ara,  in  cui  si  legge  :  fortvnae  |  spei  .  ve- 
neri I  ET  I  MEMORiAE  ]  CLAVD.  SEMNES  |  SACRVM.  Le  altrc  iscrizioni,  rinvenute  nello  stesso 
monumento,  ed  esposte  nella  surriferita  pubblicazione,  essendo  per  lo  scopo  nostro  di 
niuna  importanza,  si  tralasciano  di  prenderle  in  considerazione.  Giova  però  il  far  menzio- 
ne delle  esposizioni  prospettiche  esibite  dal  Labruzzi  nelle  Tav.  XXIII  e  XXIV  della  sua 
raccolta  dei  monumenti  della  via  Appia;  perchè  in  esse  non  solamente  si  trova  conservata 
memoria  della  decorazione  della  cella  sepolcrale,  ma  pure  dei  cippi  e  delle  lapidi  che  fu- 
rono in  essa  discoperte. 

(13)  Il  detto  colombario,  scavato  nell'anno  1750  lungo  la  via  Appia  quasi  avanti  la 
chiesa  di  S.  Sebastiano,  venne  esposto  dal  Piranesi  in  tutta  la  sua  forma  nelle  Tav.  XLIII, 
XLIV,  XLV.  e  XLVI  del  Tom.  II  delle  Antichità  Romane.  Nelle  due  ultime  delle  citate 
Tavole  conservò  una  diligente  memoria  degli  oggetti  rinvenuti  nel  medesimo  scavo,  tra  i 
quali  si  comprendono  grandi  sarcofaghi  di  marmo  ed  alcuni  frammenti  degli  stucchi  e  dei 
dipinti,  con  cui  erano  adornate  le  pareti  e  la  volta  della  cella  sepolcrale,  ed  anche  espose 
i  frammenti  delle  lapidi  discoperte  nello  stesso  monumento.  Evidentemente  al  medesimo 
sepolcro  deve  appropriarsi  la  notizia  riferita  da  Flaminio  Vacca  al  N.  82  delle  sue  memo- 
rie, in  cui  si  accenna  essersi  presso  la  chiesa  di  S.  Sebastiano  in  una  vigna  di  rincontro, 
trovate  molte  statue  in  un  luogo  ornatissimo  di  pavimenti  mischiati  con  belli  scomparti- 
menti e  molte  medaglie  bruciate,  come  anche  molli  musaici  scrostati  dal  muro  ;  poiché  si 
dice  esservi  stato  un  non  grande  edilizio,  ma  delizioso  e  ricco  di  ornati,  come  si  è  trovato 


TRA.   IL   MIGLIO    li.   ED    IL    lU.  77 

CHIESA  DI  S.  SEBASTIANO.  L'enuaciato  edifizio,  che  è  il  princi- 
pale che  s'iucotra  lungo  la  prima  parte  della  via  Appia,  e  che  diede  il 
nome  alla  porta  della  cinta  di  Aurehano  che  ora  da  accesso  alla  stessa 
via,  è  universalmente  visitato  per  le  venerabili  memorie  sacre  che  si  con- 
tengono precipuamente  nelle  ampie  catacombe  ad  esso  sottoposte  che  sono 
cognite  col  titolo  di  S.  Calisto.  Solo  ci  limiteremo  ad  osservare  sul  medesimo 
sacro  ediGzio  che  nelle  sue  adiacenze  rimangono  ragguardevoh  reHquie  di 
muri  evidentemente  appartenenti  alla  prima  fabbrica  impresa  a  costruire 
con  più  ampiezza  e  stabihtà  sino  dal  quarto  secolo  ;  e  che  esso  si  deno- 
tava ancora  nell'ottavo  secolo  avere  corrisposto  al  terzo  miglio  della  via 
Appia   nel  luogo  distinto  col  nome  Catacombe,  come  venne  indicato  da 
Anastasio  nella  vita  del  pontefice  Adriano  (U).   Questa  notizia  è  impor- 
tante a  prendersi  in  considerazione  per  lo  scopo  prefisso  ;  poiché  serve  a 
sempre  più  contestare  che  anche  dopo  lo  stabilimento  della  porta  Appia 
continuavansi  a  numerare  le  distanze  lungo  la  via  Appia  dalla  porta  Capena, 
dalla  quale  solo  potevano  corrispondere  incirca  le  tre  miglia  indicate;  ed 
è  da  credere   che  si  denotò   tale   numero  con  precisione,  solo  perchè  si 
trovava  tale  luogo  più  da  vicino  alla  colonna  del  terzo  miglio  che  a  quel- 
la del  secondo.  È  importante  poi  indicare,  per  l'oggetto  preso  ad  esporre, 
che  nel  mese  di  giugno  dell'anno  18.52  fu  eretta  la  colonna,  che  ora  si 
ammira  avanti  la  fronte  della  chiesa  stessa ,  per  dichiarare  sotto  un  titolo 
pio  il  ristabilimento  fatto  dal  Pontefice  Pio  IX  della  parte  della  via  Ap- 
pia che  ha  principio  dal  luogo  stesso  e  giunge  sino  nelle  adiacenze  di 
Boville,  come  pure  venne  contestato   nella   grande   medaglia  coniata  nel 
settimo  anno  dello  stesso  suo  Ponteficato. 

TEMPIO  DI  ROMOLO  FIGLIO  DI  MASSENZIO.  Oltrepassando  al- 
cun poco  la  chiesa  di  S.  Sebastiano,  si  trovano   esistere  nel  lato  sinistro 

infatti  esistere  nelle  dette  ulteriori  scoperte.  Il  Jlazoccbi  poi  al  foglio  CLXXJI,  della  sua 
raccolta  delle  iscrizioni  antiche,  ne  riferisce  diverse  che  stavano  ancora  al  suo  tempo  nel- 
Torto  annesso  alla  chiesa  di  S.  Sebastiano. 

;14)  Da  Anastasio  bibliotecario  nella  vita  del  pontefice  Adriano  I,  indicando  la 
chiesa  del  S.  Martire  Sebastiano  con  il  titolo  degli  Apostoli  ad  esso  appropriato,  per 
io  memorie  del  sacro  cimiterio  ad  essi  attribuite,  si  dichiarava  posta  la  medesima  al 
terzo  miglio  dell' Appia  con  queste  parole  :  Ecclesiam  Àpostolorum  foris  porlam  Appiani 
milliario  lertio,  in  loco  qui  appellalur  Catacumbas,  uhi  corpus  B.  Sebastiani  Martyris  eum 
aliis  quiescii,  in  ruinis  praeventam,  a  novo  restauravit.  Altri  diversi  grandi  ristauri  si  di- 
cono essersi  fatti  alla  medesima  chiesa  sino  a  tanto  che  venne  quasi  per  intero  riedi- 
ficata dal  cardinale  Scipione  Borghese  con  architettura  di  Flaminio  Ponzio. 


78  VIA    APPIA    PARTE    IH. 

della  via  le  grandi  reliquie  di  un  tempio  rotondo  con  portico  sporgente  in 
fuori  e  circondato  da  un'ampia  cinta  di  portici  arcuati.  Mentre  questo 
monumento  presenta  reliquie  bastanti  da  fare  riconoscere  la  intera  sua  ar- 
chitettura, e  particolarmente  quanto  sussiste  dell'edifizio  rotondo  ha  offerto 
considerazioni  ed  anche  applicazioni  ai  più  distinti  maestri  dell'architettu- 
ra sino  dal  tempo  del  risorgimento  delle  arti ,  non  si  trova  poi  con  sicurezza 
determinala  la  sua  destinazione  e  l'epoca  precisa  della  sua  edificazione. 
Però  in  seguito  di  essere  stato  il  vicino  circo  riconosciuto  opera  di  Massen- 
zio, dedicata  al  suo  figlio  Romolo,  si  venne  a  stabilire  con  qualche  auto- 
revole corrispondenza  doversi  riconoscere  in  tale  monumento  quel  tempio 
che  fu  eretto  allo  stesso  Romolo  dopo  la  sua  morte  e  dopo  di  essere  stato 
ascritto  tra  i  Divi,  come  si  contesta  precipuamente  con  una  medaglia  coniata 
a  tale  oggetto.  Ma  considerando  tanto  l'effigie  dell'edifizio  rotondo,  posta  nel 
rovescio  di  tale  medaglia,  convenire  di  più  a  quel  tempio  pure  rotondo  che 
fu  eretto  lungo  la  via  Sacra  e  ridotto  a  servire  di  vestibolo  alla  chiesa  dei 
SS.  Cosma  e  Damiano,  al  quale  si  conosce  essersi  dai  tempi  antichi  ap- 
propriato il  titolo  di  Romolo,  quanto  la  sua  costruzione  eseguita  in  modo 
migliore  di  quella  del  circo,  ed  anche  non  avere  con  esso  alcuna  corrispon- 
denza di  giacitura,  sembra  potersi  stabilire  che  sia  stato  edificato  alcun  tem- 
po avanti  al  medesimo  circo  per  servire  di  nobile  sepoltura  ad  alcuno  dei 
principi  che  succedettero  agli  Antonini,  come  può  contestarsi  dai  ritrova- 
menti fatti  tra  le  sue  reliquie  (15).  Dopo  la  edificazione  del  vicino  circo 
dovette  il  portico,  con  la  grande  area  circoscritta,  servire  opportunamente  di 
luogo  per  preparare  le  pompe  circensi  ;  e  perciò  si  suole  denominare  volgar- 
mente stalla  per  i  carri  destinati  alle  corse  del  medesimo  circo.  Nel  lato  me- 
ridionale della  stessa  cinta  esiste  un  grande  sepolcro,  che  volgarmente  vien 
distinto  col  nome  dei  Servilii,  ma  in  sostanza  non  si  conosce  la  sua  pertinen- 
za. È  però  palese  la  sua  forma  principale,  quale  in  circa  venne  dimostrata  con 
più  diligenza  dal  Santi  Rartoli  nella  sua  raccolta  degli  antichi  sepolcri.  Dal 
modo,  con  cui  si  trova  congiunto  all'anzidetta  cinta  del  tempio  rotondo,  si  de- 
ve credere  essere  stato  costrutto  anteriormente  al  medesimo  edifizio  per  al- 
cun distinto  personaggio  dell'epoca  media  dell'  impero. 


15'  Quanto  con  più  sicurezza  può  appropriarsi  al  suddetto  edifizio  rotondo  con 
il  portico,  che  lo  circonda,  è  stato  esposto  nelle  Classe  II  e  Vili  della  mia  opera  su- 
gli Edifizj  di  Roma  antica,  dimostrando  in  essa  potere  più  convenientemente  la  medaglia 
di  Romolo  appartenere  al  tempio  rotondo,  esistente  avanti  la  chiesa  dei  SS.  Cosma  e 
Damiano,  che  al  suddetto  edifizio  della  via  Appia. 


TUA    IL    MIGLIO    II.    ED   IL    III.  79 

CIRCO  DI  MASSENZIO.  Il  circo,  che  dall'anzidetto  edifizio  si  protrae 
trasversalmente  nella  \alle  sempre  a  sinistra  della  via  Appia  verso  la  Caffa- 
rella,  conserva  tuttorr<  la  sua  forma  principale  in  modo  più  distinto  di  quanto 
ci  rimane  di  tutti  gli  altri  simili  luoghi  destinati  alle  corse.  Ed  anzi  esso  ha 
servito  per  determinare  diverse  particolarità  ragguardevoli  che  non  si  han- 
no in  altri  circhi  ;  poiché  conserva  tuttora,  tracce  delle  carceri,  delle  torri 
poste  nei  lati,  della  spina  con  le  mete  nelle  estremità,  e  delle  sostruzioni  che 
reggevano  i  sedili  degli  spettatori  tanto  nei  lunghi  due  lati  quanto  nella  par- 
te semicircolare,  come  ancora  il  pulvinare  imperiale  ed  il  tribunale  dei  giu- 
dici. Tutte  siffatte  particolarità  sono  dimostrate  nella  Classe  Vili  della  mia 
grande  opera  sugli  Edifizj  di  Roma  antica,  nella  quale  si  prendono  a  dimostra- 
re i  circhi,  di  cui  rimangono  tracce,  ed  in  particolare  il  suddetto  circo  più  con- 
servato. Quindi  ci  limiteremo  ad  osservare  che  dopo  di  essersi  rinvenuta  in 
vicinanza  dell'arco  medio  della  parte  luneata  la  iscrizione,  posta  in  onore  al 
divo  Romolo  figlio  di  Massenzio,  si  venne  a  riconoscere  tale  circo  essere 
opera  di  Massenzio,  come  si  trova  registrato  nel  catalogo  viennese  degli 
imperatori  romani,  in  cui  si  denota  essere  stato  da  lui  edificato  un  circo  nel- 
le Catacombe,  "ossia  in  quel  luogo  che  sovrastava  ad  esse,  come  infatti  si 
trova  corrispondere.  E  così  si  venne  a  riconoscere  impropria  la  volgare  de- 
nominazione di  circo  di  Caracalla  che  gli  fu  attribuita  senza  veruna  autorità 
nei  tempi  anteriori.  Se  non  si  conoscesse  da  Aurelio  Vittore,  che  Massenzio 
aveva  la  sua  villa  al  sesto  miglio  della  via  Labicana,  si  dovrebbero  credere 
avere  appartenuto  ad  alcuna  grande  delizia  dello  stesso  imperatore  le  gran- 
di reliquie  di  fabbrica  che  esistono  nel  lato  orientale  del  circo  e  che  si  vedono 
collegarsi  col  pulvinare  stabilito  in  tale  parte:  ma  nonostante  che  non  si  possa 
determinare  la  pertinenza  di  tale  villa  con  autorevoli  notizie,  però  sembra 
per  la  costruzione,  impiegata  in  essa,  essere  stata  edificata  alcun  tempo  prima 
di  Massenzio,  come  doveva  essersi  costrutto  l'anzidetto  edifizio  rotondo  (  1 6}. 

(16)  La  indicata   iscrizione  fu  scoperta  negli  scavi  fatti  nell'anno  1825  dal  pro- 
prietario del  luogo  colla  direzione  del  Nibhy,  ed  è  espressa  nel  seguente  modo:  Divo  . 

KOMVLO    .    N.    SI.    V.   I   COS.  ORD.    II.    FILIO   |   D.  N.  MAXENTII  .  INVICT.    |   Vin    .    et    .   pcrp.  AVG. 

NIPOTI  I  T.  DIVI  .  MAXiMiAM  .  SEM  |  ORis  .  AC  .  bts  .  augusti.  La  notizia  poi,  riferita  nel 
catalogo  viennese  degli  imperatori  romani,  si  contiene  in  queste  parole  :  Maxentius  Imp. 
Ann.    VI.   Hoc  Imp.  templum  Romae  arsit  et  fabricatum  est.   Thermos  in  Palatio  fecit,  et 

Circum  in  Catacumhas.  Fames   magna  fuit (Eccardo,    Uist.   Mcdii  acvi.   Tom.  I. 

Pag.  'àl.J  In  tale  circo  è  da  credere  che  accadesse  il  fatto  narrato  da  Lattanzio,  nel 
tempo  che  si  celebravano  i  giuochi  circensi  nel  giorno  natalizio  di  Massenzio,  in  cui 
egli  intese  dal  popolo  non  potere  vincere  Costantino.  (Lattanzio,  De  Mort.  Pers.  e.  44.' 


80  ^^\.    APPIA    PARTE   III. 

TEMPIO  DI  BACCO.  Volgendo  alquanto  verso  oriente  il  cammino,  si 
giunge  a  quel  luogo  che  sovrasta  alla  valle  dell'Aimone  e  che  viene  creduto 
essere  stato,  anche  dopo  la  caduta  dell'impero  romano,  occupato  da  un  pago, 
cioè  borgata.  Si  trova  in  tale  luogo  esistere  quelledifizio  composto  con  vario 
genere  di  costruzione  a  norma  di  quanto  facevasi  nella  decadenza  delle  arti  il, 
quale  venne  consacrato  al  culto  cristiano  in  onore  di  S.  Urbano  papa  nel  no- 
no secolo  dal  pontefice  Pasquale  I.  Tra  le  diverse  appropriazioni  sulla  desti- 
nazione dello  stesso  edifizio,  che  aveva  nei  più  antichi  tempi,  cioè  di  tempio 
delle  Camene  e  dell'Onore  e  della  Virtù,  per  essere  stati  questi  edifizj  assai 
più  vicini  alla  porta  Capena,  come  fu  precedentemente  dimostrato,  si  venne 
a  dare  la  preferenza  a  quella  più  autorevole  opinione  che  lo  riconosce  per 
un  tempio  di  Bacco  ;  poiché  nei  suoi  sotterranei  fu  rinvenuta  l'ara,  che  porta 
scolpita  in  carattere  greco  la  indicazione  di  essere  stata  consacrata  a  Bacco  da 
Aproniano  lerofante,  e  che  si  conserva  ancora  nel  medesimo  edifizio.  Si  co- 
nosce poi  essere  stato  esso  racchiuso  in  un  recinto  di  fabbrica,  di  cui  ne  ha 

Tra  coloro,  che  impresero  ad  illustrare  il  medesimo  circo,  merita  considerazione  il  Bian- 
coni ;  poiché  per  cura  del  Fea  e  dell'Uggeri  fece  pubblicare  una  grande  opera  sul  me- 
desimo monumento  intitolala  il  Circo  di  Caracolla.  L'obelisco,  che  stava  sulla  spina  di 
tale  circo,  venne  trasportato  in  adornamento  della  fontana  di  piazza  Navona  e  si  at- 
tribuisce a  Domiziano.  Il  Ficoroni  poi  fVesligie  di  Roma  antica.  Pag.  163J,  accenna  es- 
sersi trovate  nel  circo  stesso  le  statue  di  Caracalla  e  di  Giulia  sua  madre,  le  quali  for- 
se dovevano  servire  ad  adornare  la  grande  fabbrica  posta  nel  lato  orientale  del  circo 
che  era  evidentemente  di  costruzione  dei  tempi  anteriori.  Dal  Santi  Bartoli  poi  si  co- 
nosce essersi  rinvenuti  nel  circo  stesso  i  grandi  bassirilievi  in  marmo  del  palazzo  Mat- 
te! che  si  conoscono  precisamente  avere  adornalo  le  carceri  di  un  circo.  {Memorie.  N.  83.J 
La  citata  autorevole  notizia,  che  esclude  la  pertinenza  a  Massenzio  della  villa  esistente 
nel  lato  orientale  del  medesimo  circo,  si  contiene  in  queste  poche  parole  di  Sesto  Au- 
relio Vittore:  Maxentins  imperator  in  villa  sex  miììibus  ab  Urbe  discreta,  itinere  Lavica- 
110.  fEpit.  e.  40.)  Ed  alla  stessa  villa  si  deve  appropriare  quanto  venne  riferito  da  Eu- 
tropio senza  denotare  però  la  sua  situazione,  ma  qualificandola  come  pubblica:  Romae 
interea  praetoriani  excitato  tumultu,  Maxentium,  Herculii  fdiiim,  qui  haud  procul  ab  Urbe 
in  villa  publica  morabatur  Augustum  niincupaverunt.  (Eutropio.  Lib.  X.  e.  2.J  Ma  se  si  po- 
tesse contestare  la  sussistenza  di  alcun  errore  nella  trascrizione  della  suddetta  notizia 
di  Aurelio  Vittore,  come  sussiste  nel  nome  Lnvicano  invece  di  Labicano,  si  troverebbe 
in  modo  più  conveniente  appropriare  la  condizione  di  una  villa,  non  distante  da  Roma 
e  pubblica,  all'anzidetta  posta  a  lato  del  circo  dello  stesso  Massenzio,  che  non  ad  alcu- 
n' altra  posta  lungo  la  via  Labicana  a  sei  miglia  distante:  per  rendere  vera  tale  attribu- 
zione bisogna  supporre  esservi  corso  errore  non  solo  nel  nome  della  via,  ma  anche  nel 
numero  delle  miglia.  Quindi  tutto  ciò  rimane  senza  potersi  validamente  dichiarare. 


TRA    IL    MIGLIO   II.    ED   IL    ITI.  81 

i 

conservata  più  diligente  memoria  il  Piranesi  con  tutto  ciò  che  al  medesimo 
monumento  si  riferisce  (17).  Vuoisi  poi  allo  stesso  luogo,  alquanto  ap- 
partato dalla  via  Appia  e  discosto  dal  maggior  concorso,  appropriare  quan- 
to venne  accennato  da  Cicerone  e  dal  suo  commentatore  Asconio  sul  ri- 
covero che  vi  trovavano  i  ladri  in  vicinanza  del  sepolcro  di  certo  Basilio: 
ma  nulla  di  positivo  su  di  ciò  può  stabilirsi  (18).  Però  ciò  che  sembra 
potersi  stabilire,  precipuamente  in  seguito  di  quanto  si  conosce  essersi  man- 
tenuto nel  medio  evo,  è  quel  pago  o  quella  borgata  che  doveva  esistere 
in  tale  posizione,  della  quale  se  ne  può  dedurre  una  qualche  autorità  da 
quella  iscrizione  che  si  rinvenne  scritta  su  di  un'ara  antica  del  museo  Va- 

(17)  La  delta  ara  si  assicura  dall' Olstenio  essersi  rinvenuta  nell'anuo  16 16  nel 
sotterraneo  dell'enunciato  edilìzio,  evidentemente  allorché  s'imprese  ad  eseguirne  il  rista- 
bilimento sinché  fu  poi  consacrato  dal  Pontefice  Urbano  Vili  neiranno  1634.  In  tale 
ara  leggesi  EITIAI  AIONl'IOT  |  AnPQNIAN03  lEPO^ANTH^,  cioè  all'ara  di  Bacco 
Aproniano  lerofante.  Si  riconoscono  nello  stesso  edifizio  essersi  fatti  altri  ristauri  nel- 
l'anno 1011  da  un  certo  frate  denominato  Bonizzone.  Ma  poi  si  appropria  al  luogo  in 
cui  esiste  il  medesimo  tempio,  il  nome  Trucidatorum  ricordato  negli  atti  dei  Santi  Mar- 
tiri, il  quale  si  dice  precisamente  essere  stato  posto  tra  le  vie  Appia  e  Latina  non  lungi 
dalla  città,  come  si  vede  in  particolare  dichiarato  negli  atti  di  S.  Nemesio  :  Ilìwn  etiam 
secKri  perculi  jiisscrunt  in  loco  ilio,  qui  est  inter  diius  vias  Appiam  et  Latinam,  non  lon- 
gc  ab  Urbe  Roma.  Il  Martinelli  nella  giornata  X  della  sua  Roma  Ricercata,  ed  il  Nardini 
nel  Gap.  Ili  del  Libro  HI  della  sua  Roma  Antica,  sono  quegli  scrittori  che  si  presero 
maggior  cura  di  prendere  in  considerazione  le  dette  memorie  sacre.  Quindi  su  di  ciò, 
unicamente  per  contestare  la  corrispondenza  in  detto  luogo  di  un  pago,  citeremo  quan- 
to venne  esposto  nella  passione  di  S.  Cecilia  pubblicata  dal  Bosio,  in  cui  accennando 
al  suo  marito  Valeriano  il  luogo  ove  pote\  a  trovare  S.  Urbano,  diceva  :  in  terlium  mil- 
Harium  ab  Urbe  via  quae  Appia  nuncupatur.  E  poscia  a  riguardo  dei  due  suoi  fratelli,  che 
erano  stati  condannati,  aggiungeva  che  furono  condotti,  ad  agrmn  Pagum  ubi  erat  sta- 
tua Jovìs.  Se  però  con  questa  seconda  notizia  non  volevasi  denotare  l'altro  luogo  che 
di  seguito  si  descrive.  Il  Piranesi  poi  nella  Parte  I  del  Voi.  VI  della  sua  grande  opera 
sulle  Antichità  di  Roma  prese  in  modo  più  ampio  a  dimostrare  l'architettura  del  me- 
désimo edifizio  che  lo  distingue  col  titolo  di  tempio  dell'  Onore  e  della  Virtù.  E  nella 
Tav.  Vni  espose  diligentemente  in  disegno  la  anzidetta  ara. 

;^18;  L'nas  video  mihi  a  te  non  esse  redditas;  guas  L.  Qitintius,  familiaris  meus, 
quum  ferrei,  ad  biistiim  Rasilii  vulneratus  et  despoliatus  est.  f Cicerone,  Epist.  ad  Attico. 
Lib.  VII.  Epist.  ^.)  A  quanto  veniva  esposto  dal  medesimo  Cicerone  nel  Cap.  XIX  della 
sua  Orazione  per  Milone,  si  trova  riferita  dal  suo  commentatore  Asconio,  la  seguente 
notizia:  Via  Appia  est  prope  Urbetn  monumentnm  Rasili,  qui  locns  latrociniis  fuit  per  qiiam 
infamis,  quod  ex  aliis  quoque  midlis  intelligi  potest.  Quindi  se  nell'  indicato  luogo  esiste- 
va il  busto,  come  venne  esposto  nella  surriferita  notizia  di  Cicerone,  cioè  luogo  desti- 

11 


82  VIA    APPIA    PARTE    III. 

ticano.  nella  quale  si  fa  menzione  di  un  certo  T.  Quinzio  maestro  dei  due 
pagi  e  vici  Sulpizj  ;  poiché  è  ben  palese  in  particolare  dalla  così  detta 
base  capitolina,  in  cui  sono  annoverati  diversi  vici  di  Roma,  che  nella  re- 
gione I  esisteva  tanto  il  vico  Sulpizio  ulteriore  che  il  Citeriore  (19).  Così  è 
da  credere  che  in  quella  parte  del  suburbano,  che  corrispondeva  nelle  adia- 
cenze di  detta  regione,  vi  fossero  i  suddetti  due  paghi  Sulpizj  ;  giacche  sta- 
vano solto  la  giurisdizioue  di  uno  stesso  maestro.  Il  luogo,  che  presenta 
pili  opportunità  per  soddisfare  a  tale  considerazione,  è  certamente  quello 
preso  ora  a  considerare,  nel  quale  le  abitazioni  del  pago  si  dovevano  sten- 
dere evidentemente  in  tutto  Y  intorno  del  circo  di  Massenzio  ed  anche  nella 
posizione  occupata  dal  sepolcro  di  Cecilia  Metella. 

NINFEO  DETTO  VOLGARMENTE  GROTTA  DI  EGERIA.  Quanto 
sia  impropria  la  volgare  denominazione,  attribuita  all'  indicato  ninfeo  di  cre- 
derlo avere  costituito  quel  luogo  rinomato  nelle  memorie  delle  più  vetu- 
ste età  di  Roma,  in  cui  Numa  si  recava  in  secreto  a  consigliarsi  con  Ege- 
ria, si  è  già  dimostrato  nella  Parte  I  facendone  di  esso  menzione  unita- 
mente al  tempio  e  bosco  delle  Camene ,  a  cui  si  trovava  unito  in  vicinanza 
della  porta  Capena.  Quindi  ci  limiteremo  ad  osservare  ciò  che  serve  a  ri- 
conoscere in  tale  piccolo  edilìzio,  che  esiste  incavato  nella  rupe  adiacente 
alla  valle  dell'Aimone,  un  luogo  di  delizioso  trattenimento  formato  a  guisa 
di  ninfeo,  che  doveva  appartenere  ad  alcuna  delle  nobih  ville  che  eranvi 
nel  suburbano  di  Roma  precipuamente  in  tale  più  abitata  parte  della  regio- 
ne ed  in  vicinanza  della  più  frequentata  via.  Perciocché  dalle  più  accurate 

nato  ad  ardere  i  corpi  dei  defunti ,  e  non  il  monumento  di  Basilio ,  come  si  rilerisce 
nella  spiegazione  di  Asconio,  si  troverebl)e  essere  opportuna  la  suddetta  località  per 
essere  alquanto  discosta  dalla  via  Appia  onde  evitare  di  recare  nocumento  col  fuoco 
ai  diversi  sepolcri  esistenti  lungo  essa:  ma  anche  su  di  ciò  nulla  di  preciso  può  sta- 
bilirsi sulle  notizie  che  si  hanno  dei  surriferiti  documenti. 

(19)  La  indicata  iscrizione  venne  primieramente  presa  a  considerare  dal  Marini 
''Atti  dei  fratelli  Armli.  Tav.  1.  Pag.  18,  e  si  contiene  in  due  linee  scritte  sopra  e  sot- 
to nell'ara  del  museo  Vaticano  tra  la  rappresentanza  di  festoni  con  crani  bovini,  ed 
un'ara  custodita  da  due   sacrificanti.    Così   superiormente    leggesi  :  t.  qvintivs  .  q.  f. 

TVLLi CALTiLi  .  CALT.  L.  Ed  inferiormente,  mag.  de  .  dvobvs  .  pageis  .  et 

viCEi  .  SVLPiCEi.  Quindi  la  indicazione  dell'esistenza  dei  due  vici  Sulpizj  nella  regio- 
ne I  si  trova  registrata  nella  base  Capitolina  in  questo  modo:  vico  svlpici  vlterior  .... 
VICO  svlpici  citerioris.  Per  la  più  probabile  posizione  occupata  dai  medesimi  due  vici 
si  veda  la  descrizione  della  Regione  I  della  quarta  edizione  dell'opera  mia  intitolata: 
Indicazione  Topografica  di  Roma  antica. 


TRA    IL    MIGLIO    II.    ED    IL    III.  83 

ricerche,  fatte  per  conoscere  la  forma  sua,  si  ritrovò  essere  esso  opera  in- 
leramente  fatta  nell'epoca  imperiale^  e  l'acqua  fluente  dalla  statua,  ivi  col- 
locata, non  essere  altrimenti  sorgiva  nel  luogo  stesso,  ma  condotta  dalle 
sue  adiacenze,  come  fu  contestato  dal  ritrovamento  del  condotto  che  la  por- 
tava, ed  anche  esser  l'acqua  medesima  acidula  e  non  grata  a  bere,  come 
doveva  essere  quella  sorgente  nelle  adiacenze  del  luogo  sacro  alle  Came- 
ne, come  fu  attestato  da  Vitruvio.  Le  quali  condizioni  tutte,  riconoscendosi 
contrarie  a  quelle  prescritte  per  la  spelunca  di  Egeria,  oltre  a  quelle  già 
osservate  sulla  sua  posizione,  sono  di  valevole  documento  per  escludere  la 
volgare  appropriazione  e  riconoscervi  un  ninfeo  appartenente  ad  alcuna  vil- 
la sussistente  nel  sovrastante  colle  (20). 

ACQUA  FLUENTE  NELLA  SOTTOPOSTA  VALLE  DETTA  RE- 
TRICINE  E  VIA  ARDEATINA.  Da  Pesto,  coli'autorità  di  Catone,  venne 
esposto  che  dalle  Retrici  si  appellava  quell'acqua  che  stava  al  di  sopra 
della  via  Ardeatina  tra  il  secondo  ed  il  terzo  miglio,  la  quale  serviva 
ad  irrigare  gli  orti  posti  di  sotto  alla  stessa  via  Ardeatina  ed  all'Asinaria 
sino  alla  Latina  (21).  Nelle  quali  parole  il  Nardini  osservava  che  gran 
mostri  apparivano  ;  perciocché ,  essendo  di  volgare  conoscenza  la  sussisten- 
za della  via  Ardeatina  inferiormente  all'Appia,  non  si  poteva  immaginare 


(20)  La  volgare  denominazione,  appropriata  al  suddetto  ninfeo,  fu  sostenuta  da  una 
memoria  che  erasi  posta  nel  decimoquinto  secolo  per  accreditare  quel  luogo  ed  atti- 
rarvi concorrenti ,  come  venne  indicato  da  Flaminio  Vacca  nella  Memoria  N.  83,  la 
quale  non  più  esiste.  Le  scoperte  fatte  nell'interno  e  nelle  adiacenze  del  medesimo 
ninfeo,  per  cura  speciale  dell'avvocato  Fea,  furono  da  lui  descritte  nel  Prodromo  di  va- 
rie osservazioni  e  scoperte  Pag.  28  e  nelle  Varietà  di  notizie  Pag.  182.  Per  escludere 
la  indicata  volgare  approvazione  si  veda  quanto  già  fu  osservato  nelle  Note  11  e  12 
della  Parte  L  E  per  conoscere  la  più  probabile  forma  e  decorazione,  che  aveva  il  me- 
desimo ninfeo,  si  veda  la  Classe  X  dell'Opera  sugli  Edifizj  di  Roma  antica  Tav.  CCXXXVI. 

(21)  Retricibus  cum  ait  Gito  in  ea,  guani  scribsit,  cura  edisserlavit  Fulvi  Nobilioris 
censuram,  significai  aguam  eo  nomine,  quae  est  supra  viam  Ardeatinam  inter  lapidem  se- 
rundum  et  tertium,  gua  inrigantur  horti  infra  viatn  Ardeatinam  et  Asinariam  iisque  ad 
Lalinam.  (Testo,  in  Retricibus.)  Tale  nome  evidentemente  fu  dato  all'indicata  acqua  a 
motivo  della  retribuzione  che  di  essa  facevasi  per  irrigare  i  suddetti  orti  ;  e  forse  per 
consimile  motivo  si  conservò  presso  i  romani  moderni  il  nome  Retrecine  dato  a  quel- 
la ruota  orizzontale  che  viene  mossa  con  acqua  retribuita  per  muovere  le  macini  im- 
piegate nella  molitura  dei  grani.  E  tale  spiegazione,  che  si  deriva  dal  verbo  retribuo.  è 
forse  più  propria  di  quella  che  si  suol  dedurre  dal  vocabolo  greco  piìòpov  per  indica- 
re un  rivo  fluente. 


81  VU   APPIA    PARTE    III. 

come  da  tali  autorevoli  scrittori  si  fosse  fatta  menzione  delle  anzidette  vie 
senza  parlare  dell'Appia  ch'era  più  celebre  e  che  doveva  essere,  secondo 
tale  volgare  opinione,  interposta  alle  medesime  vie  secondarie.  Ma  spari- 
ranno tutte  le  difficoltà  quando  si  considera  che  non  vi  è  alcun  documen- 
to autorevole  che  contesti  avere  la  via  Ardeatina  avuto  lo  stesso  andamen- 
to di  quello  che  ora  si  prescrive,  cioè  della  via  moderna  che  si  separa 
dall'Appia  da  vicino  alla  cappella  detta  Domine  quo  Vadis?  e  che,  metten- 
do all'altra  cappella  della  Madonna  del  Divino  Amore,  viene  distinta  con 
lo  stesso  nome;  perciocché  ne  si  può  sostenere  la  sussistenza  di  avere 
l'attuale  chiesa  di  S.  Balbina  corrisposto  lungo  la  via  Ardeatina,  come  si 
vorrebbe  dedurre  dalla  notizia  esposta  da  Anastasio  sulla  edificazione  fatta 
dal  pontefice  S.  Marco  di  altra  chiesa  distinta  con  tale  titolo  ;  poiché  co- 
me osservava  lo  stesso  Nardini.  essendo  essa  indicata  fuori  di  Roma,  non 
poteva  essere  quella  che  esiste  sull'Aventino  entro  la  città.  Né  poi  si  han- 
no notizie  che  da  tale  parte,  dopo  lo  stabihmento  delle  mura  Aureliane 
vi  fosse  uscita  alcuna  via,  e  né  l'Ardeatina  avesse  come  la  Latina  avuto 
comune  principio  coll'Appia  (22).  Quindi  resta  precisamente  libero  di  con- 

(22)  Le  enunciate  osservazioni  del  Nardini  sono  esposte  nel  Libro  ni  Gap.  3 
della  sua  Roma  antica.  Ed  in  prova  di  non  potersi  riconoscere  l'attuale  chiesa  di  S. 
Balbina,  che  esiste  entro  Roma  sull'Aventino,  per  quella  ricordala  da  Anastasio  nell" in- 
dicare esservi  stato  seppellito  S.  Marco,  che  stava  lungo  la  x'm  Ardeatina  fuori  della 
città,  con  queste  parole ,  hic  fecit  duas  basilicas,  imam  via  Ardeatina  ubi  requiescit,  et 
aìiam  in  Urbe  Romae  jtixta  Pallacinis;  trovasi  accennato  dal  Martinelli,  Balbinae  templi 
via  Ardeatina  meminit  Bosius  Lib.  111.  Cap.  18j  ex  Damaso  in  vita  sancti  Marci.  Ve- 
runi legimus  Marcum  aedificasse  duas  basiìicae,  non  autem  sanctae  Balbinae.  Roma  ex  Elhni- 
ca  Sacra.  Cap.  12.y  Quindi  è  duopo  ossenare  che  non  vi  è  dubbio  che  da  vicino  al 
luogo  dell'Aventino,  sovTastante  le  terme  di  Caracalla,  in  cui  esiste  la  chiesa  di  S.  Bal- 
bina, doveva  trovarsi  la  porta  Nevia  nella  parte  della  cinta  delle  mura  di  Servio  che 
circonscriveva  tale  colle;  e  lungo  il  principio  della  via,  che  usciva  da  tale  porta,  do- 
veva trovarsi  quel  grande  e  vetusto  sepolcro  che  il  Santi  Bartoli  ne  conservò  il  dise- 
gno nelle  Tav.  XLV  e  XLVI  della  sua  raccolta  sui  sepolcri  antichi,  dicendolo  scoper- 
to sull'Aventino  tra  la  chiesa  di  S.  Saba  e  le  mura  della  città,  e  che  continuando  la 
stessa  via  si  giungeva  alla  selva  Nevia  ricordata  in  specie  da  Yarrone  [De  Ling.  Lat. 
Lib.  V.  e.  163)  e  da  Pesto  (V«  ì^aevinm.'  Ma  poi  è  pure  palese  che  nell'epoca  in  circa 
stessa,  in  cui  Anastasio  esponeva  la  suddetta  notizia,  non  esisteva  nella  cinta  delle  mu- 
ra Aureliane  nessuna  porta  in  corrispondenza  di  tale  via  ;  poiché  nell'accuratissima  de- 
scrizione delle  mura  di  Roma,  riferita  dairanonimo  Einsiedlense,  non  si  trova  fatta  men- 
zione tra  la  porta  Appia  e  la  Ostiense  di  alcuna  porta  intermedia:  A  porta  Appia  mgue 
ad  Ostiensem  turres  XLVIII  propugnactila  DCXI.  ■  ■  .;  mentre  vedesi  ricordata  tra  le 


TRA    IL    MIGLIO    II.    ED    IL    III.  85 

cordare  la  prima  parte  della  via  Ardeatina  in  modo  che  si  trovi  corri- 
spondere alle  indicale  autorevoli  e  più  vetuste  memorie.  Venendo  essa 
evidentemente  stabilita  anche  anteriormente  all'Appia,  doveva  avere  una 
uscita  dalla  città  difTerente  da  questa  via  e  più  collegata  con  la  parte 
centrale  dell'abitato,  quale  era  il  Celio,  ove  nella  cinta  delle  mura  di 
Servio,  che  circondava  tale  colle  nel  lato  meridionale,  eravi  la  porta 
Fontinale  che  fu  poscia  sostituita  dalla  porta  Metrovia  nella  cinta  delle 
mura  Aureliane,  e  che  con  assai  convenienza  si  può  attribuire  la  deriva- 
zione del  nome,  che  essa  ebbe,  dalla  ben  nota  celebrità  dei  fonti  detta 
FonUmulia,  secondo  Varroue  e  Pesto,  dai  molti  fonti  che  esistevano  nel  luogo 
a  cui  essa  metteva,  e  principalmente  quello  che  dava  origine  alle  annun- 
ciate acque;  come  ancora  si  trova  opportunamente  convenire  la  notizia 
esposta  da  Livio  sul  portico  che  stava  fuori  di  detta  porta  e  che  giun- 
geva sino  al  campo  di  Marte  collocato  nella  sottoposta  valle  dell'Aimo- 
ne (23).  Quindi  in  seguito  di  queste  considerazioni  si  può  stabilire  che 
la  via  Ardeatina  aveva  fatto  capo  alla  porta  Fontinale,  posta  nella  parte 
che  circondava  il  lato  occidentale  del  Celio,  nella  cinta  delle  mura  di 
Servio,  e  dopo  di  avere  oltrepassato  la  porla  Metrovia,  della  cinta  Aure- 
liana,  si  fosse  portata  a  raggiungere  la  strada  moderna  della  CatTarella  e 
trapassare  la  valle  dell'Aimone  in  vicinanza  del  piccolo  edifizio  volgar- 


porte  Asinaria  e  Latina  quella  detta  Metrovia.  Le  tracce  della  sussistenza  di  una  porta, 
che  si  rinvengono  nelle  stesse  mura  prima  di  giungere  al  grande  bastione  del  San  Gallo, 
e  della  via  che  usciva  dalla  stessa  porta,  che  si  protraggono  a  traverso  della  sottoposta 
valle  deirAlmone  lungo  il  vicolo  detto  della  Travicella,  dovevano  evidentemente  appar- 
tenere più  alla  via  Laurentina  che  all'Ardealina,  quando  tale  via  aveva  ancora  una  di- 
stinta uscita  dalla  città  e  non  si  era  portata  a  far  parte  dell'Ostiense  sino  al  terzo  mi- 
glio. Non  si  hanno  poi  notizie  alcune  sull'esistenza  di  alcuna  porta  delta  Ardeatina  della 
cinta  Aureliana,  ma  bensì  di  quella  detta  Metrovia  tra  l'Asinaria  e  la  Latina,  dalla 
(juale  doveva  uscire  tale  via. 

i^23)  Della  porta  Fontinale,  oltre  alle  notizie  riferite  da  Varrone  (De  Ling.  Lat. 
Lib.  VI.  e.  22  '  e  da  Pesto  e  dal  suo  commentatore  Paolo  fin  Fonlinalia),  se  ne  trova 
fatta  menzione  da  Livio  nell'  indicare  esservi  stato  fuori  di  essa  un  portico  che  si  pro- 
traeva sino  al  campo  di  Marte,  posto  precisamente  verso  tale  parte,  come  fu  dimo- 
strato precedentemente  :  alteram  fporlicumj  a  porta  Fontinali  ad  Martis  arnm  qua  in  cam- 
pmn  iter  esset  prodiixcrunt  (Zivio.  Lib.  XXXV.  e.  iO.J  Ed  infatti  lungo  la  via  Appia,  colla 
quale  doveva  comunicare  l'Ardeatina.  fu  rinvenuta  la  seguente  iscrizione  che  concerne 
la  porta  Fontinale  :  Dis  .  mambvs  \  a  .  afidi  \  maioris  ]  tabellari  |  a  .  porta  |  fonti- 
mali.  (Grillerò.  Pag.  DCXXIV.  N.  II.  Romae  ad  viam  Àppiam.   Vidit  Smetiiis.J 


<S(ì  VIA    APPIA    PARTE    III. 

mente  denouiiiiato  tempio  del  Dio  Redicolo.  ove  infatti  rimangono  tracce 
di   una  antica  via,  e  dove  veniva  a  corrispondere  la  distanza  accennata 
da  Pesto  tra  il  secondo  e  terzo  miglio.  Per  le  acque,  che  sorgevano  su- 
periormente a  detto  luogo,  si  possono  intendere  solo  quelle  che  ora,  ve- 
nendo dal  luogo  denominato  Acqua  Santa,  fluiscono  nella  valle  detta  della 
CafTarella  in  vicinanza  del  suddetto  ninfeo  denominato  Grotta  di  Egeria; 
ed  esse,  venendo  sostenute  in  alcun  regolare  canale,  potevano  benissimo 
servire  ad  inaffiare  gli  orti  che  dovevano  trovarsi  inferiormente  alla  detta 
via  Ardeatina,  ed  anche  all'Asinaria  che  ben  si  conosce  avere  avuto  capo  alla 
porta  che  tuttora  sussiste  in  vicinanza  di  quella  di   S.  Giovanni,  e  giun- 
gere sino  alla  via  Latina  che  eziandio  pure  si  conosce  essere  uscita  dalla 
porta  che  ne  conserva  il  nome.  Quindi  la  via  Ardeatina,  secondo  il  sud- 
detto andamento,  si  portava  a  trapassare  l'Appia  a  lato  della  chiesa  di 
S.  Sebastiano,  e  raggiungere  la  strada   detta  della   Madonna  del  Divino 
Amore  percorrendo  il  vicolo  detto  di  S.  Sebastiano,  e  poscia  introdursi  nella 
strada  della  Madonnina  che  più  rettamente  conserva  la  direzione  verso  Ar- 
dea  che  doveva  avere  l'antica  via  anzidetta.   In  tal   modo  resta   sempre 
più  confermata  la  indicazione,  che  si  rinviene  negli  atti  dei  Santi  Martiri  del 
cimitero  di  S.  Calisto,  sul  quale  venne  stabilita  la  detta  chiesa  di  S.  Se- 
bastiano,  in   comune  tanto  alla  via  Appia  quanto  all' Ardeatina;  giacché 
quest'ultima   traversava   precisamente  il  luogo  distinto  anche  dagli  antichi 
col  nome  delle   Catacombe   che  al  di  sotto  stavano  scavate;   mentre  la 
strada,  alla  quale  attualmente  si  appropria  il  nome  di  Ardeatina,  si  trova 
trapassare   alquanto   distante.    Quindi  è  da  credere  che  questa  medesima 
strada  sia  stata  aperta  posteriormente  per  dare  una  qualche  particolare  co- 
municazione tra  le  dette  due  vie. 

SEPOLCRO  VOLGARMENTE  DETTO  TEMPIO  DEL  DIO  RE- 
DICOLO. Tra  i  monumenti  superstiti  nella  località,  corrispondente  a  si- 
nistra della  via  Appia  nella  parte  ora  considerata,  non  si  può  tralasciare 
di  far  cenno  di  quel  monumento  costrutto  coll'opera  laterizia  che  esiste 
nella  valle  dell'Aimone  e  che  viene  volgarmente  distinto  col  titolo  di 
tempio  del  Dio  Redicolo.  Come  sia  impropria  questa  denominazione  è 
bastantemente  dimostrato  da  quanto  si  è  già  accennato  sulla  precisa  po- 
sizione occupata  dal  luogo  in  tal  modo  distinto,  che  stava  a  destra  della 
via  Appia  al  secondo  miglio.  E  come  in  esso  non  si  possa  riconoscere 
altro  che  un  sepolcro  si  può  dichiarare  con  i  diversi  esempj  di  similissimi 
monumenti  che  esistono  lungo  la  via  Appia  stessa  ed  anche  lungo  la  Latina; 
e  perciò  non  può  eziandio  riconoscersi  in  esso  la  pertinenza  di  alcun  al- 


TRA    IL    mOLlO    II.    ED    IL    ITI.  iS  / 

Irò  tempio,  come  in  particolare  di  quello  dedicato  a  Cibele.  o  dell'altro 
anche  più  rinomato  della  Fortuna  Muliebre,  come  pure  si  volle  supporre 
senza  alcun  autorevole  documento.  Quindi  è  che  per  un  qualche  distinto 
sepolcro  si  può  solamente  annoverare  lo  stesso  monumento.  E  siccome  si 
è  determinato  avere  transitato  per  lo  stesso  luogo  la  via  Ardeatina  ;  così  per 
un  sepolcro  eretto  a  lato  di  tal  via,  secondo  il  metodo  comunemente  prati- 
cato, si  trova  dichiarato  (24). 

SEPOLCRO  DI  CECILIA  METELLA.  Ritornando  sulla  via  Appia 
in  vicinanza  dell'ultimo  edifizio  preso  a  descrivere,  quale  il  tempio  di  Ro- 
molo, si  presenta  di  prospetto  sull'alto  della  salita  il  grande  sepolcro  che  la 
iscrizione,  sussistente  sulla  sua  fronte,  non  lascia  dubbio  alla  conoscenza  della 
sua  pertinenza;  perchè  con  minor  numero  di  lettere  possibile  si  dichiara  ap- 
partenere a  Cecilia  Metella  figlia  di  Q.  Cecilio  Cretico  e  moglie  di  Crasso  : 
CAECiLiAE  I  Q  .  CHETICI  .  F  |  METELL.iE  .  CRASSI.  Il  monumento,  sì  dall' iscrizione 
stessa,  sì  dalla  sua  forma,  appare  avere  servito  per  la  indicata  sola  distinta 
persona  che  dalla  gente  Metella  passò  sulla  Licinia  divenendo  moghe  di 
Crasso;  e  perciò  non  può  giustamente  riconoscersi  per  quello  dei  Metelli 
che  venne  annoverato  da  Cicerone  nella  ben  nota  indicazione  di  quei  sepol- 
cri che  si  trovavano  fuori  della  porta  Capena ,  come  comunemente  si  volle 
stabilire  (25).  La  forma  e  decorazione  dello  stesso  monumento,  quantunque 
superiormente  mascherata  dall'essere  stato  ridotto  a  servire  di  principale 
propugnacolo  dell'arce  dei  Caetani,  stabilita  nel  luogo  stesso  nel  decimoterzo 
secolo,  si  può  bastantemente  determinare  da  quanto  sussiste  di  conservato. 


(24)  Nella  classe  II  Tav.  LXXMI  delfopera  sugli  Edifìzj  di  Roma  Antica  si  è  pre- 
so in  miglior  modo  ad  esporre  la  intera  architettura  del  suddetto  monumento  di  ope- 
ra laterizia  esistente  nella  valle  deirAImone. 

'25'  Si  conviene  di  riconoscere  nella  Cecilia  Metella,  a  cui  apparteneva  il  detto 
sepolcro,  la  figlia  di  quel  Quinto  Cecilio  Metello  che  acquistò  il  cognome  Cretico  dal- 
l'avere soggiogato  r  isola  di  Creta  come  proconsole  nell'anno  di  Roma  686.  Da  quanto 
si  trova  esposto  sul  Crasso  suo  marito,  che  si  conosce  essere  morto  nella  guerra  contro 
i  parti  nell'anno  700,  si  venne  a  dedurre  essere  stato  il  monumento  stesso  eretto  tra 
i  medesimi  due  periodi  di  tempo.  E  comune  opinione  che  il  grande  sarcofago  di  mar- 
mo, che  esiste  sul  palazzo  Farnese,  sia  stato  rinvenuto  entro  la  cella  del  medesimo  se- 
polcro nel  pontificato  di  Paolo  III  :  ma  ciò  non  potendosi  contestare  con  autorevoli  me- 
morie, nonostante  che  nelle  esposizioni  di  tale  monumento  del  Santi  Barloli  e  del  Pira- 
uesi  si  denoti  persino  il  modo  come  fu  estratto,  né  riconoscendosi  nei  suoi  ornamenti 
scolpiti  lo  stile  proprio  dell'anzidetta  epoca,  si  volle  supporre  essere  stato  invece  rin- 
venuto negli  scavi  fatti  nella  medesima  epoca  nelle  sue  adiacenze,  nei  quali  vennero  sco- 


8S  VTA    APPU    PARTE   IH. 

e  COSÌ  pure  dalla  sua  cella  interna  che  venne  soltanto  in  miglior  modo  rico- 
nosciuta negli  scavi  fatti  nell'anno  1836,  dai  quali  si  conobbe  non  esservi  stata 
quella  seconda  cella  e  quell'accesso  dalla  parte  del  prospetto  che  venne  sup- 
posto dal  Santi  Cartoli  e  dal  Tiranesi  nelle  loro  esposizioni,  ed  essere  perciò 
dubbia  la  pertinenza  del  detto  sarcofago. 

SEPOLCRI  DI  0.  GRANICO  LABEONE  E  DI  T.  CRUSTIDIO. 
Negli  sterramenti  ultimamente  eseguiti  per  scuoprire  l'anzidetto  sepolcro  di 
Cecilia  xMetella,  si  rinvennero  nelle  sue  adiacenze  e  precipuamente  avanti 
la  sua  fronte,  diverse  reliquie,  di  varii  sepolcri  che  dovevano  esistere  lun- 
go la  via  a  poca  distanza  dal  medesimo  grande  monumento.  I  più  impor- 
tanti oggetti  rinvenuti  in  tali  scavi  si  sono  collocati  nel  muro  che  rac- 
chiude il  cortile  del  vecchio  castello.  Tra  essi  si  distinguono  principal- 
mente due  grandi  iscrizioni  che  fanno  conoscere  esservi  stati  nelle  stesse 
adiacenze  i  due  enunciati  sepolcri;  poiché  in  una  leggesi:  Q.  gramvs  .  m. 
F  I  LABEo  .  TR.  MiL  |  LEG.  TERTiAE.  Chi  sia  stato  qucsto  Q-  Grauio  Labeo- 
ne  tribuno  dei  militi  della  terza  legione  non  è  altrimenti  cognito.  Si  co- 
nosce bensì  esservi  stato  un  Granio  Silvano  che  fu  impiegato  da  Nerone 
per  far  morire  Seneca,  come  venne  narrato  da  Tacito,  e  come  nel  se- 
guito ampiamente  si  prenderà  a  considerare:  ma  costui  era  tribuno  di 
una  corte  pretoriana.  Nell'altra  iscrizione,  frammentata  però  in  principio, 
leggesi: T.  CRvsTmivs  .  t.  f.  fabbriso  | praef. 

EQVIT    .    VIXIT    .    ANN.    XIX   | EX    .    TESTAMENTO    .    PRO  .   PARTE    .   DI- 

m«DiA  Anche  minori  notizie  si  hanno  di  questo  T.  Crustidio,  benché  ab- 
bia avuto  pure  una  miglior  qualifica.  Quanto  poi  sussiste  dei  marmi  scol- 
piti, che  dovevano  appartenere  alla  decorazione  dei  medesimi  monumenti 
sepolcrali  e  principalmente  una  ben  conservata  e  grande  antefissa  angolare, 
dimostra  essere  stati  eseguiti  in  circa  nell'epoca  media  dell'impero  (26). 

perle  le  importanti  memorie  di  Erode  Attico,  che  di  seguito  si  prendono  a  considerare. 
Nelle  Tav.  CCLXXII,  CCLXXIII,  e  CCXC  degli  Edifizj  di  Roma  antica  tanto  il  monu- 
mento che  il  sarcofago  anzidetto  si  sono  presi  a  dimostrare  in  tutta  la  loro  intera 
forma  e  decorazione. 

(26)  Esistono  inoltre  tra  gì"  indicati  oggetti  alcuni  frammenti  di  altre  iscrizioni, 
dai  quali  però  nulla  può  determinarsi,  come  è  quello  in  cui  leggesi  :  ....  l.  accolei  . 
M.  I  ....  X.  E  Taltro  con  le  semplici  lettere  ....  cephor  ....  Una  piccola  par- 
ticolare iscrizione  intera  esiste  in  un  frammento  di  sarcofago  in  cui  leggesi:  d.  m.  [  aelia  . 

e.  F.  I  AGATAE  .  AN.  X.  |  DIES  .  XV.  AELIVS  .  |  CORNVTVS  .  ET  .  CON  |  COBDIA  .  PAREN  |  TES. 

Ma  non  offre  nessun  interesse,  come  nulla  d'importante  può  dedursi  dagli  altri  piccoli 
Oggetti  collocati  nella  stessa  parete. 


QUARTA    PARTE 
TRA  IL  TERZO  ED  IL  QUARTO  MIGLIO 


TRIOPIO.  Siccome  dalla  anzidetta  diligente  operazione,  fatta  per  de- 
terminare con  precisione  la  corrispondenza  delle  colonne  milliarie  lungo  la 
via  Appia ,  si  venne  a  riconoscere  essere  quella  del  terzo  miglio  stata  col- 
locata a  metri  102  :  75  dopo  la  parte  centrale  del  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
tella  ;  così  ne  deriva  la  conseguenza  che  quel  pago  o  borgo  distinto  col 
nome  Triopio.  che  slava  nei  predii  di  Regilla  e  che  si  dice  nelle  iscrizio- 
ni Triopee  collocalo  al  terzo  miglio  della  via  Appia,  doveva  corrispondere 
precisamente  in  tale  luogo  ed  estendersi  ad  occupare  in  circa  quanto  ven- 
ne racchiuso  nella  cinta  del  castello  dei  Caetani.  Nel  luogo  stesso  doveva 
esistere  l'agro  di  Erode  Attico,  in  cui  quel  Triopio  fu  stabilito  con  i  campi 
consacrati  a  Cerere  e  Proserpina.  come  venne  dichiarato  nelle  due  co- 
lonnelle rinvenute  sotto  il  pontificato  di  Paolo  III  precisamente  in  vi- 
cinanza del   sepolcro  di  Cecilia  Metella  (1).  Dalle  altre  importanti  iscri- 

(1)  Il  Grillerò  alla  Pag.  XXVII.  N.  I,  coirautorità  dello  Smezio,  ci  ha  conservata 
memoria  del  luogo  in  cui  furono  rinvenute  le  dette  due  colonnette  che  furono  collocate 
negli  orti  Farnesiani  e  poscia  trasportate  nel  museo  borbonico  di  Napoli  cogli  altri  monu- 
menti dei  Farnesi:  Romae,  in  duabiis  columnis  via  Appia,  apud  septilcbrum  MeteUae  re- 
perdf,  alqtie  hortos  Farnesianos  translatis.  Smetius  exscripsit.  Dal  Fea  poi  venne  indicato 
alla  Pag.  7  del  suo  opuscolo  intitolato  Osservazioni  sulla  via  Appia,  che  nel  codice  di  Pirro 
Ligorio  della  biblioteca  Farnesiana  di  Napoli  si  conserva  il  disegno  della  villa  di  Erode 
Attico,  in  cui  furono  rinvenute  le  dette  iscrizioni.  Benché  non  si  soglia  prestar  gran  fe- 
de alle  memorie  lasciate  dal  Ligorio;  pure  in  siffatte  semplici  memorie  topografiche  non 
si  può  supporre  una  intera  invenzione  sua.  Percui  ho  fatto  pregare  il  dotto  archeologo 
.Minervini  di  compiacersi  a  farne  estrarre  copia  per  poterla  aggiungere  in  corredo  di  questa 
esposizione  onde  vieppiiì  dimostrare  il  luogo  preciso  del  medesimo  importante  ritrova- 
mento. La  indicata  iscrizione,  scolpita  sulle  due  colonnette  Farnesiane,  si  è  ridotta  da  En- 
nio Quirino  Visconti  nella  sua  opera  sulle  Iscrizioni  Greche  triopee  nel  seguente  modo: 
OÙ0£V£  Bc'JLtrè'J  fj^roc/uvr^uxi  ix  ~o\)  Tptcniov  o  sarjv  im  tcv  rptzsv  Iv  tv;  coi  zr,  Knruy. 
HiijSsu  ìr/,<ow.  o\)  'f).p  Xóiiz-j  rù  xiv/jtxvt;.  M«3tu;  oai'xuv  ri  vjo^'.x  y.oct  ci  xicyi: 
A-^fjivjTOsg  /.xì  Kóyr,;  my.9r,ixot.  ym  '/Bo'A'^'j  3ìwj  ym  (Pij'/ìX)./;?}.  Si  appropria  poi  comu- 
nemente al  medesimo  luogo  quella  iscrizione  che  ha  servito  poscia  per  denotare  il  settimo 
miglio,  evidentemente  della  via  Appia  stessa,  ivi  posta  ai  tempi  di  Massenzio,  come  è  di- 
chiarato con  la  seguente  iscrizione  che  si  legge  in  un  lato:  domi>"0  |  nostro  .  màxemio  [ 

12 


90  VIA    APPIA    PARTE    IV. 

zioni,  scoperte  di  seguito  nello  stesso  luogo  sotto  il  pontificato  di  Paolo  V. 
si  è  trovato  poeticamente  esposto  in  una  tavola  come  Erode  Attico  avesse 
invocato  le  due  divinità  attiche,  IMinerva  e  Nemesi,  ad  onorare  quel  luogo 
a  loro  sacro  nell'ospitale  borgo  denominato  Triopio,  evidentemente  da  Trio- 
pe  cultore  di  Cerere,  il  quale  luogo  era  stato  dallo  stesso  Erode  a  tale 
effetto  cinto  di  mura  e  decorato  con  tempj  in  onore  delle  stesse  divinità 
eretti;  e  poscia  come  venisse  nel  particolare  tempio  dedicato  a  Minerva 
egli  stesso  sepolto  ad  imitazione  di  Erittonio  che  ebbe  sepoltura  nel  tempio 
di  Minerva  Poliade  in  Atene.  Quindi  nell'altra  tavola  si  descrive  come  nel 
luogo  stesso  esistesse  un  bel  tempio  consacrato  tanto  a  Cerere  antica,  di- 
vinità ben  cognita,  quanto  a  Cerere  nuova,  cioè  a  Faustina  giuniore  moglie 
dell'  imperatore  Marco  Aurelio,  nel  quale  era  posto  il  simulacro  di  Regilla 
che  vantava  una  discendenza  eroica  da  Enea,  e  che  era  divenuta  sposa  di 
Erode  in  Maratona  sua  patria  (2).  Così  da  queste  autorevoli  notizie  si  vie- 


pio  .  FELICI  [  iNviCTO  |  AVGVSTO  f  Vili.  E  ncl  lato  opposto  SÌ  Iradusse  in  lettere  latine 
la  seguente  notizia  :  anxia  .  regilla  [  herodis  .  vxor  [  lvmen  .  domvs  |  cvivs  .  uaec  . 
PRAEDiA  I  FVER\'>T.  La  qualc  iscrizione  però  prima  che  fosse  collocata  nel  museo  Ca- 
pitolino stava  negli  orti  annessi  al  monastero  di  S.  Eusebio,  come  si  dichiara  dal  Fabretli. 
flnscript.  Pag.  412.  N.  355.J  E  con   questo  documento,   supponendolo  trasportalo  dal 
terzo  al  settimo  miglio  dellAppia  al  tempo  di  Massenzio,  e  poscia  per  una  di  quelle  tante 
traslocazioni,  che  sì  sono  fatte  nei  tempi  successivi,  portata   nei  detti  orti,  si  venne  a 
stabilire  che  il  Triopio,  con  i  luoghi   consacrati  a  Cerere  ed  a  Minerva  e  con  l'agro  di 
Erode  Attico,  stavano  nei  predìì  dì  Annia  Regilla  sua  moglie  che  si  conosce  essere  stata 
sorella  dì  Appio   Annìo  Atilio  Bradua  che  fu  console  nell'anno  160  dell'era  cristiana. 
(2)  Quanto  venne  indicato  sussistere  nella  Tav.  I  delle  celebri  iscrizioni  Trìopee  si 
contiene  dal  1  al  15  verso  che,  secondo  la  trasposizione  in  carattere  comune,  vennero  espo- 
sti da  Ennio  Quirino  Visconti  nella  citata  sua  illustrazione  nel  seguente  modo  : 
IIsTV!  'A^vjyaojv  kra-fipoi'JS,  Tpno-^/ivcta, 
Ht  ini  ipyx  ^porSiv  cpacc;,  Paixvcvjid?  Ovm, 
rdrovcg  (xyyjBvpoi  'Pap./i;  ì)(C(Tovronvhco, 

Aflusv  Ar/J)oio  (ptXó^ctvov  Tptinxc;, 
Tófpx  XI  xzì  TptóniiM  vj  òùmóxoirn  }.h/-r}a3ov 
Q;  ò'  ÓT£  xx!  Vocy.-jowzx  xstì  vjpvyópouz  è;  A3>7vx; 
H)3cTc,  ^'Mxzx  nxzpòg  sprpov-cuo  hnovaui, 
Qj  xrfJQi  pdiij'bi  nokoGxx(^\jkov  v.xx   òXflJvjv, 
Av7i«  T3  (7ra/ui)y,  xaì  3£v5|0h«  iSorpuoivra, 
Asf^acóvcoy  rs  X5|u.«;  ànxloxpz'fsuv  krpinovcxt. 
Xtxfj.'  yàp  Hpw3»35  hp>3V  àvx-/x(xv  svjkj. 


TRA    IL    MIGLIO    HI.    ED    IL    IV.  91 

ne  a  conoscere  essere  stato  quel  luogo  nobilmente  decorato  con  varii  tem- 
pj  e  diverse  altre  fabbriche  di  abitazione  che  costituivano  il  borgo  denomi- 
nato Triopio,  in  modo  veramente  degno  di  quell'insigne  e  dovizioso  perso- 
naggio, cognito  col  nome  di  Erode  Attico,  che  aveva  nel  tempo  dell'impe- 
ro di  Trajano  e  di  Marco  Aurelio  edificato  lo  stadio  Panatenaico  coi  mar- 
mi estratti  dalle  cave  del  Pentelico  di  sua  proprietà  ;  percui  vennero  esse 


A'j^p^GL'j  òér/ivotGtv  àxjv/jr/jv  xat  «gvIov 

E/^Ucvat 

Quindi  con  i  successivi  versi  30  e  31  si  dimostra  quanto  si  riferiva  alla  sepoltura  di  Ero- 
do nel  tempio  di  Minerva  ad  imitazione  di  Erittonio  : 

ìial  -jxp  ASyjvatij  t£  Epr/póyisv  [icKailvioi 

Nvji)  È'/xareS'/jxj,  gu^jÌgtccv  iij.[j.zvm  ip^v. 
In  seguito  di  questa  notizia  può  in  certo  modo  contestarsi  avere  a  tale  sepolcro  apparte- 
nuto la  grande  urna  di  marmo,  esistente  nel  palazzo  Farnese,  che  volgarmente  si  crede 
essere  stata  rinvenuta  nel  sepolcro  di  Cecilia  Metella  ;  poiché,  mentre  mancano  i  docu- 
menti autorevoli  per  contestarne  la  estrazione  da  tale  sepolcro,  si  trova  poi  la  sua  deco- 
razione scolpila  appartenere  più  al  tempo  imperiale  degli  Antonini,  in  cui  cessò  dì  vivere 
Erode  Attico,  che  a  quello  della  repubblica,  in  cui  venne  a  morire  Cecilia  Metella;  ed  il 
meandro  greco,  scolpito  nella  fascia  superiore,  contesta  questa  seconda  pertinenza.  D'al- 
tronde essendosi  fatti  degli  scavi  dai  Farnesi  più  nel  luogo  in  cui  si  rinvennero  le  iscrizioni 
Triopee,  che  propriamente  nel  sepolcro  anzidetto,  è  da  credere  che  se  ne  sia  confusa  la 
provvenienza  a  motivo  solo  della  vicinanza  del  sepolcro  stesso  al  Triopio.  Quanto  poi  si  è 
accennato  relativamente  a  Regilla,  come  sussistente  nella  Tav.  II,  è  contenuto  nei  versi 
dal  1  al  8  della  indicata  illustrazione  delle  stesse  iscrizioni  Triopee  : 

Acùs  hs,  Qv(ìptuoig,  v/jsv  noxì  tsvos,  yuvaìxsj, 

P-zjyiXXs;  i'Sc;  a,ayj  Sussxoa  tpd  (ùkpovaut. 

H  Sì  -jXuzrsavwv  ij-vj  i'vjv  k^  kh-y^y.av, 

k'iyjci'jì  yIvtòv  aip-Ci  y.ui  iSxj'/jj  Kfppo^ivt}:. 

T-Tiij.cao  3'  È;  MapaSiva.  ^toù  di  [xcv  ovpxviàvca 

Tjcu(7jy,  Arjó  Tc  vsvj,  Aija  te  nalat-^, 

TflU!  /i£(3  ùpò  jÌSss  éul^cóvcto  Yuvaixcg 

Ayxijr«J 

Le  enunciate  iscrizioni,  oltre  al  Visconti  suUodato,  furono  in  precedenza  illustrate  dal 
Casaubono,  dallo  Scaligero,  dall' Hoeschelio,  dal  Salmasio,  dal  Montfaucon,  dal  Fabretti  e 
dal  Burigny  nelle  loro  ben  cognite  opere,  nelle  quali  si  possono  rinvenire  tutte  le  notizie 
che,  per  essere  aliene  al  nostro  scopo,  si  sono  omesse  dall'  indicarle.  Tra  i  ritrovamenti  dei 
più  nobili  oggetti  di  arte,  fatti  nello  stesso  luogo,  meritano  considerazione  le  Cariatidi  della 
villa  Albani,  che  si  conobbero  essere  opera  di  Critone  e  Nicolao  Ateniesi.  {Marini,  Iscri- 
zioni Alhnne.  Pag.  176.J 


92  VIA    APPI  A    PARTE    IV. 

esaurite,  come  venne  dichiarato  da  Filostrato  nella  sua  vita  e  da  Pausania 
nella  descrizione  di  Atene.  Ora  però  di  sì  grandi  magnificenze  non  riman- 
gono più  nel  luogo  alcune  memorie,  per  essere  stato  il  tutto  devastato,  e 
le  preziose  reliquie  rinvenute  furono  altrove  trasportate  somministrando  es- 
se però  argomento  a  dottissime  illustrazioni.  Da  quanto  si  trova  accen- 
nato dalle  varie  memorie  tramandateci  sembra  che  le  fabbriche  principali 
di  tale  borgo  stessero  nella  parte  destra  della  via  nelle  adiacenze  della 
chiesa  edificata  da  Bonifacio  YIII  ora  anch'essa  rovinata.  Alcuni  marmi, 
rinvenuti  posteriormente  nel  luogo  stesso,  furono  collocati  a  lato  del  se- 
polcro di  Cecilia  Metella,  i  quali  però  non  sembrano  avere  appartenuto 
agli  edifizj  anzidetti.  Si  può  inoltre  credere  che  avanti  l'indicato  stabili- 
mento di  Erode  vi  si  fosse  esteso  quel  pago,  distinto  con  il  nome  di  Sul- 
pizio,  che  nel  precedente  partimento  si  è  dimostrato  avere  corrisposto  nel 
lato  orientale  del  circo  di  Massenzio  precipuamente  coll'aulorità  di  quanto 
si  può  dedurre   dall'iscrizione  esistente   sull'ara  Vaticana  di  Q.  Caltilo. 

PREDIO  AiNIARANZIANO.  Prima  di  progredire  ad  osservare  i  mo- 
numenti esistenti  lungo  la  via  Appia  si  rende  necessario  di  volgersi  al- 
quanto a  destra  per  non  tralasciare  di  dare  alcun  cenno  delle  importanti 
scoperte  che  si  fecero  dall'anno  1817  al  1823  nel  lenimento  detto  Tor 
Marancia  ;  poiché  esso  si  trova  corrispondere  assai  da  vicino  al  luogo  oc- 
cupato dagh  anzidetti  ampj  possedimenti  di  Erode  Attico  e  di  Annia  Re- 
gilla  sua  moglie.  Gli  oggetti  rinvenuti  in  antecedenza  nello  stesso  tenimento, 
tra  i  quali  si  annovera  una  statua  di  Faustina  giuniore,  dimostrano  esse- 
re stato  quel  luogo  adornato  con  edifizj  precisamente  eretti  nellepoca  me- 
desima, in  cui  si  decorava  l'anzidetto  Triopio  di  Erode  Attico,  come  venne 
contestato  dagli  enunciati  successivi  grandi  scavamenti  che  fruttarono  que- 
gli oggetti  antichi  che  ora  si  ammirano  nel  museo  Vaticano  distinti  col  tito- 
lo di  monumenti  Amaranziani  in  seguito  del  dono  fattone  dall'augusta  pro- 
prietaria di  quel  fondo.  Benché  il  suddetto  predio  avesse  accesso  verso  oc- 
cidente dalla  via  Ostiense  tra  il  primo  e  secondo  miglio  a  sinistra,  come 
si  dimostra  con  una  antica  iscrizione  di  Elio  Creste  pubbhcata  dallo  Sine- 
zio  ;  pure  è  da  credere  che  si  stendesse  sino  a  congiungersi  verso  oriente 
con  i  suddetti  predii  di  Erode  Attico  e  si  collegasse  col  suo  Triopio  in  mo- 
do da  appartenere  alla  giurisdizione  dello  stesso  pago  o  vico.  Ed  è  per 
tale  motivo  che  precipuamente  si  è  creduto  opportuno  di  farne  menzione 
quantunque  quasi  più  nulla  d' importante  si  sia  conservato  di  antico  in  tale 
tenimento.  Però  è  meritevole  di  essere  osservato  il  luogo  in  cui  esisteva 
una  grande  casa  di  campagna,  appropriata  a  Munazia  Procula  per  essersi 


TRA    IL    MIGLIO   III.    ED    IL    IV.  *J3 

rinvenuto  scritto  un  tale  nome  su  alcuni  tubi  di  piombo  che  avevano  ser- 
vilo per  portare  l'acqua  al  medesimo  edifizio.  Parimenti  meritano  consi- 
derazione alcune  reliquie  di  sepolcri  che  furono  discoperte  nella  parte  me- 
ridionale del  lenimento;  perchè  servono  a  dimostrare  avere  esistito  una 
via  antica  che  si  separava  dalla  moderna  strada  del  Divino  Amore  e  che 
si  dirigeva  verso  il  casale  di  Grotta  Perfetta,  lungo  la  quale  dovevano  es- 
sere collocati  gli  stessi  sepolcri  secondo  il  costante  uso  tenuto  dagli  an- 
tichi romani  (3). 

SEPOLCRI  DIVERSI  TRA  IL  TERZO  ED  IL  QUARTO  MIGLIO. 
Riprendendo  il  cammino  lungo  la  via  Appia,  diverse  ragguardevoli  reliquie 
d'antichi  sepolcri  si  trovano  esistere  tanto  a  destra  quanto  a  sinistra  nel- 
l'enunciata  parte  della  stessa  via  dopo  la  cinta  che  costituiva  il  castello  dei 
Caetani,  e  particolarmente  si  distinguono  quelle  di  tre  grandi  sepolcri  posti 
a  sinistra  circa  alla  metà  del  medesimo  spazio ,  i  quali  dovevano  essere 
nobilmente  decorati.  Ma  di  tutti  tali  monumenti  non  si  possono  appropria- 
re memorie  della  loro  pertinenza;  perchè  non  si  tenne  nessun  conto  pre- 
ciso dei  ritrovamenti  fatti  intorno  ad  essi  allorché  furono  spogliati  di  tutti 
i  loro  ornamenti.  Però  venne  dal  Fabretti,  tra  le  varie  sue  importanti  me- 
morie, fatta  menzione  di  una  iscrizione  di  C.  Duranio,  rinvenuta  in  tale 
parte  della  via  Appia,  che  si  può  credere  avere  appartenuto  ad  alcuno 
dei  medesimi  sepolcri,  e   così  pure   quella  di  Ponzia   Prima   riferita  dal 


(3)  Le  enunciate  scoperte,  fatte  nel  teniniento  di  Tor  Marancia  negli  anni  1817 
e  seguenti  dalla  principessa  reale  di  Savoja  duchessa  dello  Sciablesc  proprietaria  di 
quel  fondo,  furono  ampiamente  descritte  dal  marchese  Luigi  Biondi  in  un  grande  vo- 
lume intitolato  /  Monumenti  Amaranziani  e  pubblicato  nellanno  1843  a  spese  del  Go- 
verno Pontificio  per  commissione  del  Pontefice  Gregorio  XVI  onde  far  seguito  alla 
grande  descrizione  del  Museo  Vaticano  per  essere  stati  gli  oggetti,  rinvenuti  in  detti 
scavi,  donati  dall'augusta  proprietaria  anzidetta  al  medesimo  museo.  La  iscrizione  di 
Elio  Cresto,  che  si  riferisce  al  predio  Amaranziano,  e  che  venne  pubblicata  primiera- 
mente dal  Reinesio  Pag.  486,  N.  XVI,  contiene    la    seguente  importante  indicazione  : 

P.    AELIVS    .    CHRESTVS   | MARTIALIS    .    AVGG.    LIB.    PROX.    TA- 

BVLAR  I  SCRIBSI  .  ME  .  ACCEPISSE  .  AB.  AEL.  CHRE  |  STO  .  PRO  .  PODISMO  .  STRVCTIOXIS  . 
SCA  I  LARIS  .  QVOD  .  EST  .  VIA  .  OSTIENSI  .  PAR  )  TE  .  LAEVA  .  INTER  .  MIL.  I.  ET  . 
II.  QVOD  I  CO^■DVCT^•M  .  HABET  .  SVLPICIAmS  |  E.  BONIS  .  AELIORVM  .  ONESIMI  .  ET  | 
FORTIS  .  IN  .  PRAEDIS  .  AMARANTIA   |   NIS  .  SECVNDVM  .  RENVNCIATIONEM   |   MENSORVM  .  PRO    . 

AREAE  .  PiD.  s.  N.  s.  Ma  poi  particolarmente  nei  detti  scavi  sì  sono  rinvenute  iscrizioni 
su  di  tubi  di  piombo  che  denotarono  esservi  stato  in  detto  predio  una  casa  di  Mu- 
nazia  Procula,  come  è  dichiarata  neiropera  suddetta. 


i>l  vii    AI'l'lA    l'ARTE    IV. 

Grulero  (i).  Merita  pertanto  considerazione  una  grande  reliquia  di  sepol- 
cro, che  sussiste  a  sinistra  della  via  e  che  s'innalza  sopra  tutte  le  altre 
a  maggior  altezza  ;  perchè  presenta  tuttora  tracce  di  avere  appartenuto  ad 
un  monumento  decorato  con  diversi  ordini  di  pilastri  e  corrispondenti  or- 
namenti in  marmo  a  somiglianza  in  certo  modo  di  quei  monumenti  che  si 
denominavano  Settizonj.  A  tale  reliquia  ne  succede  un'altra  anche  di  mag- 
giore grandezza  che  si  trova  essere  stata  compresa  entro  alcune  fabbriche 
moderne  e  che  si  palesa  per  avere  appartenuto  ad  un  nobile  e  grande 
sepolcro  costrutto  parimenti  nell'epoca  media  dell'impero.  Contiene  esso 
una  cella  con  quattro  grandi  nicchie  per  altrettanti  luoghi  distinti  di  depo- 
siti; ed  a  lato  di  esso  esistono  ragguardevoli  avanzi  di  un'altro  sepolcro 
però  di  minor  grandezza.  Nello  stesso  lato  della  via  le  rehquie  dei  simili 
monumenti  si  succedono  assai  frequentemente,  ed  anche  ove  il  suolo  si 
trova  assai  avvallato  in  modo  tale  che  i  più  alti  sepolcri  si  trovavano  intera- 
mente sotto  il  piano  della  via.  Vi  esistono  eziandio  alcune  reliquie  di  un 
piccolo  monumento  formato  a  guisa  di  tempio,  che  nella  parte  posteriore 
e  nei  lati  presenta  alcuni  avanzi  di  mura  che  sembrano  avere  apparte- 
nuto ad  una  villa  suburbana. 

SEPOLCRO  DI  M.  SERVILIO  QUxiRTO.  Da  vicino  al  termine  di 
questa  quarta  parte  della  via,  si  presenta  a  sinistra  quel  muramento  di  co- 
struzione moderna  che  fu  eretto  espressamente  per  conservare  nel  luogo 
stesso  le  reliquie  scoperte  nell'anno  1808  dal  Canova,  come  vedesi  dichia- 
rato dall'  iscrizione  che  egli  vi  fece  apporre  sulla  fronte.  È  questo  il  primo 
nobile  esempio  che  si  sia  dato  di  tale  importante  disposizione  ;  e  se  ne  de- 
vono perciò  attribuire  lodi  allo  stesso  Canova,  giacche  senza  tali  cure  quel- 
le memorie  si  sarebbero  trasportate  in  qualche  luogo  occulto  a  motivo  della 
loro  poca  importanza  artistica  ed  ora  in  vano  si  cercherebbero.  Mentre 
si  rende  a  tutti  palese  essere  quelle  reliquie  appartenenti  a  M.  Servilio 
Quarto  che  di  propria  spesa  aveva  edificato  il  monumento,  come  appa- 
risce dall'iscrizione  antica  che  venne  collocata  sulla  parte  superiore  di  detto 

(4)  Fabrelli,  Inscript.  Cap.  IX.  P(ig.  610.  A'.  165.  Via  Appiu  ad  III.  Lap.  ex  sche- 
(lis  Lcìii  Vaticnnis.  Il  monumento  però  a  cui  apparteneva  tale  iscrizione,  non  era  mollo 
grande  ;  poiché  si  attribuivano  solo  ventidue  piedi  di  fronte  e  di  estensione  nell'agro.  Si 
crede  essersi  rinvenuta  nella  stessa  parte  della  via  Appia  la  iscrizione  di  Ponzia  Prima 
riferita  dal  Grutero  alla  Pag.  MXLII  N.  13,  che  è  molto  importante.  Evidentemente  diver- 
se altre  iscrizioni,  che  si  trovano  comprese  nelle  stesse  raccolte,  dovevano  appartenere  ad 
alcuno  dei  medesimi  sepolcri,  ma  sono  esse  annoverate  senza  veruna  precisa  indicazione 
del  luogo  del  loro  ritrovamento  o  solo  col  vago  titolo  di  via  Appia. 


TRA   IL   MIGLIO    HI.    ED    IL    IV.  95 

muramento,  m.  servilivs  .  qv.vrtvs  |  de  .  sva  .  pecvma  .  fecit:  non  poi  si 
può  determinare  con  precisione  chi  sia  stato  quel  Servilio.  Allorché  si  fece 
tale  scoperta  si  pensò  che  le  stesse  reliquie  appartenessero  a  quel  monumen- 
to dei  Servilii  che  venne  ricordato  da  Cicerone  come  esistente  fuori  della 
porta  Capena  dopo  di  quello  di  Calatine  e  dellaltro  dei  Scipioni,  al  quale 
succedeva  quello  dei  Metelli.  Ma  per  tutto  ciò  che  si  rinvenne  della  sua  deco- 
razione, che  certamente  non  è  di  vetusta  fattura  da  corrispondere  ai  tempi 
più  prosperi  della  repubblica,  ai  quali  si  dovevano  attribuire  i  medesimi  mo- 
numenti, si  viene  ad  escludere  essere  neppure  del  tempo  di  Cicerone  che  ne 
espose  la  surriferita  notizia  ;  poiché  tutto  concorda  nel  dovere  riconoscervi 
un'opera  dell'epoca  imperiale.  D'altronde  il  sepolcro  anzidetto  dei  Servilii  si 
deve  credere  essere  stato  collocato  assai  più  da  vicino  alla  porta  Capena,  e 
forse  non  distante  da  quegli  orti  che  erano  distinti  collo  stesso  nome  e  che  si 
conobbero  essersi  alquanto  accostati  alla  prima  parte  della  via  Appia  in 
seguito  delle  più  accurate  ricerche  fatte  ultimamente.  Eziandio  corrisponde- 
vano da  vicino  allo  stesso  cominciamento  della  via  Appia  gh  altri  enunciati 
sepolcri  che  succedevano  a  quello  degli  Scipioni,  discoperto  nei  medesimi 
limiti,  escludendo  perciò  la  pertinenza  del  grande  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
tella  a  quello  dei  MetelH.  secondo  le  osservazioni  già  accennate  nella  sua  de- 
scrizione. Laonde  le  suddette  reliquie,  più  di  appartenere  al  vetusto  sepolcro 
dei  Servilii,  si  devono  credere  avere  costituita  quell'opera  che  si  dichiara 
essere  stata  costrutta  da  quel  M.  Servilio  Quarto,  di  cui  non  se  ne  trova  fat- 
ta precisa  memoria  nella  storia  antica,  ma  che  evidentemente  dovette  essere 
un  qualche  liberto  della  famiglia  Servilia  ed  avere  vissuto  nel  tempo  medio 
dell'epoca  imperiale,  com'è  dimostrato  dallo  stile  con  cui  furono  scolpiti  gh 
ornamenti  superstiti.  Il  sepolcro  stesso  poi  si  è  trovato  composto  con  tre 
celle,  che  non  si  sono  potute  conservare  a  motivo  del  lorct  stato  di  grande  de- 
perimento. E  nella  fronte  esterna  di  esso  si  conobbe  esservi  stato  un  piccolo 
portico  decorato  con  alcune  statue  in  marmo:  ma  di  tutta  questa  decorazione 
non  rimangono  altro  che  gli  accennati  frammenti  con  alcuni  altri  pochi  che 
furono  rinvenuti  nelle  recenti  scavazioni  (5).  D'incontro  allo  stesso  sepolcro 
esistono  reliquie  di  altri  grandi  monumenti  sepolcrali  evidentemente  destinati 

(5)  Le  scoperte  del  saddetto  monumento  di  M.  Servilio  Quarto  furono  primiera- 
mente descritte  dal  Quattani.  ^Memorie  Enciclopediche  Romane.  Tom.  III.  Pag.  136./  Si 
volle  credere,  oltre  all'  indicata  generale  pertinenza  ai  Ser>ilii,  essere  stato  particolarmente 
il  monumento  proprio  a  M.  Servilio  che  ebbe  il  consolato  nell'anno  756  di  Roma  con  L. 
Elio  Lama  ;  ma  lutto  ciò  senza  potersi  contestare  con  alcun  autorevole  documento.  Furo- 
no tra  le  sue  reliquie  rinvenute  due  statue  togate,  l'una  virile  e  l'altra  muliebre .  che 


96  VIA    APPIA    PARTE    IV. 

per  singolari  distinte  persone,  dei  quali  però  non  rimane  conservato  altro  che 
il  nucleo  spogliato  da  qualunque  rivestimento  esterno  e  loro  decorazione. 
Quindi  ci  limiteremo  ad  osservare  che  da  vicino  al  suddetto  monumento 
dei  Servilii  ebbero  principio  gli  scavamenti,  che  s' impresero  a  fare  nel  fine 
dell'anno  18.50  dal  Governo  Pontificio  per  il  ristabilimento  della  via  Appia,  ri- 
serbandosi di  avvicinarli  di  più  verso  il  sepolcro  di  Cecilia  Metella  sinché  lo 
spazio  laterale  non  viene  ingombrato  dai  muri  di  cinta  delle  vigne  adiacenti. 
Ed  è  sul  suddetto  esempio,  dato  dal  Canova,  che  si  sono  conservate  al  pro- 
prio luogo  tutte  le  reliquie  dei  sepolcri  che  si  vanno  scuoprendo,  e  che,  supe- 
rando ogni  ostacolo,  si  spera  di  compiere  il  proposto  ristabilimento  sino  alle 
adiacenze  di  Boville,  ove  la  via  moderna  di  Albano  si  trova  posta  sulla  di- 
rezione dell'antica  via  Appia.  Quindi,  progredendo  in  questa  esposizione  col- 
l'ordine  stabilito,  ne  emergeranno  più  importanti  notizie  basate  sulla  precisa 
cognizione  dei  ritrovamenti  e  sulla  conservazione  nel  luogo  delle  reliquie  di- 
scoperte, benché  ne  sia  risultata  una  dimostrazione  palese  di  assai  mag- 
giore distruzione  di  quanto  si  attendeva.  Non  pertanto  sono  meritevoli  di 
ogni  considerazione  le  poche  reliquie  superstiti;  perché  servono  sempre 
di  valido  documento  per  contestare  la  immensa  quantità  dei  nobili  monu- 
menti sepolcrali  che  erano  stati  senza  interruzione  veruna  stabiliti  nei  lati 
della  via  stessa  per  non  essere  stati  del  tutto  distrutti  i  loro  fondamenti. 
E  tale  dimostrazione  si  renderà  anche  più  palese  quando  verranno  appro- 
fondate sotto  al  suolo  attuale  le  scavazioni  ;  poiché  il  suolo  della  via  an- 
tica ,  essendosi  nel  medio  evo  alquanto  rialzato,  si  vennero  a  cuoprire  in 
gran  parte  i  basamenti  dei  sepolcri  più  vetusti,  i  quali  rimasero  così  illesi 
dalle  comuni  devastazioni.  Si  é  dovuto  limitare  lo  scavo  generale  al  detto 
suolo  rialzato  per  conservare  alcuna  traccia  della  via  e  non  scomporre 
tutto  ciò  che  rimaneva  :  ma  questa  necessaria  disposizione  però  non  toglie 
che  nei  lati  si  possano  poscia  profondare  di  più  le  scavazioni  intorno  ai 
sepolcri  più  vetusti,  dalle  quali  ne  emergeranno  importanti  scoperte. 

si  vollero  appropriare  al  detto  M.  Scrvilio  ed  a  sua  moglie,  e  che  furono  collocate  nel  mu- 
seo Vaticano  ;  mentre  i  frammenti,  appartenenti  alla  decorazione  del  monumento,  furono 
conservati  nel  luogo  del  ritrovamento.  In  diverse  descrizioni  poi,  posteriormente  esposte, 
si  prese  a  dimostrare  la  poca  probahililà  di  riconoscere  nello  stesso  monumento  il  ve- 
tusto sepolcro  dei  Servilii  ricordato  da  Cicerone.  fTusc.  Lib.  I.  e.  1.)  Ed  in  particolare  il 
Nil)i)y  ha  ampiamente  dimostrato  la  posizione  degli  orti  dei  Servilii  tra  il  principio  della 
via  Appia,  ove  evidentemente  doveva  essere  collocato  quel  sepolcro,  e  la  via  Ostiense. 
{'Dcgìi  Orli  Serviliani,  Dissertazione  del  Prof.  A.  Nibby  inserita  nel  Voi.  VI  degli  atti  dell'Ac- 
cademia Romana  di  Archeologia.) 


QUINTA   PARTE 

TRA  IL  OlARTO  ED   TL  QUINTO  MIGLIO 

COLONNA  DEL  QUARTO  MIGLIO  E  LUOGO  IN  CUI  ACCAD- 
DE LA  MORTE  DI  SENECA.  La  colonna  del  quarto  miglio,  secondo  la 
enunciata  diligente  misura  fatta  sempre  sulla  base  del  luogo  determinato  per 
la  colonna  del  primo  miglio,  si  è  trovata  avere  corrisposto  a  metri  2 :  30  pri- 
ma del  centro  del  monumento  volgarmente  detto  di  Seneca,  e  metri  68:  30 
prima  del  mezzo  del  successivo  sepolcro  rotondo.  In  tal  luogo  si  dovette  rin- 
venire la  colonna  milliaria  del  medesimo  quarto  miglio  avente  la  iscrizione 
in  onore  dell'imperatore  Massenzio,  come  ne  venne  conservata  memoria  dal 
Marini  (1).  Si  è  in  seguito  di  tale  corrispondenza  di  luogo,  per  il  collocamento 
dell'indicata  colonna  milliaria,  che  si  venne  ad  appropriare  il  nome  di  Se- 
neca ad  un  piccolo  monumento  scoperto  nel  principio  dell'anno  1 8.52  precisa- 
mente ove  trovavasi  tale  colonna  milliaria  ;  perciocché,  essendo  a  comune  co- 
noscenza che  la  morte  di  Seneca  avvenne  al  quarto  miglio  distante  da  Roma, 
e  vedendo  in  un  bassorihevo,  che  doveva  adornare  la  parte  superiore  di  tale 
monumento,  figurato  un  uomo  moribondo,  si  diede  ad  esso  il  suddetto  vol- 
gare titolo.  Benché  non  si  possa  sostenere  con  alcuna  buona  ragione  la 
stessa  volgare  opinione;  pure  per  la  importanza  della  scoltura  e  per  l'e- 
nunciato avvenimento,  che  è  assai  rinomato  nella  storia,  si  reputa  necessa- 
rio di  trattenersi  alquanto  sul  medesimo  monumento.  Collautorità  di  Tacito 
si  conosce  che  Seneca  subì  la  trista  fine  couìandata  da  Nerone  in  un  fondo 
rurale  suburbano,  posto  vicino  alla  quarta  lapide  distante  da  Roma ,  venendo 
dalla  Campania,  che  si  dice  anche  villa  nell'indicare  come  tale  luogo  fu  circon- 
dato dai  mihti,  e  che  da  Giovenale  si  denota  pure  col  titolo  di  grandi  orti  (2). 

(1)  Il  Marini  nell"  Indice  generale ,  che  aggiunse  dopo  terminata  la  stampa  delia 
sua  opera  sugli  atti  e  monumenti  dei  fratelli  Arvali,  alla  Pag.  LXXXVI,  espose  la  se- 
guente iscrizione  che  disse  in  allora  rinvenuta  lungo  la  via  Appia  a  quattro  miglia  distante 
dalla  porla:  imp.  dn.  |  m.   avr.  |  Valerio   |  maxextio  |  pjo  .  felici  .  invic   [  to  .  ac  . 

PERPETVO    I   AVG.    |    IV. 

(2)  Js,  forte,  an  prudens,  ad  eum  diem  ex  Campania  remeaverat,  quartumque  apud  la- 
pidem,  subxrfiano  rare,  substitcrat.  Ilio  propinqua  vespera  Iribunus  venit  et  villam  globis 
miìitum  sepsit.  (Tacito,  Ann.  Lib.   XV.  e.  60.' 

Longinum  et  magnos  Senecae,  praedivitis  hortos 
Clausit (Giovenale.  Lib.  IV.  Sat.  X.  r.  16.; 

13 


98  VIA    APPLV    PARTE    V. 

Ma  quantunque  si  dicesse  dallo  stesso  Tacito  avere  Seneca  posseduto  ville 
ed  orli  di  tanto  splendore  quasi  da  sorpassare  Nerone,  e  che  egli  stesso 
avesse  particolarmente  descritto  le  sue  delizie  della  Campania  a  Baja,  il 
suo  predio  di  Nomento,  ed  anche  quello  di  Albano  (3);  pure  non  si  tro- 
vano precise  memorie  che  servano  a  dichiarare  avere  Seneca  posseduto  orti 
o  ville  lungo  la  via  Appia  nel  suburbano  di  Roma.  Però  siccome  per  venire 
dalla  Campania,  nella  quale  regione  si  comprendeva  la  sua  villa  di  Baja, 
non  si  poteva  trovare  altra  via  piti  diretta  e  più  breve  dell'Appia  ;  giacché 
la  Latina,  che  pure  teneva  una  direzione  verso  tale  regione,  era  assai  piii 
divergente  dalla  linea  interposta  tra  Baja  e  Roma,  e  d'altronde  conoscendosi 
per  altre  memorie  che,  tanto  il  suo  predio  Albano  quanto  il  Nomentano,  sla- 
vano assai  pili  discosti  da  Roma  per  essere  ambidue  non  meno  distanti  di 
dodici  miglia  da  Roma  ed  anche  compresi  in  territori  attribuiti  ad  altre 
vetuste  città  da  non  potersi  considerare  nel  suo  suburbano  5  così  ne  deriva 
di  conseguenza  che  tra  i  grandi  possedimenti,  che  Seneca  aveva  ricevuti  da 
Nerone,  vi  doveva  essere  unito  anche  quel  fondo  rustico  che  stava  al  quarto 
miglio  distante  da  Roma,  necessariamente  lungo  quella  prima  parte  della  via 
Appia  che  si  comprendeva  nel  suburbano,  come  venne  determinato  da  Ta- 
cilo, e  come  ne  convengono  i  piiì  eruditi  interpreti  di  questo  storico.  Tale 
fondo  doveva  propriamente  annoverarsi  sotto  il  titolo  di  orti,  come  in  par- 
ticolare si  dichiara  da  Giovenale;  giacche  con  tal  nome  erano  distinti  solo  i 
luoghi  suburbani  di  delizia  degli  antichi  romani,  mentre  erano  denominate 
ville  quei  simili  luoghi  che  stavano  a  maggiore  distanza.  Tra  i  più  accurati 
descrittori  di  questi  luoghi  il  Nibby  in  particolare  prese  a  contestare  la  corri- 
spondenza del  predio  di  Seneca,  in  cui  ebbe  a  soffrire  la  condanna  Ne- 
roniana,  in  vicinanza  del  quarto  miglio  della  via  Appia,  colf  indicare  ave- 
re nel  luogo  stesso  rinvenuto  un  frammento  d' iscrizione,  in  cui  leggevasi 
il  nome  di  un  Granio  figlio  di  Lucio  e  tribuno  dei  militi  (4-);  giacché  si 

(3)  Hortorum  quoque  amoenitate  et  viìlarum  magnificentia  quasi  principem  supergre- 
deretur.  {Tacito,  Ann.  Lib.  XIV.  e.  52  ed  anche  nel  53  e  5A.J  Seneca  Epist.  LI,  11,  e  LF,  6. 
CIV,  1.  e  ex,  1.  CXXIII,  1.  E  Cohtmella.  De  Re  Rust.  Lib.  IH.  e.  3.  e  Polibio  Lib. 
XXXVL  e.  4. 

(4) GRANI  .  L.  F.  TR.  MIL.  (Nibby,  Analisi  Storico  topografico  antiquario  del- 

la  carta  dei  d'intorni  di  Roma.  Tom.  lU.  Pag.  544J  Se  però  questo  frammento  non  appar- 
tenne a  queir  iscrizione  di  Q.  Granio  Labeone  tribuno  dei  militi  delia  terza  regione,  che 
venne  presa  a  considerare  in  fine  delia  Parte  III  e  che  esiste  nel  muro  di  cinta  stabilito 
a  lato  del  sepolcro  di  Cecilia  Metella  :  ma  è  da  osservare  però  che  si  trova  qualche  va- 
rietà nel  nome  e  nel  luogo  del  ritrovamento. 


TRA    IL    MIGLIO   IV,    ED   IL    V.  99 

conosce  da  Tacilo  che  il  ministro  incaricato  da  Nerone  a  far  perire  Seneca 
lu  Cranio  Silvano  tribuno  di  una  coorte  pretoria,  il  quale  per  tale  servizio 
ottenne  evidentemente  il  possesso  dello  stesso  fondo  suburbano  :  ma  essen- 
do poco  dopo  anche  egli  costretto  a  morire,  come  pure  si  dichiara  dallo 
slesso  storico,  è  da  credere  che  gli  si  fosse  eretto  un  sepolcro  nelle  slesse 
adiacenze  (5).  Il  monumento  anzidetto  si  è  conosciuto  essere  formato  a 
guisa  di  un  sarcofago,  come  se  ne  hanno  moltissimi  simili  esempj.  Si  è  dal 
vedere  nel  fregio,  che  adornava  la  fronte  del  coperchio,  rinvenuto  quasi 
nella  sua  integrità,  un  uomo  nudo  in  atto  da  morire,  che  si  venne  a  dichia- 
rare, da  coloro  che  eseguivano  lo  scavamento,  essersi  rappresentato  Seneca 
svenato.  Mentre  non  si  può  di  questa  dichiarazione  volgare  trovare  effetti- 
va corrispondenza  in  tale  bassorilievo;  giacché  non  è  da  credere  che  nel- 
l'umile sepolcro,  quale  egli  stesso  aveva  determinato  che  si  stabilisse, 
quantunque  venisse  a  morire  dovizioso,  si  fosse  potuto  rappresentare  la 
crudele  morte  per  essere  stata  comandata  dall'imperatore  come  complice 
di  congiura  (6);  si  può  poi  invece  autorevolmente  confermare  la  perti- 
nenza di  un  tale  monumento  a  Seneca  da  quanto  ho  potuto  conoscere 
essere  stato  effigiato  nello  stesso  bassorilievo.  Al  riconoscere  la  vera  rap- 
presentanza di  tale  scoltura  fui  messo  sulla  giusta  via  dal  mio  amico  in- 
signe scultore  commendatore  Tenerani,  il  quale  mi  diceva  potersene  rin- 
venire la  spiegazione  in  Erodoto.  Infatti  trovai  che  questo  storico  nel  suo 
primo  hbro,  intitolato  Cho,  narra  che  Creso  dopo  di  avere  inteso  con 
sommo  dispiacere  da  Solone,  che  non  era  più  beato  chi  molte  ricchez- 
ze possedeva ,  di  chi  aveva  il  quotidiano  sostentamento,  se  la  fortuna  non 
l'avesse  di  tanti  beni  fornito  a  terminare  bene  la  vita.  E  dopo  di  aver- 
lo rimandato  senza  considerazione  veruna,  perchè  egli  si  credeva  il  più 
beato  di  tulli  gh  uomini  possedendo  dominj  amplissimi  e  ricchezze  gran- 
dissime con  due  figli  l'uno  muto  e  l'altro  di  nome  Ali  di  bellissime  forme,  gli 
apparve  in  un  sogno  che  questo  stesso  secondo  figho,  da  lui  molto  amato,  sa- 
rebbe morto  da  una  ferita  di  un  ferro  a  punta.  Creso  per  evitare  la  pronosti- 
cata triste  fine  del  suo  figlio  Ali  dispose  di  fargli  prendere  moglie,  e  gli  fece 
loghere  tutte  le  armi  che  avessero  potuto  ferirlo:  e  così  dopo  di  avere  già  ca- 
pitanalo i  lidi  nelle  guerre  fu  ridotto  a  vivere  malamente.  In  quel  tempo  però 

(5)  Tacito.  Ann.  Lib.   XF.  e.  60  e  71. 

(6)  Exin  balnco  Hiatus,  et  vapore  eius  exanimatus,  sine  itilo  funeris  solenni  crema- 
tur.  Ita  codicillis  praescripserat,  cum  etiam  titm  praedives  et  praepotens  supremis  sors  con- 
suleret.  (Tacito.  Ann.  Lib.  XV.  e.  64 J 


100  MA    APPIA    PARTE    V. 

lo  Storico  anzidetto  narra  essersi  nella  casa  di  Creso  introdotto  Adrasto  t'u^iiito 
dalla  Frigia  sua  patria  per  avere  ucciso  il  fratello,  il  quale  ottenne  da  Creso 
di  essere  purificato  dell'involontaria  uccisione.  Quiudi  aggiunse  che  in  pari 
tempo  apparve  sull'Olimpo  Misio  un  grande  cignale  che  recava  molti  danni  e 
che  non  si  era  potuto  uccidere.  I  misi  avendo  chiesto  a  Creso  che  fossero  in- 
viati con  loro  alcuni  giovani  lidi  con  molti  cani  ed  il  suo  figHo,  e  sovvenen- 
dosi egU  della  visione,  disse  loro  che  ben  concedeva  d'inviare  il  fiore  dei  lidi 
a  tale  oggetto,  ma  non  mai  avrebbe  permesso  di  mandarvi  il  figlio  che,  essen- 
do sposo,  si  occupava  solo  delle  nozze.  Inteso  però  lo  stesso  Ali  tale  risolu- 
zione del  padre  ed  amando  di  prender  parte  di  quella  spedizione,  dopo  di 
avere  conosciuto  il  motivo  che  lo  tratteneva  cercò  di  convincere  Creso  che  il 
cignale,  non  potendo  far  uso  di  veruna  punta  di  ferro,  si  rendeva  impossibile 
che  si  fosse  verificata  in  tale  circostanza  la  visione  ;  quindi  egli  cangiando 
sentenza  gli  permise  che  partisse  per  la  caccia.  Volle  però  che  gh  fosse  com- 
pagno e  custode  Adrasto  affinchè  lo  salvasse  da  qualunque  offesa.  In  seguito 
di  tale  disposizione  partirono  Ati  ed  Adrasto  insieme  ad  un'eletta  gioventù 
con  molti  cani;  e  giunti  al  monte  Olimpo  trovarono  la  fiera,  e  facendo  cer- 
chio la  saettarono.  Accadde  in  quella  cacciata  che  Adrasto,  sbagliando  il  col- 
po, invece  di  coghere  il  cignale,  colse  Ati ,  il  quale  ferito  da  una  punta  diede 
compimento  alla  predizione  del  sogno.  Dopo  di  essersene  reso  consapevole 
Creso  dell'accaduto ,  comparvero  ad  esso  i  lidi  portanti  il  cadavere  e  dietro 
loro  seguiva  l'uccisore.  Costui,  passando  avanti  al  cadavere,  consegnava  se 
stesso  a  Creso  stendendo  le  mani  e  pregando  che  lo  uccidesse  sul  medesimo 
cadavere  col  dire  che  oltre  la  sua  calamità,  avendo  fatto  perire  il  figlio  del 
suo  espiatore,  non  doveva  piiì  vivere.  Creso  nel  convenire  avere  ricevuto 
dallo  stesso  Adrasto  piena  vendetta,  giacché  da  se  stesso  voleva  uccidersi,  le 
accennava  essere  stato  in  ciò  solo  l'esecutore  di  un  destino  di  un  nume: 
e  così,  dopo  di  essere  stato  sepolto  Ati,  Adrasto  da  se  stesso  si  uccise  so- 
pra la  tomba  di  Ati  (7). 

(7)  Tutta  la  enunciata  narrazione  trovasi  esposta  nel  Libro  I  di  Erodoto  dal  Cap.  S'À 
al  45.  Ma  particolarmente  neHultima  parte  si  trova  dichiarato  con  le  seguenti  parole 
quanto  vedesi  rappresentato  nel  suddetto  bassorilievo:  Uaprjaav  oi  p^xà.  tsÙto  ci  Ayos! 
'/ipyjxiz  T5V  v^XjSsv,  oma^z  Si  cineró  oi  é  tpoveug.  azà;  Sì  curo;  npò  xoìi  vexssS  nxpidtoou 
ia-jrc-j  Kpo'.'j'^,  noozivj'ji'j  za;  y^^px;,  ir.'.y.c(xc(Tfu^M  p.':j  xsXsuuv  tw  vex.oÌ).  Xéy-ov  T-/jy  t= 
nporipriv  iavxov  a\jp.^opr,v,  v.aì  co;  ili  ÈXct'v/j  tÒv  y.oàripocJiot.  ùnoluliv.i:;  ùo,  suos  ot  cvn 
[ii'ixjtu.ov.  KpcTtGo;  5c  tcutwv  iy.ovaa;,  tÓv  te  "Ao/jvjttsv  y.xxoiy.rv.pEt,  y.ximp  Éoiv»  Iv  y.0(X'2 
ocy.r/i<jì  xcaovTa,  y.xt  XÌ'/bì  Kpè;  ccòzó-j,  «  E/a,  a  2sfV£,  napà  <JVJ  nxsocv  .r<jy  àiy:/]V,  imtBr, 
ffsauTSv  xartaStxKwcjj  sxvcczov.    -ì;  Ss  où  av  u.ot  tjOSh  tsu  xxxcJ)  aìrisr,  ti  irr,  ì'tiv  à-.y.uv 


TRA    IL    MIGLIO    IV.    ED    IL    V.  101 

Tale  narrazione,  e  particolarmente  l'ultima  parte  di  essa,  serve  di  chia- 
ra descrizione  di  quanto  vedesi  rappresentato  nel  suddetto  bassorilievo:  per- 
chè dal  lato  sinistro  si  vedono  effigiati  i  cacciatori  con  i  loro  cani  che  ri- 
tornano dalia  spedizione,  ed  anzi  uno  di  essi,  per  meglio  dimostrare  la 
qualità  della  gioventìi  della  Lidia  scelta  per  la  stessa  caccia,  si  scorge  avere 
uno  scudo  con  la  figura  di.  un  cane  su  di  esso  scolpita.  Quindi  succedono  le 
figure  delle  tre  Parche  collocate  convenientemente  per  dimostrare  essere 
stato  compito  il  destino  stabilito  dal  nume  secondo  la  visione  apparsa  a 
Creso  nonostante  che  egli  avesse  cercato  con  ogni  mezzo  d'impedirne  l'adem- 
pimento. Nel  mezzo  del  bassorihevo  appare  Ali  moribondo  sostenuto  da 
un  suo  compagno  della  caccia  ;  ed  a  lato  vedesi  altro  cacciatore  ancora  ar- 
mato del  ferro  solito  adoperarsi  dagli  antichi  nelle  caccie,  il  quale  porge 
inutilmente  entro  un  vaso  alcun  rimedio.  Lo  circondano  altri  cacciatori ,  e  da 
altro  lato  vedesi  un  uomo  con  tunica  che  è  figurato  in  atto  di  essere  allonta- 
nato dal  moribondo  Ati  da  altro  cacciatore;  ed  in  tale  figura  deve  evidente- 
mente riconoscersi  Sandani  sapiente  lidio  che  in  molte  cose  aveva  consi- 
gliato Creso,  secondo  l'autorità  del  medesimo  storico.  Nel  lato  destro  poi  si 
rappresenta  Adrasto  in  ginocchio  ed  in  atto  di  chiedere  a  Creso  di  essere 
ucciso  per  l' infelice  avvenimento  precisamente  nel  modo  che  venne  de- 
scritto da  Erodoto.  A  lato  di  Adrasto  vedesi  effigiato  il  figlio  muto  di  Creso 
che  compiange  la  perdita  del  fratello  ;  e  per  dichiarare  la  qualità  sua,  di  non 
poter  parlare,  venne  esso  sapientemente  rappresentato  con  una  mano  sulla 
bocca.  Creso  poi  è  effigiato  in  modo  da  dimostrare  chiaramente,  col  tenere  il 
braccio  sinistro  sopra  un  tripode,  che  dalla  purificazione  concessa  ad  Adrasto 
ne  era  avvenuto  l'adempimento  della  sua  visione,  e  nel  tempo  stesso  dimostra 
approvare,  che  egli  da  se  medesimo  si  uccidesse.  Questa  stessa  rappresen- 
tanza vedesi  confermata  da  un  frammento  della  scoltura  che  adornava  la  par- 
te media  del  grande  sarcofago  con  figure  di  piìi  grandi  proporzioni  ;  poiché 
apparisce  in  esso  effigiato  un  cavaliere  in  atto  di  ferire  il  cignale  ;  ed  in  tale 
figura  deve  riconoscersi  Adrasto  che  invece  di  portare  il  colpo  del  ferro  al 
cignale,  coglieva  il  figUo  di  Creso  che  doveva  trovarsi  da  vicino  ad  inseguire 

i^cpXocsM,  aXXà  SeSv  zi-J  zig,  i'g  txot  xai  tìoùccì  npcsG-^ijxctVi  ra  /jcsXXsyTa  IcsaSat.»  Kpoi- 
aog  [isv  vuv  ì3x^c,  àg  et'xcg  yjv,  ts'v  IwuXsD  nxìoci-  "A8p-fi<jzcg  dì  é  TcpSiEW  zcv  Mimico. 
cure;  §V7  é  tpovEv;  [xèv  zov  kavzcv  à^ù^-ov  7£V5jasvv3j,  tpovsvg  Ss  tcù  xaSVjpavTcc,  ìttìits 
Y)'jjyÌYì  Twv  àv3,oi)~wv  J'/evcTS  mpt  ts  ff'^,ax,  (jvyyiv'j)T/.iu.vJo;  àv^pcónr^'j  ó'tvxt  tóÒv  aù-ò: 
•<;5n  l'iccpu'j-jtj^'jÓTCf.zog ,  kojyrìv  iruy.uzd'j'fó'.ì^zi  tóÒ  Tua/Sw.  i Erodoto.  Lib.  I.  e.  45.y  Nel 
Libro  I  degli  amorosi  ragionamenti  di  Acliille  Tazio  Alessandrino  si  espone  in  circa  il  me- 
desimo avvenimento  mutando  però  i  nomi  delle  persone. 


102  VIA    APPIA    PARTE    \. 

lo  Slesso  animale.  Quindi  è  da  osservare  che  lulta  la  slessa  esposizione  ve- 
desi  rappresenlala  più  col  costume  delle  età  remole  che  con  quello  proprio 
della  Lidia  del  tempo,  io  cui  circa  nel  sesto  secolo  avanti  l'era  cristiana,  ac- 
cadde il  suddetto  avvenimento  j  e  ciò  non  solamente  in  riguardo  della  celebri- 
tà dello  stesso  fatto,  ma  pure  per  collegare  il  carattere  mitologico,  dichiarato 
dalle  rappresentanze  delle  Parche,  con  lo  storico  più  sublime.  Benché  in 
sostanza  la  slessa  esposizione  sia  più  propria  della  mitologia  che  della  storia, 
per  essersi  rappresentalo  radempimeulo  di  un  destino  dei  numi  onde  dimo- 
strare non  essere  beato  l'uomo  che  solo  possiede  grandi  ricchezze  e  vasti 
dominj  ;  pure  a  confermare  la  effettiva  corrispondenza  del  medesimo  avveni- 
mento in  tale  scoltura,  contro  la  sentenza  di  coloro  che  intendono  escludere 
dai  sarcofaghi  figurati  degli  antichi  romani  qualunque  esposizione  di  fatti 
storici  e  di  costumanze  greche  e  romane,  perchè  trovansi  più  comunemente 
effigiate  tradizioni  mitologiche,  basterà  l'osservare  quanto  il  detto  Ennio  Qui- 
rino Visconti  espose  nell' illustrare  il  sarcofago  del  museo  Pio  dementino 
nel  quinto  Volume  della  sua  grande  descrizione  che  volle  intitolare  sarcofa- 
go Proconsolare,  in  cui  riconobbe  effigiala  una  azione  dei  romani  contro  i 
daci  scolpila  nel  tempo  medio  dell'impero  romano  tra  l'epoca  di  Adriano  e 
quella  di  Caracalla  (8).  E  quindi  anche  quanto  si  scrisse  sul  grande  sarco- 
fago rinvenuto  da  pochi  anni  nella  vigna  Ammendola  a  poca  distanza  dal 
luogo  in  cui  fu  scoperto  quello  preso  ad  illustrare;  poiché  in  esso  appare 
scolpito  non  un  fatto  mitologico,  ma  bensì  un  combaltimento  dei  romani 
contro  i  marcomanni,  come  si  volle  spiegare  con  una  opinione,  o  secondo 
altra  spiegazione  la  battaglia  di  Telamone  data  nell'anno  528  di  Roma  dai 
romani  ai  galh  in  cui  da  una  parte  rimase  spento  il  console  Cajo  Atilio 
Regolo  e  dall'altro  il  re  Aneroesto  (9).  Altri  simili  esempj  si  potrebbero  ci- 
tare, e  tra  i  quali  uno  grandissimo  rinvenuto  pochi  anni  sono  lungo  la  via 
Labicana,  se  fosse  mestieri  di  avere  maggiori  giustificazioni.  Ma  poi  sono 
frequentissime  le  rappresentanze  di  giuochi  circensi  e  scenici,  di  caccie  ed 
altre  simili  costumanze  proprie  dei  greci  e  romani  dei  tempi  storici,  che  si 
vedono  scolpite  nei  sarcofaghi  anche  rinvenuti  in  gran   numero  lungo  la 


(8)  Visconti  Ennio  Quirino,  Museo  Pio  Clementina.  Tom.  V.  Tav.  XXXI.  Sarcofago  Pro- 
consolare. 

(9)  Blackie,  Bataille  dcs  Romains  uvee  les  Marcomans,  basrelief  d'un  sarcophage  trouvé 
dans  la  vigne  Ammendola.  (Annali  dell' Jnstiluto  Archeologico  dell'anno  1831.^  Nibby,  sopra 
il  sarcofago  scoperto  nella  vigna  Ammendola.  (Atti  dell'Accademia  Romana  di  Archeologia. 
Tom.   rX.J 


TRA   IL    MIGLIO    W.    ED   IL    V.  103 

via  Appia  stessa,  ed  escludono  la  voliila  metodica  applicazione  mitologica  in 
ogni  simile  monumento,  senza  anche  tenere  conto  dei  moltissimi  sarcofaghi 
che  portano  scolpile  figure  proprie  delle  persone  in  essi  sepolte  o  loro 
parenti  ed  amici.  La  convenienza  poi  della  stessa  rappresentanza  al  monu- 
mento di  Seneca  si  rende  palese  dall' osservare  che,  non  potendosi  espor- 
re sotto  l'impero  di  Nerone  alcuna  memoria  che  si  riferisse  propriamente 
al  tirannico  avvenimento,  si  prescelse  con  perspicacia  grande  quello  che 
meglio  poteva  convenire  a  simile  circostanza  per  dare  effetto  al  modesto 
modo  di  sepoltura  che  lo  stesso  Seneca  aveva  prescritto  che  fosse  effettua- 
to alla  sua  morte.  Perciocché  in  egual  modo  che  Solone  aveva  fatto  cono- 
scere a  Creso  non  essere  beato  quel  uomo  che  possedeva  ricchezze  e  so- 
stanze grandissime,  ma  doversi  attendere  il  suo  fine,  come  infatti  avvenne  a 
quel  potente  e  dovizioso  sovrano  che,  credendosi  beatissimo,  fu  reso  infelicis- 
simo prima  per  la  morte  di  Ali  suo  amato  figlio,  poscia  per  essere  stato  vin- 
to e  portato  sino  sul  rogo  vicino  ad  essere  arso  vivo  da  Ciro;  così  Seneca 
non  mancò  di  spesso  ricordare  le  stesse  massime  a  Nerone  tanto  in  tempo 
della  sua  educazione  quanto  allorché  già  aveva  acquistato  l'impero  e  che  si 
credeva  in  ogni  modo  superiore  a  tutti  gli  altri  uomini,  come  si  trova  indi- 
cato sì  nei  molti  scritti  filosofici  dello  stesso  Seneca  e  sì  da  Tacito  e  Sveto- 
nio  nelle  diverse  narrazioni  relative  a  Nerone  ed  a  Seneca  esposte  da  tali 
scrittori.  Ed  in  simil  modo  Nerone  ebbe  anche  piiì  triste  fine  di  Creso.  Non 
adunque  più  conveniente  esempio  si  poteva  scegliere  per  conservare  memo- 
ria di  Seneca  nell'adornare  la  sua  toniba ,  che  doveva  evidentemente  essere 
posta  in  vicinanza  di  quegli  orti,  che  furono  da  lui  posseduti  lungo  la  via  Appia 
secondo  le  pratiche  quasi  costantemente  tenute  dagli  antichi  romani  nel  collo- 
care i  loro  sepolcri.  È  inoltre  da  osservare  che  lo  stile  della  scoltura  può  benis- 
simo appropriarsi  all'epoca  Neroniana.  Connestando  in  fine  tutto  ciò  che  fu 
esposto  sulla  corrispondenza  del  luogo,  in  cui  accade  il  tristo  avvenimento, 
al  quarto  miglio  della  via  Appia,  ove  infatti  si  è  scoperto  lo  stesso  monu- 
mento, si  può  stabihre  con  molta  probabihtà  avere  esso  appartenuto  alla 
tomba  di  Seneca,  eretta  con  semphcità  alcun  poco  tempo  dopo  la  sua  morte 
a  norma  di  quanto  egli  stesso  aveva  prescritto.  Quindi  si  può  anche  stabilire 
che  gli  orti,  posseduti  dallo  stesso  Seneca  in  tale  posizione,  dovevano  essere 
protratti  tra  la  stessa  via  Appia  e  le  adiacenze  della  Latina. 

SEPOLCRO  ROTONDO.  Succede  a  sinistra  un  monumento  rotondo 
che  conserva  nell'interno  una  cella  sepolcrale  di  eguale  forma  con  quattro 
grandi  nicchie  per  contenere  evidentemente  sarcofaghi  distinti.  Il  tutto  però,  sì 
nell'esterno  che  nell'interno,  si  trova  essere  stato  spogliato  di  ogni  orna- 


101  VIA    APPIA    PARTE    V. 

mento,  e  non  rimane  che  il  nucleo  della  struttura  cementizia  con  alcune 
tracce  soltanto  del  rivestimento;  percui  non  si  può  in  nessun  riconoscere 
la  sua  pertinenza  nò  la  sua  precisa  decorazione.  Nel  suo  d'intorno  esterno  si 
sono  murati  ultimamente  molti  frammenti  di  marmi  rinvenuti  tra  le  reliquie 
dei  sepolcri  scoperti  nelle  adiacenze  per  essere  in  certo  modo  conservati 
più  da  vicino  al  luogo  del  loro  ritrovamento  che  fosse  possibile  quantunque 
non  appartenessero  allo  stesso  monumento. 

SEPOLCRO  DEI  FIGLI  DI  SESTO  POMPEO  GIUSTO.  Per 
una  delle  più  importanti  scoperte,  fatte  nella  prima  parte  dello  scavamento, 
si  deve  al  certo  considerare  la  grande  iscrizione  metrica  che  fu  rinvenuta 
nel  lato  destro  della  via  alcun  poco  dopo  l'indicato  monumento,  la  quale  è 
alquanto  però  mancante  e  spezzata;  ma  con  cura  grande  furono  raccolti 
tutti  i  pezzi,  e  con  diligenza  murati  nella  parete  eretta  nel  luogo  stesso  del 
ritrovamento.  Tutti  i  medesimi  pezzi  si  congiungono  nella  rottura,  e  sol- 
tanto non  si  è  trovato  collegamento  per  due  o  tre  lettere  disgiunte  che  non 
sono  richiamate  da  alcun  certo  segno  e  che  possono  far  parte  di  qualunque 
vocabolo.  La  iscrizione  si  trova  adunque  sussistere  nel  seguente  modo  : 

me  .  SOROR  .  ET  .  FRATER  .  VIV A  .  P.ARENTIS 

AETATE  .  IN  .  PRIMA  .  SAEV lA    .    .    .    .  T 

POMPEIA  .  HIS  .  TVMVLIS  .CO NTEI    .    .    .    RIS 

HAERET  .  ET  .  PVER  .  INMITES  .  QVE DEI 

SEX   .  POMPEIVS  .  SEXTl  .  PRAEC    .    .    A VSTVS 

QVEM  .  TENVIT  .  MAGN VS 

IXFELIX  .  GENITOR  .  GElfiNA CTVS 

A  .  NATIS  .  SPENRANS  .  QVm     .     EI OS 

AMI6S\  M  .  AVXILIVM  .  FViVCTAE  .  POS INATAE 

FVNDITVS  .  VT  .  TRAHERENT  .  INVIDA AREM 

QVANTA  .  lACET  .  PRORITAS  .  PIETAS  .  QVAM  .  VTR    .    .    VLTA  .  EST 

MENTE  .  SEN'ES  .  AEVO  .  SED  .  PERIERE I 

QVIS  .  NON  .  FLERE  .  MEOS  .  CASVS  .  POSSITIQ  .  DOLORE 

VRARE  .  Q\EAM  .  BIS  .  DATVS  .  ECCE  .  ROGIS 

SI  .  SVNT  .  DIMAN'ES  .  lAM  .  NATI  .  N"V>IEN  .  HABETIS 

PER  .  VOS  .  CV  .  .  .  VOTI  ,  NON  .  VEMT  .  HO  ....  MEI 

Subito  dopo  del  suo  ritrovamento  fu  da  me  comunicata  al  Borghesi,  il  quale 
opinò  che  fosse  stata  posta  da  Sesto  Pompeo  Giusto  liberto  di  uno  dei  Sesti 
Pompei,  collaterali  a  Pompeo  Magno,  a  due  suoi  figli  defunti  in  tenera  età. 
dei  quali  la  femmina  aveva  pure  per  nome  Pompea  ;  ed  in  ciò  si  confermava 
anche  dopo  di  averle  esposte  alcune  notizie  su  di  varie  osservazioni  fatte 


TRA    IL    MIGLIO   IV.    ED    IL    V.  105 

(lai  dotti  che  si  accinsero  ad  illustrare  la  stessa  iscrizione  (10).  Non  credo 
opportuno,  né  utile  allo  scopo  prefisso  d'instituire  una  discussione  per  deter- 
niinere  se  più  ad  uno  della  famiglia  stessa  di  Pompei  che  ad  un  liberto,  o  a 
quale  dei  Sesti  successori  di  Pompeo  Magno  si  debba  attribuire  la  perti- 
nenza di  tale  monumento,  come  neppure  a  ricercare  quaU  fossero  le  parole 


(10)  Nella  citata  lettera  direttami  dal  conte  Borghesi  il  30  luglio  1851,  già  pubbli- 
cata dal  signor  Agostino  Jacobini,  espose  la  seguente  sua  opinione  sull"  indicata  iscrizione 
metrica  :  «  Resta  l'epitaffio  metrico  posto  da  un  padre  a  due  figli  defunti,  dei  quali  la  feui- 
»  mina  doniandavasi  Pompea.  I  cultori  della  poesia  latina  potranno  agevolmente  ristau- 
»  rarla;  perchè  in  generale  il  senso  s'intende  bastantemente,  e  perchè  non  contiene  se 
»  non  querele  comuni  a  tutti  i  genitori. 

«  Ciò  che  ci  è  di  particolare  si  racchiude  nel  terzo  distico,  tenendo  conto  non 
»  tanto  delle  lettere,  che  sono  chiare,  quanto  di  quelle,  di  cui  mi  ha  notato  le  vestigia. 
»  sembra  non  dubbio  che  nell'esametro  si  abbia  da  supplire  sex  .  pompeivs  .  sexti  . 
»  PRAECo  .  A^fnc/Hine  .  ivsTvs,  con  che  avremo  1"  intera  nomenclatura ,  non  che  la  pro- 
»  fessione  di  chi  fece  porre  la  lapide.  Nel  Voi.  XX  degli  annali  archeologici  p.  245, 
»  ho  ricordato  un  ampio  colombario  scoperto  nel  secolo  XV  a  mano  sinistra  di  chi 
»  usciva  dalla  porta  S.  Sebastiano  (Muratori,  Inscr.  Pag.  929  i,  di  un  lato  del  quale  ci  ha 
»  dato  il  disegno  Pier  Santi  Bartoli  (AA.  GG.  Gronovii  T.  XII.  sig.  39  '  e  di  cui  trovo 
»  notato  nelle  mie  schede  aver  parlato  a  lungo  il  Ligorlo  nel  L.  15.  p.  42  dei  suoi  ma- 
»  noscritti  di  Torino ,  che  volendo  si  potrà  confrontare  colla  copia  che  esiste  nella  Bi- 
»  blioteca  Vaticana.  In  questo  colombajo  foronà  sepolti  i  servi  ed  i  liberti  di  un  Sesto 
»  Pompeo,  che  ho  creduto  il  console  suffetto  nel  749,  il  che  non  toglie  che  ci  siano  stati 
»  ricevuti  anche  quelli  dell'altro  Sesto  Pompeo  suo  figlio  console  ordinario  nel  767,  in 
»  cui  si  estinse  la  sua  famiglia.  Uno  di  questi  liberti  reputo  che  fosse  anche  il  nostro 
»  Pompeo  Giusto,  ed  appoggio  la  mia  opinione  al  pentametro,  nel  quale  mi  pare  di  poter 

»  leggere  qvem  .   texvit  .  mag>« domvs,  avendo  già  mostrato  che  quei  due 

»  consoli  provennero  realmente  in  linea  collaterale  dalla  famiglia  di  Pompeo  Magno. 
»  onde  questo  cognome  viene  apertamente  attribuito  al  console  del  767  da  Idatio,  dai 
»  fasti  Siculi,  dalla  cronica  Pasquale,  e  da  S.  Epifanio  (Haer.  b\.J  La  qualità  libertina 
»  di  Giusto  viene  poi  chiarita ,  non  tanto  dal  suo  nome  sex  .  pompeivs  ,  quanto  dal  suo 
»  impiego  PRAECO  .  sexti  ,  cioè  di  praeco  di  uno  di  questi  Sesti  Pompei  in  tempo 
»  del  suo  consolato,  di  tale  condizione  solendo  essere  comunemente  i  pracfo?jfs.  Dalle 
»  circostanze,  che  hanno  accompagnato  l'invenzione  di  questo  epitaffio,  si  potrà  argo- 
j'  mentare.  s'egli  sia  stato  estratto,  quando  che  sia  da  quel  colombario,  o  se  Giusto  aveva 
»  eretto  ai  suoi  figli  un  monumento  loro  proprio  ».  Quindi  per  avergli  fatto  conoscere 
alcune  osservazioni  che  cransi  esposte,  non  però  ancora  pubblicate,  sulla  stessa  iscrizione,  e 
precisamente  sul  colombario  di  cui  egli  fa  menzione,  il  quale  stava  assai  discosto  dal  luogo 
in  cui  fu  rinvenuta  la  stessa  iscrizione ,  come  si  è  indicato  nella  Parte  I  descrivendo  i  se- 
polcri scoperti  entro  le  mura  della  cinta  Aureliana  nella  vigna  Codini,  e  chiesto  se  egli 

11 


106  VIA    APPU    PARTE    V. 

che  mancano  in  tale  iscrizione.  Quindi  mi  limiterò  ad  indicare  che  lo  stesso 
epitaffio  deve  considerarsi  per  uno  dei  migliori  scritti  con  tal  metodo  me- 
trico che  si  sia  rinvenuto  e  che  si  renda  importante  per  le  notizie  storiche  a 
cui  si  collega.  Il  monumento  sepolcrale  poi  nulla  più  offre  per  l'arte  di  buo- 
no essendo  stato  per  intero  spogliato  dei  suoi  ornamenti  proprii  allorché 
Tu  distrutto  sino  al  paro  del  suolo  ;  ed  i  devastatori  si  sarebbero  anche 
prevalsi  delle  lastre  di  marmo,  su  cui  fu  scolpita  la  detta  iscrizione,  se  non 
fossero  state  tanto  sottili  ed  infrante  in  minuti  pezzi. 

TEMPIO  DI  GIOVE  E  SECONDO  PAGO  SULPIZIO  AL  QUAR- 
TO MIGLIO.  Sempre  lungo  il  lato  sinistro  ed  alcun  poco  distante  dalla 

nulla  aveva  da  aggiungere  alle  indicate  cose,  egli  mi  fece  conoscere  con  sua  lettera  del  19 
ottobre  1852  la  seguente  conferma  alla  sua  opinione. 

«  Non  ho  che  aggiungere  a  ciò  che  dissi  sull'iscrizione  metrica  di  Sesto  Pompeo. 
»  Ho  esposto  qualunque  siasi,  il  mio  sentimento  sopra  costui,  ed  avrei  sentito  volentieri 
»  se  altrui  aveva  veduto  meglio  di  me.  Non  osta  alla  mia  opinione,  se  la  sua  lapide  è  stata 
»  rinvenuta  molto  lontano  dal  sepolcro  dei  Pompei,  non  essendo  insolito  che  i  liberti  an- 
»  che  delle  case,  che  avevano  un  colombario  pei  loro  famigliari,  quando  erano  doviziosi 
»  si  costruissero  una  tomba  tutta  loro  particolare.  La  grandezza  del  suo  marmo  mi  darà 
»  indizio  che  anch'egli  erasi  fatto  ricco  in  un'arte,  che  Marziale  (Lib.  V.  Epig.  56j  chiama 
»  pecuniosa:  ma  non  mi  persuaderà  mai  ch'egli  fosse  un  distinto  personaggio,  proibendolo 
»  appunto  la  professione  di  praeco  da  lui  contestata.  Essa  vedcsi  quasi  sempre  in  mano  di 
»  liberti,  o  al  più  di  libertini,  ed  era  anzi  così  poco  stimata,  che  la  legge  Giulia  aveva  esclu- 
»  so  chi  l'esercitava  dagli  onori  municipali;  ne  eum  qui  praeconium,  dissignationem,  libiti- 
»  namque  faciet  Ilvirum  IlIIvirum  renuntiato  ».  Si  potrebbero  però  aggiungere  alcune 
osservazioni  sulla  pertinenza  del  medesimo  liberto  a  quale  dei  Sesti  Pompei  che  suc- 
cedettero a  G.  Pompeo  Magno,  se  lo  scopo  prefisso  lo  comportasse.  Laonde  si  lascierà 
di  più  trattenerci  su  tale  argomento;  come  pure  non  ci  faremo  a  proporre  alcun  sup- 
plemento alle  mancanze  rinvenute  nella  lapide  per  essersene  di  già  ampiamente  occu- 
pato il  comm.  P.  E.  Visconti  in  una  dissertazione  che  lesse  ultimamente  nell'adunan- 
za dell'Accademia  Romana  di  Archeologia,  la  quale  sarà  stampata  nel  volume  XIII  degli 
atti  che  si  deve  tra  breve  pubblicare.  Pertanto  si  rende  necessario  d' indicare  che  nei 
lati  del  muramento,  in  cui  fu  collocata  la  suddetta  lapide,  si  sono  poste  le  seguenti 
due  iscrizioni  che  sono  relative  però  ad  altro  monumento.  In  una  incisa  su  di  un  cippo 
di  pietra  liburtina  leggesi  :  dis  .  manibvs  |  avoniae  .  m.  v  |  vix.  ann.  xxxv  |  sex  . 
AVONivs  I  svcCESSvs  |  FECiT  .  CONIVG  |  BENEMERENT.  Ed  in  altro  cippo  di  marmo,  man- 
cante però  nella  parte  destra,  trovasi  sussistere  :  d ]  sex  .  avg |  .mar- 

TIA I  STRAC I   AVONIA  .  PE |   CONIVX  .  AVON |   E 

SEX  .  AVON 1   LIB.  PATRON |   MERENTI [   TE  .  ROGO  .  PRAEFE  .  .   .    | 

AvoNivs  .  RESTiT  ...  In  altro  frammento  d' iscrizione   collocato  da  vicino  leggesi  :  m. 
CEDRivs  I MAioR scuza  uuUa  di  più  conoscere. 


TRA   IL    MIGLIO    IV.    ED    IL    V.  H)7 

Strada  rimangono  reliquie  di  mura  che  si  conoscono  avere  appartenuto  ad 
un  edifizio  di  forma  mista  circolare  e  quadrangolare  con  avanti  un  portico 
di  quattro  colonne  e  nel  d'intorno  una  cinta  di  fabbrica,  il  tutto  disposto  in 
circa  egual  modo  delfaltro  già  descritto  edifizio  che  esiste  da  vicino  al 
circo  di  Massenzio  e  che  fu  riconosciuto  essere  il  tempio  consacrato  al  suo 
figlio  Romolo,  ma  di  proporzioni  alquanto  minori.  Si  è  creduto  che  questo 
edifizio  avesse  servito  di  sepolcro  per  alcun  altro  principe  dell'  impero  de- 
gli ultimi  tempi  che  aveva  ottenuto  di  essere  dichiarato  divo,  come  lo  di- 
mostra la  qualità  delle  reliquie  superstiti  :  e  dopo  che  si  era  cessato  di  sep- 
peUire  i  principi  nel  mausoleo  di  Adriano,  il  quale  fu  detto  degli  Antonini  per 
avere  servito  ai  principi  che  portavano  il  nome  di  tale  famiglia:  ma  non  si 
rinvengono  memorie  autorevoU  per  poterne  determinare  la  pertinenza.  Però 
quando  si  considerano  quelle  memorie  sacre,  che  si  hanno  negli  atti  dei 
Santi  che  soffrirono  il  martirio  da  vicino  alla  via  Appia,  si  viene  a  co- 
noscere che  eranvi  due  luoghi  distinti  che  si  denotavano  col  nome  di  pa- 
go o  borgo.  L'uno  al  terzo  miglio  da  vicino  al  tempio  di  S.  Urbano  ed  al 
circo  di  Massenzio,  come  fu  precedentemente  dimostrato  ;  e  l'altro  al  quar- 
to miglio,  ove  si  è  indicalo  esservi  stato  un  tempio  con  statua  di  Gio- 
ve (Il  ).  Infatti  da  quanto  sussiste  di  tale  monumento  ben  si  conosce  es- 
servi state  nella  sua  cella  tre  grandi  nicchie,  luna  evidentemente  per  con- 
tenere la  statua  di  Giove,  e  le  altre  due  laterali  le  statue  di  Giunone  e 
di  Minerva  ;  e  ciò  precisamente  a  norma  di  quanto  solevasi  praticare  nelle 
borgate  ad  imitazione  dell'edifizio  Capitolino.  Seguendo  poi  quanto  si  è  os- 
servato sulla  importante  iscrizione  di  T.  Quinzio  Caltilo  dell'ara  Vaticana, 
si  può  stabilire  con  molta  probabihtà  essere  quel  pago  l'altro  che  era  de- 
nominato Sulpizio  ;  e  come  i  vici,  che  stavano  nella  regione  prima,  i  quali  era- 
no con  lo  stesso  nome  distinti,  si  doveva  questo  secondo  pago  denominare 
Sulpizio  ulteriore  mentre  quello  che  si  è  già  stabilito  corrispondere  da  vicino 
al  circo  di  Massenzio  si  doveva  distinguere  col  titolo  di  Sulpizio  citerio- 


ill)  I  più  importanti  passi  degli  atti  dei  Santi  Martiri,  ctie  dimostrano  la  sussi- 
stenza di  un  pago  al  quarto  miglio  e  di  un  edifizio  con  una  statua  di  Giove,  sono  i 
seguenti  che  si  leggono,  nella  passione  di  S.  Cecilia  pubblicata  dal  Bosio  :  Locm  igitur 
qui  vocabalur  Pagus,  quarto  milliario  ab  Urbe  situs  erat.  E  quindi  negli  atti  di  S.  Urba- 
no leggesi  :  Almachius  dixit  ut  ducuntur  ad  Pagum  juxla  lemplum  Jovis  et  ibidem  custodirle 
mancipenlur  ....  Venientes  igitur  ad  temphim  Jovis  iuxta  Pagum.  Mentre  poi  il  tem- 
pio, che  stava  al  tèrzo  miglio  e  che  venne  poscia  dedicato  a  S.  Urbano,  si  è  conosciuto 
essere  stato  primieramente  dedicato  a  Bacco. 


108  VIA    APPIA    PARTE    V. 

re  (12).  A  comprovare  poi  la  sussistenza  nel  luogo  stesso  di  un  pago  ser- 
vono le  diverse  reliquie  di  fabbriche  che  si  rinvennero  nelle  sue  adiacen- 
ze. Scavandosi  nell'anno  1850  nel  d'intorno  dell'anzidetto  tempio,  prima  che 
si  fossero  imprese  a  fare  le  regolari  scavazioni  del  governo,  furono  rinvenute 
le  colonne  di  granito  con  i  loro  capitelli  corinti  e  corrispondenti  basi  che  dove- 
vano appartenere  al  portico  stabilito  nella  fronte  delledifizio:  ma  invece  di 
conservare  tali  reliquie  nel  luogo  stesso,  che  avrebbero  servito  in  ogni  tempo 
a  dare  alcuna  idea  del  monumento,  furono  trasportate  altrove  per  farne  altro 
uso.  Evidentemente  doveva  appartenere  allo  stesso  pago,  a  cui  fu  desti- 
nato tale  edifizio,  la  grande  fabbrica,  che  fu  scoperta  nel  principio  dell'an- 
no 1823,  ad  un  mezzo  miglio  distante  dal  sepolcro  anzidetto  dei  Servi- 
lii,  nella  quale  si  rinvennero  oggetti  diversi  e  principalmente  belhssimi 
pavimenti  di  musaico  con  i  nomi  dei  loro  artefici,  che  servirono  a  far  cono- 
scere la  nobiltà  dell'edifizio  (13). 

SEPOLCRO  DI  C.  PLINIO  EUTICO  ERETTO  DA  C.  PLINIO  ZO- 
SIMO.  Nel  lato  destro  della  via,  quasi  d'incontro  al  suddetto  tempietto,  sussi- 
ste alquanto  entro  la  campagna  una  grande  reliquia  di  opera  laterizia  mista 
con  la  cementizia,  sulla  quale  venne  stabilita  una  casa  rurale.  Quindi  sul  mar- 
gine della  strada  tra  le  reliquie  di  altro  monumento  si  rinvenne  la  seguente 
iscrizione  su  di  un  non  grande  cippo:  T.  nAEINfìl  |  EYTYXIfìl  |  KO- 
MfìAm  I  r.  nAEINIOC  l  ZfìCiMOC  l  CYNTPOOm  .  KAI  I  AHE- 


(12)  La  iscrizione,  che  esiste  su  di  un'ara  rotonda  del  museo  Vaticano,  si  vede  dispo- 
sta sopra  e  sotto  di  un  ornamento  composto  di  alcuni  festoni  con  cranj  bovini,  un'ara  con 
fuoco  e  con  due  sacrificanti,  nel  seguente  modo  cioè  sopra  :  t.  qvinctivs  .  Q.  f.  tvlli  .... 

CALTELI    .    CALT.    L.    C    SOttO  :    MAG.    DE    .    DVOBVS    .    PAGEIS    .    ET    .    VICEI    .     SVLPICEI.    (ìltt- 

rini,  Atti  e  Monumenti  degli  Anali.  Tom.  I.  pag.  \S.) 

(13)  Di  tali  scoperte,  fatte  nel  gennaro  dell'anno  1823  da  Francesco  Capranesi  a 
mezzo  miglio  distante  dal  sepolcro  dei  Servilii,  ne  conservò  memoria  il  comm.  Pietro  Vi- 
sconti in  una  relazione  inserita  nel  Tom.  II  degli  alti  della  Accademia  Romana  di  Archeo- 
logia alla  Pag.  668  e  seguenti.   In  particolare  sono  in  tale  relazione  descritti  i  pavimenti 

di  musaico  scoperti,  nei  quali  si  leggono  i  nomi  degli  artefici  t.  flavivs ed 

ARiSTO  .  FAC.  Si  scoprirono  inoltre  negli  stessi  scavi  alcune  memorie  sepolcrali  che  dove- 
vano appartenere  ai  monumenti  posti  più  da  vicino  alla  via  Appia  ;  ed  in  tale  relazione  si 
sono  pure  riferite  le  iscrizioni  appartenenti  ai  medesimi.  In  una  di  esse,  leggendosi  il  no- 
me di  un  liberto  dell'Augusto  Massimo  figlio  di  Massimino,  ed  in  altra  quello  di  Filippo  for- 
se in  relazione  dell*  imperatore  di  tal  nome,  si  può  credere  che  ai  medesimi  principi  doves- 
sero appartenere  gli  edifizj  anzidetti  scoperti  in  tale  luogo:  ma  nulla  di  preciso  si  può  de- 
terminare mancandoci  documenti  autorevoli  e  precise  descrizioni  delle  stesse  scoperte. 


TRA   IL   MIGLIO   IV.    ED    IL    V.  109 

AEYOKPfìI  1  TEIMIflTATm.  Da  questa  iscrizione  il  Borghesi  volle  ri- 
conoscere una  pertinenza  a  quel  C.  Plinio  Zosirao,  che  Cu  un  Uberto  ca- 
rissimo a  C.  Plinio  Secondo,  come  si  deduce  da  una  sua  lettera  a  lui  di- 
retta (li).  Ma  nulla  poi  di  ben  determinato  può  conoscersi  sulla  forma 
del  sepolcro,  a  cui  apparteneva  il  cippo  avente  tale  iscrizione,  e  simil- 
mente di  quei  moltissimi  che  si  trovano  posti  nella  stessa  posizione.  Non 
pertanto  si  è  essa  collocata  con  diversi  frammenti,  che  furono  rinvenuti  tra 
le  rehquie  dei  medesimi  sepolcri  adiacenti,  d' incontro  ad  un  nucleo  di  un 
grande  sepolcro  che  forse  sarà  stato  quello  di  C.  Plinio  Eutico  eretto  dal 
suo  fratello  Zosimo  ;  giacché  la  sua  costruzione  si  trova  corrispondere  preci- 
samente all'epoca  di  Trajano,  in  cui  visse  C.  Plinio  Secondo. 

SEPOLCRO  DI  C.  LICINIO.  Tra  diversi  frammenti  di  un  sepolcro 
costrutto  in  marmo,  evidentemente  nell'epoca  media  dell'  impero,  che  si  so- 
no rinvenuti  a  poca  distanza  dal  suddetto  grande  sepolcro  di  opera  late- 
rizia, si  scuoprì  una  iscrizione  scolpita  pure  su  grandi  massi  di  marmo  in 
cui  leggesi:  Licinia  .  l.  f ]  e.  liclmvs  .  l.  f.  ser | 

LICINIA    .    e.    F.    PA-NTLA |    T.    QVINCTIVS    .    0.    L   [  P.iMPHILVS    (15). 

I  medesimi  frammenti  si  sono  murati  nel  luogo  stesso  del  loro  ritrovamento. 

SEPOLCRO  DORICO.  A  lato  dell'anzidetto  sepolcro  dei  Licinii  si 

rivennero  diversi  frammenti  di  un  monumento  interamente  costrutto  col- 


(14)  «  C.  Plinio  Secondo  nell'Ep.  19  del  Lib.  V  ricorda  un  suo  liberto  Zosimo,  che 
»  gli  era  carissimo,  ed  a  cui  fa  molti  elogi,  il  quale  dovette  chiamarsi  C.  Plinio  Zosimo. 
»  siccome  ci  dice  chi  fece  incidere  questa  lapide  greca  sulla  tomba  di  C.  Plinio  Eutico. 
»  Ma  se  Eutico  fu  fratello  di  latte,  e  insieme  liberto  dell'autore  della  lapide,  sarà  assai 
»  diflìcile  che  questi  due  Zosirai  siano  la  stessa  persona;  perchè  se  il  primo  fu  liberto  del 
»  Plinio  legato  della  Bittinia,  nacque  per  conseguenza  in  stato  servile,  e  quindi  la  sua 
»  famiglia  non  poteva  avere  libertà.  Lo  che  essendo  converrebbe  ammettere  che  egli  dopo 
»  essere  stato  manomesso  avesse  comprato  Eutico,  e  quindi  l'avesse  assoluto  dalla  schia- 
»  vitià.  Ma  non  è  da  credersi  così  di  leggieri,  che  il  Bglio  di  una  serva  sia  stato  allevato 
»  non  dalla  propria  madre,  ma  da  un'altra  serva.  Parmi  assai  più  probabile  che  il  figlio 
»  del  liberto  Pliniano  abbia  portato  gli  stessi  nomi  di  suo  padre;  che  egli  sia  stato  allat- 
»  tato  nella  casa  paterna  da  una  sena  di  lui;  e  che  per  diritto  ereditario,  divenuto  po- 
»  scia  padrone  del  fratello,  gli  donasse  la  libertà  ».  (Tetterà  del  conte  Borghesi  del  30  Lu- 
glio 1851.; 

'15'^  Sull'anzidetto  frammento  d'iscrizione  il  Borghesi  osservò  che  una  Licinia  Pao- 
la ricordasi  altresì  nella  Muratoriana  della  Pag.  MCLXXXIIl,  N.  3:  ma  non  può  essere 
la  stessa  persona  ;  perchè  la  nostra  si  dice  nata  da  un  Cajo,  mentre  l'altra  si  annovera 
quale  figlia  di  un  Publio. 


Ilo  VIA    APPU    PARTE    V. 

la  pietra  albana,  che  dovette  essere  slato  edificato  nei  tempi  più  vetusti. 
Si  rinvenne  tra  le  stesse  reliquie  un  frammento  d'iscrizione,  scritto  nella 
medesima  pietra,  che  deve  avere  appartenuto  allo  stesso  sepolcro:  ma  nulla 
di  ben  determinato  può  conoscersi.  Però  quanto  sussiste  di  tale  monumen- 
to merita  ragguardevole  considerazione  ;  perchè  si  trova  costrutto  con  la 
pietra  albana,  ed  adornato  con  quella  bella  maniera  dorica  che  era  solo  più 
propria  dei  medesimi  più  antichi  tempi;  ed  anzi  può  servire  tale  esem- 
pio a  supplire  quanto  di  tal  genere  di  decorazione  si  trova  ora  scarseggia- 
re nei  monumenti  romani. 

SEPOLCRO  D'ILARIO  FUSCO.  Succede  quindi  altro  monumento 
ristabilito  con  diversi  frammenti  rinvenuti  nel  luogo  stesso,  tra  i  quali  si 
distingue  la  seguente  iscrizione  che  ne  palesa  la  sua  pertinenza  :  .  .  hila- 

RIVS     .    FVSCVS   I PHILVS     .    PATUONVS    | TRATV | 

Qvi  .  FLACci  .  GAESA  ...  |  RN iNGENvi.  Ma  poi  uulla  può  deter- 
minarsi sulla  epoca  precisa  in  cui  fu  eretto  tale  monumento.  Però  veda- 
si avere  servito  per  più  persone  ;  giacche  ad  esso  si  potè  appropriare  un 
bassorilievo  in  marmo,  in  cui  vedonsi  scolpite  cinque  effigie  differenti,  che 
fu  rinvenuto  tra  le  stesse  reliquie  e  che  fu  collocato  nel  mezzo  del  me- 
desimo nmramento.  Tutto  ciò  serve  a  far  conoscere  essere  stato  quel  mo- 
numento eretto  nell'epoca  degli  Antonini  e  nulla  più.  Meritano  conside- 
razione poi  i  basamenti  di  opera  laterizia  che  sussistono  nel  lato  meridio- 
nale dello  stesso  monumento  e  che  appartenevano  a  due  in  circa  eguali 
sepolcri  eretti  nei  buoni  tempi  dell'arte  ;  perchè  offrono  tuttora  belli  esem- 
pj  di  quella  decorazione  fatta  interamente  colla  detta  opera,  quantunque 
si  siano  conservati  soltanto  alcun  poco  al  di  sopra  della  base  dei  pilastri 
che  costituivano  la  principale  loro  decorazione. 

SEPOLCRO  DEI  SECONDINI.  A  poca  distanza  dall'anzidetto  mo- 
numento si  rinvennero  diverse  iscrizioni  che  portano  i  nomi  dei  Secondi  e 
Secondini ,  i  quali  si  possono  credere  avere  avuto  alcuna  relazione  con  C. 
PHnio  Secondo  che  protesse  grandemente  il  suddetto  suo  liberto  C.  Plinio 
Zosimo,  ed  anzi  avere  evidentemente  appartenuto  ad  uno  stesso  monu- 
mento. In  un  frammento  di  una  grande  lapide  di  tale  iscrizione  si  legge: 
ti.  Qaudius  .  avG.  lib.  secvndvs  |  Pkilippianus ar «cceNSVs 

velatUS  .  SCRIBA  .  librar  .  VIAT  .  .  .  .  [  FLAVIAE  .  IRENE  .  VXORI  .  OP  ....  |  ...  . 
TI.  CLAVDIO  .  SECVNDINO |  CLAVDIAE  ,  SECVNDLNAE  ....  Ed  iu  alcuui  pie- 
destalli, che  appartenevano  allo  stesso  monumento,  si  legge  primieramente: 

TI.  CLAVDIO  I  TI.  FILIO  .  PAL  |  SECVNDINO  [  AN.  NAT.  IX.  M.  IX  |  DXXIIX.  |  EQVO  . 
PVB   I   F.  DVLCISSIMO   [  FLAVIA  .  IRENE   |  MATER    |    E  quindi   nell'altro:    TI.    CLAVDIO   I 


TRA    IL    MIGLIO    IV.    ED   IL    V.  1  1  1 

AVG.   LIB   I  SECV.VDO    |  PHILIPPI.ANO   |  COACTORI   |  FLAMA    IREXE    |   MARITO    .    INDVLGEN- 

TissiMO.  Quanto  poi  sussiste  del  medesimo  monumento,  costrutto  in  marmo 
ed  adornato  con  corniciamenti  scolpiti  con  semplicità  e  buono  stile,  dimostra 
essere  stato  stabilito  precisamente  in  circa  nel  tempo  di  Trajano,  a  cui  si 
può  con  più  convenienza  appropriare  la  pertinenza  delle  persone  indicate 
in  tali  iscrizioni  (16).  I  medesimi  frammenti  rinvenuti,  conoscendosi  chia- 
ramente avere  appartenuto  ad  un  basamento,  servono  a  dimostrare  essersi 
sul  monumento  innalzato  un  finimento  piramidale  con  la  statua  di  T.  Clau- 
dio Secondo  sull'alto  ;  e  negli  angoli  dovevano  essere  posti  i  suddetti  piede- 
stalli sostenenti  altre  statue,  come  apparisce  dalle  incassature  che  ancora 
sussistono  nel  piano  superiore  della  cornice. 

SEPOLCRO  DI  Q.  APPLLEO  PAMFILO.  Succede  nello  stesso  lato 
un  moderno  muramento,  che  venne  fatto  per  collocare  alcuni  belli  fram- 
menti di  soffitti  in  pietra  tiburtina,  che  dovevano  appartenere  ad  un  mo- 
numento adornato  con  colonne  e  pilastri  di  eguale  pietra,  come  se  ne  sono 
trovate  reliquie  nelle  adiacenze  ;  di  modo  che  tali  frammenti  dovevano 
essere  collocati  nell'opera  antica  in  piano  entro  alcun  piccolo  portico.  Tra 
le  stesse  reliquie  si  è  rinvenuto  il  seguente  frammento  d' iscrizione  che 
sembra  denotare  la  pertinenza  del  monumento  :  .  .  .  q.  appvleas  |  a  .  .  . 
PAMPHiLvs  ....  ma  senza  potere  nulla  di  più  conoscere.  Dopo  un  invito 
di  strada  traversale  succede  il  basamento  di  una  tomba  costrutta  colla  pie- 
tra albana  con  buon  artificio  dei  tempi  repubblicani. 

GRANDE  SEPOLCRO  DI  OPERA  LATERIZIA.  Si  presenta  quin- 
di nello  stesso  lato  della  via  una  ragguardevole  rehquia  di  un  grande  mo- 
numento di  forma  quadrangolare  e  costrutto  a  guisa  di  un  edifizio  sacro 
con   due  celle  l' una   situata  sopra  dell'altra.   Diversi   esempj  si  hanno  di 

(16)  Per  qaanto  può  dedursi  dalle  varie  memorie,  che  si  coUegano  con  il  tempo  in 
cui  visse  C.  Plinio  Secondo  e  la  sua  amministrazione  tenuta  sotto  Trajano,  si  può  inoltre 
stabilire  che  diverse  altre  persone,  distinte  col  soprannome  di  Secondo  o  Secondino,  fosse- 
ro impiegate,  come  esattori  o  raccoglitori  della  stessa  pubblica  amministrazione,  come  è 
indicato  da  una  iscrizione  di  T.  Staberio  Secondo  raccoglitore  argentario,  che  si  trova  in- 
serita nella  collezione  del  Grutero  Pag.  DCXXVII,  N.  1  e  dell'Orelli  N.  3252,  e  da  un'al- 
tra riferita  dal  Muratori  alla  Pag.  CMXVI,  N.  10  di  T.  Claudio  Prisco  Secondiano  pure 
esattore,  o  raccoglitore,  come  meglio  si  voglia  spiegare  la  voce  coactor.  In  un  lato  del 
medesimo  monumento  si  è  murato  il  seguente  titolo  lapidario  che  fu  rinvenuto  nelle 
sue  adiacenze:  terentia  .  p.  f.  |  clavdiana  .  c.  f  ]  viva  .  siBi  |  fecit.  E  nel  lato  op- 
posto altro  frammento  d" iscrizione  fu  collocato,  da  cui  però  non  può  dedursi  nulla  d'im- 
portante per  lo  scopo  prefisso. 


112  VIA    APPIA    PARTE    V. 

simili  monumenti  costrutti  in  tal  modo  con  l'opera  laterizia,  che  per  la  loro 
l'orma  si  vogliono  credere  essere  stati  altrettanti  tempj,  come  venne  suppo- 
sto quello  detto  del  Dio  Rediculo  considerato  nella  Parte  III.  Ma  la  loro 
destinazione  sepolcrale  è  abbastanza  palese  dal  vedere  il  modo  con  cui 
sono  formate  e  decorate  le  celle;  e  sulla  loro  fronte  in  vece  di  esservi 
stato  alcun  portico  con  colonne,  come  comunemente  si  crede,  vi  era  pra- 
ticata quella  decorazione  che  è  propria  dei  sepolcri.  Esso  sembra  essere 
stato  stabilito  nei  tempi  imperiali  di  dietro  ad  altri  minori  sepolcri  di  più 
vetusto  collocamento,  come  apparisce  dalle  traccie  scoperte.  Per  il  tut- 
tora imponente  aspetto,  che  lo  stesso  edilìzio  presenta,  meritò  di  essere 
considerato  tra  i  diversi  monumenti  superstiti  della  via  Appia  in  parti- 
colare nella  raccolta  del  Piranesi. 

SEPOLCRO  DI  RABIRIO  ERMODORO  DI  RABIRIA  DEMARIDE 
E  DI  USIA  PRIMA  SACERDOTESSA  D'ISIDE.  II  monumento,  che  se- 
gue sempre  nel  lato  destro,  si  rende  importante  non  solo  per  la  pertinenza 
delle  indicate  persone,  ma  per  la  eleganza  dei  suoi  ornamenti;  percui  ha 
meritato  di  avere  la  preminenza  su  tutti  gli  altri  per  essere  ristabilito  nel  mi- 
glior modo  che  fu  possibile  impiegandovi  tutti  i  frammenti  che  furono  rin- 
venuti tra  le  sue  rovine.  Sotto  alle  respettive  immagini  scolpite  in  alto  rilie- 
vo si  leggono  i  loro  nomi  nel  modo  seguente: 

e.  RABIRIVS  .  POST.  L.  RABIRIA  |  VSIA  .  PRIMA  .  SAC 

HERMODORVS  .  DEMARIS  |  ISIDIS 

Ed  a  lato  della  indicata  effigie  della  sacerdotessa  Usia  Prima  si  vede  scolpi- 
to il  sistro  che  era  uno  degl'istrumenti  proprii  del  culto  d'Iside. 

SEPOLCRI  DIVERSI  DEL  LATO  DESTRO.  Ognora  a  destra  in 
vicinanza  del  luogo,  in  cui  furono  rinvenuti  diversi  frammenti  di  decorazio- 
ne architettonica,  consistenti  in  basi  e  capitelli  diversi,  ed  appartenenti  a 
due  sepolcri  distinti,  l'uno  formato  con  la  pietra  albana  e  l'altro  con  la  tibur- 
tina,  colla  quale  prima  pietra  vedesi  pure  sussistere  un  piede  di  candelabro, 
fu  scoperta  una  grande  lapide  che  denota  la  pertinenza  di  uno  dei  medesimi 
sepolcri,  che  esistevano  in  tale  luogo,  alle  persone  in  essa  registrate  nel 
modo  seguente:  a.  aemilivs  .  a.  l  |  alexsa  |  aemiliae  .  a.  l  |  philvsa  [  m.  clo- 
Divs  .  M.  L.  PHiLOSTORGvs.  Di  scguito  poi  si  è  couservata  memoria  di  un  mo- 
numento formato  con  la  pietra  albana  nei  tempi  evidentemente  repubblicani 
e  con  eccellente  artifizio,  come  in  particolare  si  conosce  da  un  fregio  deco- 
rato con  puttini  sostenenti  festoni,  e  dai  pulvini  che  stavano  nella  sua  som- 
mità. Quindi  diversi  belli  frammenti  di  altro  nobile  sepolcro,  formato  con  la 
pietra  tiburtina,  furono  scoperti  a  lato  dell'anzidetto,  tra  i  quali  si  distingue 


TRA    IL    MIGLIO    IV.    ED    IL    V.  113 

UH  timpano  triangolare.  Al  medesimo  monumento  si  sono  riconosciute  ap- 
partenere quattro  effigie  scolpite  in  bassorilievo  nel  marmo  che  dovevano 
rappresentare  le  persone  in  esso  sepolte.  E  tutti  i  medesimi  frammenti  fu- 
rono nel  miglior  modo  possibile  murali  in  alcune  opere  moderne  erette  sul- 
le reliquie  degli  stessi  monumenti.  Un  frammento  di  una  lapide,  in  cui  si 
legge  il  nome  antiochvs.  dimostra  esservi  stato  di  seguito  un  piccolo  sepol- 
cro di  forma  rotonda  costrutto  in  marmo.  Si  rinvennero  ancora  molti  belli 
frammenti  di  decorazione  dei  successivi  sepolcri ,  che  servono  a  dimostrare 
la  nobiltà  dei  medesimi  monumenti.  Particolarmente  si  distingue  tra  le  stes- 
se rehquie  un  basamento  di  un  sepolcro  formato  con  la  pietra  albana  e 
con  sagome  di  bellissima  forma;  e  similmente  un  pulvino  della  stessa  pie- 
tra che  doveva  servire  ad  adornare  la  parte  superiore  del  medesimo  ve- 
tusto monumento.  È  quindi  importante  il  prendere  in  considerazione  una 
specie  di  cippo,  pure  fatto  con  la  pietra  albana,  in  cui  vedesi  effigiata  la 
fronte  di  un  sepolcro  con  una  porta  nel  mezzo  e  la  traccia  di  due  late- 
rali ;  poiché  da  esso  si  può  dedurre  quale  fosse  la  decorazione  che  veni- 
va impiegata  nei  comuni  sepolcri  più  antichi  costrutti  con  la  stessa  pie- 
tra, la  quale  vedesi  da  tale  rappresentanza  avere  partecipato  alquanto  del- 
la maniera  etrusca  precipuamente  negli  ornamenti  delle  porte.  Quindi  suc- 
cedono le  rehquie  di  altro  sepolcro  di  epoca  meno  remota ,  in  cui  furono 
rinvenuti  alcuni  frammenti  di  una  statua  togata.  Nelle  stesse  adiacenze,  e 
precisamente  nelle  rehquie  del  sepolcro  distinto  con  il  numero  4-0,  fu  rin- 
venuta una  importante  iscrizione  assai  frammentata  però  e  divisa  in  due 
pezzi,  che  offrì  motivo  a  dotte  illustrazioni  del  Borghesi  che  ne  riconobbe 
la  pertinenza  a  lasdio  Domiziano  capitano  dell'imperatore  Alessandro  Se- 
vero (IT).  Ma  nulla  di  sicuro  può  stabilirsi  sul  monumento  a  cui  apparteneva 

(17  II  conte  Borgtiesi  dopo  di  avermi  partecipato  diverse  importanti  sue  osserva- 
zioni sulle  iscrizioni  della  via  Appia  con  la  sua  lettera  spesso  citata  del  30  luglio  1851, 
clie  furono  pubblicate  nella  citata  descrizione  del  sig.  Agostino  Jacobini,  mi  aggiunse  in  al- 
tra sua  lettera  dell"  8  settembre  deiranno  stesso  la  seguente  erudita  illustrazione  alfenuncia- 
ta  iscrizione:  «  Dopo  inviatale  l'altra  mia  mi  risovvenni,  che  anche  l'Henzen  appena  venuti 
»  fuori  dagli  scavi  dellAppia  mi  trascrisse  i  due  frammenti  del  titolo  onorario  di  quel- 
»  l'ignoto  legato  di  un  Augusto:  ma  non  potei  allora  occuparmene  distratto  come  era  da 
»  altre  brighe.  Ricercatane  ora  la  di  lui  copia  vi  trovo  notate  alcune  lettere  di  piìi  che  nella 
»  copia  da  lei  inviatami,  le  quali  probabilmente  saranno  perite  nel  maneggiare  quei  mar- 
»  mi:  ma  ciò  che  più  importa  si  è  ch'egli  mi  assicurava  1" indubitata  lezione  di  quel  iasdu 
»  DOM,  sul  quale  appunto,  perchè  non  ne  intendeva  il  significato,  mi  diceva  di  aver  posto 
»  speciale  avvertenza,  e  mi  testificava  insieme  l'esistenza  della  finale  liae  ,  su  cui  pure 

15 


I  I  'l  Vl\    Al'PIA    PARTE    V. 

l  indicala  lapide.  Parimeiili  nelle  stesse  adiacenze  si  rinvenne  quel  frammento 
d' iscrizione  in  cui  si  lesse  il  nome  di  Eschino  tribuno  militare  che  fu  uc- 


»  l'aveva  pressata  di  nuovi  riscontri,  che  in  tal  modo  più  non  mi  occorrono.  Per  le  ragioni, 
»  cbc  ho  addotte    l'altra  volta,  io  non  poteva  dubitare,  che  in  quel  iasdii  si   nascondesse 
»  il  nominativo  plurale  di  un  gentilizio,  ma  dubitava  che  fosse  stato  mal  letto  riuscendo- 
»  mi  nuovo  quel  nome  fra  le  migliaja,  che  ce  ne  hanno  conservate  le  lapidi.   Ora  però 
»  che  il  mio  dubbio  è  stato  dissipato  profitterò  della  certezza  che  gli  è  succeduta  per 
»  trarne  fuori  non  solo  un'altro  esempio,  ma  per  rintracciare  di  più  una  delle  persone 
»  qui   memorate.  Nel  Bulletlino   del   1848   Pag.   188  furono  pubblicate  due  basi  della 
»  Transilvania ,   di   cui  l'una  supplisce  l'altra,    mandate  dal  cav.  Neigebaur,    le    ultime 
»  due  righe  delle  quali  così  erano  da  lui  rappresentate  dedicante  .  as  .  dio  |  domitia- 
»  NO  .  i.EG.  AVG.  PR.  Pii.  Riusccudo  inaudita  tanto  all'  Henzen  quanto  a  me  la  terminazio- 
»  ne  in  Latina  di  asdio,  supponemmo,  che  quel  punto  intermedio  volesse  significare  la 
»   mancanza  di  una  lettera,  onde  vi  supplimmo  un'I,  e  ciò  portò  che  credemmo  di  dover 
»  ristaurare  neirallra  lettera,  che  si  confessava  essere  un  N  o  un  P,  onde  farne  la  non  in- 
»  solita  denominazione  di  Nasidio  e  Pasidio.  Ma  dopo  il  confronto  col  marmo  dclTAppia 
»  conosceremo  che  si  aveva  da  prestar  maggior  fede  alla  copia  del  Neigebaur;  che  anche 
»  ammessa  l'esistenza  di  quel  punto  intermedio  egli  poteva   prendersi  per  uno  di  quei 
»  non  rari  esempj  a  comparire  fra  le  sillabe,  ed  anche  fuori  di  luogo,  nelle  lapidi  di  tempo 
»  scadente,  che  in  vece  di  un  N  o  di  un  P  doveva  ristaurarsi  un  I,  e  che  finalmente  questo 
»  lasdio  Domiziano  non  è  diverso  dal  figlio,  il  quale  pose  a  suo  padre  la  nostra  iscrizione 
')  frammentata.  Consta  da  quelle  due  basi  ch'egli  fu  legato  della  Dacia  nell'impero  di 
»  Alessandro  figlio  di  Mammea,  del  che  ne  deriva  che  il  genitore  deve  aver  fiorito  ai 
»  tempi  di  Settimio  Severo,  e  se  anche  si  vuole  di  Caracalla.  Lo  che  essendo  scemerà  di 
»  molto  la  maraviglia  della  novità  della  sua  casa,  sapendosi  quanti  dei  provinciali  anche 
»  più  lontani  furono  introdotti  in  senato  da  quei  principi.  Ed  in  tal  caso  potrà  anche  tro- 
»  varsi  una  radicale  di  quel  nome,  leggendolo  ricavato  per  esempio  del  greco  ìy;,  ìxdo;, 
»  onde  sia  un  gentilizio  geografico  dedotto  dalla  provincia  della  Ionia.  Intanto  se  suo  pa- 
»  dre  fiorì  ai  tempi  di  Settimio  Severo,  egli  non  potrà  più  esser  stato  legato  della  Licia 
»  e  della  Pamfilia  non  ignorandosi  che  sotto  Adriano,  o  al  più  sotto  Antonino  Pio  invece 
»  dei  legati  s'incominciò  a  mandarsi  i  proconsoli,  essendo  stata  ceduta  al   senato  in  cam- 
»  bio  della  Bitinia.  E  ciò  starà  bene  anche  a  senso  dell'altro  ulPicio  da  lui  sostenuto  di  cu- 
»  ratore  dei  Fulginati,  attestando  Capitolino  che  M.  Aurelio  fu  quello  che  introdusse  o 
»   per  lo  meno  propagò  l'istituzione  di  dare  ai  senatori  la  cura  delle  città.  Ma  da  ciò  ne 
»  consegue  pure  che  la  voce  terminante  in  hae  non  può  più  essere  il  nome  di  una  pro- 
»  vincia  da  attaccarsi  al  Legatus  propter  per  la  ragione  invincibile  che  dopo  Adriano  non  si 
«  ha  più  alcuna  provincia  cesarea  con  questa  desinenza.  Convien  dunque  trovare  un'altro 
»  uffizio ,  a  cui  essa  volle  adattarsi.   Ma  ciò  può  farsi  senza  invertere  l'ordine  che  si  era 
»  dato  a  quei  due  frammenti ,  e  senza  ammettere  che  sia  primo  quello  che  s'era  reputato 
»  secondo.  Eccole  dunque  un  diverso  supplemento  foggiato  secondo  questi  nuovi  bisogni  : 


TRA    IL   MIGLIO    IV.    ED    IL    V.  115 

riso  nella  Lusilania  (18).  A  poca  distanza  si  sono  anche  rinvenute  due  altre 
iscrizioni  che  possono  meritare  considerazione;  poiché  nella  prima  di  esse 

leggesi:    L.  VALERIVS  .  L.  F.  OVF.  GmDO   |   L.   CALPVRMVS  .  M,  L.  MENOPHIL    |  VALERIA- 

Ms  I  VALERIA  .  L.  L.  TRVPHERA.  E  quesla  ha  meritato  alcune  considerazioni 
del  Borghesi  (19).  Nell'altra  poi  si  trova  scritto  soltanto  ....  niciae  | 


leg.  AVG.  PR.   praet.   provinciae 

syrim  .  phoemciAE  .  leg.  avg.  pr.  pr.  prov.  ractiae  .  curai 
viae  .  acmÌLiKE  .  praef.  alìiìi  .  leg.  ìeG.  xiiii.  GE5u'«ne  .  curat 
rei  ■  P.  FVLGiNATiVM  .  praetori  .  aedili  .  Cvrvli  .  quaeslori 
prov.  ACHAIAE .  TRIB.  LAT.  heg.  i.  ad  HIV.  cap.  iasdii  voMÌlianus 

et filli  .  paTRi  .  optiino  .  feceriint. 

»  La  lunga  lacuna  ileirultima  riga,  nella  quale  doveva  necessariamente  ricordarsi  un'altro 
»  Gglio,  si  riempirà  sia  supponendo  che  questi  figli  fossero  più  di  due,  sia  ritenendo  che 
»  Domiziano  occupasse  già  a  quel  tempo  una  carica;  dell'una  e  dell'altra  delle  quali  cose 
»  si  ha  esempio  tra  gli  altri  nella  lapide  del  console  A.  Egnatio  Proculo  veduta  del  Gudio 
»  Pag.  122.  N.  4,  tra  la  fine  della  quale  si  memorano:  egnati  .  secvndilla  .  proclia- 
»  N\'s  .  iniviR  .  viAR.  CVR.  ET  .  LLD.  FILI.  È  inutile  il  dire,  che  i  ristauri  della 
»  prima  e  della  seconda  riga  sono  capricciosi,  diretti  solo  a  mostrare  come  coi  pochi 
»  avanzi,  che  ci  sono  rimasti,  si  possino  esse  riempire,  e  che  i  supplementi  sicuri,  e  con 
»  qualche  fondamento  non  comincino  se  non  che  dalla  terza  linea,  benché  si  abbia  da  no- 
»  tare  che  in  vece  della  via  Emilia,  potrebbe  con  egual  diritto  sostituirsi  l'Aurelia.  In 
»  seguela  adunque  di  questo  confronto  avremo  il  vantaggio  di  conoscere  nella  genta  lasdia 
»  una  nuova  famiglia  consolare,  e  di  aver  ricavato  da  questo  miserabile  frammento,  che 
»  non  parevano  di  alcun'uso,  il  nome,  l'età,  e  alcuna  delle  cariche  sostenute  da  un  perso- 
»  naggio  ignoto  alla  storia  «.  (^Borghesi,  Lettera  dell'S  settembre   1851.^ 

(18) ESCHiyVS    .    pater    .    TR I   OCCISVS  .  EST    .    IN    .    LvsiTAnea.    In 

questo  importante  frammento  d' iscrizione  osservava  il  Borghesi  che  molto  raramente 
solevano  indicare  le  lapidi  antiche  il  genere  della  morte,  onde  reputava  egli  che  non 
meritava  di  essere  sprezzato  questo  titoletto  che  ci  faceva  sapere  che  l' ignoto  Eschino 
fu  ucciso  nella  Lusitania. 

(19;  Secondo  l'autorità  del  Borghesi  in  tale  iscrizione  leggesi  francamente  :  Lu- 
cius .  VALERIVS  .  Marci  .  Filius  .  0\Fentina  .  giudo  .  Lucius  .  calpvrmvs  .  Marci  .  Li- 
herlus  .  MENOPUUj/s  .  VALERIAMS  .  VALERIA  .  Lidi  .  Liberta  .  TRVPHERA.  «  E  evidente. 
»  che  vien  nominato  un  padrone  con  due  suoi  liberti,  uno  maschio,  l'altro  femmina. 
»  Ma  è  da  osservarsi  che  contro  il  consueto  Menofilo  non  porta  il  gentilizio  del  suo  pa- 
»  drone,  ed  è  anche  più  strano,  che  dopo  essersi  appellalo  Lucio  si  professi  liberto  di 
»  Marco.  Però  se  ne  travede  la  ragione,  e  ciò  può  servire  di  norma  in  qualche  altro 
»  caso  consimile.  Tengo  per  fermo  che  qui  sia  ripetuto  il  fatto  di  Cicerone  (ad  At- 
»  tic.  Lib.  IV.  Epist.  XV),  che  manomettendo  il  suo  servo  Dionigi  non  lo  chiamò  già  col 


I  1 6  VIA    APPIA    PARTE    V. 

LACCI  .  ET,  (la  cui  nulla  d'importante  può  dedursi.  Si  sono  trovati  però  nel 
luogo  stesso  diversi  frammenti  di  cornici  in  pietra  tiburtina  con  una  sta- 
tua in  marmo  togata,  che  meritano  qualche  considerazione,  come  pure  al- 
cuni pulvini  in  pietra  albana.  Di  maggiore  importanza  devesi  poi  tenere 
la  seguente  iscrizione  che  fu  rinvenuta  di  seguito  alle  suddette  reliquie: 

A.  ARGENTARI  .  A.  L.    ANTIOC  .A |  COACTOR   .   INTER    .   AERARIOS  .A | 

ocTAviAE.  A.  L,  EPicHAR  .  sOROR Merita  considerazione  la  indicazione  di 

esattore  fra  gli  erarii;  perchè  credo  che  sia  senza  esempio,  né  si  può  spiega- 
re se  non  attribuendo  a  tale  raccoglitore  argentario  la  partecipazione  del 
suo  servizio  a  più  di  un  erario. 

SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Quasi  d'incontro  ai  suddetti 
sepolcri  si  rinvengono  diverse  traccie  di  altri  molti  simili  monumenti,  ma 
però  assai  più  distrutti  che  nel  lato  destro.  Primieramente  vedesi  il  pian- 
tato di  un  sepolcro  quadrangolare  costrutto  eccellentemente  coll'opera  late- 
rizia, avanti  al  quale  si  è  nei  tempi  posteriori  stabilito  altro  sepolcro,  di  cui 
sussiste  il  solo  nucleo.  Quindi  tra  i  successivi  monumenti  si  rinviene  la  se- 
guente iscrizione  di  P.  Cacurio:  p.  cacvrivs  .  p.  l.  l.  [  philocles  .  ab  |  ara  . 

MARMOREA    [  CACVRIA    .    P.   L.   CALLIOPA   ]  MAELIA  .  GÈ.  CACVRI    .   R E    quindi 

un  cippo  in  cui  vedesi  effigiato  un  milite  che  tiene  per  mano  altra  persona, 
e  sopra  di  tali  figure  leggesi:  dis  .  manibvs  |  q.  flavio  .  critoni  .  conivgi  .  be- 
ne  I  MERENTI  .  et  .  Q.   FLAVIO  .  PROCVLO   [  MILILI    .   COH  .   XII.   VRB   [  BASSI    .   nLlO   . 

piENTissiMO  I  ivNiA  PROcvLA  FEciT.  Di  soguito  esiste  uua  lapide  in  pietra  tibur- 
tina che  porta  impresso  il  seguente  semplice  titolo:  p.  faianivs  .  t.  p.  l.  sa- 
TVRio  I  V.  A.  VII.  Sul  quale  nome  nulla  d'importante  può  osservarsi.  Merita 
però  maggiore  considerazione  una  statua  in  marmo  togata  che  fu  rinvenu- 
ta da  vicino  al  detto  monumento;  perchè  offre  un  buon  esempio  di  tale 

»  proprio  nome  di  Tullio,  ma  con  quello  di  Pomponio,  in  commemorazione  del  suo  ami- 
»  co  Pomponio  Attico.  Altrettanto  avrà  praticato  il  padre  di  Giddo  o  per  parentela  o  per 
»  amicizia,  quando  nel  concedere  la  libertà  a  Menofilo  gli  diede  il  nome  estraneo  di  I.. 
»  Calpurnio,  invece  del  proprio  di  M.  Valerio;  ma  ciò  non  tolse,  che  questi  si  dicesse  li- 
»  berto  di  Marco,  come  era  realmente,  e  che  di  più  a  denotare  la  sua  origine  si  aggiun- 
»  gesse  l'agnome  Valeriano  all'uso  dei  servi,  che  così  costumavano  d'indicare  il  loro 
»  primitivo  padrone ,  come  fu  già  riconosciuto  dal  Fabretti ,  e  dal  Marini  (Mon.  Arv.  p. 
»  214.J  Nuovo  mi  riesce  il  cognome  giddo,  che  non  sembra  nato  da  origine  né  latina, 
»  né  greca  ».  (Lettera  del  conte  Borghesi  del  30  Luglio  \8ól.J  Piacque  al  sig.  Carlo  Pan- 
caldi  di  appropriare  ai  nomi,  espressi  in  tale  iscrizione,  alcune  significazioni  veneree  e 
libidinose  che  si  potranno  conoscere  leggendo  il  foglio  45  dell'anno  XVIII  del  Gior- 
nale intitolato  V Album. 


TRA    IL   MIGLIO    IV.    ED   IL    V.  1  1 7 

genere  di  siffatte  tanto  comuni  opere.  Alquanto  più  distante  leggesi  in  una 

lapide  : chrestvs  |  lictor  .  caesaris,  che  il  Borghesi  credette  di  fare 

alcune  osservazioni  sul  nome  Cresto  (20).  Vedendo  in  questa  rehquia 
d'iscrizione  impiegato  il  nome  Cresto  in  caso  retto,  si  dovrà  credere  che 
egli  avesse  fatto  alcun  monumento  in  onore  di  altri,  e  forse  di  alcuna  per- 
sona che  poteva  essere  stata  onorata  dai  fasci  ;  poiché  effettivamente  si  è 
trovato  da  vicino  un  frammento  marmoreo  di  fasci  consolari,  i  quali  poteva- 
no essere  stati  portati  dal  medesimo  littore  Cesareo.  Tutto  ciò  doveva  esse- 
re dichiarato  nelle  hnee  superiori  che  si  trovano  mancare  nella  lapide. 
E  di  seguito  si  rinvenne  altra  iscrizione  scolpita  sulla  pietra  tiburtina  con 
caratteri  di  vetusta  forma  che  ricorda  diverse  persone  dei  Trebonii:  e.  p.  p. 

TREB0n2bRVM    .    P.    P.    C.    [    TVRARIE?>   .   ET  .   LIBERTEIS    |   P.   TREBONIVS    | L. 

NICOSTRATS   (sic)    \    M C.   P.   L.  MARCfflO   |  D C.  L.  OLOPAN- 

TVS   I  M C,   P.   L.  MACEDO  ]  A C.   P.   L.  ALEXANDER   |  TREBOMA  , 

c.  p  L.  IRENA  I  TREBONiA  .  c.  p.  L.  AMMiA.  A  questa  stcssa  iscrizione  si  deve 
appropriare  il  cippo  terminale  in  cui  leggesi  :   sex  .  l.  mLARA  |  sex  .  trebo- 

NI  I  VS  .  SEX  ,  L  I  TRVPHO  .  TVRA  |  RIES  .  IN  .  AGRO  ]  P.  XX.  IN  .  FR.  P.  XXIIX.  Men- 
tre può  essere  di  qualche  interesse  la  conoscenza  del  nome  dei  medesimi 
Trebonii,  non  si  può  poi  dalle  reliquie  superstiti  determinare  in  alcun  mo- 
do la  forma  e  decorazione  del  loro  monumento,  che  doveva  evidentemente 
esser  fatto  con  un  puro  stile  quale  si  conveniva  ai  tempi  indicati  dalle 
iscrizioni  surriferite. 

MEMORIE  DI\TRSE  DEL  LATO  DESTRO.  Di  seguito  ai  monu- 
menti già  indicati  nel  lato  destro  merita  primieramente  considerazione  un 
grande  monumento  di  opera  laterizia,  che  vedesi  dilatarsi  alquanto  verso 
la  campagna  e  che  offre  visibilmente  l'esempio  di  alcune  ragguardevoli  ag- 
giunzioni fatte  tanto  nei  lati,  quanto  nella  parte  anteriore  con  eguale  ap- 

(20)  «  L'appellativo  grecanico  chrestvs  nei  tempi,  a  cui  questo  titoletto  deve  riferirsi. 

»  fu  proprio  dei  servi,  e  dei  liberti;  e  costui  portando  unicamente  quel  nome  si  avrebbe 

»  da  credere  della  prima  condizione,  se  non  si  sapesse  che  i  servi  erano  esclusi  dairufficio 

»  di  apparitores.  Sta  bene  adunque  che  il  marmo  comparisca  rotto  sul  principio,  che  così 

»  la  frattura  ci  avrà  rapito  il  suo  gentilizio,  ed  egli  passerà  nella  classe  dei  liberti,  alla 

»  quale  realmente  appartenne  la  più  parte  dei  littori.  Il  eh.  Mommsen  nella  sua  bella  mo- 

»  nograGa,  de  apparitoribus ,  in  cui  ha  raccolto  tutte  le  lapidi  rimasteci  di  costoro,  non  ne 

»  conosce  alcuna  anteriore  di  età  al  l.  aninivs  .  l.  l.  eros  .  lictor  .  avgvsti  .  caesaris. 

»  del  Muratori  (Pag.  886.  10):  ma  il  nostro  Cresto  sarà  più  antico  di  lui,  se  fu  al  ser- 

»  vigio  di  Cesare  il  dittatore,  o  almeno  di  Ottaviano  prima  che  assumesse  la  denomi- 

»  nazione  di  Augusto  ».  {Borghesi,  Lettera  citata.) 


I  1  S  VIA    APPI  V    PARTE    V. 

parecchio,  ma  però  eseguito  con  assai  minor  cura  ed  esaltezza  ;  percui  si 
rendono  ben  palesi  le  due  differenti  costruzioni.  Parimenti  con  artifizio 
assai  distinto  si  sono  trovate  eseguite  alcune  opere  di  scoltura  scoperte 
nella  sua  parte  anteriore  ;  poiché  mentre  si  ebbe  il  piacere  di  vedere  la 
parte  inferiore  di  una  statua  in  marmo  panneggiata,  eseguita  veramente  con 
buonissimo  stile,  che  meritò  di  essere  ritirata  per  inviarsi  in  adornamento 
del  museo  Vaticano,  si  trovò  poi  un'altra  statua  pure  panneggiata  ed  in 
marmo  che  si  conserva  nel  luogo  stesso  e  che  offre  nulla  d'importante 
per  l'arte.  Di  eguale  somma  varietà  di  artifizio  sono  gli  altri  frammenti  di 
scollura  che  si  dedussero  dallo  stesso  monumento;  percui,  sì  per  la  sua 
costruzione  sì  per  le  altre  opere,  si  conosce  chiaramente  essere  stato  pri- 
mieramente edificato  forse  nei  primi  tempi  dell'  impero  e  poscia  accre- 
sciuto anche  dopo  dell'epoca  degli  Antonini  (21).  Alquanto  più  verso  la 
campagna  e  nel  lato  destro  del  sepolcro  esiste  un'altra  grande  reliquia 
egualmente  costrutta  coll'opera  laterizia,  ma  spogliata  di  ogni  suo  orna- 
mento, in  modo  da  non  poterne  precisare  la  sua  pertinenza,  la  quale  sembra 
però  avere  appartenuto  più  ad  una  fabbrica  di  abitazione  che  ad  un  mo- 
numento sepolcrale.  Di  seguito  progredendo  lungo  la  via  dopo  un  gran 
marmo  su  cui  leggesi:  lotivs  .  li  |  otia  .  l.  f.  ed  in  un  lato  pesidiorvm,  si 
trovano  in  circa  d'incontro  ai  suddetti  sepolcri  del  lato  sinistro,  le  seguenti 
principaU  memorie  che  meritano  di  essere  considerate  tra  le  tante  reliquie 
ivi  discoperte.  E  primieramente  si  rinvengono  alcuni  frammenti  di  cornici 
tanto  in  pietra  albana  quanto  nella  liburtina,  che  meritano  di  essere  con- 
siderati. Poscia  vedesi  una  bella  antefissa  angolare  scolpita  in  marmo  con 
ricercato  intaglio.  Di  seguito  esiste  un  frammento  d' iscrizione,  su  cui  leg- 
gesi : BV1FI4JWS  .  Q.  Succede  la  seguente  più  importante  iscrizione 

(21)  Olire  i  surriferiti  oggetti  di  scoltura,  rinvenuti  nel  suddetto  sepolcro,  si  sco- 
prì il  seguente  titoletto  che  doveva   appartenere  alla  seconda  sua  destinazione:  d.  m  | 

CRESCENTINAE  .  CONIVGI  [  INCOMPARABILI  .  B.  M.  DE  |  ME  .  FECI  .  TANTIIIMVS  .  CON  |  IVNX  . 
DVLCISSIMAE    .    ET   |   EYRESI    .    FILIAE    .    QVAE    .    VIXIT    ]   AN.    VNO    .    M.    X.    D.    Villi. 

(22)  I  tre  nomi  indicali  nella  surriferita  iscrizione  hanno  offerto  le  seguenti  eru- 
dite osservazioni  esposte  dal  dotto  abate  Celestino  Cavedoni  nel  foglio  3C  dell'anno  XVIII 
del  Giornale  intitolalo  Album.  Dopo  di  avere  ricordalo,  coll'autorità  di  Giovenale,  che  i 
giudei  avevano  preso  in  aflitto  il  piccolo  bosco  che  stava  da  vicino  al  tempio  delle  Ca- 
mene, come  fu  esposto  nella  Parte  I,  opinò  potersi  con  molta  probabilità  appropriare 
la  origine  dei  medesimi  nomi  allo  slesso  popolo.  «  achiba.  Forse  risponde  al  nome 
»  biblico  ACHAB  (III.  Reg.  XVI,  28J,  che  vale  patntelis,  od  alPallro  acuban  (I.  l'a- 
»  ralip.  Il,  29.)  che  nella  volgata  rendesi  auoban  ffraternus? J.  Potrebbe  pur  dirsi  com- 


TRA   IL   MIGLIO    n\    ED   IL    V.  l  |  i) 

che  ricorda  tre  cognomi  esolici  :  l.  valerivs  .  l.  l  |  baricha  |  l.  valerivs  . 
L.  L  I  ZABDA  I  L.  VALERIVS  .  L.  L  |  ACHiBA  [22).  Quindi  la  successiva  altra  iscri- 
zione scolpita  in  un  gran  masso  di  marmo:  t.  hdiclamvs  .  t.  l.  apella  [ 

EX  .  testamento  .  ARBITRATV  [  FELICIS  .  PHILARGVRI  .  L.  ET  .  ATTICE  .  L.  SÌ  rin- 
venne di  seguito  un  importante  cippo  sepolcrale  con  rappresentanza  di  un 
elefante  evidentemente  con  un'ara  sul  suo  dorso,  oppure  carico  di  denti  del- 
la sua  specie,  come  meglio  si  voglia  dedurre  dalla  non  ben  decisa  scoltu- 
ra, e  con  la  iscrizione  denotante  il  deposito  delle  ossa  del  suo  padrone: 
OSSA  [  M.  coNSi  I  CERDOMS.  Quindi  sempre  di  seguito  è  tornata  alla  luce  la 
seguente  iscrizione  scolpita  su  di  una  grande  lapide  di  marmo:  l.  arellio  . 

GLABRAl  .  L   |  DIOPILiNTO   |  TITIN.AI  .  NOBILI   |   VXSORI    (23). 

SEPOLCRO  KOTONDO  VICINO  AL  QUINTO  MIGLIO.  Tra  le  mol- 
te reliquie  di  sepolcri  che  si  sono  scoperte  nello  stesso  luogo,  meritano  con- 
siderazione quelle  di  due  monumenti  rotondi  fatti  a  guisa  di  tumuli,  dei 
quali  si  cercherà  di  attribuirne  la  pertinenza  nel  successivo  partimento. 
Però  è  d'uopo  prendere  ad  osservarne  uno  bensì  pure  di  forma  rotonda,  ma 
tutto  rivestilo  di  marmi  sino  alla  sommità .  i  quali  furono  ridotti  in  minuti 

»  posto  dalle  due  voci  ebraiche  ach  achj  in  composizione'i  e  ba,  che  verrebbe  a  si- 
»  gnillcare  frater  venit.  baricha.  Però  forse  rispondente  all'ebraico  bariach  /  Parai.  III. 
»  22,  vulg.  BABiAy),  che  vale  fugitivus:  ovvero  al  Caldaico  berik  berich  f Daniel.  Ili,  28'. 
»  che  vale  benedictus,  del  pari  che  l'ebraico  barvk,  barvch.  Altri  potrebbe  pure  cre- 
»  derlo  corrispondente  allo  scritturale  baraq,  barac  Indie.  IV,  6',  ed  al  punico  bau- 
»  CAS,  BARCHAS ,  chc  valc  ftiìmen  belli,  zabda.  Questo  nome  non  è  senza  meno  lo 
»  stesso  che  il  biblico  zabdi,  posto  per  zabdiah  fJosue  VII,  JJ,  che  torna  lo  stesso 
«  che  il  primo  zebadiah,  Zebedaeus,  e  viene  a  dire  Donum  Jeorhae,  Donum  Dei.  L'o- 
»  rigine  di  esso  evidentemente  semitica  torna  in  conferma  delle  sovra  esposte  origini 
»  congetturali  degli  altri  nomi  analoghi  ».  Nel  modo  stesso  egli  prese  a  ricercare  la 
derivazione  del  nome  giddo  compreso  nella  iscrizione  di  L.  Valerio,  precedentemente 
osservata,  paragonandolo  con  lo  scritturale  caddi  ,  o  geddi.  (  jY«m.  XIII.  II.  Fortunatus;) 
e  ciò  tanto  piìi  perchè  dalla  stessa  radice  ebraica  gadad  si  forma  il  nome  Mageddo 
{Josue  XVII,  II,  al)  che  dai  Massoreti  leggesi:  ma  giddo.  Altre  ben  diverse  origini  si 
dedussero  dal  sig.  Carlo  Pancaldi  nei  fogli  43  e  46  dello  stesso  Giornale. 

^23  SuU"  indicata  iscrizione  il  conte  Borghesi  nella  citata  lettera  del  30  luglio 
1851,  osservava  che  il  dittongo  arcaico  ai  invece  di  ab  nei  due  nomi  femminili  glabbai. 
e  TiTiMAi  rimanda  questo  marmo  al  secolo  di  Augusto.  Fino  da  quel  tempo  era  cognita  in 
Roma  la  gente  Arellia,  giunta  molto  più  tardi  anche  agli  onori  del  consolato,  avendole 
dato  nome  Q.  Arellio  Fosco  il  padre,  ricordato  da  Orazio  l.ih.  II,  Sat.  6  .  e  che  dal  re- 
tore Seneca  viene  frequentemente  citato  come  uno  dei  principali  declamatori  fra  i  suoi 
contemporanei. 


120  VIA    APPIA    PARTE    V. 

pezzi  nei  tempi  passali  per  evidentemente  farne  calce.  Quei  pochi  che  si 
conservarono  in  qualche  maggiore  volume  e  che  si  sono  rinvenuti  negli  ul- 
timi scavi,  dimostrano  una  eccellenza  di  lavoro  tale  da  far  credere  il  monu- 
mento eretto  nei  primi  anni  dell'impero:  che  non  si  può  in  nessun  modo 
conoscere  la  sua  pertinenza.  Nonostante  tanta  distruzione  si  può  dedurne 
una  idea  della  sua  intera  decorazione  prendendo  a  considerare  distinta- 
mente e  con  studio  i  diversi  frammenti  discoperti,  i  quali  in  vista  di  tale 
loro  importanza  verranno  murati  intorno  al  nucleo  superstite.  Ed  è  prin- 
cipalmente da  prendersi  in  considerazione  la  decorazione  della  porta  ;  per- 
chè non  se  ne  sono  rinvenuti  altri  esempj  migliori.  Altre  reliquie  di  se- 
polcri di  ragguardevole  grandezza  si  trovano  sussistere  nel  luogo  stesso: 
ma  sono  esse  sì  spogliate  da  ogni  loro  ornamento  che  non  possono  ora 
pili  presentare  altra  considerazione  di  quella  di  servire  a  dimostrare  es- 
servi stati  in  tale  luogo  diversi  distinti  e  nobili  monumenti  sepolcrali. 

SEPOLCRO  DI  OPERA  LATERIZIA.  Quindi  è  da  osservare  che 
in  vicinanza  del  limite  prescritto  a  questa  Parte  V  nel  lato  sinistro  si  pre- 
senta una  ragguardevole  reliquia  di  un  grande  sepolcro  costrutto  coU'opera 
laterizia  quasi  in  forma  di  tempio,  ed  in  circa  modo  simile  a  quello  prece- 
dentemente descritto  ed  esistente  nel  lato  destro.  Benché  nelle  sue  adiacen- 
ze si  sieno  rinvenute  diverse  memorie,  ma  per  la  moltiplicità  dei  sepolcri  ivi 
esistenti,  resta  impossibile  appropriarne  la  pertinenza;  e  solo  può  stabilirsi 
che  esso  venne  eretto  nei  tempi  imperiali  di  dietro  ad  alcuni  piccoli  monu- 
menti sepolcrali  che  in  precedenza  erano  stali  posti  lungo  la  crepidine  della 
via.  Per  la  imponente  reliquia,  che  sussiste,  meritò,  come  il  simile  prece- 
dente, di  essere  considerato  tra  i  diversi  monumenti  superstiti  lungo  la  via 
Appia  in  particolare  nella  grande  raccolta  dei  sepolcri  antichi  del  Piranesi. 
E  si  è  solo  per  l'indicala  quahtà  di  struttura  che  si  deve  la  conservazione  di 
tale  reliquia,  mentre  se  fosse  stato  costrutto  di  pietra  o  di  marmo  sarebbe 
stato  più  grandemente  distrutto.  Chiudendone  la  sua  fronte  con  un  muro. 
is  è  potuto  ridurre  la  cella  a  servire  di  ripostiglio  per  collocare  i  piccoli  og- 
getti che  si  rinvengono  negli  scavi;  e  sul  medesimo  muro  si  sono  collocati 
diversi  dei  medesimi  oggetti  minuti  che  appartenevano  alla  decorazione  de- 
gli adiacenti  monumenti.  Esiste  nel  suo  lato  destro,  alquanto  più  discosto 
dalla  via,  altro  incirca  simile  monumento  che  però  nulla  più  presenta  di 
ragguardevole  importanza. 

MEMORIE  DIVERSE  RI]>rVENUTE  TRA  IL  QUARTO  ED  IL 
QUINTO  MIGLIO.  Oltre  a  tutto  quanto  fu  esposto  nell' indicata  quinta  par- 
te della  via  si  sono  rinvenute  altre  memorie  di  minore  importanza,  che  non 


TRA    IL    MIGLIO    IV.    ED   IL    V.  121 

si  poterono  con  precisione  determinare  a  quale  monumento  esse  avevano 
appartenuto  ;  ed  altronde  contenendosi  in  semplici  titoletti  che  non  hanno 
altro  interessamento  di  quello  di  denotare  nomi  incogniti,  non  si  sono  giudi- 
cati di  prendere  in  distinta  considerazione  (24).  In  fine  si  reputa  opportuno 

;24)  Nella  descritta  quinta  parte  della  via  antica  si  sono  rinvenuti  inoltre  diversi 
privati  titoli  mortuari  di  minore  importanza  e  che  per  la  loro  piccolezza  si  sono  ritirati. 
Essi  si  contengono  principalmente  nei  seguenti  titoli  cbe  sono  di  seguito  annoverati  coli'  in- 
dicazione dei  numeri  appropriati  ai  luoghi  in  cui  furono  rinvenuti. 

In  principio  dello  scavo  e  da  vicino  alla  colonna  del  quarto  miglio  fu  rinvenuto  a 
sinistra  della  via,  tra  le  reliquie  indicate  con  il  N.  464,  il  seguente  titolelto  :   l.  sextii  . 

L.    L.    PUILIPPI    I    LICTORIS    .    CVR. 

Di  seguito,  sempre  a  sinistra,  nel  monumento  indicato  col  N.  478  si  rinvenne  questa 
piccola  iscrizione  :  diis  .  manibvs  |  p.  .^tini  .  fort\'NATI  |  vixit  .  annis  .  xi  |  atinia  . 

TICHE    .    MATER    |   FECIT. 

Sempre  a  sinistra  al  N.  489  si  sono  rinvenute  le  seguenti  due  altre  iscrizioni;  cioè 
la  prima  divisa  in  tre  parti  :  ocvlxia  [  m.  3.  l  |  erato  |  — ■  ocvlma  .  m.  i  |  helena  |  — 
ocvLNivs  I  L.  FELIX.  E  la  sccouda,  che  doveva  appartenere  ad  un  distinto  sepolcro  :  l.  tos- 

SIVS    .    e.    L.    L   I   AMPHIO    .    PRAECO    |   DISSIO   |   TOSSIA    .    L.     L     HEDON   |   FR.    XIIX.    AG.    XIIX. 

Al  N.  496  sempre  a  sinistra  e  nelle  medesime  adiacenze  fu  rinvenuto  quest'al- 
tro titolelto:  TI.  CLAVDIVS  I  TROPUrMVS  I  P.  FVRIO  I  DEMETRIO  |  SODALI  .  BENE  |  ME- 
RENTI    .    FEC. 

A  destra  poi  alquanto  pili  distante  nel  monumento  distinto  con  il  N.  35  si  rinvenne 
con  diversi  altri  frammenti  scolpiti  questo  titoletto  :  M.  m  |  lvcillae  .  c.  f  ]  poste- 

RISQVE    .    EIVS. 

Al  N.  306  a  sinistra  si  rinvenne  in  un  piccolo  cippo  scritto  :  dis  .  manibvs  |  m.  lvc- 

CEIO   I   ABASCANTO    .    VIX   [  annis    .    LV.    FECIT   |   CLAVDIA    .    SECVNDA   |   CONrVGI     .     BENEMER. 

Ed  anche  la  seguente  altra  iscrizione  :  dis  .  manibvs  |  c.  ivlivs  .  phronimvs  |  fecit  . 

PRISCO    .    BENT:    I   MERENTI    .    VIXIT   [   AN'NIS    .    XXV. 

E  quindi  al  N.  300  a  destra  ed  alquanto  più  distante,  con  diversi  marmi  scolpiti 
ed  anche  con  un  frammento  di  statua  panneggiata,  si  rinvenne  la  seguente  iscrizione:  d.  m  | 

LEONI    .    FI    I    LIO    .    DVLCIS   |   SIMO    .    IVLI    |   ANVS    .   ET    .    CA   |   MPANA    .    PARENTES    .    B.    M. 

E  di  seguito  al  N.  301  si  legge  su  di  un  piccolissimo  cippo  :  d.  m  )  cvspia  .  eglec- 

TE    I    ET    .    HERMES    .     CVSPIO  )   LVCHICO     .    FILIO   |  DVLCISSLMO   |  VIXIT     .     ANNIS  | 

MENSIBVS 

Nel  lato  destro  al  N.  253  su  di  un  piccolo  cippo  si  lesse  :  dis  .  manibvs  |  costo- 

RI    .    TERPONTIS   |    IVLIA    .    CONIVGI    .    BENEMERENTI   |   FECIT. 

Ed  al  N.  248  si  rinvenne  il  seguente  altro  titoletto  che  offre  l'esempio  di  molte 
superlative  distinzioni:  d.  m  |  aelia  .  beronice  |  sanctissimae  ]  reverendissimae  |  ob- 

SEQVENTISSIMAE   |   KARISSIMAE     .    AELIVS  |   SECVNDVS     .     AVGVST0R   |   LIB.    D0MINAE    .    OPTI- 

mae  .  VIX  I  ANN.  XXVIII.  MENS.   I.  DIE.  XXVII.  E  quindi  il  seguente  altro:  dis  .  m.\ki- 

16 


122  VIA    APPIA    PARTE    V. 

d'indicare  che  fu  nel  medesimo  tratto  di  via  che  si  eseguirono  le  scava- 
zioni imprese  a  farsi  nel  principio  dell'anno  1850  per  private  speculazio- 
ni, le  quali  dettero  motivo  dell'intero  scuoprimento  della  via  Appia  ese- 
guito dal  Governo  Pontificio.  Gli  oggetti,  che  si  dedussero  dalle  stesse  pri- 
vate scavazioni,  furono  trasportati  in  diversi  luoghi,  percui  riesce  ora  diffi- 
cile il  poter  precisare  con  esaltezza  la  posizione  del  loro  ritrovamento; 
e  d'altronde  offrono  nulla  di  ragguardevole  importanza  per  lo  scopo  prefis- 
so in  questa  esposizione. 

BVS  1  L.  CVNTILIO  |  CVPITO  .  L.  ET  |  MARCI  .  L  |  CELADVS  .  ET  j  APRVLLA  |  FILI  |  PIIS- 
SIMI   I   POSVERVNT. 

Quindi  al  N.  48  a  sinistra  si  rinvenne,  tra  diversi  frammenti  di  scoltura,  la  se- 
guente più  importante  iscrizione  :  hoc  .  cenotaphi\'M  .  avr  |  inachi  .  avg.  lib.  optio  | 

TABEI.L  .  A  .  RIORVM  .  C.  TA  [  PATRIMONI  .  ET  .  AVRELIAE  |  MACARIAN.  ETIC.  ET  |  AV- 
RELIAE    .    RODOGYNE    |   ET    .    LIB.    B.    LIBERTABVS   |    QVAE    .    POSTERISQ    |    EORVM.    Allo    SteSSO 

monumento  apparteneva  il  sarcofago  coli'  iscrizione  seguente  : macnRiANETi  . 

CONIVGI  I  DVLCISSIMAE  ]  QVAE  .  VIXIT  .  ANMS  [  XXVII.  M.  VI.  DIEB.  XVIII  |  HORAS  .  VI  ] 
INACHVS    .    CONIVGI   |    BENEMERENTI   |   MACARIANAE    .    DVLCIS. 

E  successivamente  si  rinvennero  al  N.  49  questi  tre  altri  titolctti:  cioè  il  primo 

D.  M  1  VICTORIAES  ]  TUEMISON  |  ET  .  CELICIA  |  SS.  V.  V.  M  |  Vili.  Il  secOndo".  D.  M  |  VO- 
LVMNIVS  I  GELASIVS  .  CR  j  YSIDI  .  BENE  ]  M  .  FEC.  V.  .\N.  XXI.  Ed  il  terZO  :  L.  CASSI  . 
L.    L   I   THEVDA. 

Nel  luogo  stesso  si  rinvenne    quest'altra   iscrizione  :   d.  m  [  arrivs  .  ht  ]  pnvs  . 

ET    .    VO   1   LVMMS    .    EV   |    TVCHOS   ]   MENOGE    |    SVO    .    BENE    |   MERENTI   |   FECERVNT. 

Al  N.  75  si  rinvenne  il  seguente   titoletto  greco  :    .'Vykta   .   xphcth  |   xaipei  | 

ZHCAETH    .    XII    [  MHNANENH3IEK.  ]   WPACI. 

Quindi  al  N.  268  a  sinistra,  ove  fu  scoperta  una  buona  statua  togata,  si  rinven- 
ne la  seguente  altra  lapide  :  D.  m  |  zenae  .  bebi  |  ae  .  corneliae  [  cellario  |  ivlia  . 

EPICUARIS   I   CONIVGI   |   B.    M. 

Ed  al  N.  214  sempre  a  sinistra  in  un  nobilissimo  monumento  in  cui  furono  rinve- 
nuti diversi  frammenti  di  marmi  scolpiti  ed  in  particolare  un  grande  antifisso  di  mez- 
zo ed  altra  angolare ,   si   ritrovò  il  seguente  titoletto  :  d.   m  )  .ìvuelia  |  caratine  |  m. 

ANNIO  I  ADACTO  |  BENEME  |  RENTI. 

Il  seguente  altro  titolo  greco  rinvenuto  alquanto  più  distante  merita  pure  consi- 
derazione :  0  .  X  I  OA  .  EPACICTPA  1  TEIA  .  XAPIKAEI  |  DAIPI  .  KAICEPA  | 
niAC  .  CTNBIOC  I  MNEIAC  .   XAPIN  |  EnOIHCAN. 

E  similmente  il  seguente  latino  :  d.  m  |  m.  vlpio  .  devtiae  |  vlpiae  .  marthi  | 

CONIVGI   I   benemerenti    |   FECIT    .    ET    .    SIBI. 

Alcuni  altri  simili  titolctti  si  sono  rinvenuti  tra  le  medesime  reliquie  :  ma  sono 
essi  assai  meno  importanti  ed  anche  molto  mancanti  per  essere  presi  in  qualche  con- 
siderazione. 


SESTA    PARTE 

TRA  IL  QUINTO  ED  IL  SESTO  MIGLIO 

COLONNA  DEL  QUINTO  MIGLIO  E  FOSSE  CLUILIE.  Seguen- 
do la  enunciata  accurata  misura,  estesa  lungo  la  via  Appia,  si  è  trovalo  il  prin- 
cipio del  quinto  miglio  avere  corrisposto  a  metri  44:  20  prima  del  centro  di 
quel  grande  monumento  rotondo  che  si  vede  ora  sormontato  da  una  piccola 
torre  del  medio  evo.  Si  è  inseguito  di  questa  determinazione  che  si  può  con 
qualche  probabilità  appropriare  a  quell'area  racchiusa  da  vetusto  muro, 
che  corrisponde  dietro  allo  stesso  monumento,  la  posizione  degli  alloggia- 
menti che  stabilirono  gli  albani  per  opporsi  ai  romani  nel  principio  del  re- 
gno di  Tulio  Ostilio,  e  che,  venendo  circondati  da  un  fosso,  si  distinsero 
col  titolo  di  fosse  Cluihe  dal  nome  di  C.  Cluilio  loro  capitano;  perciocché 
tanto  da  Dionisio  indicandole  poste  a  quaranta  stadj  distanti  da  Roma . 
quanto  da  Livio  dimostrandole  corrispondere  a  cinque  mille  passi  dalla  cit- 
tà ,  si  trova  concordare  la  prescrizione  del  quinto  miglio  della  via  Appia 
che  venne  posteriormente  a  tale  avvenimento  stabilita.  Da  Dionisio  si  co- 
nosce che,  mentre  gli  albani  avevano  assicurato  il  loro  campo  con  le  dette 
fosse,  i  romani  poi  si  erano  collocati  più  verso  la  città  scegliendo  una  sede 
più  idonea.  E  da  Livio  si  dichiara  che  le  dette  fosse  Cluilie  eransi  conser- 
vate per  alcuni  secoli  sino  a  tanto  che  per  lungività  erasi  spento  il  nome  e 
la  cosa  (1).  Infatti  non  poteva  avere  lunga  durata  uno  scavamento  fatto  in- 

(1)  Iwózcav  c/j.5!7c,  y.uì  xaTaarpaTs^udsuivra!  TSTTa/oaxovTa  (ttkSjcus  tv7ì  'PwjUvjr 
(/.no<j/_cvri;;'  ci  'j.vj  'AJ^jSxvsì,  nipì  zx;  y.xl^vij.fjy.;  KlaXla;  zxrppcv;-  fvldrrovGt  yào 
h'.  -.TiJ  Tov  xxraT/.vjxGTJtog  aùzx^  i-j'xX-zjffiv  'Poìiixlci  òè,  óJ.r/sv  svàorÉpa  rè-j  émrri8-tc- 
rtpo-j  zi;  c-px'oni^iixv  Tsnjv  iy^li^xaivot.  (Dionisio.  Lib.  HI.  e.  4,'  Albani  priores  in- 
genti exercitu  in  agritm  romanum  impelum  fccere.  Castra  ab  Urbe  haud  plus  quinque  millia 
passuum  locant,  fossa  circumdant  :  fossa  Cluilia  ab  nomine  ducis  per  aliquot  saecula  appellata 
est,  donec  cutn  re  nomen  quoque  vetustate  abolevil.  {Livio.  Lib.  I.  e.  23.J  La  stessa  corrispon- 
denza della  fossa  o  fosse  Cluilie  al  quinto  miglio  distante  da  Roma  e  confermata  dal  me- 
desimo Livio  facendo  menzione  dell'avvicinamento  a  Roma  di  Coriolano:  et  ad  fossas  Qui- 
lias  quinque  ab  Urbe  millia  passmim  caslris  positis.  (Lib.  II.  e.  39.^'  E  similmente  da  Plutar- 
co nella  vita  del  medesimo  Coriolano  indicandole  a  quaranta  stadj,  come  da  Dionisio  ven- 
ne determinato,  e  come  da  questo  storico  si  conferma  nel  descrivere  distintamente  il  primo 
avvicinamento  fatto  da  Coriolano  a  cinque  miglia  distante  dalla  città  presso  le  fosse  Clui- 
lie e  poscia  il  secondo  dopo  trenta  giorni  con  maggior  numero  di  milizie  a  trenta  stadj  di- 
stante da  Roma  lungo  la  via  Tusculana,  o  Latina.    Lib.  Vili.  e.  22  e  36. 


124  VIA    API'IA    PARTE    VI. 

torno  al  luogo  scelto  da  tali  milizie  per  temporanea  assicurazione  campale; 
percui  sarebbe  veramente  stoltezza  il  pretendere  ora  di  ritrovarne  le  tracce. 
Però  da  quanto  venne  aggiunto  da  Dionisio  nella  narrazione  del  medesimo 
avvenimento,  cioè  che  era  stato  destinato  per  il  singolare  combattimento 
degli  Orazj  e  Curiazj  il  campo  che  separava  i  confini  di  Alba  e  di  Roma 
tra  i  respettivi  alloggiamenti  posti  a  tre  o  quattro  stadj  di  distanza  tra  di  lo- 
ro, si  viene  a  contestare  avere  in  tale  luogo  corrisposto  l'uno  di  quei  luoghi 
sacri  che  erano  denominati  Pesti  e  che  stavano  nei  confini  del  primo  posse- 
dimento dei  romani,  e  che  precisamente  si  trovavano  tra  la  quinta  e  la  sesta 
lapide  milliaria  delle  vie  successivamente  stabilite,  ove  facevasi  il  sagrifizio 
denominato  Ambarania ,  o  Arabarvale ,  come  si  attesta  da  Strabene  (2). 
Quindi  da  queste  notizie  si  può  stabilire  che  il  campo  degli  albani  fosse 
stato  posto  alquanto  distante  dalla  colonna  del  quinto  miglio  in  luogo  non 
troppo  elevato  per  avere  avuto  bisogno  di  essere  munito  con  fosse,  ed 
in  circa  avanti  l'ingresso  della  villa  dei  Quintilii;  e  quello  dei  romani  nelle 
adiacenze  della  stessa  colonna  milliaria,  in  quella  elevazione  che  s'innalza 
a  destra  del  detto  luogo,  affinchè  si  fosse  potuto  trovarvi  una  stazione  ido- 
nea, ed  esservi  lo  spazio  intermedio  dei  tre  in  quattro  stadj  prescritti  da 
Dionisio  per  il  luogo  del  combattimento.  Si  è  soltanto  di  questo  campo, 
distinto  col  nome  degli  Orazj,  che  se  ne  conservava  più  precisa  memo- 
ria nei  tempi  successivi,  e  che  si  trovava  precisamente  lungo  la  via  Ap- 
pia,  come  si  rinviene  dichiarato  da  Marziale  descrivendo  il  viaggio,  che  fa- 
ceva Basso,  per  portarsi  alla  sua  villa  situata  all'ottavo  miglio  della 
stessa  via  (3). 

(2)  'Ezct  8è  xxTzazpxzimSBUGXVTo   Ttkfìiiov   òàX^lav,   p.B-:ar/_iJMV  notrì(j(xp.vjot  rìv 
8uif,yo)Jxx  T17V  'P'JìiJ.xiav  ànò  tvj? 'AX/3«V(MV  opsv,  Iv3a  mi  npózcpov  ii'/ov  kmzzooi  t5Ù; 

yó.pcMy.';, -cpiirj  ■/}  nzrocpa'j  azx^iav  ró  ixtxocé,ù  y^Mio^j  zol;  òcjaviaoiu- 

voc;  KxzxXmóvrz?.  (Dionisio.  Lib.  III.  e.  18.J  Msra^iì  yoùv  ts"  ns/jiTrrsu,  xaì  xov  èx-su  h5sv 
TÙv  T«  ixìhcic  àixGYjfj.o'.tvózav  Tvj;  'Paixvi?  xaXc'jTat  tono;  Ovìcttoi.  toOtcv  à''optsv  ànomivouat 
T^S  T5TS  'Vaixxiùì'j  y/];.  o'i  3' t  £/35|xv)7/X2V£g  dvaiocj  ènir^kovaiv  syraOSa  te,  xaì  év  xXlm 
rónotg  TÙ.do'Jtv,  oò;  oiiioi;  aùBrìHipov  ri'J  yaloì/ijiv  ' kix^xpomxv.  (Strahone.  Lib.  V.  e.  3.) 
Su  i  luoghi  detti  Anibarvali  si  veda  quanto  fu  dottamente  esposto  dal  Marini  nella  sua  ope- 
ra sugli  Atti  e  monumenti  dei  fratelli  Arvali,  ed  in  particolare  sulla  corrispondenza  della 
loro  posizione  ciò  che  fu  esibito  nel  Libro  II  della  Parte  I  dell'opera  mia  sulla  Storia  e 
l'opogralia  di  Roma  antica  e  sua  Campagna. 

(3)  Capena  grandi  porta,  qua  pluit  gutla, 
Phrtjyiacque  matris  Aimo,  qua  lavai  fcrrum 
Horaliorum,  qua  viret  sacer  campus. 

(Marziale.  Lib.  IH.  Epig.  il.J 


TR-i    IL    MIGLIO    V.    ED   IL    VI.  125 

SEPOLCRO  DEGLI  ORAZJ  E  CLRLVZJ.  Essendosi  determinato  con 
evidente  probabilità  il  luogo  in  cui  avvenne  il  combattimento  degli  Ora- 
zj  e  Curiazj  tra  i  due  alloggiamenti  dei  romani  ed  albani,  si  può  con 
eguale  probabile  evidenza  stabilire  il  luogo  occupato  dai  sepolcri  eretti 
agli  estinti  :  perciocché  da  Livio  si  dicono  chiaramente  i  due  dei  romani  po- 
sti in  uno  stesso  luogo  più  da  vicino  ad  Alba,  ed  i  tre  degli  albani  piìi  ver- 
so Roma,  l'uno  però  dall'altro  distanti  come  accadde  la  loro  morte  nella 
pugna.  Ed  è  importante  l'osservare  in  tale  narrazione  di  Livio  che  men- 
tre egli  attestava  non  sussistere  piiì  alcuna  memoria  delle  fosse  CluiUe. 
faceva  poi  menzione  dei  detti  sepolcri  come  esistenti  ancora  al  suo  tem- 
po; percui  si  devono  credere  essere  stati  fatti,  se  non  nel  loro  stabili- 
mento, almeno  per  successiva  riedificazione,  con  una  ragguardevole  e 
stabile  opera,  quantunque  da  Dionisio  si  dicano  sino  dal  principio  esser- 
si erette  in  particolare  ai  due  romani  magnifiche  tombe  (4).  Una  impor- 
tante circostanza  si  presenta  per  stabilire  il  preciso  luogo  occupato  dai 
medesimi  sepolcri,  e  per  riconoscerne  le  loro  reliquie  tra  le  tante  che  ri- 
mangono in  tale  locahlà  ;  ed  è  che  precisamente  nell'avvicinarsi  alla  stes- 
sa posizione,  si  trova  la  via  piegarsi  alquanto  a  sinistra  senza  che  vi 
fosse  alcun  naturale  ostacolo  che  lo  richiedesse,  come  avvenne  due  miglia 
più  distante.  Siffatto  deviamento  dalla  linea  retta,  costantemente  mante- 
nuta dal  secondo  miglio  sino  a  tale  luogo  e  successivamente  ripresa,  si 
deve  necessariamente  attribuire  ad  alcun  motivo  prodotto  dallo  stabilimen- 
to di  monumenti  nei  tempi  precedenti  alla  costruzione  della  via  fatta  da  Ap- 
pio Claudio  che  si  dovettero  rispettare.  Ed  a  soddisfare  a  tale  condizio- 
ne non  si  può  trovare  mighore  e  più  convincente  ragione  di  quella  che 
somministra  il  collocamento  dei  suddetti  sepolcri  degli  Orazj  e  Curiazj 
fatti  con  le  indicate  prescrizioni  locali  e  molto  tempo  avanti  alla  più  for- 
male costruzione  della  via.  e  quando  essa  era  solamente  una  semplice 
semita;  perciocché  tali  monumenti  si  dovettero  in  ogni  tempo  considera- 

(4)  Ad  sepulturam  inde  suorum  nequaquam  paribiis  animis  vertuntur;  quippe  imperio 
alteri  aucti,  alteri  ditionis  alienae  fatti.  Sepulcra  exstant,  quo  quisque  loco  cecidit.  Duo  ro- 
mana uno  loco  propius  Aìbam.  tria  albana  Romam  versus;  sed  distanlia  locis  et  ut  pugna- 
tum  est.  ,Lirio.  Lib.  I.  e.  25.,'  Da  Dionisio  con  poca  varietà  è  determinato  il  modo  con  cui 
vennero  a  cadere  estinti  prima  i  due  Orazj  e  poscia  i  tre  Curiazj,  nei  quali  distinti  luoghi 
furono  cretti  i  sepolcri.  Ed  in  particolare  quei  fatti  però  dai  romani  si  dicono  essere  sta- 
ti magnifici:  Mita  5i  r^J  .ua/vjy  tqv  rpi^vixav,  'Pco^oat'iuv  asv  ot  tct3  cvts;  ini  rov  orpa- 
70-ÌQov,  taci;  7:otr,70(tj.vjoi  lay.Koàq  Tcav  àr:c3av3VTCov  e'v  ótg  ìkigov  yapio'.:,  zar  3u7o;v- 
T-;  rà  ir.tviy.iu  -oc?  ìioi;,  h  vÒttccÌzÌm;  yi'jtj.  (Dionisio.  Lib.  III.  e.  22.y 


126  VIA    APl'IA    PARTE    VI. 

re  dai  romani  per  le  più  sacre  memorie  che  essi  avessero.  E  dal  cono- 
scere avere  essi  potuto  produrre  il  motivo  di  piegare  alquanto  la  via  si  vie- 
ne a  confermare  che  erano  stati  fatti  di  ragguardevole  grandezza.  Dun- 
que tali  sepolcri  dovevano  essere  collocati  nel  lato  destro  della  via  in  vi- 
cinanza del  quinto  miglio,  e  nel  campo  sacro  degli  Orazj  tra  i  due  allog- 
giamenti ,  e  fatti ,  tanto  prima  quanto  per  successiva  riduzione,  di  ragguar- 
devoli mole.  In  seguito  di  queste  importanti  osservazioni,  trovandosi  pri- 
mieramente sussistere  due  grandi  sepolcri  formati  a  guisa  di  tumuli  se- 
condo il  più  vetusto  metodo,  si  può  credere  con  molta  probabilità  che 
essi  sieno  stati  quegli  eretti  a  due  Orazj  primieramente  caduti  estinti  nel 
luogo  stesso,  che  Livio  li  accennna  collocati  uniti  e  verso  Alba;  poiché 
precisamente  si  trovano  corrispondere  nella  parte  del  detto  campo  che  era 
rivolta  verso  la  indicata  città,  e  si  conobbero  dalle  più  accurate  ricerche, 
fatte  entro  le  loro  viscere,  eretti  ad  una  sola  persona  per  non  avere  nell'in- 
terno loro  alcuna  grande  cella.  E  d'altronde  il  muro,  che  conteneva  inferior- 
mente il  loro  tumulo,  si  conosce  essere  stato  adornato  con  cornici  sago- 
mate secondo  la  maniera  più  antica  e  propria  delle  tante  simili  opere  de- 
gli etruschi.  Parimenti  secondo  lo  stesso  metodo  era  formato  il  tumulo  eretto 
su  di  essi  con  semplice  accumulamento  di  terre.  Quantunque  siffatte  sem- 
plici opere  potessero  essere  fatte  in  breve  tempo  e  con  i  mezzi  che  si  po- 
tevano avere  nella  detta  epoca,  come  molte  simili  si  facevano  in  pari 
tempi  dai  vicini  etruschi;  pure  è  da  vedere  che  tali  sepolcri,  ed  in  par- 
ticolare i  due  dei  romani,  considerandoli  come  onorevoli  memorie  di  quella 
importante  vittoria  che  decise  della  loro  indipendenza,  sieno  stati  solo  por- 
tati a  compimento  o  maggiormente  ampliati  alcun  tempo  dopo  del  sud- 
detto avvenimento.  Quindi  per  conservare  memoria  degli  slessi  monu- 
menti ed  anche  per  offrire  alcun  palese  documento  dell'impiego,  che  fe- 
cero i  primi  romani,  della  forma  etrusca  nello  stabilire  i  loro  più  insigni 
sepolcri,  si  sono  ripresi  su  di  essi  i  tumuli  di  terra  ed  assestati  nel  d'in- 
torno le  poche  reliquie  delle  pietre  albane,  e  tiburtine  scorniciate  che 
adornavano  il  muro  inferiore  di  cinta.  I  tre  sepolcri  poi  dei  Curiazj,  do- 
vendo trovarsi  secondo  la  autorevole  notizia,  esposta  da  Livio,  più  verso 
Roma,  e  collocati  l'uno  distante  dall'altro  a  norma  di  quanto  avvenne  nella 
pugna,  nella  quale  rimasero  uccisi  l'uno  dopo  l'altro  inseguendo  il  superstite 
Orazio,  si  devono  cercare  in  circa  nelle  adiacenze  del  luogo,  in  cui  si  è 
stabilito  esistere  la  colonna  del  quinto  miglio  ;  e  quindi  trovandosi  un  altro 
monumento  di  forma  quasi  simile  agh  anzidetti  in  quel  tumulo  su  cui  ven- 
ne eretta  una  torre  nel  medio  evo,  ci  porterebbe  a  riconoscerlo  per  quello 


TRA   IL    mOLIO    V.    ED    IL    M.  127 

che  fu  stabilito  al  primo  Curiazio  estinto,  se  non  si  fosse  riconosciuto  esse- 
re il  tumulo  superstite  formato  con  scaglie  di  pietre  diverse  ed  anche  di 
marmi,  ciò  che  non  può  appropriasi  a  quei  più  vetusti  tempi  di  Roma  ;  per- 
cui,  se  si  vorrà  conservare  allo  stesso  monumento  la  indicata  importante 
pertinenza,  converrà  supporlo  ristabilito  nei  tempi  posteriori  particolar- 
mente nel  tumulo,  ciò  che  è  molto  probabile.  Per  gli  altri  due  esistono 
bensì  anche  più  verso  Roma  nella  stessa  parte  della  via  reliquie  di  altri 
tumuli,  che  ad  essi  si  potrebbero  appropriare,  ma  sembrano  di  struttura 
meno  vetusta.  Quindi  si  può  credere  che,  essendo  fatti  tali  sepolcri  dei 
Curiazj  con  minore  stabilità  e  grandezza  di  quei  degli  Orazj,  per  avere  ap- 
partenuto al  parlilo  rimasto  vinto,  non  si  sieno  potuti  conservare  per  sì 
lungo  tempo,  oppure  sieno  stali  maggiormente  rovinati  nelle  tante  di- 
struzioni fatte.  Pertanto  si  è  cercato  conservare  memoria  dell'anzidetto 
sepolcro  di  maggiore  considerazione  col  ristabilire  il  suo  tumulo,  e  collo- 
care nel  d'intorno  le  poche  pietre  rimaste. 

USTRINO.  Precisamente  dietro  all'indicato  ultimo  sepolcro  rotondo 
si  trova  esistere  quella  vasta  area  quadrangolare  cinta  da  muro  e  costrutta 
con  pietre  albane  squadrate,  che  viene  comunemente  considerala  avere 
costituito  un  Ustrino,  cioè  un  luogo  in  cui  si  ardevano  i  corpi  dei  defunti 
prima  che  fossero  riposti  nei  proprii  sepolcri.  E  per  verità  la  moltiphcità 
dei  monumenti  sepolcrali,  che  esistevano  lungo  la  via  Appia,  rendeva  ne- 
cessario che  vi  fosse  da  vicino  un  tale  luogo,  in  cui  forse  giornalmente  si 
ardevano  cadaveri.  D'altronde  la  forma  data  al  detto  muro  di  cinta  di 
poca  altezza  e  composto  in  grossezza  con  semplici  ordini  di  pietre  albane  che 
non  soffrono  al  fuoco,  e  coperto  con  simili  pietre  ridotte  superiormente  in 
tondo  a  guisa  dei  finimenti  sepolcrali,  ne  conferma  l'indicata  destinazio- 
ne, come  venne  in  modo  più  palese  dimostrato  dal  Fabretti,  il  quale,  per 
avere  veduto  quasi  nella  sua  integrità  gran  parte  della  detta  cinta,  ne  ha  con- 
servata memoria  della  sua  estensione  e  di  ogni  sua  particolarità  (5).  Quelle 

(5)  La  descrizione  dell"  indicato  Ustrino,  essendosi  esposta  dal  Fabretli  con  alcu- 
ne particolarità  che  più  non  si  possono  osservare,  ed  avendo  corretto  quanto  fu  esposto 
dallo  Spon  con  assai  poca  esattezza,  merita  perciò  di  essere  presa  in  considerazione  ;  pe- 
rò la  figura  del  muro  di  cinta  sarà  riferita  nelle  Tavole  che  si  congiungono  a  questa 
esposizione.  Area  igitur  hujtis  aedificii,  a  fronte  et  sems  viam  destructi,  a  parte  aiitem  posti- 
ca integri,  exporrigitur  pedes  CC;  in  agriim  vero,  Albanum  versus  ;nam  et  qua  Romam  re- 
spicit  absumptum  et  solo  aequatum  remanetj  est  pedani  CCCXL:  unde  luterà  coUigent  non 
palmos  400,  seu  pedes  CCC  cum  Sponio  ;  sed  pedes  MLXXH.  site  palmos  1440,  qnadru- 
plum  fere  Sponianae  per  non  merito  impiignalae  mensurae.   Haec,  quod  ichnographiam.  Al- 


128  VIA    APPI  A    PARTE    VI. 

reliquie,  che  per  la  qualità  della  pietra  di  nessun  pregio  erano  sfuggite  alle 
distruzioni  generali  dei  monumenti  dell  Appia,  furono  non  è  gran  tempo  ro- 
vinate onde  fare  macerie,  e  ne  rimane  soltanto  una  piccola  parte  del  lato 
meridionale  senza  però  la  sua  cimasa.  Negli  scavi  fatti  lungo  la  via  Ap- 
pia aderente  al  lato  orientale  si  rinvennero  diverse  pietre  tondeggiate  su- 
periormente, con  le  quali  erasi  composta  tale  cimasa;  e  simili  pietre  si 
scuoprirono  circa  due  miglia  più  distante  ove  doveva  esistere  altro  Ustri- 
no, ciò  che  serve  sempre  più  a  contestare  la  detta  destinazione.  Se  in 
tale  area  corrispondeva  alcuno  dei  luoghi  rinomati  nell'anzidetto  avveni- 
mento degli  Orazj  e  Curiazj,  come  è  molto  probabile,  non  poteva  però 
esservi  quello  che  era  distinto  col  nome  di  Fosse  Cluilie  ;  perchè  di  esso 
se  n'era  già  perduta  memoria  al  tempo  di  Livio  ;  ma  forse  quello  che  era 
detto  propriamente  da  Marziale  Campo  sacro  degli  Orazj,  cioè  il  luogo 
in  cui  fissarono  gU  alloggiamenti  i  romani.  In  ogni  modo,  ciò  che  sussi- 
ste, si  trova  decisamente  essere  conforme  alla  destinazione  di  Ustrino,  e 
non  mai  ad  opere  di  fortiflcazione  di  veruna  specie,  come  fu  supposto. 

GRANDE  SEPOLCRO  PIRAMIDALE  INCOGNITO.  Una  ragguar- 
devole reliquia  di  un  grande  monumento  sepolcrale,  che  esiste  nel  lato 
sinistro,  quasi  d'incontro  al  luogo  determinato  per  la  colonna  del  quinto 
miglio,  attira  la  universale  ammirazione  per  il  modo  con  cui  si  trova  ora 
ridotta;  poiché,  essendo  stati  tolti  i  marmi  che  componevano  la  sua  de- 
corazione esterna,  ed  anche  quei  massi  che  formavano  il  suo  basamento, 
venne  lasciato  il  solo  nucleo  di  opera  cementizia  in  modo  da  sostenersi 
su  di  una  ristretta  parte  centrale  lasciando  la  grande  mole  senza  appog- 
gio veruno  nel  suo  d'intorno.  E  per  tale  sua  singolarità  meritò  di  essere 
ritratta  in  diverse  raccolte  di  vedute  monumentali  dell  Appia  ed  in  parti- 

titudo  autem,  et  crassitudo  parietum  ostendenda  restant.  Ad  viam  pedes  XIII  tmirus  ailoli- 
lìir  ;  et  quia  in  agrum  terra  aliquantulum  assurgit,  et  murus  undique  orizonti  parallelus  su- 
perne apparet,  IX  tantum  pedibus  in  altum  a  posteriori  parte  supra  terrenum  eminet.  Cras- 
situdo undique  aequalis  peduni  duum  et  unciarum  IV;  nisi  quod  suniìnus  ìapidum  ardo 
(  tolus  quippe  ex  lapide  albana  stupendac  magnitudinis,  ut  hic  vides,  coniponebaturj  quo  opus 
protegitur,  habet  ex  utraque  parte  IX  unciarum  proiecturam,  ad  hoc  ut  stillae  pluviae  extra 
perpendiculum  muri  rejiciantur.  (Fabrelti,  Inscript.  Cap.  III.  pag.  231.  '  Ed  il  medesimo 
grande  Ustrino  era  stato  fatto  evidentemente  per  togliere  1"  inconveniente  di  ardere  i 
corpi  morti  da  vicino  ai  sepolcri,  come  si  soleva  praticare  nei  tempi  più  antichi  ;  per- 
cui  erasi  resa  comune  la  prescrizione  contenuta  con  queste  parole  :  ad  hoc  mommen- 
TVM  VSTRINAM  APPLiCARi  NON  LiCET,  che  si  trova  coD  poca  varietà  scritta  in  molti  ti- 
toli sepolcrali. 


TRA    IL    MIGLIO   V.    ED   IL    VI.  129 

colare  in  quella  del  Piranesi.  Da  alcuni  marmi  scorniciati,  che  si  sono 
rinvenuti  negli  ultimi  scavi,  si  venne  a  conoscere  essere  opera,  non  già 
dell'epoca  repubblicana,  come  fu  creduto,  ma  del  tempo  medio  dell'impero. 
Benché  nessun  certo  indizio  si  sia  rinvenuto  per  riconoscerne  la  sua  per- 
tinenza, pure  tutto  porta  a  credere  che  abbia  appartenuto  ai  proprietarj 
della  vicina  grande  villa  che  si  attribuisce  ai  Quiiitilii,  ma  non  però  ai  due 
fratelli  Condino  e  Massimo,  che  furono  gli  ultimi  possidenti  di  tale  deli- 
zia ;  perchè  perirono  per  ordine  di  Commodo  come  colpevoU,  e  perciò 
evidentemente  sepolti  senza  apparato  funebre,  a  meno  che  essi  si  fossero 
per  lavanti  preparato  tale  grande  sepolcro.  La  forma  piramidale  data  ad 
esso  si  troverebbe  convenire  con  la  grande  loro  amicizia  ;  ma  non  si  han- 
no poi  altri  positivi  documenti  per  contestare  tale  opinione.  D'altronde  si 
rinvennero  diversi  frammenti  delle  opere  figurate  di  scoltura  ed  in  parti- 
colare una  testa  di  grande  statua  e  diversi  resti  di  colossali  sfingi,  che  di- 
mostrano essere  stato  il  monumento  decorato  in  tempi  migliori  per  le  arti 
di  quei  che  si  appropriano  ai  suddetti  Ouhitilii  ;  quindi  è  che  tale  monu- 
mento rimane  sempre  nel  novero  degli  incogniti. 

SEPOLCRO  DI  POMPONIO  ATTICO  E  DI  MARCO  CECILIO. 
Corneho  Nepote  in  fine  della  vita  di  Pomponio  Attico,  dicendo  che  que- 
sto illustre  capitano  fu  sepolto  vicino  alla  via  Appia  alla  quinta  lapide  nel 
monumento  di  Q.  Cecilio  suo  zio  materno  (6),  si  vennero  dai  moderni 
descrittori  a  riconoscere  per  tale  sepolcro  variatamente  diverse  delle  re- 
liquie superstiti  nelle  adiacenze  del  luogo  in  cui  doveva  esistere  la  detta 
colonna  milliaria,  ed  in  particolare  quel  sepolcro  rotondo  che  esiste  vi- 
cino al  surriferito  (strino  ed  anche  l'anzidetto  di  forma  piramidale.  Ma  per 
essersi  rinvenuto  ultimamente  nel  lato  sinistro  della  via  da  vicino  al  se- 
polcro stesso  piramidale  e  poco  prima  di  giungere  alla  villa  dei  Quiiitilii , 
ed  in  modo  da  corrispondere  poco  lungi  dal  detto  luogo,  quella  iscrizione 
di  Marco  Cecilio  che  sin'ora  fu  unicamente  considerata  per  il  modo  ar- 
caico con  cui  è  scritta,  poiché  in  essa  leggesi  in  metro  saturnio: 

HOC    .    EST    .    FACTVM    .    MONVMENTVM 
MAARCO    .    C.UCILIO 


(6)  Sepultus  est  iuxta  viam  Appiani,  ad  quinlum  lapidem,  in  monumento  Q.  Caeci- 
lii,  avunciili  sui.  f Cornelio  Nepote.  Vit.  XXV.  T.  Pomponio  Attico,  e.  22.J  Come  poi  fosse 
Attico  divenuto  erede  di  Q.  Cecilio  suo  zio  materno  è  dichiarato  dallo  stesso  Cornelio 
Nepote  nel  Cap.  ò  della  detta  vita,  come  pure  si  contesta  da  Valerio  Massimo  (Lib. 
VII.  e.  8.  òj  e  da  Cicerone  ^Ad  Attico.  Lib.  IH.  Epist.  20,; 

17 


\'M)  VIA    APPIA    PARTE    \U 

HOSPES    .    GRATVM    .    EST    .    QVOM    .    APVD 

MEAS    .    RESTITISTEI    .    SEEDES 

BENE    .    REM    .   GERAS    .    ET    .    VALEAS 

DORMIAS    .    SINE    .   QVRA    (7). 

E  quindi  considerando  che  la  grandezza  della  lapide  stessa  e  le  reliquie 
del  monumento,  in  cui  essa  fu  rinvenuta,  fanno  conoscere  che  non  poteva 
appartenere  ad  un  ignoto  plebeo,  come  fu  creduto,  mi  sono  indotto  a  rico- 
noscerne la  pertinenza  ad  alcun  Marco  Cecilio,  che  dovette  essere  padre 
o  fratello  all'anzidetto  Quinto  Cecilio  che  lasciò  erede   Pomponio   Atti- 

(7)  Il  conte  Borghesi  in  piìi  ampio  modo  prese  ad  illustrare  la  siidetta  iscrizio- 
ne, dicendo:  «  E  questa  senza  contrasto  la  piìi  stimabile  di  ogni  altra  pervenuta  dai 
»  nuovi  scavi.  Fra  gii  indizi  che  nel  Bullcttino  di  quest'anno  fp.  72'  il  dott.  Henzen  vi  ha 
»  riconosciuto  di  una  remota  antichità,  quello  che  più  particolarmente  ne  determina  l'elfi 
»  proviene  dalla  duplicazione  della  prima  vocale  nelle  parole  maarco  e  seedes.  Quintilia- 
»  no  flnst.  Lih.  I.  e.  7.  4  '  ci  dice  in  genere,  che  per  denotare  una  vocale  lunga  di  quan- 
»  tità  veteres  geminattone  earum  vcluti  apice  utehantur  :  ma  più  precisamente  il  grammatico 
»  Terenzio  Scauro  (/>.  2225.  Putsch.)  fa  autore  di  quest'uso  il  poeta  Accio,  che  sappiamo 
»  da  Eusebio  esser  nato  nell'anno  Varroniano  584:  Acciits  geminatis  vocuUbiis  scribi  natii- 
»  ra  longas  siUahas  voluit.  Viceversa  lo  stesso  Quintiliano  (Lib.  I.  e.  7.  ÌJ  ne  determina  la 
»  durata  sino  a  tutta  la  vita  dello  stesso  Accio,  che  morì  nel  671,  e  a  poco  più  oltre.  A 
»  tutto  ciò  ben  corrisponde  l'osservazione  sui  marmi  di  età  conosciuta,  che  ci  sono  rimasti. 
»  Per  tutto  il  sesto  secolo  di  Roma  non  se  ne  trova  vestigio,  onde  non  se  ne  ha  esempio 
»  nel  Senatus  consulto  dei  Baccanali  del  568,  in  alcune  delle  lapidi  dei  Scipioni,  e  per  si- 
»  no  nelle  due  iscrizioni  di  L.  Mummio  console  nel  608  riferite  dall'Orelli  n.  563  e  1862. 
»  Ma  poco  dopo  il  600  non  è  raro  d'incontrarsi  in  queste  lettere  duplicate,  e  fra  i  monu- 
»  menti  di  data  non  dubbiosa  citerò  i  frammenti  della  legge  Toria,  e  di  altre  leggi  di 
»  quel  tempo,  la  sentenza  sulle  liti  fra  i  Genuati  e  i  Veturi  del  657  (Orelìi  n.  3121  ',  la 
»  lapide  di  Q.  Jlarcio  console  nel  636  (BuUctt.  del  1846  p.  18.51,  di  Mannio  Aquilio  con- 
»  sole  nel  635  fOrclli  n.  3308'  e  di  C.  Claudio  Marcello  pretore  di  Sicilia  nel  676 
»  (Corp.  Ins.  Gr.  n.  5644^',  la  medaglia  di  Papio  Mutilo  uno  dei  duci  della  guerra  sociale 
»  (Eckel  I.  1.  p.  103^  e  il  tetradramma  di  Bruttio  Sura  proquestore  di  Macedonia  nel  666 
»  fOsserv.  11.  della  mia  decade  XVI.J  Pei'ò  dopo  la  dominazione  Sillana  questo  costume 
»  rapidamente  decadde;  percui  nei  tempi  vicini  alla  caduta  della  repubblica  appena  può 
»  addursene  esempio  nel  feelix  delle  medaglie  di  Fausto  Siila  figlio  del  dittatore,  e  nel 
»  VAALA  del  denaro  della  gente  Numonia.  Può  dunque  il  nostro  marmo  riportarsi  con 
»  abbastanza  sicurezza  verso  la  metà  del  settimo  secolo  di  Roma,  e  può  anche  asserirsi. 
»  che  M.  Cecilio,  di  cui  ricoperse  le  ossa,  fu  un'ingenuo.  A  questi  tempi  nelle  famiglie  dei 
»  Metelli,  e  dei  Cornuti,  si  ha  notizia  egli  è  vero  di  alcuno  così  denominato,  ma  la  man- 
»  canza  del  cognome ,  e  il  tacersi  di  ogni  onore  da  lui  conseguito  consigliano  a  crederlo 
»  un  ignoto  plebeo  ».  [Borghesi  lettera  del  30  luglio  1851. 


TRA    IL    MIGLIO   V.    EP   IL   VI.  131 

CO  (8).  Imperocché  è  d'uopo  osservare  che  Quinto  Cecilio  ebbe  tutt'altra  se- 
poltura che  nel  monumento  in  cui  Cornelio  Nepote  disse  essersi  sepolto  Pom- 
ponio Attico  ;  giacche,  avendo  mancato  alla  promessa  fatta  di  lasciar  erede  L. 
Lucullo,  dal  quale  aveva  ricevuto  molli  benefizj ,  fu  dal  popolo  dopo  morto 
calpestato  e  strascinato  per  la  città,  come  venne  dimostrato  da  Valerio 
Massimo  (9).  Così  il  medesimo  sepolcro,  quantunque  avesse  appartenuto 
a  Quinto  Cecilio,  si  deve  credere  che  vi  fosse  stato  in  vece  sepolto  o 
il  suo  padre  o  il  suo  fratello  ^Farco.  Non  venendo  così  escluso  che  tale 
sepolcro  sia  stato  compreso  nell'eredità  passata  a  Pomponio  Attico,  potè  es- 
sere in  esso  egli  pure  sepolto  come  lo  fu  il  suddetto  Marco  Cecilio.  E  così 
mentre  si  viene  a  determinare  con  precisione  il  luogo  in  cui  esisteva  l'enun- 
ciato sepolcro,  si  può  ancora  prescrivere  con  qualche  maggiore  certezza 
l'epoca  della  stessa  importante  iscrizione,  che  sarebbe  di  alcun  poco  meno 
antica  di  quanto  si  è  potuto  prescrivere  dalle  osservazioni  con  cui  venne 
scritta  ;  ed  anzi  essa  può  servire  di  valido  documento  per  difiuire  le  verten- 
ze sul  tempo  in  cui  si  fece  uso  di  un  tale  metodo  di  scrivere.  E  per  non 

(8)  Aveva  pensato  primieramente  che  il  Marco  Cecilio,  nominato  nella  suddetta  iscri- 
zione, fosse  il  fratello  di  quel  Quinto  Cecilio.  per  il  quale  Cicerone  fece  la  ben  nota  ora- 
zione in  cui  precisamente  fa  menzione  di  un  suo  fratello  denominato  Marco:  31.  Coecilium. 
fratrem  tuiim,  leclissimum  atque  ornatissimum  adoìesccntem.  (Cicerone,  in  Q.  Caecilio.  Divin. 
e.  d.J  Ma  il  Borghesi  facendomi  osservare  che  il  Quinto  Cecilio,  zio  materno  di  Pomponio 
Attico  essendo  un  semplice  cavaliere  romano  senza  cognome,  mentre  il  siciliano  Quinto 
Cecilio  anzidetto  era  senatore  ed  anche  questore  di  Verre,  come  si  dichiara  dallo  stesso 
Cicerone,  venni  ad  escludere  la  indicata  opinione.  Ma  in  vista  della  coincidenza  di  luogo 
tra  il  sepolcro  di  Quinto  Cecilio,  in  cui  fu  riposto  il  cadavere  di  Pomponio  Attico,  e  quello 
scoperto  di  Marco  Cecilio  in  vicinanza  del  quinto  miglio,  si  rende  assai  probabile  la  con- 
giunzione delle  due  memorie  nel  solo  anzidetto  monumento.  .\lle  osservazioni  già  accennate, 
che  si  fecero  nella  stessa  iscrizione,  si  devono  aggiungere  quelle  del  dottor  Federico  Rit- 
schel  di  recente  pubblicate  in  Berlino  ed  estese  in  generale  per  determinare  fepoca  in 
cui  si  fece  uso  del  doppiamento  delle  vocali,  che  si  volle  far  contenere  tra  Tanno  620 
ed  il  680  di  Roma  servendo  di  documento  la  slessa  iscrizione.  (Monumenta  Epigrnphica 
Caput.  III.  De  rocaliòus  geminati^.  Pag.  29.  ' 

;9;  Q.  Caeciìius,  L.  Luciiììi  promptissimo  stìidio,  maximaque  ìiberalitate,  et  honestum 
dignitalis  gradimi,  et  amplissimum  patrimonium  consecutus:  quum  prae  se  semper  tulisset,  unum 
illum  sibi  esse  haeredem,  moriens  etiatn  annulos  ei  suos  tradidisset;  Pomponium  Atticum  testa- 
mento adoptavit,  omniumque  honorum  reliquit  haeredem.  Sed  fallacis  et  insidiosi  cadaver  popu- 
/(/.<  Romanus,  cervicibus  reste  circumdatum,  per  viam  traxit.  Ilaque  nefarius  homo  filium  qui- 
dem  et  haeredem  habuit  quem  voluit  :  funus  autem  et  exsequias  quales  meruit-  f  Valerio  Massimo. 
Lib.  VII.  e.  8.  5.; 


132  VIA    APPIA    PARTE    VI. 

tramandare  a  tanta  vetustà  di  tempi  la  stessa  iscrizione,  come  fu  primie- 
ramente creduto,  è  da  osservare  che  essa  è  incisa  con  buoni  caratteri  pro- 
pri! dei  tempi  meno  remoti  e  sopra  una  lastra  di  marmo;  come  ancora 
la  reliquia  del  monumento,  in  cui  fu  rinvenuto,  benché  confusa  con  ope- 
re dei  tempi  posteriori,  pure  offre  l'impiego  dell'opera  reticolare  quale  pra- 
tica vasi  poco  prima  dell'epoca  imperiale,  alla  quale  epoca  si  appropria- 
no infatti  le  surriferite  persone. 

SEPOLCRO  DEI  TE  RENZI.  La  indicata  situazione  del  sepolcro  di 
Pomponio  Attico  viene  anche  contestata  da  quanto  fu  rinvenuto  nei  primi 
anni  del  secolo  decimoquinto  da  vicino  al  casale  del  tenimento  del  mo- 
nastero di  S.  Maria  nuova;  poiché  tornò  alla  luce  una  iscrizione  in  cui. 
vedendosi  fatta  menzione  di  Terenzia  e  di  Tullia,  si  volle  attribuirla  alla 
moghe  ed  alla  figlia  di  Cicerone  che  ebbero  tali  nomi.  Ed  anzi  si  credette 
riconoscere  la  stessa  sua  figlia  in  un  cadavere  di  una  giovine  donna  assai 
ben  conservato,  che  fu  rinvenuto  nell'anno  li85  entro  una  cassa  nello  stesso 
luogo,  come  venne  contestato  da  varie  memorie  (10).  Se  mancano  docu- 
menti autorevoli  per  contestare  la  detta  appropriazione,  non  si  può  poi 
far  a  meno  di  credere  che  fossero  in  tale  luogo  memorie  dei  Terenzj ,  ai 

(10)  Il  Grutero  così  scriveva:  Inventum  in  ruinis  ìnotuimcnti  Tuìlinni  sexto  ah  Urbe 
lapide,  via  Appia  centum  ab  hinc  annis  fragmentitm  istnd,  viri  dodi  et  antiquarum  rerum 
periti  qui  tunc  vivebanl  annotarunt.    terentia  .  t M  .  terentio  ]  tvlijae 

I   M.    TERENTIO |   M.    TERENTIO    .    M.    F.    C |   M.  TVLLIO    . 

CICER I   TVLLIAE I   TVLLIAE     .     3.    L.     P |   TVL- 

LIAE  .  M.  L.  p Ex  Ursino.  (Grutero.  Pag.  CCCCLXXVII.  N.  i.J  Si  è  da 

questa  iscrizione  che,  sull'autorità  di  Pomponio  Leto,  si  volle  attribuire  a  TuUiola  iiglia 
di  Cicerone  il  cadavere  di  una  giovine  donna  rinvenuto  entro  una  cassa  nell'anno  1485 
in  vicinanza  del  casale  di  S.  Maria  nuova,  come  in  modo  assai  circostanziato  venne 
descritto  da  un  anonimo  scrittore  di  quell'epoca  che  fu  pubblicato  dal  Montfaucon. 
(Diar.  Italie,  cap.  XI.  pag.  \bl.)  Alessandro  d'Alessandro  pure  conservò  memoria  del 
medesimo  ritrovamento,  che  in  quel  tempo  ebbe  grande  considerazione.  (Gcnial.  Dier. 
Lib.  III.  e.  2.J  E  cosi  pure  l'Alberti.  (Descrizione  dell' Italia.  Pag.  141  dell' Edizione  di 
Venezia  dell'anno  Ioli.!  Giovanni  Antonio  Riccj  nel  Cap.  XII  pag.  109  della  sua  opera 
sull'Antico  Pago  Lemonio  prese  in  modo  più  ampio  a  considerare  le  notizie  che  si  rife- 
riscono al  detto  ritrovamento  non  facendo  però  alcun  caso  della  suddetta  iscrizione  che 
dette  motivo  all'  indicata  appropriazione  del  cadavere  rinvenuto.  Coll'autorità  poi  del 
Pighi  si  conosce  essersi  ritrovata  nel  luogo  stesso  la  iscrizione  di  Sesta  Fortunata  che 
venne  riferita  dal  Grutero  alla  Pag.  MXCI.  N.  31  e  che  si  suole  considerare  essere  di 
molta  importanza.  Le  quali  memorie  tutte  servono  a  far  conoscere  essere  stati  in  tale  luo- 
go collocati  sepolcri  d'insigni  personaggi  dei  primi  anni  dell'epoca  imperiale. 


TRA.   IL    MIGLIO   V.    ED    IL    VI.  133 

quali  apparteneva  la  moglie  di  Cicerone  che  si  reputava  essere  amicissi- 
mo (li  Pomponio  Attico. 

SEPOLCRO  DI  POMPEA  AZZIA.  Di  seguito  all'anzidetto  sepolcro, 
e  precisamente  a  lato  dell'accesso  alla  villa  dei  Ouintilii,  si  è  scoperta  ne- 
gli ultimi  scavi  una  piccola  cella  sepolcrale  quadrangolare  con  entro  una 
bella  statua  di  donna  panneggiata  assai  ben  conservata  e  mancante  sola- 
mente della  testa,  la  quale  stava  eretta  sopra  una  base  di  marmo,  su  cui  si 
lesse  questa  semplice  iscrizione:  pompeue  .  attiae  [  t.  Dn)ivs  .  evprepes  . 
v\ORi  .  KARissiM  |  sANCTissiMAE  .  FECIT.  Da  questa  iscrizione,  mentre  viene 
palesato  il  nome  della  persona  rappresentata  in  tale  statua  e  quello  del 
marito  suo  che  l'aveva  collocata  in  tale  sepolcro,  non  bene  poi  si  può  de- 
terminare chi  sieno  state  le  stesse  due  persone;  giacché  non  si  può  cer- 
tamente riconoscere  in  quel  T.  Didio  Euprepe  alcuno  dei  T.  Didii  ricor- 
dati nella  storia  avanti  l'epoca  imperiale  ;  ed  anzi  dal  detto  suo  grecanico 
cognome  si  volle  dedurre  che  in  origine  sia  stato  un  servo  o  almeno  un 
peregrino.  Però  per  lo  stile  della  statua  e  per  la  struttura  impiegata  nel  mo- 
numento sembra  potersi  appropriare  ai  primi  tempi  dell'  impero.  La  statua 
fu  collocata  al  musco  Vaticano,  e  per  esserle  stata  adattata  una  testa  di 
Giulia,  si  mutò  la  rappresentanza  dichiarata  dalla  suddetta  iscrizione. 

VILLA  DEI  OriNTILII.  Quella  quantità  di  rehquie  di  antiche  fab- 
briche che  dal  lato  sinistro  della  via  Appia,  di  dietro  ai  surriferiti  sepol- 
cri, si  stendono  sino  alle  adiacenze  della  moderna  via  di  Albano,  e  che 
volgarmente  vengono  indicate  col  nome  di  Roma  vecchia,  si  conoscono  ora 
di  comune  accordo  avere  costituito  la  villa  dei  Quintilii  in  seguito  di  ave- 
re ritrovato  negli  scavi  fatti  nell'anno  1828  su  di  un  condotto  di  piombo 
scritto  il  nome  dei  due  fratelli  Quintihi,  Condino  e  Massimo  (II).  Siffat- 
ta scoperta  ha  anche  dimostrato  la  improprietà  dell'attribuzione  delle  stesse 

(11)  Dei  ritrovamenti  fatti  dal  duca  Torlonia  nell'anno  1828  entro  il  suo  teni- 
mento  di  Roma  vecchia,  ne  conservò  memorie  11  Nibby  che  le  pubblicò  nel  Tom.  Ili 
della  sua  opera  intitolata  Analisi  Storico-topografico-antiquaria  della  Carta  de  dintorni  di 
Roma.  Pag.  724  e  scgg.  Ed  i  marchi,  che  si  rinvennero  su  diversi  tubi  di  piombo  che 
servivano  alla  condotta  delle  acque  in  detta  villa,  si  trovarono  portare  i  seguenti  nomi: 
II.  QViNTiLiORVM  ]  CONDINI  ET  MAXiMi  ;  cioè  dei  due  fratelli  Quintilii,  Condino  e  Massimo. 
Per  essersi  nei  medesimi  scavi  rinvenuti  diversi  marchi  nei  grandi  mattoni,  che  erano 
stati  impiegati  nella  costruzione  di  tali  fabbriche,  si  venne  a  confermare  maggiormente  la 
stessa  pertinenza  ;  poiché  essi  si  riferiscono  tutti  ai  tempi  di  Antonino  Pio,  Marco  Aure- 
lio, e  Commodo,  in  cui  vissero  i  suddetti  due  fratelli  Quintilii,  come  furono  precipua- 
mente presi  a  considerare  nella  citata  opera  del  Nibby. 


134  VIA    APPU    PARTE    VI. 

reliquie  al  Pago  Leinonio,  che  si  volle  sostituire  all'anzidetta  volgare  de- 
nominazione, quantunque  si  sapesse  dal  compendiatore  di  Feste  dovere  quel 
pago  esistere  lungo  la  via  Latina  (12).  Tale  villa  prima  che  passasse  ai  Quìn- 
tilii  era  compresa  evidentemente  in  uno  di  quei  fondi  che  furono  lasciati  in 
eredità  da  Q.  Cecilio  a  Pomponio  Attico;  poiché  seguendo  l'uso  degli  anti- 
chi romani,  si  deve  credere  che  l'anzidetto  sepolcro  dello  stesso  Q.  Cecilio 
fosse  stato  collocato  nel  confine  della  stessa  proprietà  dei  Cecilii,  come 
successivamente  deve  essere  stato  praticato  dai  Quintilii  nello  stabilire 
laltro  grande  sepolcro  di  forma  piramidale,  di  cui  ne  rimane  una  ammi- 
rabile reliquia  nel  luogo  stesso.  Ma  se  è  dubbio  l'indicato  passaggio  di 
possedimento  si  trova  però  palesamente  dimostrato  quello  dai  Quintilii  a 
Commodo  ;  poiché  da  Dione  si  narra  che  questo  imperatore  fece  uccide- 
re i  suddetti  due  fratelH  Condino  e  Massimo  Quintifii,  a  motivo  di  essere 
divenuti  troppo  celebri  per  perizia  nell'arte  militare  e  per  ricchezze;  e  ne 
descrive  il  modo  orribile  con  cui  furono  strangolati,  e  così  pure  le  tristi  vi- 
cende a  cui  andò  soggetto  Sesto  Condino  figlio  di  Massimo.  Essendo  in  tal 
modo  estinta  la  famiglia  dei  Quintilii,  come  pure  venne  da  Lampridio  dichia- 
rato, tutte  le  sue  proprietà  passarono  in  possesso  dello  stesso  imperato- 
re (1.3).  Che  sia  poi  stata  tale  villa  abitata  da  Commodo  si  dimostra 
dallo  stesso  Dione  nel  descrivere  come  il  popolo  si  fosse  portato  nella 
villa  suburbana,  in  cui  albergava  tale  imperatore,  per  chiedere  soddisfazio- 


(12)  Tutto  ciò  che  si  potè  addurre  per  provare  esservi  corrisposto  il  pago  Lc- 
nionio  nel  luogo  occupato  dalle  dette  fabbriche  di  Roma  vecchia,  venne  esposto  da  Gio- 
vanni Antonio  Riccy  nel  suo  libro  intitolato:  Dell'Antico  Pago  Lemonio  in  oggi  Roma- 
vecchia,  pubblicato  nell'anno  1802.  Ma  tutte  le  ragioni  riferite  cadono  alla  considerazione 
della  seguente  notizia  esposta  da  Paolo  compendiatore  di  Festo,  che  è  Tunica  più  autore- 
vole che  si  abbia  di  tale  pago  :  Lcmonia  tribtis  a  pago  Lemonio  appellata  est,  qui  est  a  por- 
ta Capena  via  Latina;  perciocché  doveva  trovarsi  necessariamente  lungo  la  via  Latina, 
la  quale,  benché  come  PAppia  uscisse  pure  dalla  porta  Capena,  teneva  poi  una  direzione 
alquanto  differente.  Ed  é  da  credere  che  evidentemente  si  trovasse  tale  pago  in  quell'al- 
tro luogo  detto  volgarmente  eziandio  Roma  vecchia  o  Sette  Bassi  che  corrisponde  da  vi- 
cino all'antica  via  Latina. 

(13)  'Efé'jiVGi  Sì  y.xi  tsu;  Kvrj-ctliov;  tsv  zs  KsvSjsycv  y.xi  tòv  Ma^ip-sv.  [J-^'jx- 
Avjv  'jàp  cV/o^j  oó^xv  ini  ncaBcla  y.xì  ir.ì  orpxTYiyix  xaì  é[xo(ppoauvri  y.xÌ  tcIovz'j).  (Dione. 
Lib.  LXXII.  e.  5.)  Domus  praeterea  Quintiliorum  omnis  extincta,  qitod  Sextm  Cocidiani 
fCondini)  filius  specie  mortis  ad  defoclionis  diceretiir  evasissc.  (Lampridio,  in  Commodo.  e.  4.  ' 
Sembra  però  avere  conservato  il  nome  di  villa  dei  Quintilii  anche  posteriormente  al  detto 
possesso  di  Commodo,  come  si  può  dedurre  da  una  notizia  di  Vopisco.  fin  Floriano,  e.  S.ì 


TRA    IL    MIGLIO   V,    ED    IL    VI.  135 

ne  contro  le  sevizie  di  Oleandro  (U).  Ed  Erodiano,  narrando  più  circo- 
stanziatamente lo  stesso   avvenimento,  ci   dimostra   essere  stata  la   parte 
della  villa,  abitata  da  Commodo,  distante  dalla  strada,  ove  non  potè  es- 
sere da  lui  inteso  il  rumore  delle  risuonanti  voci  che  chiedevano  giustizia 
contro  Oleandro  (15).  E  ciò  si  trova  assai  bene  convenire  con  quanto  sus- 
siste di  tale  immensa  villa;  poiché  la  parte  che  tuttora   presenta  traccie 
di  fabbrica  abitabile,  e  che  è  quella  di  mezzo,  evidentemente  in  piìi  am- 
pio modo  costrutta  e  decorata  dai  Oiii»lilii-  si  trova  corrispondere  assai 
distante  dalla  via  Appia  verso  la  moderna  via  di  Albano.  In  questo  pas- 
saggio di  possedimento  dovette  la  villa  essere  grandemente  di  più   am- 
pliata per  ridurla  a  contenere  tutto  il  corteggio  imperiale  di  Commodo, 
con  il  presidio  dei  cavalieri  che  vegliavano  alla  sua  custodia,  come  apparisce 
dimostrato  nelle  citate  narrazioni.  Quindi  dall'essere  contenuta  nel  tempo  del- 
la pertinenza  dei  Ouintilii  entro  quell'area  che  viene  determinata  da  tutte  le 
reliquie,  che  esistono  nella  parte  media,  si  dovette  estendere  nelle  adia- 
cenze laterali  occupando  evidentemente  fondi  di  altri  proprietarii  ;  giacche, 
mentre  i  due  limiti  da  occidente  in  oriente  si  trovano  essere  stati  deter- 
minati costantemente  dalla  via  Appia  e  dal  dirupato  opposto,  nei  lati  poi  si 
conoscono  essere  state  le  fabbriche  di  molto  estese.  Si  dovette  evidentemente 
solo  neir indicato  possedimento  imperiale  eseguire  l'acquedotto  che  vi  porta- 
va una  ragguardevole  quantità  di  acqua  derivandola  dall'acquedotto  della  Giu- 
lia e  Tepula,  dal  quale  soltanto  gli  archi,  che  esistono  da  vicino  al  casale 
della  posta  di  Tor  di  mezza  via,  potevano  essere  diramati  ;  perciocché  ta- 
le acquedotto,  trapassando  per  diverse  altre  proprietà,  non  poteva  esser 
fatto  per  opera  di  un  privato  (16).  Per  far  mostra  e  nello  stesso  tempo  la 

« 

(14)  Kaì  -ilo;  y.oaxnn^ri'ja;,  wcìjUl>j7c  npòg  xè-j  K^fXfxsosv,  sv  tw  KufvTj).ju  r.poc- 
G-.ii'si  vj-7,  -o>}.y.  [j-vj  iy.i'vj's>  y.TjxBx  ì'vj'/óijj.va:,  r.oD.ù  oì  y.xì  y/rA  -ov  Khmopou 
y.cr.ayJì[jj:,'o;.  ^Dione.  Lib.  LXXIl.  e.  13.1 

(15)  Km  TX  rthuzxicv,  Sitxysvzs;  h  npoxrjxiia  toù  Kcp-p-iSov,  ìr.E)3évrB;  nocvS'/t 
fjut  i^ócù-j,  yoù  T5V  K)ixv5s5v  i'.g  Savarov  f,-ovj.  xapuy^;  o;  cùffvj;  -ipi  te  npoàazuov, 
rsD  T=  Koix[J.65ov  h  xoi;  ò':jx/.r/'j}pr,yó'jt  zir.c'.;  vjSsvaìg  a/olx^cjxo:,  òvvjsOyTs;  tb  tx 
35Li),XsuUcva,  [iKzlr.ip  s  Kìixvopc;  x-j-/ù^.z(j'bxi  zi  twv  npxzzotj.i-jrjì'j  iy/Jylvvj  avza.)  xìzvi- 
otco:,  ci)  -poGooyà'jzo;  zov  Sr,u.ov,  irwpxivovzxt  cÓtìJ.w/.'.ìvi.',  y.zl-ó^xvzo;  zoO  Khxjopov, 
T.x'jziz,  [S="|  ;/  i3x7iXctci  i-ntìg,  zov;  zb  hzuy/^xvovzx;  tlSxllcv  y.xt  izizpa7y.o'j.  CErodia- 
no,  Istoria.  Lib.  I.  e.  12.J 

(16)  Diverse  opinioni  si  esposero  sul  medesimo  acquedotto,  clie  sono  riferite  prin- 
cipalmente dal  Fabretti  De  Aqicaeduct.  Di$s.  III.  n.  28J,  dal  Cassio  ^Corso  delle  acque  anti- 
che. Parte  I.  n.  22 1  ed  anche  dal  Riccy  (Pago  Lemonio.  Pag.  92.J  Però  per  quanto  apparisce 


136  VIA    APPIA    PARTE    VI. 

distribiizioue  della  medesima  acqua  condotta,  venne  successivamente  costrut- 
to un  nobile  castello  o  ninfeo  che  corrispondeva  lungo  la  via  Appia,  dal 
quale  erano  derivale  diverse  dispense  parziali  che  si  trovarono  essersi 
portate  con  tubi  di  terra  cotta  ad  alcune  altre  fabbriche  collocate  lungo  la 
stessa  via.  Si  trovano  inoltre  reliquie  ragguardevoli  di  grandi  conserve  che 
dovettero  servire  all'uso  parziale  della  villa,  tra  le  quali  se  ne  ammira 
tuttora  una  formata  esteriormente  in  tondo  e  suddivisa  con  sette  divisioni 
interne  rettilinee,  ed  altra  di  forma  quadrangolare  a  due  piani,  sulla  quale 
venne  basato  il  casale  del  tenimento  di  S.  Maria  nuova.  In  tale  parte 
laterale  della  villa,  corrispondente  verso  Roma,  sembra  che  vi  fossero  pra- 
ticali grandi  bagni,  che  richiesero  necessariamente  la  costruzione  di  tali 
conserve;  mentre  nella  parte  opposta  verso  Albano  si  conoscono  esservi 
state  vaste  aree  destinate  evidentemente  ad  uso  di  giardini,  e  principal- 
mente per  i  giuochi  delle  caccie  e  delle  corse  di  cui  era  molto  amante 
Commodo.  Infatti  si  distingue  tuttora  una  vasta  area  disposta  in  forma 
d'ippodromo  per  servire  ai  detti  esercizj  ginnastici  non  però  con  l'assisten- 
za di  molti  spettatori  ;  giacché  essi  si  facevano  in  privato  e  non  vi  dove- 
vano essere  perciò  al  d'intorno  grandi  gradinate  di  sedili  come  negli  altri 
simili  circhi  (17).  In  tutti  i  luoghi,  occupati  dalle  delle  fabbriche,  si  sono 
trovati  in  ogni  tempo  oggetti  che  hanno  servito  a  dimostrare  la  grande 
magnificenza  con  cui   erano  essi  stati  decorati  precipuamente  in  seguito 

dalle  reliquie  superstiti  del  suo  acquedotto,  che  si  protraggono  sino  da  vicino  al  casale 
della  posta  di  Tor  di  mezza  via,  ove  era  sostenuto  da  archi,  si  può  stabilire  che  l'acqua  in 
esso  condotta  non  era  derivata  da  alcun  fonte  particolare,  ma  solo  dedotta  evidentemente 
dall'aquedotto  della  Giulia  e  Tcpula,  al  quale  solamente  poteva  essere  diretto  tale  acque- 
dotto parziale,  mentre  tutti  quei  delle  altre  acque  non  giungevano  tanto  da  vicino  ai  colli 
albani.  Con  tutto  ciò  può  considerarsi  tale  opera  solamente  eseguita  col  potere  impe- 
riale; giacché  si  estendeva  in  diverse  altre  proprietà.  E  così  opportunamente  si  può  stabi- 
lire essere  stata  portata  ad  effetto  da  Commodo  allorché  entrò  in  possesso  di  tale  villa, 
benché  si  sieno  rinvenuti  bolli  di  mattoni  che  si  riferiscono  a  qualche  anno  prima  del 
suo  impero,  come  é  quello  che  il  Fea  dice  avere  estratto  nell'aprile  dell'anno  1810  dal 

medesimo  aquedotto  in  cui  si  lesse:  ex  .  fig aeam  .  avgvs  ]  rvst  .  it  . 

ET  .  AQVi,  che  si  riferisce  all'anno  di  Roma  914  in  cui  erano  consoli  Q.  G.  Rustico  di  nuovo 
e  C.  V.  Aquilino  (Fea,  Frammenti  dei  Fasti  Consolari.  Pag.  CXVIII.  N.  62.^  Giacché  si  ren- 
de probabilissimo  il  credere  che  si  sieno  in  tale  opera  impiegati  laterizj  in  alcuni  anni  pri- 
ma fabbricati. 

(17)  Della  sussistenza  del  detto  ippodromo,  ne  venne  esposta  una  notizia  allorché 
ne  rimanevano  più  visibili  tracce  dall' Eschinardi  benché  vagamente  esposta  e  senza  una 
distinta  descrizione.  (Descrizione  di  Roma  e  dell'Agro  Romano.  Parte  II.  e.  6  e  ^.J 


TRA   IL    MIGLIO    V.    ED   IL    VI.  137 

del  medesimo  possedimento  imperiale.  I  maggiori  ritrovamenti  si  fecero 
dall'anno  1787  al  1792  negli  scavi  eseguiti  per  commissione  governativa; 
e  gl'importanti  oggetti  di  scoltura,  tornati  alla  luce  da  tali  scoperte,  furono 
collocati  nel  museo  Vaticano  (18).  Diverse  altre  scolture  di  pregio  si  rin- 
vennero negli  scavi  eseguiti  di  commissione  del  successivo  proprietario  del  le- 
nimento negli  anni  1828  e  1829.  Le  ricerche  si  continuarono  anche  in  questi 
ultimi  anni,  e  si  rinvennero  precipuamente  alcuni  buoni  frammenti  della  de- 
corazione architettonica  in  marmo  della  parte  piiì  nobile  della  fabbrica,  ed 
in  particolare  di  un  accesso  ornato  con  colonne  corintie  erette  sopra  piedi- 
stalli fregiati  di  buone  scolture  figurale  eguali  ad  alcuni  altri  rinvenuti 
negli  scavi  dell'anno  1828.  Si  prese  pure  in  tale  circostanza  a  scuoprire 
più  ampiamente  il  suolo  dell'anzidetto  castello  di  acqua  che  esiste  in  forma 
di  ninfeo  lungo  la  via  Appia,  e  si  rinvennero  in  esso  diversi  marmi  lavorati 
che  appartenevano  alla  sua  decorazione  e  non  curali  nelle  indicate  ante- 
cedenti scoperte.  Tutti  i  medesimi  oggetti  però,  senza  ragguardevole  pro- 
fitto, non  si  sono  conservati  nel  luogo  del  loro  ritrovamento.  Nel  protrarre 
poi  per  disposizione  governativa  le  scoperte  della  via  Appia  avanti  alla 
fronte  della  medesima  villa ,  si  rinvennero  alcuni  basamenti  che  servivano 
evidentemente  per  sostenere  opere  di  scoltura  destinate  ad  adornare  l'ac- 
cesso alla  villa  stessa  dalla  via  ;  e  d' incontro  si  scuoprirono  colonne  di 
marmo  caristio,  detto  cipollino,  con  le  loro  basi  e  capitelli  corinlii  di  mar- 

(18)  Si  deve  attribuire  gratitudine  al  Riccy  per  avere  conservata  memoria  dei  detti 
ritrovamenti  fatti  nella  villa  dei  Quintili!  dall'anno  1787  al  1792,  pubblicando  anche  le 
note  di  Ennio  Quirino  Visconti  deputato  dal  governo  di  dare  giudizio  degli  oggetti  rinvenuti 
in  tali  scavi,  che  furono  diretti  dallo  scultore  Lisandrone.  Tali  notizie  si  trovano  inserite 
nel  di  lui  libro  suUAntico  Pago  Lemonio  dalla  pag.  129  alla  147.  Nella  quale  esposizione 
è  però  necessario  osservare  che  si  unirono  le  notizie  delle  scoperte  fatte  nell'altro  luogo 
distinto  pure  col  nome  volgare  di  Roma  vecchia,  che  corrisponde  lungo  la  strada  di  Fra- 
scati e  che  più  propriamente  si  disse  Sette  Bassi.  In  precedenza  dallo  stesso  Riccy  si  riferi- 
scono notizie  sui  ritrovamenti  fatti  per  l'avanti  tanto  per  le  casuali  scoperte  che  si  fecero 
dai  frati  del  convento  di  s.  Maria  nuova,  in  cui  si  rinvenne  il  tanto  celebrato  cadavere  ri- 
conosciuto per  quello  di  Tullia  figlia  di  Cicerone;  e  così  su  alcuni  altri  fatti  di  seguito,  di 
cui  il  Winckelmann  ne  conservò  memoria,  ed  anche  di  altri  che  si  fecero  nell'anno  1780 
dagli  inglesi  Jenkins  e  Hamilton  con  la  direzione  di  Giovanni  Volpato.  fRiccy,  Pago  Limo- 
nio. Dalla  pag.  109  alla  128.  )  11  Nibby  poi  conservò  memoria  dei  ritrovamenti  fatti  negli 
anni  1828  e  1829,  nella  stessa  villa  suburbana,  ed  i  diversi  oggetti  rinvenuti  furono  collo- 
cati nel  palazzo  del  principe  Torlonia;  però  alcune  colonne  di  marmo  caristio  furono  im- 
piegate ad  ornare  la  fronte  del  teatro  Tordinona.  (Analisi  della  carta  della  campagna  Ro- 
mana.  Tom.  III.  pag.  125  e  segg.J 

18 


138  VIA    APPIA    PARTE    VI. 

ino,  che  dovevano  decorare  il  vestibolo  che  metteva  nella  sua  parte  media. 
Conservandosi  le  basi  ancora  al  proprio  luogo,  si  potrebbero  innalzarvi 
sopra  alcune  delle  colonne  anzidette  onde  non  perdere  memoria  di  tale  nobi- 
le fabbrica  imperiale.  Nel  luogo  stesso  fu  rinvenuto  un  torso  di  Ercole  di 
buona  scoltura,  ciò  che  ha  servito  per  vieppiìi  contestare  la  pertinenza  di 
tale  edifizio  a  Commodo  ;  poiché  bene  è  palese  da  Dione,  da  Erodiano,  da 
Lampridio  e  dalle  sue  medaglie,  come  egli  fosse  devoto  di  tal  nume,  ed  anzi 
si  fosse  egli  appropriato  il  nome  e  la  rappresentanza.  Tale  vestibolo,  trovan- 
dosi formato  con  una  cella  nel  mezzo  a  guisa  di  tablino  e  due  nei  lati 
per  le  fauci,  doveva  contenere  il  detto  simulacro  nella  detta  sua  parte 
media  per  servire  di  principale  ornamento.  Per  essersi  inoltre  rinvenuto 
quasi  d'incontro  al  detto  portico  una  figura  di  Melpomene  con  frannuenti  di 
altre  statue  delle  Muse,  che  poterono  essere  state  traslocate  nelle  grandi  de- 
vastazioni fatte,  si  deve  credere  che  avessero  siffatte  statue  servito  ad  adorna- 
re la  stessa  fronte  facendovi  figurare  nella  qualità  di  Musagete  l' Ercole  anzi- 
detto, il  qual  nome  si  soleva  attribuirgh.  E  di  ciò  se  ne  ha  una  prova  dal 
ritrovamento  fatto  in  tale  luogo  ncH'anno  1780  della  Musa  Euterpe  che  ven- 
ne collocata  nella  galleria  dei  Candelabri  del  museo  Taticano,  e  che  cor- 
risponde in  dimensione  ed  in  qualità  di  lavoro  a  quella  anzidetta  di  Mel- 
pomene. Così  la  parte  della  grande  villa ,  che  era  posta  lungo  la  via  Ap- 
pia,  si  trovava  decorata  con  grande  magnificenza,  la  quale  acquistava  an- 
che varietà  di  aspetto  dal  ninfeo  che  stava  collocato  nella  estremità  me- 
ridionale. Ma  restava  però  la  stessa  fronte  quasi  per  intero  coperta  dai 
monumenti  sepolcrali,  che  furono  in  antecedenza  stabihti  tutto  lungo  la  via, 
ad  eccezione  di  quanto  era  necessario  per  il  suo  accesso.  In  fine  a  riguar- 
do della  medesima  parte  anteriore  di  questa  villa  si  crede  opportuno  d' indi- 
care, per  sempre  più  convalidare  quanto  fu  accennato  sulla  corrispondenza 
degli  alloggiamenti  stabiliti  dagli  albani  nella  guerra  mossa  ai  romani  nel 
tempo  del  regno  di  Tulio  Ostilio,  che  Livio,  annoverando  tra  le  famiglie  in- 
signi che  vennero  a  stabilirsi  in  Roma  dopo  tale  avvenimento,  i  Quintii  (19), 
ci  porta  a  conoscere  avere  successivamente  i  discendenti  di  tale  gente  vo- 
luto conservare  la  proprietà  del  luogo,  in  cui  posero  i  loro  antenati  i  detti 
alloggiamenti,  nel  costituirlo  come  parte  integrale  di  detta  villa,  ed  anzi  aver- 
ne conservata  la  forma,  come  apparisce  da  quanto  tuttora  sussiste  e  che 
si  trova  compreso  tra  il  suddetto  vestibolo  e  la  fabbrica  di  abitazione.  Laon- 

(19)  Roma  interim  crescit  Albae  ruinis legit   Tullio!!,  Servilios.  (Juin- 

ctios,    Gegnnios,  Curiatios,  Cloelios (Livio.  Lih.  I.  e.  SO.J 


TRA    IL    MIGLIO    V.    ED   IL    VI.  130 

de  il  luogo  propriamente  cognito  col  nome  di  Fosse  cluilie  doveva  corri- 
spondere nella  stessa  posizione,  mentre  il  Sacro  campo  degli  Orazj  doveva 
trovarsi  ove  poscia  fu  stabilito  l'anzidetto  ustrino;  e  lo  spazio  interposto  era 
quello  che  servì  per  la  tanto  rinomata  singolare  pugna  degli  Orazj  e  Curiazj. 
SEPOLCRI  DI  VALERIO  SPINTORE  E  DI  SUPSIFANA  NICE. 
Quasi  d'incontro  all'ingresso  dell'anzidetta  villa  dei  Quintilii  sussiste  il 
basamento  di  un  vetusto  sepolcro  costrutto  interamente  con  la  pietra  al- 
bana, che  merita  considerazione  ;  e  similmente  l'altro  che  succede  di  eguale 
struttura,  sul  quale  però  vennero  successivamente  erette  mura  di  opera 
reticolata  mista  con  la  laterizia.  Alla  stessa  seconda  opera  monumentale 
dovevano  appartenere  alcuni  titoletti  sepolcrali  che  furono  trovati  nella  sua 
cella  (20).  E  quindi  succede  altro  basamento  di  sepolcro,  in  cui  fu  rinve- 
nuto il  seguente   frammento  d' iscrizione  :   m.  valeri valer  | 

VALERIA  I TVRi  |  spiNTHER.  Ed  il  cominciameuto 

di  altra  iscrizione  unita  alla  stessa  lapide  in  cui  leggesi;  va (21)- 

Si  rinviene  di  seguito  un  ragguardevole  frammento  di  una  cornice  centi- 
nata  in  pietra  tiburlina  di  buone  sagome.  Dei  monumenti,  che  succedono 
nello  stesso  lato,  rimangono  quasi  soltanto  i  cippi  terminali.  Nella  parte 
posteriore  degli  stessi  monumenti  verso  la  campagna,  si  vedono  tracce  di 
un'altra  fabbrica  di  villa  che  si  stende  lungo  il  lato  sinistro  della  via  ver- 
so Albano:  ma  esse  sono  insufficenti  a  determinare  alcuna  sicura  norma 
che  possa  far  conoscere  la  forma  della  stessa  fabbrica  ;  né  si  hanno  memorie 
per  stabilirne  la  sua  pertinenza,  e  né  per  avere  il  suolo,  occupato  da  essa, 
corrisposto  entro  i  limiti  prescritti  alle  scavazioni,  si  è  potuto  scuoprire 
quanto  sussiste  di  conservato.  Avanti  ad  essa  però  e  lungo  la  via  si  scuo- 
prirono  diversi  basamenti  di  sepolcri  di  varia  grandezza  e  forma,  ed  in  uno 
di  essi  si  rinvenne  la  seguente  iscrizione  scolpita  su  lapidi  di  marmo  che 
dimostra  essere  stato  quel  sepolcro  eretto  a  Supsifana  Nice  per  disposizione 
testamentaria  di  due  suoi  eredi:  s^tsifana  .  t.  l.  nice  [  t,  svpsifanvs  .  t.  l. 

(20)  Nei  titoietli,  che  si  rinvennero  nel  suddetto  sepolcro,  si  leggono  le  seguenti  me- 
morie; cioè  net  primo:  dis  .  manib  [  p.  salvio  .  victo  |  rino.  Nel  secondo:  d.  m  |  diadv- 

MENO  I  .  .  .  .  CONSERVO  .  B.  M  |  .  .  .  .  FIATE  .  FECIT  [  V.  A.  XXXVUII.  E  net  tCrzO  :  CLAV- 
DIA  .  LAVDICI   I   PniLETO  .  COMVGI    |   SVO  .  BENEMERENTI. 

(21)  Sul  nome  Spinther,  ctie  si  legge  nella  surriferita  iscrizione  dei  Valeri,  sarà 
forse  più  conveniente  attribuire  quanto  venne  riferito  sul  significato  comico  di  tal  nome  da 
Quintiliano  'Inst.  Lib.  V.  e.  3  ',  da  Valerio  Massimo  <  Lib.  IX.  e.  14,  4  e  da  I*linio  (T\'ai.  Hist. 
Lib.  VII.  e.  10,',  quantunque  si  riferisca  a'  tempi  più  vetusti,  che  quanto  venne  esposto  dal 
Pancaldi  in  alcune  sue  singolari  osservazioni.     Giornale  Album.  N.  46.  Ann.  XVIII.J 


140  VIA    APPIA    PARTE    VI. 

MCEPHOR    I  T.    SVPSIFANVS    .    T.  0.   L.   FRVGI    [  SVPSIFANA    .    T.  L.  NICE  .  TEST.AME.NTO  . 

SVO    ,    IVSSIT    .    HS 1  MONVMENTVM    ,    HERl    .    DVO    .    HEREDES   |  FAC- 

TVM    .    EST    .    HS    .   CcIoOCClooIaO    .    00   CX    D [  T.    SVPSIFANI  .  T.    0. 

L.  NicEPHORi  .  ET  .  M.  s Il  DOiiie  Supsifana  anzidetto  pre- 
stò motivo  al  Borghesi  di  fare  alcune  osservazioni  sulla  sua  più  probabile 
derivazione  :  ma  poi  nulla  si  è  potuto  determinare  sulle  qualità  di  tali  per- 
sone e  sull'epoca  in  cui  vissero  (22). 

SEPOLCRI  DI  POMPEO  LICINO  E  DI  SETTIMIO  GALLA 
CON  ALTRO  DI  VETTENA  AFRODISIA,  Di  seguito  nello  stesso  lato 
destro  si  rinvennero  tra  le  reliquie  di  due  sepolcri  attigui  le  seguenti 
iscrizioni,  che  fanno  conoscere  essere  stato  l'uno  di  essi  eretto  da  L.  F. 
Pompeo  Licino  per  sua  moglie  Teidia,  e  l'altro  avere  appartenuto  a  Setti- 
mia  Galla.  La  prima  però  si  trova  essere  mancante  di  una  ragguardevole 
parte: vs  .  l.  f.  pom.  licinvs  | a  .  tekia  .  sex  . 

F.   VXSOR    I EIVS    .    L.    F.    CAPITO    .    PILI | 

VLCRVM  .  HEREDEM  .  NON  | QVETVR  (23).  L'altra  poi  SÌ  legge 

per  intero  scritta  in  una  grande  lapide  tondeggiante  e  ben  conservata  e  si 

(22)  «  Nuovissima,  per  quanto  so,  è  questa  gente  Supsifana,  del  cui  nome  non  si 
»  vede  né  meno  la  radice.  Stando  alla  sua  terminazione  parerebbe  che  dovesse  provenire 
»  da  un  nome  geografico,  come  m.  acerrams  .  m.  f.  aem.  secvndvs  (Marat,  p.  665,  5,', 
»  daWAcerre  della  Campania,  m.  corams  .  vrsinvs  fGrut.p.  553,  2',  da  Cora  del  Lazio,  t, 
»  FAESVLANVS  .  STRATOR  (Donati,  p.  286,  SJ,  da  Faesulae  dell'Etruria,  e  così  via  discorrendo. 
»  E  vero  che  questa  città  di  Supsifa  è  ignota,  ma  essa  mostra  alforecchio  una  tal  quale 
»  analogia  di  suono  con  Satifi,  Sitifi,  Sufasar,  Susicaz  e  simili  luoghi  dell'Africa  da  non 
»  recar  meraviglia  se  appartenesse  allo  stesso  paese,  ove  ogni  giorno  s"  imparano  i  nomi 
»  di  nuove  città.  Sulla  fine  della  prima  lapide  si  è  perduto,  a  quanto  pare,  il  numero  dei 
»  sesterzi  lasciati  da  Nice  nel  suo  testamento  per  costruire  il  suo  sepolcro;  ma  la  somma 
»  disposta  sembra  che  fosse  minore  di  quanto  costò,  onde  gli  eredi  notarono  nella  seconda 
»  pietra  di  avervi  erogato  27500  sesterzi  corrispondenti,  secondo  i  calcoli  più  moderni,  a 
»  6875  franchi.  »  (Lettera  del  conte  Borghesi  del  30  luglio  1851.  ' 

(23)  «  Questo  Licino,  che  si  presenta  con  tutti  i  nomi  convenienti  a  chi  godeva  la 
»  piena  cittadinanza  romana,  non  dovrebbe  esser  stato  un  uomo  dell"  infimo  volgo,  e  lo 
»  deduco  dalla  sua  moglie  teidia  .  sex  .  f.  che  sembra  nata  dal  console  sufietto  del  783 
»  chiamata  dai  fasti  Nolani  sex  .  teidivs  .  c\T\Luniis,  mentre  in  appresso  la  sua  casa  si 
»  disse  Tedia,  o  'Fidia.  Quantunque  il  gentilizio  del  figlio  Capitone  abbia  salvato  una  sil- 
»  laba  di  più,  tuttavolta  non  cedo  alla  tentazione  di  supplirvi  FuntEi\s,  o  aelivs;  perchè 
»  il  cognome  capito  in  quelle  due  famiglie  fu  costante,  onde  il  padre  non  sarebbesi  inve- 
»  ce  chiamato  licinvs.  Le  due  ultime  righe  si  suppliscono  :  Hoc.  scpvlcrv.m  .  heredem  .  non 
»  seQVETVR.  »  (Borghesi.  Lettera  citata.) 


TRA   IL    MIGLIO    V.    ED   IL    VI.  14-1 

contiene  in  queste  semplici  parole:  septimu  .  p.  f.  galla  (2i).  Quindi  al- 
quanto più  distante  si  rinviene  la  seguente  altra  iscrizione  che  dimostra 
essere  stalo  il  sepolcro,  in  cui  fu  rinvenuta,  fatto  da  V.  Yettena  Afrodisia: 

V.    VETTENA    .    C.   C.    L.    APHRODISIA   |  FECIT    .    C.   VETTENO    .   C.    L   |  CHRESTO    .   ET    . 

siBi  (25).  Le  reliquie  dei  sepolcri,  che  rimangono  tra  quelle  appartenenti 
alle  suddette  iscrizioni,  non  presentano  altro  che  alcuni  pochi  frammenti 
della  loro  decorazione  che  non  bastano  a  farla  conoscere  per  intero.  È 
però  da  osservarsi  un  ragguardevole  frammento  di  un  sarcofago  in  marmo, 
opera  del  tempo  degli  Antonini. 

SEPOLCRO  ROTONDO  CON  FREGIO  ORNATO  D'IPPOGRIFI 
ED  ALTRO  DI  P.  SERGIO  DEMETRIO  VINARIO  DEL  VELABRO. 
Nel  lato  sinistro  della  via,  quasi  d'incontro  ai  suddetti  sepolcri,  si  trovano 
esistere  primieramente  alcuni  basamenti  di  sepolcri  che  conservano  alcune 
buone  modanature  e  principalmente  uno  costrutto  coll'opera  laterizia.  Quin- 
di si  rinviene  un  resto  della  intera  costruzione  di  un  antico  sepolcro,  in 
cui  è  da  considerarsi  una  solida  arenazione  fatta  con  la  pietra  albana  e  che 
doveva  cuoprire  la  cella  del  monumento.  Nel  suo  d'intorno  si  sono  tro- 
vali bensì  alcuni  frammenti  scolpiti  in  marmo,  ma  non  sono  suflìcenti  per 
determinare  quale  fosse  la  sua  decorazione  esterna.  Di  seguilo  rimangono 
frammenti  di  un  piccolo  sepolcro  rotondo  interamente  fallo  col  marmo  ed 


(24)  «  Lapide  semplicissima,  da  cui  null'altro  si  ritrae  se  non  che  Settimia  Galla 
»  figlia  di  Publio  fu  un'ingenua.  La  sua  famiglia  non  è  del  lutto  ignota  fra  quelle  di  Ro- 
»  ma;  e  il  Grutero  (Pag.  DLXXIX.  N.  V,  riferisce  una  pietra  già  esistente  alla  porta  La- 
»  lina  e  quindi  trasportata  a  Bologna,  la  quale  ricorda  un  favstvs  .  m.  septimi  .  galli  .  di- 
»  SPENsafoc.  »  {Borghesi.  Lettera  citata.) 

(2ò)  «  Il  primo  V  deve  interpretarsi  Viva.  Così  nel  cognome  non  si  sarà  badalo 
»  alla  lineetta  che  doveva  congiungere  il  P.  colTI  per  farne  un  H  ;  percui  nella  presente 
»  riga  si  leggerà  :  viva  vettena  .  e.  e.  duorum  .  Cajorum  .  Liberia  .  apurodisia.  La  deno- 
»  minazione  vettenvs,  o  vettienvs,  che  trovasi  scritta  in  ambo  i  modi,  proviene  in  ori- 
»  gine  da  un  vettivs,  che,  essendo  passato  in  un'altra  famiglia,  così  allungò  il  suo  nome 
»  per  le  leggi  dell'adozione.  Un  esempio  identico  abbiamo  nel  celebre  giureconsulto  Alfe- 
»  no  Varo.  Egli  era  un  Alfio,  che,  adottato  da  P.  Quintilio  Varo,  divenne  Pubìiiis,  Quinti- 
»  lius,  Varuf,  Alfenus;  ma  per  accorciare  questa  lunga  nomenclatura  chiamossi  più  comu- 
»  nemente  P.  Alfenus  Varo,  e  così  si  dissero  i  suoi  discendenti.  Regolarmente  così  doveasi 
»  appellare  alfienvs,  ma  per  delicatezza  di  orecchio  fu  sincopato  l'I  appunto  come  nel 
»  caso  nostro  da  vettienvs  si  fece  vettexvs.  Un  iscrizione  del  Doni  (Q.  XIV.  n.  o\) 
»  nomina  un  c.  vettienvs  .  c.  l.  aphbodisivs,  che  potrebbe  ben  essere  il  padre  della  no- 
»  stra  Afrodisia.  »  (Borghesi.  Lettera  citata.) 


142  VU    APPIA    PARTE    \\. 

adornalo  da  un  fregio  con  scolture  rappresentanti  ippogrifi  ed  altri  or- 
namenti in  certo  modo  simili  a  quei  del  ben  noto  fregio  del  tempio  di 
Antonino  e  Faustina,  ma  anche  con  più  buono  stile  scolpiti.  Esistono  pu- 
re lastre  di  marmo ,  ridotte  a  forma  di  squamme,  che  componevano  la 
copertura  del  sepolcro.  Si  è  inoltre  rinvenuto  tra  le  sue  reliquie  un  busto 
di  donna  scolpito  in  marmo  con  buon  artifizio,  che  si  è  riposto  per  essere 
meglio  conservato ,  mentre  tutti  i  frammenti  appartenenti  alla  decorazione 
del  monumento  si  sono  murali  nel  luogo  stesso,  e  meritano  di  essere  stu- 
diali. Di  seguito  si  è  rinvenuta  la  seguente  iscrizione  che  dimostra  il  se- 
polcro ivi  eretto  avere  appartenuto  a  P.  Sergio  Demetrio  venditore  di 
vino  che  stava  nel  Velabro.  p.  sergivs  .  p,  p.  l  |  demetrivs  [  vixarivs  .  de  . 

VELABRO    I  SERGIA    .    P.    P.    L.    RVFA   .    VXOR   |  P.    SERGIVS  .  P.    ET  .  0.    L.    BASSVS  .  L   | 

ARBiTRATv  .  RVFAE  .  vxoRis  (26).  Oussta  iscrizioue  SÌ  rende  di  ragguarde- 
vole interessamento;  perchè  ci  conserva  memoria  di  uno  dei  luoghi  più  abi- 
tali di  Roma,  quale  era  il  Velabro,  in  cui  aveva  lo  spaccio  di  vino  il  me- 
desimo P.  Sergio.  Con  la  scoperta  di  questo  monumento  ebbero  termine  le 
scavazioni  della  stagione  di  primavera  dell'anno  1851. 


(26)  «  Nel  primo  nome  Pitblius  sergivs  .  pp.  iluorum  Publiorum  .  demetrivs,  succe- 
»  de  sicuramente  dopo  pp  un  l  significante  Libertus,  che  solo  può  credersi  obliterato  nel 
»  marmo,  così  richiedendo  non  tanto  il  senso,  quanto  Tesempio  della  sua  moglie,  e  conli- 
»  berta  Sergia  .  pp.  duorum  .  Piiòliorum  .  Liberta  .  rvfa.  All'opposto  non  si  avrà  da  credere 
»  che  un  altro  l  sovrabbondi  in  fine  della  quarta  riga  Publius  .  sergivs  .  Publiae  et  D  Ser- 
»  giae  Libertus  .  bassvs  .  Libertus  ;  perchè  egli  serve  a  mostrare  che  Basso  non  fu  liberto 
»  in  genere  di  un  Publio  e  di  un  Sergio,  ma  che  lo  fu  del  Publio  e  della  Sergia  supe- 
»  riormenle  ricordati  nel  marmo.  Più  comune  è  di  trovar  ripetuta  per  la  stessa  ragio- 
»  ne  la  sigla  Filius,  la  quale  nella  prima  volta  oCfre  la  prova  dell'ingenuità  della  per- 
n  sona,  la  seconda  che  essa  è  nata  dal  mentovato  di  sopra,  del  che  amplissima  dimo- 
»  strazione  ci  porge  una  lapide  del  De  Vita  fp.  XX.  n.  14j  spettante  alla  famiglia  di 
»  Scribonia  moglie  di  Augusto,  in  cui  si  scrisse  alla  distesa:  l.  scribonivs  .  l.  f.  li- 
»  BO  .  p.VTER  .  L.  SCRIBONIVS  .  L.  F.  LIBO  .  FiLio  .  PATR0NEI.  La  lacuna  dell'ultima 
»  riga  deve  supplirsi  arbitratv.  Questo  Demetrio  non  ha  voluto  lasciarci  ignorare  la 
»  sua  professione  di  bettoliere  o  venditore  di  vino,  vinarivs,  che  in  altre  lapidi  si 
»  disse  anche  vinari arivs.  E  né  meno  è  nuovo  che  gli  osti  di  Roma  indicassero  ezian- 
»  dio  ove  avevano  le  loro  taverne,  onde  vinariarivs  .  in  .  castris  .  v^neloriis  abbiamo 
»  nel  Grutero  ip.  1126,  1)  e  due  negozianti  di  vino  nel  luogo  detto  a.  septem  .  cae- 
»  SARiBVS  sono  conosciuti  per  due  marmi  del  Marini  (Arv.  p.  120  e  p.  2Ì5.J  II  nostro 
»  vinarivs  aveva  spaccio  nel  Velabro,  una  delle  più  popolose  contrade  della  città,  la 
»  cui  memoria  assicura  al  nostro  marmo  non  piccolo  pregio.  »  (Borghesi.  Loc.  cit.J 


TRA    IL    UnOLIO    V.    ED    IL    VI.  14-3 

SEPOLCRI  DEL  LATO  DESTRO.  Nel  riprendere  le  scavazioni 
nel  mese  di  novembre  del  medesimo  anno  1851,  di  seguito  all'indicato 
termine,  dopo  di  essere  stati  scoperti  basamenti  di  diversi  sepolcri,  tra  i 
quali  se  ne  distingue  uno  in  pietra  albana  ed  altro  di  opera  laterizia,  si  rin- 
venne un  gran  masso  di  marmo  scolpito  nel  tempo  medio  dell'impero, 
che  si  conosce  avere  servito  a  due  distinte  decorazioni;  poiché,  mentre 
in  un  lato  si  vede  ornato  in  modo  da  essere  collocato  in  piedi  a  guisa  di 
alcun  stipite  di  porta,  si  trova  poi  nell'altro  lato  lavorato  di  maniera  a 
servire  di  architrave.  In  tale  lato  vedesi  essersi,  secondo  la  indicata  poste- 
riore destinazione,  scolpita  la  seguente  iscrizione:  crispinae  .  e.  f.  l.  arrivs  | 

ET  .  e.  GERVLoxivs  .  lAN ]Ma  poi  uulla  pili  si  conosce  della 

l'orma  e  decorazione  del  monumento  a  cui  essa  apparteneva.  Come  nep- 
pure nulla  di  preciso  viene  determinato  di  altro  più  vetusto  sepolcro  che 
succede,  il  quale  si  conosce  solo  da  alcuni  pochi  frammenti  superstiti  essere 
stato  costrutto  con  la  pietra  albana  e  decorato  con  il  genere  dorico.  Si  è 
trovato  di  seguito  un  cippo  in  marmo,  appartenente  ad  alcun  altro  sepol- 
cro dell'epoca  imperiale,  il  quale  vedesi  adornato  con  festoni  e  teschi  se- 
condo il  genere  comunemente  impiegato  in  simili  opere. 

SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Nell'indicala  ripresa  di  scavi 
si  sono  trovati  nel  lato  opposto  primieramente  diversi  frammenti  scolpiti  in 
marmo  che  dimostrano  solamente  esservi  stato  un  nobile  sepolcro,  senza 
nulla  potere  stabilire  sulla  sua  intera  forma.  Merita  però  considerazione,  tra 
gli  stessi  ritrovamenti,  una  statua  togata  alquanto  piti  grande  del  vero  e 
scolpita  ad  alto  rilievo  in  marmo,  per  essersi  rinvenuta  con  la  sua  testa, 
ciò  che  difficilmente  accade.  Si  è  ritrovato  pure  un  ragguardevole  frammen- 
to di  altra  simile  statua:  ma  nulla  si  è  scoperto  che  facesse  conoscere  la 
pertinenza  di  tale  nobile  sepolcro.  Di  seguito,  dopo  di  essere  stato  scoperto 
un  frammento  di  una  grande  zampa  leonina,  che  indica  la  sussistenza  di  un 
simile  grande  monumento,  si  rinvenne  la  seguente  iscrizione:  m.  calvivs  .  m. 

L.  RVFVS   I  SALVIA  .  T.  L.  VRBANA  (27). 

BAGNI  E  VILLA  A  DESTRA  CON  FRAMMENTI  DI  TROFEI 
E  FASCI  CONSOLARI.  Riprendendo  a  considerare  le  rehquie  scoperte 
nel  lato  destro  della  via,  si  rinvengono  primieramente,  dopo  i  monumenti 
già  descritti,  alcune  reliquie  di  mura  con  pavimenti  in  musaico,  che  si  cono- 

'25)  Nel  medesimo  luogo  fu  rinvenuto  il  seguente  altro  titoletto  sepolcrale:  ms  . 

MANIBVS  I  Q.  QVINTILIO  .  THA  |  LAMO  .  FECIT  .  A  |  QVINTILIVS  .  HEK  |  MES  .  PATRI  .  SVO  | 
INDVLGENTISSIMO. 


\ÌÌ  MK    APPIA    PARTE    VI. 

scono  avere  appartenuto  ad  una  non  grande  fabbrica  dislinata  ad  uso  di  ba- 
gni evidentemente  fatti  da  alcun  intraprendente  per  ritrarre  guadagno  dai 
passaggieri  che  desideravano  bagnarsi.  Di  seguito  poi  verso  la  campagna  esi- 
stono reliquie  di  pareti  che  accennano  appartenere  ad  un'ampia  villa  subur- 
bana, di  cui  nulla  si  può  determinare  sulla  sua  pertinenza,  e  né  si  è  potuto 
ricercare  con  scavazioni  per  essersi  estesa  fuori  dei  limiti  prescritti.  Si  rinven- 
nero però  avanti  ad  essa  lungo  la  via  diversi  frammenti  di  trofei  e  di  fasci  con- 
solari scolpiti  in  marmo  nell'epoca  media  dell'impero,  che  dimostrano  bensì 
esservi  stato  nel  luogo  stesso  un  grande  monumento  appartenente  ad  alcuni 
personaggi  consolari,  ai  quali  spettava  pure  palesemente  la  detta  villa:  ma 
nulla  poi  si  è  rinvenuto  che  potesse  far  conoscere  con  qualche  palese  auto- 
rità la  pertinenza  di  tali  edifizj.  Ad  alcuno  dei  medesimi  distinti  personag- 
gi doveva  appartenere  il  grande  sepolcro,  di  cui  rimangono  reliquie  lungo  la 
via  precisamente  d'incontro  alla  parte  media  di  detta  villa. 

PARZIALE  SEPOLCRO  DELLA  GENTE  AURELL\.  Prendendo  suc- 
cessivamente ad  osservare  quanto  sussiste  di  un  vetusto  monumento  co- 
strutto con  la  pietra  albana  e  corrispondente  d'incontro  al  grande  sepolcro 
denominato  volgarmente  Casal  rotondo,  si  giunge  al  termine  di  questo  sesto 
partimenlo.  Quindi  ci  limiteremo  ad  osservare  che,  seguendo  l'autorità,  però 
assai  poco  apprezzata,  del  Pirro  Ligorio,  si  deve  credere  che  tale  vetusto 
monumento  appartenesse  ad  alcun  distinto  personaggio  della  gente  Aureha  ; 
poiché  da  esso  diconsi  rinvenute  nelle  stesse  adiacenze  al  suo  tempo  tre 
iscrizioni  di  tale  gente  di  qualche  ragguardevole  importanza.  ^la  quando  si 
considera  che  il  medesimo  monumento  di  Casal  rotondo,  che  forma  il  prin- 
cipale argomento  del  seguente  partimento,  può  credersi  in  origine  avere  ap- 
partenuto ad  un  distinto  personaggio  di  tale  gente .  come  s' imprenderà  a  di- 
mostrare, le  dette  notizie  non  si  dovranno  tanto  disprezzare  ;  perciocché  ser- 
vono esse  a  contestare  esservi  stati  nel  luogo  stesso  collocati  alcuni  parziali 
monumenti  a  persone  addette  alla  indicata  famiglia,  quali  sembrano  essere 
registrate  nelle  suddette  tre  iscrizioni.  Non  si  può  poi  dalle  reliquie  super- 
stiti stabilire  con  precisione  quale  fosse  la  vera  forma  e  decorazione  di 
tale  parziale  sepolcro  ;  percui  si  passerà  a  descrivere  l'anzidetto  grande  mo- 
numento di  Casal  rotondo. 


SETTIMA    PARTE 

TRA  IL  SESTO  ED  IL  SETTIMO  MIGLIO 


SEPOLCRO  DI  COTTA  A  CASAL  ROTONDO.  Seguendo  sempre 
la  enunciata  diligente  operazione  estesa  per  determinare  la  corrispondenza 
delle  antiche  colonne  milliarie  lungo  la  via ,  delle  quali  non  si  rinvennero 
alcune  tracce ,  si  è  potuto  stabilire  quella  del  sesto  miglio  essere  stata  col- 
locata a  metri  29:  50  dopo  il  centro  del  grande  monumento  volgarmente  de- 
nominato per  la  sua  forma  Casal  rotondo.  Si  è  questo  stesso  monumento  che 
offre  importante  argomento  al  principio  dell'enunciato  settimo  parlimento. 
La  sua  vastità  vedesi  ad  evidenza  dimostrata  da  quanto  su  di  esso  ven- 
ne praticato;  poiché  fu  ridotto  a  contenere  una  casa  rurale  composta  di 
stalle  con  fienili  e  camere  di  abitazione  e  quindi  un  piccolo  ohveto.  Prima 
che  si  fossero  eseguite  le  scavazioni  intorno  a  tale  grande  monumento  era  es- 
so bensì  conosciuto  per  tale  sua  vastità  e  forma ,  ma  nulla  sapevasi  della  sua 
decorazione  e  pertinenza.  Gli  scavi,  impresi  a  farsi  nel  principio  dell'anno 
1852,  hanno  primieramente  fatto  conoscere  che  il  monumento  rotondo  ave- 
va per  base  una  non  alta  crepidine  di  forma  quadrata  costrutta  colla  pietra 
albana,  la  quale  si  stendeva  nei  quattro  lati  precisamente  cento  venti  piedi 
romani  antichi,  cioè  venti  piedi  di  più  dell' imbasamento  del  sepolcro  di  Ce- 
cilia Metella,  che  sin'ora  si  considerava  per  il  più  grande  che  esisteva  lungo 
la  via  Appia  e  che  si  è  trovato  essere  di  piedi  cento.  Così  l'area,  occupata 
dal  medesimo  monumento,  costituiva  precisamente  ciò  che  denominavasi 
dagli  antichi  ocfus,  cioè  la  metà  di  un  jugero;  la  quale  circostanza  è  merite- 
vole di  considerazione  ed  ha  già  servilo  per  meglio  contestare  la  corrispon- 
denza della  antica  misura.  Nella  parte  anteriore  tale  basamento  però  si  tro- 
vava disposto  su  di  un  segmento  di  circolo  descritto  con  alquanto  n)aggiore 
raggio  di  quello  che  ha  servito  per  determinare  il  corpo  rotondo  del  monu- 
mento; ed  in  tale  curvatura  si  conoscono  essersi  praticati  cinque  grandi  in- 
cavamenti  semicircolari  fatti  pure  colla  pietra  albana  e  con  sedili  nel  loro  giro 
per  servire  lungo  la  via  di  riposo  ai  passaggieri  e  nel  tempo  stesso  di  maggiore 
decoro  al  monumento  e  di  distinzione  tra  lutti  gli  altri.  Silfotto  basamento 
venne  in  più  gran  parte  ricoperto  dal  rialzamento  praticato  nel  suolo  della 
via  alcun  tempo  dopo  la  caduta  dell"  impero  romano.  Lo  stesso  monumento 
poi  si  conosce  essere  stato  stabilito  primieramente  in  forma  di  un  semplice 

19 


14-6  VIA    APPU    PARTE    VII. 

tumulo  con  un'alta  crepidine  nei  suo  d' intorno  circolare  costrutta  semplice- 
mente colla  pietra  albana,  come  erano  formati  i  più  antichi  sepolcri  dei  ro- 
mani, nei  quali  si  erano  presi  ad  imitare  i  comuni  sepolcri  degli  etruschi. 
Siflatta  opera  si  può  stabilire  avere  costituito  la  prima  edificazione  del  mo- 
numento, eseguita  evidentemente  nell'epoca  media  della  repubblica  romana. 
Ma  poi  si  vede  essere  stato  rivestito  con  grandi  massi  di  pietra  tiburtina  re- 
golarmente disposti  a  norma  dell'opera  quadrata,  e  collegati  con  massi  di  e- 
guali  pietre  pure  disposti  con  metodo  regolare  che  facevano  funzione  dei 
diatoui  prescritti  da  Yitruvio  per  lo  stesso  apparecchio  di  struttura.  E  siffat- 
to rivestimento  aveva  per  base  alcune  semplici  sagome  con  una  gola  inta- 
gliata ,  di  cui  se  ne  sono  rinvenuti  alcuni  pezzi  ancora  in  opera  nella  parte 
posteriore  del  monumento:  ma  molti  eguali  resti  si  rinvennero  rovesciati  nel 
suolo  circostante.  E  superiormente  era  decorato  con  una  cornice,  pure  ese- 
guita con  la  stessa  pietra  tiburtina,  e  composta  eziandio  con  buone  sagome 
proprie  dei  buoni  tempi  ;  ed  in  particolare  il  di  sotto  del  gocciolatojo  vedesi 
adornato  a  guisa  della  cornice  dorica  del  teatro  di  Marcello.  Di  questa  cornice 
ne  sono  stati  rinvenuti  diversi  grandi  massi  negli  ultimi  sterramenti,  e  si  sono 
trovati  corrispondere  alla  stessa  curvatura  circolare  del  monumento.  Sif- 
fatta opera  di  rivestimento  in  pietra  tiburtina  costituiva  una  seconda  deco- 
razione dello  stesso  monumento,  che  si  deve  credere  eseguita  tra  il  fine  del 
governo  della  repubblica  ed  il  principio  di  quello  dell'impero.  Il  monumento 
doveva  conservare,  come  nella  prima  costruzione,  il  tumulo  di  terra  nella 
parte  superiore  a  guisa  di  quanto  ancora  si  era  praticato  nel  mausoleo  di 
Augusto  eretto  nel  Campo  marzio.  Tra  gli  stessi  sterramenti  si  sono  rin- 
venuti poi  palesi  segni  di  una  terza  decorazione  aggiunta  nel  primo  secolo 
dell'impero,  come  sono  diversi  frammenti  scolpiti  in  marmo,  tra  i  quali  si 
distingue  la  importante  piccola  reliquia  della  estrema  parte  della  cartella 
contenente  la  iscrizione  dedicatoria  della  stessa  terza  opera,  in  cui  si  legge 
per  vocabolo  finale  della  prima  linea  cotta,  lasciando  lo  spazio  necessario 
per  altra  linea  inferiore;  e  tale  frammento  prende  la  stessa  curvatura  del  cor- 
po rotondo  del  monumento  in  modo  da  potere  essere  collocato  sulla  sommi- 
tà media  di  esso  verso  la  via.  Gli  altri  oggetti  di  tale  marmorea  decorazione 
appartengono  alle  squamine  componenti  la  copertura,  ad  alcuni  pilastri  co- 
rintj  che  racchiudono  nel  mezzo  piccole  arenazioni  con  grandi  candelabri 
e  maschere  sceniche,  ed  alla  cornice  che  coronava  siffatta  decorazione.  Dal- 
la curvatura  data  a  tutti  i  medesimi  oggetti  si  conosce  chiaramente  che  ap- 
partenevano ad  un  corpo  rotondo  assai  più  piccolo  di  quello  dell'anzidetto 
rivestito  colla  pietra  tiburtina  ;  percui  si  sarebbe  potuto  credere  che  avesse- 


TRA   IL    MIGLIO    VI.    ED   IL    VII.  1Ì7 

ro  costituito  un  altro  distinto  monumento,  se  non  si  fossero  rinvenuti  fram- 
misti ai  suddetti  frammenti  di  pietra  tiburlina  in  tutto  il  d'intorno  dello  stes- 
so monumento.  Così  si  venne  a  stabilire  avere  infatti  tali  marmoree  scolture 
formata  una  decorazione  aggiunta  sulla  parte  superiore  in  sostituzione  del 
tumulo  di  terra  primieramente  stabilito. 

Le  enunciate  considerazioni  sulla  varietà  di  ornamenti  e  progressiva 
nobiltà  data  al  monumento,  preso  a  descrivere,  si  sono  giudicale  necessarie 
per  offrire,  in  mancanza  di  positive  autorità,  alcun  più  sicuro  mezzo  a  dichia- 
rarne la  sua  pertinenza;  giacché  l'indicato  nome  Cotta,  per  la  grande  quan- 
tità dei  distinti  personaggi  antichi  egualmente  denominati,  offre  un  assai 
incerto  documento  per  ottenere  quanto  si  cerca.  Però,  siccome  esso  è  il  più 
importante  che  si  sia  ora  rinvenuto  e  che  appartiene  all'indicata  terza 
opera,  si  rende  così  necessario  di  dare  comiuciamento  alle  ricerche  con 
un  ordine  cronologico  opposto  a  quello  che  si  può  prescrivere  relativamente 
al  progressivo  accrescimento  dello  stesso  monumento.  Primieramente  è  da 
osservare  che  in  esso,  da  quanto  si  è  potuto  conoscere,  non  esiste  alcuna  gran- 
de cella  sepolcrale  da  potere  contenere  depositi  diversi  per  servire  ad  una 
intera  famiglia  :  ma  tutto  porta  a  credere  che  fosse  un  monumento  personale, 
come  per  esempio  era  quello  di  Cecilia  Metella.  Quindi  si  deve  premettere 
che  a  tale  grande  opera  non  si  può  convenientemente  appropriare  altro  che 
una  pertinenza  ad  un  grande  personaggio.  E  tra  quei,  del  cognome  Cotta  che 
figurarono  di  più  nel  primo  secolo  dell'epoca  imperiale,  in  cui  si  deve  cre- 
dere essersi  eseguita  la  indicata  ultima  opera  marmorea,  si  può  soltanto 
prescegliere  l'uno  di  quei  due  figli  di  Messala  Corvino  che  si  resero  assai 
rinomati  tanto  sotto  l' impero  di  Augusto  che  in  quello  di  Tiberio  :  ma  più 
particolarmente  del  secondo  di  essi  che  primieramente  portava  il  nome  di  M. 
Valerio  Massimo  Colta  5  e  poscia,  dopo  la  morte  del  fratello  maggiore,  si  deno- 
minò Valerio  Messahno  Cotta,  come  in  modo  più  distinto  venne  indicato  da 
Vellejo  Patercolo  e  da  quanto  Ovidio  ne  scrisse  nelle  lettere  a  lui  slesso  di- 
rette dal  suo  esilio  (1).  Il  dare  la  preferenza  allo  stesso  Messalino  Cotta  per  la 


(1)  Felix  evenlu,  forte  conalu ,  prima  aestatc  belli ,  Messalini  opits  mandundum  esl 
memoriae.  Qui  vir  animo  etiam,  quatn  gente  nobilior,  dignissimus,  qui  et  patrem  Corvi- 
num  habuisset,  et  cognomen  suum  Coltae  frntri  relinqueret.  fVellejo  Patercolo.  Lib.  II.  e. 
\\2.)  Da  Ovidio  poi  nelle  sue  lettere  scritte  dal  Ponto  furono  esposte  molte  importanti 
notizie  sul  medesimo  Messalino  Cotta  e  sulla  perdita  del  suo  fratello  ;  e  ciò  particolarmente 
nelle  Epist.  VII  e  IX  del  Lib.  I,  e  nelle  II  e  III  del  Lib.  II,  in  cui  viene  distinto  il  fratello 
Messalino  col  cognome  Cotta,  allorché  vivea  ancora,  ed  egli  con  quello  di  Massimo  che  eb- 


14-8  VIA    APPIA    PARTE    VII. 

detta  opera  ne  offre  anche  valevole  motivo  il  vedere  scolpite  al  di  sopra  dei 
piccoli  archi  interposti  ai  pilastri  diverse  grandi  maschere  sceniche,  non  po- 
ste a  caso  0  per  comune  pratica,  ma  evidentemente  per  qualche  giusta  at- 
tribuzione; perciocché  dal  medesimo  Ovidio,  nel  far  menzione  nell'ultima 
delle  suddette  sue  lettere  dei  principali  poeti,  annoverava  pure  lo  stesso 
Cotta,  dicendo  non  volerlo  trascurare,  perchè  lo  reputava  apprezzato  dalle 
Muse  ed  utile  al  foro,  ed  al  quale  erasi  accoppiata  nobiltà  tanto  per  avere 
i  suoi  antenati  materni  di  cognome  Colta  quanto  per  i  paterni  denominati 
Messala.  A  confermare  anche  la  pertinenza  delle  indicate  maschere  sceniche 
ad  alcuno  dei  Messala,  giova  ricordare  quanto  venne  accennato  da  Valerio 
Massimo  e  da  PUnio  sul  cognome  Menogene  che  fu  appropriato  a  M.  Messala; 
perchè  rassomigliava  nella  faccia  all'  istrione  di  tal  nome,  benché  comune- 
mente si  voglia  ciò  attribuire  a  M.  Messala  Nigro  (2).  Mentre  poi  si  può  sta- 


be primieramente  ;  e  poscia  nella  Epist.  Vili  del  Lib.  II  indicandolo  con  il  nome  di  Massimo 
Cotta,  come  pure  nella  II  del  Lib.  DI  nomandolo  semplicemente  Cotta.  Diverse  altre 
notizie  si  trovano  esposte  da  Tacito,  (Annali  Lib.  II.  e.  32,  Lib.  IV.  e.  20,  Lib.  V.  e.  3,  Lib. 
VI  e.  5,  e  Lib.  XIL  e.  22.  '  E  così  da  Plinio,  (Nat.  Hist.  Lib.  X.  e.  27 ',  dichiarandolo  aperta- 
mente figlio  dell'oratore  Messala.  Tra  i  diversi  distinti  personaggi  del  cognome  Cotta,  che 
si  distinsero  nei  tempi  anteriori,  non  si  può  certamente  appropriare  la  indicata  opera,  che  fu 
eseguita  con  il  marmo  e  con  una  maniera  di  scolpire  non  propria  dell'epoca  che  precedette 
r  impero.  Così  venni  ad  escludere  l'appropriazione  a  quel  L.  Aurunculco  Cotta,  di  cui  si 
rinvenne  una  iscrizione  a  Zagarolo  che  fu  esposta  dal  Grutero  Pag.  CLXXXI.  N.  IJ  e  dal 
Cluverio  filai.  Ant.  Pag.  949',  come  aveva  primieramente  pensato;  poiché  da  Giulio 
Cesare  si  dimostra  avere  figurato  al  suo  tempo  fDe  bello  Gallico  Lib.  V.  e.  28  e  segg.J 
Né  d'altronde  si  può  appropriare  a  quei  personaggi  di  tal  nome  che  figurarono  nei 
tempi  posteriori;  perchè  nessuno,  per  quanto  si  conosce,  era  tanto  dovizioso  per  fare 
eseguire  sì  sontuosa  opera,  come  in  particolare  si  può  annoverare  quel  Cotta  ricor- 
dato da  Marziale  fLib.  L  Epig.  10  e  14,  Lib.  X.  Epig.  49  e  88  e  Lib.  XIL  Epig.  81. J 
(2)  Te  tamen  in  turba  non  ausim,   Cotta,  silere, 

Pieridum  lumen,  praesidiumque  fori; 
Matcrnos   Cottas  cui  Mcssallasqicc  paternos 

Maxima  nobilitas  ingeminata  dedit. 

(Ovidio,  Ex  Ponto.  Lib.  IV.  Epist.  XVI.J 
Il  pregiatissimo  professore  cavalier  Betti,  dopo  di  avergli  fatto  conoscere  ed  apprez- 
zare nell'ottobre  dell'anno  1852  le  importanti  reliquie  scoperte  intorno  al  monumento 
volgarmente  detto  Casal  rotondo,  ricordandomi  i  surriferiti  versi,  era  lieto  di  avere 
potuto  trovare  la  indicata  attribuzione:  ma  poscia  ne  perdeva  ogni  fiducia  osservando 
quanto  il  celebre  Ennio  Quirino  Visconti  aveva  esposto  nel  Voi.  VII  della  sua  descri- 
zione del  Museo  Pio  dementino  alla  spiegazione  della  Tav.  XIII  sull'uso  che  avevano 


TUA    IL    MIGLIO   M.   ED   IL    VII.  149 

bilire  con  qualche  probabililà  che  la  indicata  terza  opera  sia  stata  eseguita 
da  questo  distinto  personaggio,  il  suo  nome  poi,  superstite  nel  frammento 
della  tabella  anzidetta ,  essendo  espresso  in  caso  retto ,  fa  conoscere  che  il 
monumento  era  stato  ad  altri  destinato,  benché  avesse  cominciamento  la 
iscrizione  colla  indicazione  della  persona  che  aveva  dedicata  l'opera  contro 
la  pili  comune  pratica  :  ma  di  ciò  se  ne  trovano  infiniti  esempj,  e  d'altronde 
il  detto  vocabolo  cotta,  scritto  in  fine  della  prima  Uuea  della  cartella,  la- 

gli  antichi  romani  di  scolpire  maschere  sui  loro  sepolcri  e  simbolo  di  esse.  Ma  quan- 
do si  considera  che  tali  dotte  osservazioni  si  possono  solo  più  convenientemente  appro- 
priare a  quelle  maschere  che  soventi  si  ponevano  nelle  estremità  dei  sarcofaghi  e  si- 
mili monumenti,  con  le  quali  si  voleva  denotare  simbolicamente  il  principio  ed  il  termi- 
ne della  vita,  come  nelle  commedie,  e  non  estenderle  a  quelle  maschere  di  vario  ca- 
rattere scenico  e  poste  per  distinto  ornamento,  come  sono  quelle  scolpite  nel  monu- 
mento preso  a  descrivere,  si  potrà  confermare  la  ragionevolezza  di  prendere  in  consi- 
derazione la  particolare  anzidetta  lodevole  attribuzione.  Inoltre  si  conferma  la  partico- 
lare pertinenza  delle  maschere  sceniche  ai  Messala,  prendendo  in  considerazione  quanto 
venne  indicato  da  Valerio  Massimo  a  riguardo  del  cognome  Menogene  che  fu  appro- 
priato a  M.  Messala  per  la  sua  rassomiglianza  all'  istrione  di  tal  nome  :  Al  M.  Messala  consu- 
laris  et  censoriits  Menogenis,  Curioque,  omnibus  honoribus  abundans,  Burbdii:  Uh  propter 
oris  aspectum,  hic  propter  paretn  corporis  motum,  uterque  scenici  nomen  coactus  est  recipere. 
fLib.  IX.  e.  14,  5.)  Come  similmente  si  trova  ripetuto  da  Plinio  {Nat.  Hist.  Lib.  VII.  e.  12.J 
Perchè  più  al  3Iarco  Valerio  Messala  che  fu  console  nell'anno  693,  come  comunemente  si 
crede,  si  deve  appropriare  V  indicato  cognome  Slcnogene  al  console  dell'anno  742  detto 
pure  Marco  Valerio  Messala,  per  avere  già  l'anzidetto  primo  console  il  soprannome  Nigro. 
Ed  ancora  più  opportunamente  si  troverebbe  contestare  la  indicata  pertinenza  se  si  potes- 
se appropriare  il  suddetto  cognome  a  Marco  Valerio  Messalino,  che  fu  console  nell'anno  751 
e  fratello  di  quello  di  cui  si  è  attribuita  l'opera  anzidetta,  o  anche  a  lui  stesso  che  fu  ezian- 
dio console  nell'anno  773  sotto  il  preciso  titolo  di  Marco  Valerio  Messala,  come  si  trova 
anuhciato  nella  stessa  notizia,  unitamente  a  Marco  Aurelio  Cotta,  la  quale  coincidenza 
rese  insigni  le  due  famiglie  strette  in  parentado  e  partecipanti  se  non  alla  costruzione  al- 
meno alla  maggiore  decorazione  dello  stesso  monumento  :  ma  qualunque  sia  la  giusta  ap- 
propriazione di  tale  notizia,  sempre  essa  si  dovrà  attribuire  ad  uno  dei  Messala,  che  fu  col- 
laterale a  quello  che  portò  a  compimento  l'opera  presa  ad  illustrare.  Come  poi  fossero 
tanto  il  suddetto  M.  Valerio  Massimo  Cotta  ed  il  suo  fratello  Messalino  degni  successori 
del  loro  padre  nell'eloquenza  è  dichiarato  dallo  stesso  Ovidio  dicendo: 
Vivit  enim  in  vobis  faciindi  lingua  parentis, 
Et  res  heredem  repperit  illa  suum. 

(Ovidio,  Ex  Poni.  Lib.  IL  Episl.  IL  v.  53  e  54.^1 
Ma  poi  diverse  testimonianze  di  dottrina  sono  dallo  stesso  Ovidio  tributate  al  medesimo 
secondo  figlio  di  Messala  Corvino. 


150  VU    APPIA    PARTE   VII. 

sciando  spazio  per  un'altra  linea,  toglie  ogni  dubbio.  E  di  tale  destinazione 
soltanto  più  convenientemente  può  trovarsene  applicazione  che  attribuendola 
al  suo  padre  IMessala  Corvino,  il  quale  per  le  molte  dette  opere,  che  gli 
vengono  attribuite,  si  poteva  anche  con  piìi  convenienza  appropriare  i  sur- 
riferiti attributi  che  già  erano  proprii  al  suddetto  suo  collaterale.  La  stessa 
destinazione  si  trova  poi  contestata  da  quanto  venne  indicato  da  Marziale 
nel  dichiarare  che  i  suoi  versi  sarebbero  sopravvissuti  alla  caduta  delle  pie- 
tre del  monumento  di  Messala  ed  alle  fenditure  che  in  esse  avrebbe  fatto  il 
caprifico  ;  poiché  elTettivamente  costituiva  lo  stesso  monumento  una  delle 
più  grandi  opere  che  si  conoscono,  e  potevasi  assai  bene  paragonare  con 
quello  di  Licino,  di  cui  Io  stesso  Marziale  fa  menzione  nel  suddetto  poetico 
confronto  distinguendo  il  primo  fatto  di  pietre,  come  infatti  si  trova  essere 
fatto  nel  corpo  rotondo,  mentre  il  secondo  lo  accenna  fatto  di  marmo  (3). 
Ed  anche  la  sussistenza  del  monumento  di  Messala  lungo  la  via  Appia  può 
contestarsi  pure  colla  notizia  esposta  da  Tibullo  sulle  opere  da  lui  fatte  nella 

(3)  Et  quum  rupìa  situ  Messalae  saxa  iacebunt, 

Altaque  quum  Licini  marmora  pulvis  erun}. 

(Marziale.  Lib.    Vili.  Epig.  Z.) 
Marmora  Messalae  findit  caprificus,  et  audax 
Dimidios  Crispi  imdio  ridet  cquos. 

(Idem.  Lib.  X.  Epig.  2J 
Sulla  grandezza  del  monumento  di  Licino,  posto  in  confronto  da  Marziale  nella  sud- 
detta prima  notizia  con  quello  di  Messala,  è  importante  il  rammentare  quel  ben  noto 
distico ,  che  si  attribuisce  a  Varrone  Atacino  :  Marmoreo  Licinus  iacet,  at  Calo  parvo,  Pom- 
peius  nullo  ;  quis  putet  esse  Deos?  fAnthol.  Lat.  Tom.  I.  Pag.  205.  Burm.ì  Ed  inseguito 
dello  stesso  confronto  era  portato  a  riconoscere  nello  stesso  secondo  monumento  quello 
pure  grandissimo  che  succede  a  quello  preso  a  descrivere  lungo  la  via  Appia  volgar- 
mente denominato  Torre  selce,  e  che  si  è  ritrovato  nelle  recenti  scoperte  essere  stato 
effettivamente  costrutto  in  marmo  nella  buona  epoca  delle  arti,  nella  quale  venne  esegui- 
to il  monumento  di  Licino  ben  rinomato  ricco  liberto  ed  assai  favorito  da  Augusto,  se  non 
si  fosse  trovato  indicato  da  un  antico  scoliaste  di  Persio ,  come  mi  accennava  il  Borghesi , 
che  tale  sepolcro  doveva  esistere  lungo  la  via  Salaria.  In  fatti  trovai  al  verso  36  della  Sa- 
tira II  spiegando  le  parole  Nane  Licini  in  campos,  riferito  da  un'antico  scoliaste,  che 
si  crede  essere  Cornuto,  questa  notizia  che  per  le  circonstanzialità  si  deve  credere  auten- 
tica, come  è  particolarmente  attestato  da  Pitisco  Tom.  II.  pag.  759  ed  anche  più  auto- 
revolmente da  un  codice  del  decimoquinto  secolo  che  possiede  il  commendatore  De  Rossi: 
Alti  volunt  Licinum  tonsorem,  ac  libertum  Augusti  Caesaris  significavi  praedivitem  :  aiius  mo- 
numentum  est  pretiosi  operis  ;  sepidtus  via  Salaria  prope  Urbem,  ad  lapidem  secundum;  cioè 
precisamente  l'indicato   sepolcro   doveva  essere  collocato  lungo  tale   via  sulla  estremità 


TRA    IL    MIGLIO    VI.    ED    IL    VII.  151 

via  che  portava  al  Tusculo  e  ad  Alba  ;  perchè  la  via  Appia  meglio  della 
Latina,  contro  la  comune  opinione,  metteva  piiì  direttamente  a  tale  ultima 
vetusta  città  (4-).  Così  m  indussi  a  credere  che  Messahno  Cotta,  aggiungendo 
la  surriferita  sua  opera  marmorea  al  monumento,  ne  avesse  conservata  la 
precedente  destinazione  a  suo  padre  Messala  Corvino,  il  quale  già  ave- 
va fatto  eseguire  il  rivestimento  di  pietra  tiburtina  intorno  al  grandissimo 
corpo  rotondo  che  costituiva  veramente  un'opera  meritevole  della  conside- 
razione che  venne  fatta  dai  suddetti  antichi  scrittori.  Comunicata  questa  mia 
opinione  al  sommo  Borghesi  per  avere  il  suo  autorevole  parere  su  di  un 
oggetto  di  tanta  importanza  per  la  storia  antica ,  egh  prontamente  mi  ri- 
spondeva coU'aderire  alla  stessa  appropriazione  nonostante  la  mancanza  di 
autorevoli  documenti  (5).   Quindi  collo  stesso  suo  consentimento,  dopo  di 


del  piano  elevato  e  prima  di  discendere  al  ponte  Salario,  ove  corrispondeva  il  secondo 
miglio  distante  dalla  porta  Collina,  dalla  quale  usciva  primieramente  la  via  Salaria.  Del 
suddetto  Licino  poi  si  hanno  particolari  notizie  da  Orazio  fArte  Poetica  v.  30 IJ,  da  Seneca 
lEpist.  119  e.  120;,  da  Dione  fLib.  XIV.  e.  21 ',  da  Svetonio  fin  Augusto,  e.  67;,  da  Macro- 
bio  (Saturn.  Lib.   II.  e.  4j  e  da  Sidonio  (Lib.  V.  Epist.  1.) 

(4)  A'ec  taceat  monumenta  viae  quem   Tuscula  tellus 

Candidaque  antiquo  delinei  Alba  Lare. 

(Tibullo.  Lib.  L  Eleg.  VIL  v.  56.; 
Si  attribuiva  l'indicato  munimento  di  via  alla  Latina,  da  coloro  che  impresero  a  spie- 
gare la  surriferita  notizia  :  ma  non  si  hanno  precise  memorie  che  mai  Messala  avesse 
impreso  il  ristabilimento  di  tale  via  allorché  ad  insinuazione  di  Augusto  si  eseguirono 
diversi  ristauri  alle  vie  in  generale  che  uscivano  da  Roma,  ed  in  esse  solamente  si  dichiara 
il  ristauro  della  Flaminia  che  fece  eseguire  lo  stesso  Augusto,  come  particolarmente  si 
trova  dichiarato  da  Svetonio  e  da  Dione  ;  mentre  poi  trovandosi  la  via  Appia  portare  più 
direttamente  ali" antica  Alba  della  Latina,  è  da  credere  che  Messala  avesse  alla  stessa 
via  Appia  fatto  alcun  ristabilimento  in  vista  della  sussistenza  del  detto  monumento,  che 
già  doveva  esistere  da  tempi  posteriori,  e  dei  diversi  altri  della  vetusta  famiglia  Aurelia 
che  si  dicono  avere  esistito  nelle  stesse  adiacenze  secondo  laulorità  del  Ligorio  per  tre 
iscrizioni  rinvenute  al  suo  tempo  e  trascritte  nella  voce  Aurelia,  nelle  sue  memorie  inedite 
della  biblioteca  Vaticana,  le  quali  però  non  ottennero  nessuna  considerazione  e  neppure 
dal  Corradino  suo  ammiratore,  come  si  dichiara  nel  Tom.  II,  Vetus  Latium,  Pag.  185. 

(5)  «  Quantunque  non  conosca  argomenti  solidi  per  appoggiare  la  di  lei  congettu- 
»  ra,  che  il  monumento  rinvenuto  appartenga  a  Messala  Corvino,  parmi  tuttavia  che  possa 
»  sostenersi.  A  buon  conto  si  prova  uno  degli  estremi,  cioè  che  Corvino  ebbe  uno  dei  più 
»  splendidi  sepolcri  di  Roma.  Ciò  apparisce  da  Marziale,  che  lo  mette  del  pari  col  magni- 
»  ficentissimo  del  liberto  Licino  nellEpig.  3  del  Libro  Vili:  —  Et  cum  rupta  sita  Messalae 
»  saxa  iacebunt  —  Altaque  qmtm  Licini  mormora  pulvis  erunt  —  Me  tamen  ora  hgenl.  — 


152  VIA    APPU    PARTE    VII. 

avergli  in  miglior  modo  fatto  conoscere  le  particolari  condizioni  delle  reli- 
quie superstiti,  si  è  supposto  poter  essere  la  iscrizione  scritta  nella  car- 
tella in  marmo,  in  cui  fu  rinvenuto  solamente  il  nome  cotta  posto  in  fine 
della  prima  linea,  nel  seguente  modo: 

MARCVS    .    VALERIVS    .   MESSALINVS    .    COTTA 
MESSALAE  .  CORVINO  .  PATRI 


»  il  quale  torna  poi  a  ricordarlo  neU'Epig.  2  del  Libro  X:  Marmora  Messalae  fmdit  caprifi- 
»  rus.  Intanto  il  cotta,  di  cui  è  rimasto  il  nome  sulla  lapide  dedicatoria,  essendo  aperta- 
))  mente  un  caso  retto,  esclude  che  fosse  a  lui  consecrato,  e  dovrà  dirsi  invece  ch'ei  lo  fa- 
»  cesse  costruire.  Ai  tempi  però  di  Augusto  o  di  Tiberio,  a  cui  mi  dice  che  spetta  questo 
»  insigne  monumento,  non  si  trova  altro  Cotta,  che  possa  esserne  stato  l'autore,  se  non 
»  che  il  M.  Cotta  Messalino  console  nel  773 ,  a  cui  ella  aveva  già  pensato.  Da  un  canto 
»  neir  impero  del  primo  la  casa  dei  Cotta  erasi  estinta  nella  madre  dello  stesso  Messalino, 
»  come  testifica  Ovidio  nel  verso  Si  tu  non  esses  interitura  domiis,  la  quale  sua  madre  a 
»  motivo  deir  identità  del  prenome  del  figlio  adottato  può  credersi  nata  dal  M.  Cotta  pro- 
»  pretore  di  Sardegna  nel  705  (Cesare,  Bel.  Civ.  Lib.  I.  e.  30J,  figlio  del  M.  Cotta  e  console 
»  nel  680  (Valerio  Massimo.  Lib.  V.  e.  4,  i.)  Dall'altro  lato  è  inutile  di  pensare  all'Aurelio 
»  Cotta  figlio  del  Messalino,  sapendosi  da  Tacito  (Lib.  XIII  e.  34 ',  chegli  era  un  fallito.  Suo 
»  padre  al  contrario  fu  ricco  non  tanto  per  la  porzione  paterna,  quanto  per  l'eredità  ma- 
»  terna,  e  si  conosce  di  più  che  appunto  per  le  enormi  spese  da  lui  fatte  egli  da  ultimo 
»  nel  785  trovavasi  egens  ob  hixum.  (Tacito,  An.  Lib.  VI.  e.  1.)  Ciò  posto  può  supporsi  ch'egli 
»  abbia  fatto  costruire  o  terminare  il  sepolcro  al  genitore ,  e  può  ammettersi  in  massi- 
»  ma  il  supplemento  della  lapide  da  lei  ideata,  che  però  piacerebbemi  di  riformare  a 
»  questo  modo  : 

M.    AVREUVS    .    M.    F.    M.    N.    COTTA 
MESSALAE    .    CORVINO    .    PATRI 

»  che  così  r  iscrizione  conterrebbe  tutto  ciò ,  che  occorreva  di  far  sapere ,  e  avrebbe  tutta 
»  la  concisione  e  la  dignità  conveniente  a  quei  tempi. 

»  Riguardo  poi  ai  loro  lavori  poetici  cousta  che  ambidue  coltivavano  le  Muse.  Sem- 
»  bra  che  il  figlio  fosse  un  poeta  epico  piuttosto  che  drammatico,  citandosi  del  gramma- 
»  tico  Apuleio  il  suo  poema  de  beilo  Pharsalico.  (Mai,  Collecl.  Vatic.  T.  I.  infine,  p.  75 J  In- 
»  vece  può  tenersi  che  Corvino  abbia  scritto  qualche  commedia  leggendosi  in  Plinio  Giu- 
»  niore  (Lib.  V.  Epist.  SJ:  Facto  non  numquam  versiculos  parum  severos,  facio  comoedias  .... 
»  sed  ego  verear  ne  me  satis  deceat,  quod  decuit  M.  Tullium,  Caiiim  Calvum,  Asinium  Pollio- 
»  nem,  Marcum  Messalam  ....  Alcuno  ha  preteso,  che  fosse  anche  tragico,  ma  temo  che 
»  non  basti  a  provarlo  il  luogo  che  si  addotto  del  dialogo  de  Orat.  e.  12."  Nec  ulliis  Asinii 
»  aut  Messalae  libcr  lam  illuslris  est  qnnm  Medea  Ovidii,  ani  Varii  Thyestes.  E  vero  che  Pol- 
»  lione  fu  autore  di  tragedie ,  ma  del  contesto  rilevasi  che  ivi  si  fa  un  paragone  tra  gli 
»  oratori  e  i  poeti ,  onde  il  vero  senso  di  quel  passo  sembrami  essere  che  le  orazioni  di 
a  Pollione  e  di  Messala,  quantunque  notissime,  erano  meno  famose  della  Medea  e  del  Tie- 


TRA    IL    MIGLIO   VI.   ED    IL    MI.  153 

L'opera  primitiva,  che  si  conobbe  essere  stata  fatta  interamente  con  la 
pietra  albana,  e  contenuta  a  formare  un  tumulo  secondo  la  pratica  comu- 
nemente tenuta  nei  più  antichi  tempi  dai  romani  ad  imitazione  di  quan- 

»  ste.  Tuttavolta  ella  potrà  osservare  se  qualche  altra  cosa  a  questo  proposito  si  trovi 
»  nella  vita  di  Corvino  esistente  nel  Tomo  XXXIV  degli  atti  dell" Accademia  delle  Iscri- 
»  zioni,  che  io  non  ho.  »  (Lettera  del  conte  Borghesi  del  19  Ottobre  1852.^'  Raffaele  Mece- 
nate nelPanno  1820,  facendo  una  nuova  e  più  accurata  pubblicazione  di  quel  libercolo 
intitolato  Valerli  Messalae  Corvini  ad  Octavianum  Auguslum  de  Progenia  sua,  la  faceva  pre- 
cedere da  una  narrazione  sulla  vita  dello  stesso  Messala  Corvino,  in  cui  prese  a  dichia- 
rare tutte  le  opere  che  vennero  attribuite  al  medesimo  insigne  personaggio,  e  ciò  ri- 
feriva forse  in  modo  piti  ampio  di  quanto  venne  esposto  nel  citato  volume  degli  atti 
dell'Accademia  delle  Iscrizioni.  Quindi  in  seguito  di  alcune  osservazioni,  fatte  al  Bor- 
ghesi sulle  particolarità  delle  reliquie  superstiti  di  tale  monumento,  egli  gentilmente 
aggiungeva  alla  suddetta  sua  lettera  queste  altre  avvertenze:  «  Debbo  poi  correggere 
»  una  mia  inavvertenza  commessa  scrivendole  la  volta  passata,  che  sotto  l'impero  di 
»  Augusto  non  si  conosce  altro  Cotta  fuori  del  Messalino.  E  vero  che  non  è,  ch'io  sap- 
»  pia,  memoralo  da  alcuno,  ma  tuttavolta  conviene  ammettere  che  sua  madre  abbia 
»  a>Tito  un  fratello.  Imperocché,  prescindendo  che  un'adozione  mal  converrebbe  ad  una 
»  madre,  il  citato  scoliaste  di  Persio  fSat.  II.  v.  12J,  attcsta  espressamente  che  il  di 
»  lei  figlio  fu  adottato  ab  Aurelio  Cotta;  oltre  di  che  da  Ovidio  leggiamo  presso  a  poco 
»  l'età  di  questa  adozione,  mentre  nelle  epistole  scrittegli  nel  Lib.  I  de  Ponto  fino  al 
»  Lib.  II.  Epist.  3,  lo  chiama  semplicemente  Massimo,  e  soltanto  nell"  Epist.  8  delle  stes- 
»  so  Libro  comincia  ad  appellarlo  Massimo  Cotta.  Fino  dalla  nascita  portò  i  nomi  di  M. 
»  Valeriìis  3Jaximus  essendogli  stato  imposto  uno  degli  antichi  e  non  meno  celebri  co- 
»  gnomi  della  sua  casa  ;  adottato  dal  zio  divenne  M.  Valerius  Maximus  Cotta,  finché  cam- 
»  biò  anche  la  denominazione  di  Massimo  in  quella  di  Messalino  dopo  la  morte  di  Messalino 
»  suo  fratello  console  nell'anno  751,  del  quale  ci  attesta  Valerio  Patercolo  fLib.  II.  e.  112), 
»  che  cognomen  suum  Cottae  fratri  reliquit.  Se  dunque  ha  ella  bisogno  di  slungare  quella 
»  riga  potrà  scrivere:  m.  valerivs  .  messallinvs  .  cotta,  come  già  fu  chiamato  co- 
»  munemente,  che  i  caratteri  saranno  quasi  altrettanti.  Né  meno  vedo  il  bisogno  di 
»  accusare  a  Messala  Corvino  il  gentilizio  di  Valerio,  che  in  ogni  caso  non  mi  piace- 
»  rebbe  di  vedere  abbreviato.  Alla  sua  morte  egli  era  generalmente  conosciuto  per  quei 
»  due  suoi  cognomi,  per  non  abbisognare  di  altra  indicazione,  e  infatti  di  essi  soli  pre- 
»  sentasi  in  una  sua  lapide  presso  il  Fabretti,  Pag.  671,  N.  1.  »  (Borghesi,  Lettera  del  4  No- 
vembre 1852.  J  La  citata  iscrizione  riferita  dal  Fabretti  si  dice  scritta  bensì  su  di  una  lapide  di 
pietra  tiburtina,  come  era  fatto  il  rivestimento  del  corpo  rotondo  del  monumento  attribui- 
to a  Messala  Corvino,  ed  esistente  nella  villa  Medici  al  Pincio  :  ma  poi  si  trova  essere  relativa 
ad  alcuni  muramenti  di  cinta  eseguiti  in  luoghi  non  ben  cogniti;  poiché  in  essa  si  legge: 

LOCVS  .  IN  .  QVO   ]   MACERIA  .  EST  .  ET   |   MACERIA   .  PRIVATA  .  M.  MESSALAI   ]   CORVINI.    Giova 

però  questo  documento  per  stabilire  il  modo  più  preciso  con  cui  si  scriveva  in  quel  tempo 
il  nome  di  Messala  con  un  L  soltanto  e  non  con  due,  come  fu  posteriormente  praticato. 

20 


154  VIA    APPIA    PARTE    VII. 

to  solevano  praticare  gli  etruschi,  come  già  si  vide  esservene  esempj  a 
poca  distanza  lungo  la  stessa  via  Appia,  si  può  credere  essere  stata  evi- 
dentemente fatta  da  quel  M.  Valerio  Corvo  che  fu  dittatore  nell'anno  453 
e  console  nell'anno  4-54;  o  da  quel  C.  Aurelio  Cotta  che  fu  console  negli  an- 
ni 502  e  506,  cioè  nel  tempo  in  cui  si  facevano  lungo  la  stessa  via  Appia 
i  sepolcri  di  Attilio  Calatino  e  dei  Scipioni  5  0  da  qualche  altro  uomo  insi- 
gne della  famiglia  Valeria  o  Aurelia,  a  cui  appartenevano  i  Messala  ed  i 
Colta  che  figurarono  nella  stessa  epoca  media  della  repubblica  romana: 
ma  su  di  ciò  è  ora  assai  difficile  il  potere  determinare  alcuna  cosa  di  po- 
sitivo; però  sempre  si  deve  dare  la  preferenza  all'anzidetto  M.  Valerio 
Corvo  che  ebbe  maggiore  considerazione  tra  gli  antenati  di  Messala  Cor- 
vino a  cui  poscia  appartenne  il  monumento.  Quindi  a  contestare  la  stessa 
primitiva  pertinenza  a  qualche  insigne  personaggio  dell'antica  gente  Aurelia, 
è  da  osservare  che  si  dicono  sulla  fede  di  Pirro  Ligorio  essersi  rinvenute 
nelle  adiacenze  diverse  iscrizioni  appartenenti  alla  stessa  famiglia.  Benché 
tale  autorità  sia  tenuta  in  assai  poco  conto  e  benché  il  nome  Aurelio  sia  sta- 
to assai  comune  ;  pure  non  pare  improbabile  che  oltre  al  grande  monumen- 
to, preso  a  descrivere,  ve  ne  fossero  altri  della  stessa  famiglia  nelle  sue  adia- 
cenze di  vetuste  edificazione,  come  ne  offre  esempio  quello  di  pietra  albana 
esistente  quasi  di  fronte  nel  lato  destro  della  via,  e  come  fu  indicato  in  fine 
del  precedente  partimento. 

Quindi  dopo  dell'esposta  più  probabile  notizia  sulla  pertinenza  del  mo- 
numento nelle  tre  principali  epoche  dichiarate  dalla  sua  varia  struttura,  che 
si  è  potuta  dedurre  dalle  poche  memorie  che  ci  furono  tramandate,  si  ren- 
de necessario  d' indicare  quale  fosse  la  sua  forma  e  decorazione  che  ave- 
va dopo  l'ultimo  suo  ristabilimento.  Nella  parte  del  basamento,  apparte- 
nente all'opera  più  vetusta  e  costrutto  colla  pietra  albana,  che  corrispon- 
deva nella  fronte  del  monumento  verso  la  via,  apparivano  i  cinque  inca- 
vamenti  semicircolari  con  sedili  nel  d' intorno  che  servivano  di  riposo  ai 
passeggieri  ;  e  negli  angoli  sporgenti  tra  gli  stessi  emicicli  dovevano  eviden- 
temente essere  collocate  alcune  piccole  opere  di  decorazione,  di  cui  si  so- 
no rinvenute  importanti  rehquie  nel  luogo  stesso,  ma  non  dovevano  apparte- 
nere al  grande  monumento.  Tra  questi  ornamenti  accessorj  devesi  in  partico- 
lare annoverare  un  piccolo  basamento  rotondo,  che  doveva  aver  servito  per 
sostenere  alcuna  statua  onoraria,  e  che  intorno  alla  parte  sua  superiore  vedonsi 
scolpiti  in  bassorilievo  con  somma  finitezza  ed  eccellente  artifizio  diverse 
figurine  di  Nereidi.  Parimenti  dovettero  essere  collocate  nel  modo  stesso 
altri  piccoli  monumenti,  di  cui  si  sono  rinvenute  rehquie  nel  medesimo  luo- 


TRA    IL    MIGLIO    VI.    ED    IL    VII.  155 

go  (6).  Negli  angoli  estremi  dello  stesso  basamento  dovevano  essere  posti 
i  cippi  denotanti  l'area  occupata  dal  monumento  in  piedi  cento  venti  per 
ogni  lato,  come  già  fu  determinato.  Il  corpo  rotondo  era  interamente  ri- 
vestito di  pietre  tiburtine  tagliate  regolarmente  secondo  la  forma  dell'ope- 
ra quadrata  solita  a  praticarsi  negli  ultimi  tempi  del  governo  della  repub- 
blica, ed  in  modo  simile  a  quella  impiegata  nel  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
Iella.  Nel  giro  inferiore  era  adornato  da  una  base  avente  una  grande  gola 
intagliata,  di  cui  ne  esistono  alcune  porzioni  ancora  in  opera  nella  parte 
posteriore  del  monumento;  e  superiormente  era  coronato  da  una  cornice 
avente  soffitti  decorati  in  simile  modo  della  cornice  dorica  del  teatro  di  Mar- 
cello costrutto  in  circa  nella  stessa  epoca.  Nella  parte  media  di  prospetto 
del  medesimo  corpo  rotondo  doveva  essere  posta  alcuna  iscrizione  su  pie- 
tra tiburtina  che  si  rendeva  necessaria  per  dichiarare  l'opera  impresa  a 
farsi  da  Messala  Corvino;  e  nell'attico  sopra  la  cornice  anzidetta  veniva 
collocata  la  riferita  tabella  in  marmo  di  M.  Valerio  Messalino  Cotta.  Il 
culmine,  che  si  stendeva  con  conveniente  declinazione  sopra  al  medesimo 
attico  sino  verso  la  parte  centrale  del  monumento,  doveva  essere  intera- 
mente coperto  colle  lastre  di  marmo  tagliate  a  forma  di  squamme,  di  cui 
se  ne  sono  rinvenuti  diversi  frammenti.  In  fine  sull'alto  della  parte  me- 
dia doveva  innalzarsi  l'opera  aggiunta  dal  medesimo  Messalino  Cotta,  la 
quale  era  eziandio  interamente  fatta  con  il  marmo  e  consistente  in  pi- 
lastri coriutii  che  racchiudevano  piccoli  archi  con  grandi  candelabri  e  ma- 
schere sceniche,  come  si  deduce  dai  molti  importanti  frammenti  che  si 
sono  rinvenuti.  Dalla  curvatura,  che  presentano  le  stesse  reliquie,  si  ven- 
ne a  conoscere  che  componevano  un  corpo  rotondo  assai  piccolo  in  con- 
fronto di  quello  inferiore;  percui  si  veniva  a  presentare  un  finimento  in 
circa  simile  a  quello  che  si  soleva  praticare  nei  più  nobili  edifizj  rotondi. 
E  tutto  il  monumento,  composto  nell' indicato  modo,  veniva  a  presentare 
un  aspetto  quasi  eguale  a  quel  grande  sepolcro,  pure  rotondo,  che  esiste 
da  vicino  all'antica  città  di  Capua.  Per  contestare  in  fine  la  pertinenza 
dell'  indicata  ultima   opera   a   Messalino  Cotta,  che  sembrerebbe  a  primo 


(6)  Tra  le  memorie,  rinvenute  nelle  adiacenze  del  suddetto  grande  monumento,  me- 
rita inoltre  considerazione  il  seguente  frammento  d' iscrizione  :  .  .  .  mcATii  .  .  .  |  .  .  . 

POESARIS    .    AV^.    Uh.  .  .  .    I    .  .  .  lOCHIANO    .    A.    CO    ....    |    ...    A    .    FAVSTA    .  NTkSOr.    .    .    [ 

.  .  .  .  T \  in  .  fr.  p.  XVI.  IN  .  Agr  ...  .  |  .  .  .  .  yrne  .  merit.ìe  .  sacer- 
doti. Tutti  gli  altri  frammenti,  rinvenuti  nel  luogo  stesso,  offrono  ancora  minori  indizj  da 
poterne  determinare  la  loro  pertinenza. 


156  VIA    APPIA    PARTE    VII. 

aspetto  di  epoca  alquanto  posteriore  a  quella  in  cui  visse  lo  slesso  di- 
stinto personaggio,  è  da  osservare  che  il  medesimo  genere  di  decorazione 
di  pilastri,  racchiudenti  piccoli  archi,  era  già  in  uso  in  Roma  sino  dall'epoca 
media  della  repubblica,  come  si  dimostra  tanto  dalle  medaglie  della  gente 
Lollia  distinte  col  nome  di  PaHcano,  in  cui  vedesi  rappresentato  il  principal 
suggesto  del  foro  Romano  adornato  con  i  rostri  delle  navi  conquistate  po- 
sti precisamente  tra  simili  piccoli  archi,  quanto  da  ciò  che  si  può  cono- 
scere tuttora  dalle  importanti  reliquie  scoperte  a  lato  dell'arco  di  Settimio 
Severo  del  medesimo  più  nobile  suggesto,  come  è  stato  dimostrato  in  mo- 
do assai  palese  nella  mia  esposizione  storica  e  topografica  sul  foro  Roma- 
no e  sue  adiacenze  pubblicata  nell'anno  18i5.  Ed  inoltre  lo  stesso  vetusto 
uso  di  tal  genere  di  decorazione  si  può  eziandio  contestare  con  quanto  ve- 
desi rappresentato  in  alcune  opere  ornamentali  di  terra  cotta,  che  ben  si  pos- 
sono credere  fatte  avanti  l'epoca  imperiale,  le  quali  furono  esposte  ulti- 
mamente con  pili  esattezza  dal  marchese  Campana  nella  sua  raccolta  sulle 
antiche  opere  di  plastica.  In  fine  si  reputa  opportuno  l'osservare,  relativa- 
mente all'  indicata  ultima  decorazione,  che  merita  considerazione  la  masche- 
ra che  vedesi  coronata  ;  giacché  non  se  ne  rinvengono  che  rari  esempj ,  e 
nessuno  nella  raccolta  delle  maschere  scenice  e  figure  comiche  d'antichi  ro- 
mani pubblicata  dal  Ficoroni  nell'anno  1736,  che  è  la  piiì  ampia  che  si  abbia 
su  tal  genere  di  monumenti  figurati.  In  tale  opera  si  dimostra  con  molti 
esempj  come  fossero  le  maschere,  propriamente  sceniche,  poste  nei  mo- 
numenti sepolcraU ,  non  per  comune  uso,  ma  per  denotare  precisamente  la 
qualità  di  poeta  comico  e  tragico,  o  d' istrione  ;  e  ciò  è  meritevole  di  con- 
siderazione per  confermare  sempre  più  l'attribuzione  stabilita.  Tutta  la  in- 
dicata decorazione  del  grande  monumento  offresi  poi  in  miglior  modo  di- 
mostrata con  quanto  viene  esposto  nelle  Tavole  che  servono  di  corredo  a 
questa  esposizione. 

SEPOLCRO  DI  SERGIO  S^TZZIO.  Continuando  il  cammino  lungo 
la  via,  nello  stesso  lato  sinistro  si  rinvengono  diversi  frammenti  di  marmi 
scolpiti  che  dovevano  appartenere  ad  un  sepolcro  decorato  nobilmente  ed 
edificato  in  circa  nel  tempo  degli  Antonini.  Tra  le  stesse  rehquie  si  è  rin- 
venuta la  seguente  iscrizione  che  si  legge  in  una  grande  lapide  spezzata 
nel  mezzo  e  contenuta  tra  due  pilastri  corintii:  ser.  svettio  .  ser.  l.  de- 

METR    ...   I  ANTIGOmS     .    L.     L1BERTVS    .    ET    |    SVETTIA    .    VXOR     .    PATRON    .    .    .    | 

ET  .  HERMA  .  .  .  CO  .  L.  .  .  .  Però  le  medesime  reliquie  non  sono  suffi- 
centi  per  potere  determinare  la  intera  decorazione  del  monumento.  Sono 
poi  di  ragguardevole  importanza  alcuni  resti  di  cornici  scolpite  nella  pie- 


TRA   IL    MIGLIO    VI.    ED    IL    VII.  157 

tra  albana  che  si  rinvengono  di  seguito  e  che  appartengono  ad  un  più 
vetusto  sepolcro  creduto  essere  stato  proprio  di  alcuni  liberti  dell'insigne 
famiglia  Venuleia  (7). 

SEPOLCRI  DI  P.  FURIO  PLACCO  E  DI  ANTONIA  TRUFERA. 
Successivamente,  sempre  nel  lato  sinistro,  fu  scoperta  la  seguente  altra 
iscrizione  incisa  su  di  un  masso  di  pietra  tiburtina  che  sembra  avere  ap- 
partenuto ad  un  sepolcro  di  piii  vetusta  costruzione  dell'anzidetto  ed  an- 
che di  maggiore  importanza  :  p.  fvrivs  .  p.  l  |  flaccvs  |  fvria  .  fl.  iv- 
GVND  I  HOC  .  sepvlcuvm  |  heredis  .  NON  .  SEQVETVR.  Ma  uulla  poi  SÌ  conosce 
di  ben  preciso  per  potere  determinare  la  forma  e  decorazione  del  monu- 
mento, che  doveva  essere  però  non  molto  grande.  Di  molta  maggiore  am- 
piezza sembra  essere  stato  il  sepolcro,  a  cui  apparteneva  la  iscrizione  se- 
guente successivamente  rinvenuta  :  e.  antoni  .  e.  l.  Antonia  .  c.  l  |  triti  . 
T.  trvphera.  Perciocché  essa  si  trova  incisa  su  di  una  grande  lapide. 

SEPOLCRO  DI  P.  QUINZIO  TRIBUNO  DELLA  LEGIONE  XVL 
Nel  lato  destro,  dopo  di  avere  osservati  alcuni  pochi  frammenti  di  varii 
sepolcri,  tra  i  quali  si  distingue  una  bella  anteCssa  ed  altra  con  cartella, 
come  pure  alcune  piccole  iscrizioni  assai  frammentate,  in  una  delle  quali 
leggesi:  .  .  .  .  R.  MAO.  LVDOs  I  .  .  .  .  COLEI .  MAGNO  |  .  .  .  .  NEO .  FECIT,  SÌ  rinviene 
la  seguente  iscrizione  incisa  su  di  una  grande  lapide  :  p.  qvinctivs  .  p.  f.  pom  1 

TR.   MIL.    LEG.    XVI   I   EX    .    TESTAMENTO    .    ARBITRATV    .    P.   QVINCTI    .    P.    L.    ZENONIS. 

Forse  al  sepolcro  di  questo  P.  Quinzio  dovevano  appartenere  alcuni  mar- 
mi scolpiti  che  si  sono  rinvenuti  nelle  stesse  adiacenze,  ed  in  particolare 
una  cornice  di  marmo  con  buoni  intagli.  Però  da  altro  frammento  di  cor- 
nice, di  anche  miglior  lavoro  e  di  più  buone  sagome,  si  conosce  che  era- 
no nel  luogo  stesso  diversi  nobili  monumenti  dell'epoca  media  dell'impero. 

(7)  Quanto  si  è  indicato  sulla  pertinenza  del  sepolcro  suddetto  ai  liberti  della  fa- 
miglia Venuleia,  fu  dedotto  da  una  memoria  conservataci  dal  Nibby,  con  cui  si  dichia- 
ra essersi  rinvenuta  nell'anno  1824  la  seguente  iscrizione  frammentata  tra  le  reliquie 
di  un  sepolcro  costrutto  colla  pietra  albana  ed  esistente  alcun  poco  dopo  del  grande 
monumento  di  Casal  rotondo,  che  soltanto  al  suddetto  sepolcro  si  possono  appropriare: 

N.    VEN>'LEI I  VENVLEIA    .    L.    L | VENVLEI    .    L. 

L I VLEiA L.  L (Nibby,  Analisi 

storico-topografico-antiquaria  della  Carta  dei  d'intorni  di  Roma.  Tom.  III.  Pag.  549.^  Lo 
stesso   Nibby   aggiunge  di  seguito  avere  rinvenuto  altro  frammento  d'iscrizione  con  il 

semplice  nome,  l.  billienas  .  l.  l macellarivs siBi  .  et  . 

svis ma  ora  non  si  può  più  precisare  la  corrispondenza  del  luogo  indi- 
cato in  tale  memoria. 


158  VIA    APPI  A    PARTE    VII. 

SEPOLCRO  COMUNE  CON  PAVIMENTO  IN  MUSAICO.  Sempre 
nel  lato  destro  di  seguito  alle  surriferite  memorie  si  è  scoperto  un  nobile 
monumento  composto  di  due  celle  con  pavimenti  di  musaico,  che  si  sono 
conservati  per  essere  essi  sfuggiti  alle  ricerche  degli  scavatori.  Da  alcuni 
ragguardevoli  frammenti  in  marmo,  che  si  sono  rinvenuti  tra  le  sue  reli- 
quie, ed  in  particolare  due  figure  chimeriche  scolpite  in  bassorilievo  e  di- 
versi altri  nobili  ornamenti,  si  conosce  che  tale  monumento  doveva  in  ori- 
gine appartenere  ad  alcuni  personaggi  di  distinzione  dell'epoca  dell'  impero 
non  molto  inoltrata.  Ma  poi  dovette  avere  servito  per  riporre  i  cadaveri 
di  persone  diverse  ;  poiché  si  rinvennero  varii  depositi  ed  anche  sarcofagi 
con  iscrizioni  che  per  la  loro  piccolezza  si  sono  riposte  (8).  Sussistono 
al  disotto  delle  suddette  celle  altri  luoghi  sotterranei  che  hanno  pure  ser- 
vito evidentemente  per  comuni  depositi.  Però  quando  si  volesse  prendere 
in  considerazione  la  forma ,  che  aveva  nella  sua  prima  edificazione  lo  stes- 
so monumento,  si  dovrebbe  credere  che  fosse  stato  primieramente  desti- 
nato a  tutt'altro  uso  che  a  quello  di  sepolcro  :  ma  su  di  ciò  ora  più  nulla 
può  determinarsi  di  preciso. 

SEPOLCRO  DI  M.  LOLLIO  DIONISIO  ED  ALTRI  DEL  LATO 
DESTRO.  Succedono  diversi  grandi  frammenti  di  marmi  scolpiti,  che  do- 
vevano far  parte  di  nobili  sepolcri  eretti  principalmente  nell'epoca  media 
dell'  impero  ;  ma  non  può  con  essi  formarsi  una  idea  certa  del  modo 
con  cui  erano  essi  decorati.  Merita  però  considerazione  un  bassorilievo  in 
marmo  in  cui  vedonsi  scolpite  quattro  effigie  che  dovevano  rappresentare 
le  persone  sepolte  nel  monumento  a  cui  quell'opera  apparteneva,  e  che 
si  vedono  tenere  tra  le  mani  alcuni  piccoli  animali  che  esse  dovevano  io 
loro  vita  amare.  Si  rinvengono  poi  di  seguito  diversi  resti  di  grandi  cor- 
niciamenti  ed  anche  di  capitelli  di  marmo  che  dovevano  costituire  la 
decorazione  di  un  grande  e  nobile  sepolcro,  al  quale  doveva  appartenere 
pure  un  altro  frammento  di  ragguardevole  grandezza,  che  esiste  nella  parte 


(8)  In  un  sarcofago  di  marmo,  che  per  la  sua  buona  conservazione,  fu  inviato  al 
museo  Vaticano,  si  lesse  il  seguente  titolo  :  d.  m  |  Mim'CiAE  |  sedate  .  m.  avr  |  elhs  . 
AVG.  LiB.  PY  I  THOCRiTvs  .  CON  |  ivGi  .  SANCTISSIME  |  BENEMERENTI.  Quindi  SÌ  rinvennero 
i  seguenti  tre  titoletti.  Nel  primo  si  lesse:  d.  m  ]  e.  coMiNrvs  |  symphorivs  |  posiv- 
MiAE  .  arte  I  MisiAE  .  coNivGi  ]  SVAE  .  B.  M.  Il  sccondo  ha  offerto  il  semplice  nome 
seguente  :  phainvs  .  lib  |  sozombn\'S  |  clarvs.  E  nel  terzo  si  lesse  semplicemente  : 
\ncT0RiAE  [  SELEvco  [  TROPHiMO.  Le  altre  memorie,  rinvenute  tra  le  stesse  reliquie, 
hanno  ancora  minore  importanza  per  meritare  di  essere  prese  in  considerazione. 


TRA   IL    MIGLIO    VI.    ED   IL    VII.  159 

opposta  della  via  :  ina  non  si  può  da  verun  autorevole  documento  deter- 
minare la  sua  pertinenza.  Con  piiì  certezza  si  può  stabilire  avere  il  se- 
polcro, che  succede  nello  stesso  lato,  appartenuto  a  M.  Lollio  Dioni- 
sio, evidentemente  della  regione  Esquilina,  ed  argentario;  poiché  leggesi 
su  di  una  lapide  in  marmo,  in  modo  ben  conservato:  m.  lollivs  .  m.  l  | 
ESQ  I  DiONTSivs  |  ARG  |  vixiT  .  pivs.  Iscrizione  assai  semplice  e  che  esprime 
molto  con  poche  parole.  Quindi  succedono  diverse  reliquie  di  un  sepol- 
cro costrutto  colla  pietra  tiburtina  con  ragguardevole  buono  stile. 

SEPOLCRO  DI  A.  L.  ILAUA.  Nel  lato  sinistro,  quasi  d' incontro  ai 
surriferiti  monumenti,  esistono  reliquie  di  altri  sepolcri,  e  tra  le  quali  si 
distingue  una  iscrizione  divisa  in  due  frammenti,  non  facili  a  congiungersi,  ed 
assai  consumata  nella  superficie  in  modo  da  rendere  difficile  la  sua  lettura 
e  scolpita  con  diversi  errori  di  ortografia.  Però  può  dedursi  avere  apparte- 
nuto ad  una  certa  A.  L.  Ilara  che  da  viva  aveva  adornato  il  monumento  in 
cui  morta  fu  sepolta  ;  poiché  in  uno  dei  frammenti  leggesi  :  .  .  .  .  vs  .  d. 

L.    SAL    ....    A.    A.    mLARA A.    LOGVM  .  MONVMENTI   .   SE    ....  9.    L. 

AMICDIO    .    LIBERTO  .  SVO,   E  nell'altro    ....    IVS    ....    VLCRVM    ....    ONAT    . 

SE  .  VIRA  .  SE  .  ov  .  .  .  .  MORTVA  ....  Alcuui  frammenti  scolpiti  in  mar- 
mo, rinvenuti  da  vicino,  si  possono  bensì  appropriare  allo  stesso  monumen- 
to, ma  non  determinarne  la  sua  decorazione. 

GRANDE  SEPOLCRO  DETTO  VOLGARMENTE  TORRE  SELCE. 
Nello  stesso  lato  sinistro  si  presenta  in  modo  imponente  una  grande  reli- 
quia di  sepolcro,  la  quale  per  essere  stata  occupata  da  una  torre  del  me- 
dio evo,  costrutta  in  gran  parte  con  selci,  acquistò  il  volgare  nome  di  Torre 
selce,  che  fu  anche  appropriato  al  lenimento  adiacente  in  sostituzione  del 
suo  più  vetusto  vocabolo  de  Arcionihus  derivato  dagli  archi  dell'anzidetto 
acquedotto  della  villa  dei  Quintilii,  che  vedesi  avere  transitato  da  vicino.  A 
motivo  della  suddetta  occupazione,  che  si  crede  essere  accaduta  in  circa  nel 
duodecimo  secolo,  non  vennero  protratte  le  ricerche  dei  cavatori  di  ma- 
teriali molto  da  vicino  al  nucleo  del  monumento  ;  percui,  giungendo  con  i 
grandi  sterramenti  per  scuoprire  la  via  antica  avanti  alla  stessa  reliquia, 
e  facendoli  girare  nel  suo  d' intorno,  si  rinvennero  moltissimi  grandi  massi  di 
marmo  che  appartenevano  al  rivestimento  dello  stesso  sepolcro.  Da  questi 
ritrovamenti  si  conobbe  bensì  essere  stato  il  monumento  eretto  sopra  un 
basamento  quadrato,  non  di  molta  altezza,  e  poscia  ridotto  a  forma  roton- 
da coronato  da  una  cornice  di  assai  buone  sagome  :  ma  poi  non  si  è  sco- 
perto sin'ora  alcun  documento  con  cui  si  potesse  in  qualche  modo  determi- 
nare la  sua  pertinenza.  Ponendo  mente  tanto  alla  bella  e  ricca  sua  deco- 


160  VIA    APPI  A    PARTE    VII. 

razione,  che  certamente  può  appropriarsi  alla  prima  epoca  dell'impero, 
quanto  alla  grandezza  che  costituisce  un'opera  di  rinomanza,  aveva  primie- 
ramente pensato  che  fosse  quel  sontuoso  sepolcro  di  Licino  ricco  liberto  e 
favorito  da  Augusto ,  che  diede  motivo  a  quel  distico  attribuito  a  Vairone 
Atacino  con  cui  dicevasi  lo  stesso  Licino  giacere  in  un  marmoreo  sepolcro, 
Catone  in  un  piccolo  e  Pompeo  in  nessuno  ;  donde  si  chiedeva  quali  fosse- 
ro i  numi  ?  poiché  da  Marziale  nell'accennare  che  i  suoi  versi  avrebbero  du- 
rato ancora  quando  fossero  giaciuti  al  suolo  i  sassi  di  Messala  ed  i  marmi 
di  Licino,  sembrava  potersi  dedurre  che  i  due  grandi  monumenti  ricordati 
stassero  collocati  da  vicino.  E  mentre  si  è  potuto  riconoscere  nella  grande 
mole  esistente  a  Casal  rotondo  quello  di  Messala ,  che  era  effettivamente 
costrutto  con  sassi  per  essere  fatto  il  principale  rivestimento  colla  pietra 
tiburtina,  si  rendeva  poi  assai  probabile  di  riconoscere  in  questo  denomina- 
to Torre  selce,  che  si  trova  essere  pure  di  grande  mole  e  costrutto  in 
marmo,  come  s' indica  in  tali  memorie,  quello  di  Licino  :  ma  questa  ap- 
propriazione viene  resa  insussistente  da  quella  notizia  esposta  da  Cornuto 
antico  scoliaste  di  Persio,  con  cui  si  accenna  essere  stato  il  sepolcro  di 
Licino  posto  al  secondo  miglio  della  via  Salaria  (9).  Quindi  il  suddetto 
monumento  resta  ognora  tra  gì'  incogniti,  e  solo  si  è  fatta  menzione  della 
esposta  opinione  per  indicare  nulla  essersi  omesso  per  riconoscerne  la  sua 
pertinenza,  che  non  si  potrà  determinare  se  non  quando,  progredendo  a 
maggior  profondità  le  scavazioni,  si  potrà  rinvenire  alcuna  iscrizione,  ciò 
che  sembra  assai  probabile.  Pertanto  è  d'uopo  osservare  che  a  lato  di  es- 
so alquanto  verso  la  campagna  fu  scoperto  altro  monumento  di  forma  ro- 
tonda :  ma  di  assai  meno  nobile  struttura  ed  edificato  in  tale  posizione  al- 
lorché la  parte  anteriore  era  già  stata  occupata  da  varii  altri  sepolcri. 

SEPOLCRO  DI  UN  ATTORE  SCENICO  GRECO.  Nel  lato  destro 
quasi  d'incontro  al  suddetto  grande  monumento  si  rinvennero  alcuni  fram- 
menti in  marmo  di  scoltura,  evidentemente  eseguita  nel  tempo  medio  del- 
l'impero, e  rappresentanti  corone  di  fronde  diverse  involte  con  legature  e 
racchiudenti  titoli  scritti  in  caratteri  greci,  denotanti  palesamente  alcune 

(9)  Si  veda  quanto  fu  esposto  nella  precedente  nota  3  relativa  alle  memorie  del 
sepolcro  di  Messala  Corvino  riconosciuto  in  quello  volgarmente  denominato  Casal  ro- 
tondo, ove  si  sono  esposti  i  documenti  che  concernono  l'anzidetto  grande  sepolcro  di 
Licino,  che  stava  al  secondo  miglio  della  via  Salaria,  come  si  dichiara  da  Cornuto  an- 
tico scoliaste  di  Persio  nello  spiegare  il  verso  36  della  Satira  II.  Ed  anche  ivi  tro- 
vasi riferita  la  notizia  di  Marziale  relativa  alla  menzione  de  due  medesimi  monumenti 
che  fu  esposta  nell'Epig.  3  del  Lib.  VITI. 


TRA   IL   MIGLIO   VI.    EP   IL    MI.  16i 

produzioni  teatrali  che  dovettero  essere  state  esposte  da  un  insigne  alto- 
re  scenico  greco  e  premiate  con  corone  di  varia  specie,  di  cui  due  riman- 
gono più  conservate  ed  offrono  i  sejiuenti  titoli  :  cioè  nel  superiore  .  .  . 
EANnOAIN  I  KmmAOYC  e  nell'inferiore  nOTIOAOYC  |  RfìMil- 
AOYC.  ...  In  altri  frammenti  di  simile  decorazione  leggonsi  le  sole  let- 
tere nella  prima  linea  ....  0IA  ....  e  nell'altra  APfl Dove- 
vano siffatte  scolture  adornare  la  fronte  del  sepolcro  dello  stesso  attore 
scenico  di  cui  s' ignora  il  nome.  È  importante  però  l'osservare  che  nello 
stesso  luogo  si  dichiara  dal  Grutero  coU'autorita  del  Pighio  avere  esistito 
un  sepolcro  che  conteneva  ancora  otto  di  simili  titoli  racchiusi  pure  da 
eguali  corone ,  in  cui  si  lessero  i  nomi  delle  differenti  città,  nelle  quali  lo 
stesso  attore  si  dovette  riprodurre  e  riportare  premii,  come  eziandio  si  tro- 
va contestato  nel  codice  Borgiano  che  si  attribuisce  a  Fra  Giocondo.  Quin- 
di da  tali  documenti  si  viene  a  stabilire  che  i  suddetti  due  titoli,  ultima- 
mente discoperti,  dimostrano  avere  quell'attore  rappresentato  commedie 
in  Napoli  ed  in  Pozzuoli  o  Dicearchia  (10).   Inoltre  è  d'uopo  osservare 

(10)  GP  indicati  titoli,  racchiusi  entro  corone  di  varia  specie,  si  trovano  riferiti 
dal  Grulero  con  la  seguente  notizia:  Via  Appia,  VII  ab  Urbe  miìiari  visuntur  in  sepul- 
cro  plures  tabulae  cum  coronis  diversis  et  inscriptionibus.  1.  Laurea  \  NIKOMHAElAN  | 
AIA  .  n ANTON  1  2.  Ex  Olea  \  KYTIKON  |  KOINHN  |  KQMQAQN  |  3.  Hederacea  \ 
nEPPAMON  I  KI0APQAOI3  ]  4.  Laurea  \  PDMHN  ]  TPAFGAOI^  j  5.  Ex  vioìis  \ 
KYTIKON  I  KOINHN  |  TPAriiAQIV  \  6.  Ex  quatuor  ramis  coniuncta  (olia  \  2MYP- 
NAN  1  TPArQAQN  |  7.  Querna  intermixis  glandibus  \  NIKOMHAElAN  ]  KI0APQ- 
AOri  I  8.  Rosea  intermixtis  foìiis  \  nEPPAiAION  |  AIA  .  IIANTQN.  (E  schedis  Pighii, 
Gruterus.  Inscript.  Pag.  MXC.  N.  \.J  Siffatta  scoperta  trovasi  anche  contestata  da  quanto 
venne  registrato  in  quel  codice  cartaceo  del  secolo  decimosesto  già  Borgiano,  ed  ora  esi- 
stente nel  collegio  di  Propaganda  Fide,  che  si  attribuisce  a  Fra  Giocondo,  come  gentil- 
mente mi  ha  partecipato  il  cav.  G.  B.  De  Rossi  ;  poiché  si  legge  in  esso  la  seguente  indi- 
cazione :  In  via  Appia  mil.  VII  reperlum  fuit  sepulchrum  ubi  erant  plures  tabulae  marmo- 
reae,  in  qtiibus  erant  sculptae  coronae  laureae  et  diversarum  frondium  infra  quas  erant  scripta 
ista  nomina  tragoedorum,  citharedorum  et  comicorum.  Quindi  si  riportano  divisi  eziandio 
in  due  colonne  i  suddetti  otto  titoli,  ma  trascritti  assai  scorrettamente  ;  percui  niun 
utile  ne  può  derivare  dal  riferirli.  Però  si  trova  aggiunto  in  fine  il  seguente  nono  titolo 
nEPFAMON  I  AIAIITQN,  che,  vedendosi  pure  trascritto  con  ragguardevole  errore,  si 
deve  esso  credere  essere  stata  una  male  intesa  variante  di  quello  di  Pergamo  già  esposto  ; 
percui  sempre  più  si  può  stabilire  essere  stati  otto  soltanto  i  titoli  in  allora  scoperti.  Quin- 
di da  queste  importanti  notizie  può  stabilirsi  che  1"  ignoto  attore  scenico  aveva  ottenuto 
corone  di  premio  primieramente  di  alloro  rappresentando  a  Nicomedia  ogni  specie  di 
opere.   In  secondo  una  corona  di  olivo,  ottenuta  a  Cizico  in  comune  per  commedie.  In 

21 


162  VIA    APPI.V    PARTE    VII. 

che  al  medesimo  monumento  doveva  appartenere  il  sarcofago  bacellato,  di 
cui  si  sono  rinvenuti  diversi  frammenti,  ed  altresì  alcune  altre  reliquie  di 
opere  decorative  scolpite  pure  in  marmo. 

SEPOLCRO  DI  M.  GIULIO  DISPENSATORE  DI  T.  CLAUDIO 
CESAI^E.  Dopo  alcuni  ragguardevoli  frammenti  figurati  scolpiti  nella  pie- 
tra tiburlina,  che  sussistono  nel  lato  destro  di  seguito  alle  surriferite  me- 
morie e  che  dovevano  appartenere  ad  un  distinto  monumento,  si  rinviene 
la  seguente  iscrizione  che,  se  non  esistesse  per  intero  ed  incisa  con  chiarez- 
za su  di  una  grande  lapide  in  marmo,  farebbe  supporre  non  potersi  leg- 
gere con  facilità  :  m.  ivlio  .  sp.  f.  pdetat  |  epelys  .  ti.  cl aydi  .  caesari  [  avg. 
Disp,  MATERws  .  AB  |  AEDiFicis  .  voLVNTARis.  Pcrciocchè  si  rinvengono  in  es- 
sa diverse  indicazioni  che  non  si  possono  spiegare  altro  che  col  supporre 


terzo  di  edera  a  Pergamo  come  citaredo.  In  quarto  di  alloro  a  Roma  per  tragedie.  In 
quinto  di  viole  a  Cizico  in  comune  per  tragedie.  In  sèsto  di  quattro  rami  con  foglie  a 
Smirne  per  tragedie.  In  settimo  di  quercia  con  ghiande  a  Nicomedia  come  citaredo.  Ed 
in  ottavo  di  rose  con  foglie  a  Pergamo  per  ogni  specie  di  produzioni.  Così  per  i  due 
enunciati  titoli,  di  recente  scoperti,  si  può  aggiungere  che  egli  aveva  ottenuto  per  la 
rappresentanza  di  tragèdie  una  corona  di  spiche  miste  a  lauro  a  Napoli  ;  giacche  si  vede 
chiaramente  mancare  la  lettera  N  al  titolo  superstite  .  .  EANITOAIN.  E  quindi  una 
corona  di  palme  per  altre  tragedie  a  Pozzuoli;  poiché  col  nome  nOTIOAOYC  si  deve 
intendere  solo  quella  città  che  da  Slrabonc  e  da  Stefano  Bizantino  si  dice  fondata  dai  Samii 
e  denominata  primieramente  Diccarchia,  la  quale  infatti  si  trova  posta  da  vicino  al- 
l'anzidetta  città  di  Napoli;  e  ciò  può  servire  di  documento  per  defìnire  in  miglior  modo 
la  giusta  corrispondenza  della  vetusta  Dicearchia.  Sull'altro  frammento  d' iscrizione,  con- 
tenuto in  una  corona  di  lauro,  per  le  poche  lettere  superstiti  nulla  può  determinarsi, 
rneutrc  solo  può  credersi  nella  seconda  linea  essere  stato  scritto  y.t^AT'Qoo'.;,  ma  non  il 
nome  delle  città,  che  doveva  leggersi  nella  prima  linea.  Però,  considerando  che  questi 
ultimi  ritrovamenti  dovettero  costituire  altri  otto  titoli  disposti  come  quei  precedente- 
mente rinvenuti,  si  può  stabilire  che  insieme  fossero  sedici  distribuiti  in  quattro  colon- 
ne, le  quali  dovevano  essere  collocate  in  adornamento  della  fronte  del  sepolcro.  Se  mi  fosse 
stato  dato  di  potere  conoscere  in  quale  luogo  sieno  state  trasportate  le  indicate  pri- 
me otto  corone,  si  sarebbero  potute  unire  le  anzidette  due  ultimamente  discoperte: 
ma  per  quante  ricerche  si  sieno  fatte  non  se  ne  poterono  rinvenire  memorie;  quindi 
è  da  credere  che  sieno  state  distrutte.  Le  sole  più  simili  opere,  che  sussistano,  sono 
quelle  corone  che  esistono  nel  secondo  ripartimento  a  destra  del  lungo  corridore 
delle  lapidi  del  museo  Valicano,  le  quali  però  si  conoscono  chiaramente  essere  di  epo- 
ca alquanto  posteriore,  ed  essere  state  destinate  ad  altro  uso  di  quello  anzidetto;  poi- 
ché si  vedono  scolpite  particolarmente  per  rappresentare  alcune  corone  civiche  delle 
città  dell'Asia  minore,  tra  le  quali  comprendevansi  Efeso,  Antiochia,  e  Sardi. 


TRA   IL    MIGLIO   VI.    ED    IL    VII.  163 

essere  stata  scolpita  non  troppo  esattamente  (11).  Limitandoci  ad  osser- 
vare quanto  concerne  la  decorazione  del  monumento,  si  reputa  meritare  con- 
siderazione un  frammento  di  cornice,  che  ad  esso  può  credersi  avere  ap- 
partenuto; perciocché  bene  si  presta  a  confermare  quanto  solevasi  eseguire 
nell'epoca  di  Claudio,  a  cui  apparteneva  il  suddetto  suo  dispensatore. 

SEPOLCRO  DI  TIZLV  EUCARIDE.  Nel  lato  sinistro  si  presentano, 
quasi  d' incontro  al  suddetto  monumento,  ragguardevoli  frammenti  di  scol- 
tura in  marmo,  tra  i  quali  si  distingue  un  torzo  di  una  statua  panneggia- 
ta con  diversi  pezzi  di  cornice,  e  quindi  la  seguente  lapide  che  doveva  es- 
sere posta  sulla  fronte  del  sepolcro  a  cui  appartenevano  le  dette  scoUure: 
TiTu  .  L.  L.  EvcHARis  |  ivLiA  .  c.  L.  GNOME  ,  soROR.  Di  seguito  SÌ  rinviene 
una  Statua  togata  scolpita  in  alto  rilievo,  che  doveva  servire  di  decora- 
zione evidentemente  allo  stesso  o  ad  altro  simile  monumento. 

SEPOLCRO  DI  G.  ATILIO  EVODO  MARGARITARIO  DELLA 
VIA  SACRA.  Seguendo  il  cammino  lungo  la  via ,  nella  stessa  parte  sinistra 
si  rinviene  la  seguente  grande  lapide,  che  è  di  qualche  importanza  non 
solamente  per  la  indicazione  a  sinistra,  come  infatti  sussisteva  il  monumento, 
e  per  il  modo  singolare  con  cui  è  scritta,  ma  pure  per  la  notizia  che  vie- 
ne esposta  sul  luogo,  in  cui  G.  Atilio  Evodo  teneva  la  sua  bottega  di  mar- 
garitario,  cioè  negoziante  di  piccoli  oggetti  ornamentali  delle  donne;  poi- 
ché si  denota  avere  corrisposto  nella  via  Sacra  che  era  la  più  frequenta- 
ta della  città  e  già  cognita  per  altre  simili  memorie: 

HOSPES  .  RESISTE  .  ET  .  HOC  .  AD  .  GR\'M\'M  .  AD  •  LAEVAM  .  ASPICE  .  VBEI 

CONTINENTVR  .  OSSA  .  HO>nxiS  .  BONI  .  mSERIGORDIS  .  AMANTIS 

PAVPERIS    .  ROGO    .   TE    .   \1AT0R   .   MONVMENTO  .  H\1C  .  ML  .  MALE  .  FECERIS 

G.  ATEILIVS  .  SERRANI  .  L.  EVHODVS  .  MARGARITARFVS  .  DE  .  SACRA 

VIA  .  IN  .  HOC  .  MON'\'MENTO  .  CONDITVS  .  EST  .  MATOR  .  VALE 

EX  .  TESTAMENTO  .  IN  .  HOC  .   M0N"\TMENTO  .  N"EMINEM  .  INFERRI  .  ^EQ\E 

condì  .  LICET  .  MSEI  .  EOS  .  LIB.  QVIBVS  .  HOC  .  TESTAMENTO  .  DEDI    .   TRIBVIQVE 

(11)  Le  varie  singolarità,  che  si  presentano  nella  surriferita  iscrizione,  darebbero 
motivo  ad  altrettante  osservazioni  filologiche  se  lo  scopo  prefisso  lo  concedesse.  Quin- 
di ci  limiteremo  ad  osservare  che  dal  Muratori  si  riferisce  una  iscrizione  di  altro  M. 
Giulio  dispensatore  dello  stesso  T.  Claudio  Cesare  :  m.  ivlio  .  m.  f  ]  fboxto  ]  tj.  clav- 

DI  .  CAESARIS   I   AVG.    GERMANICI   |   DISPENSATORI   |    LENTIAfTN'S.    (InSCrtpt.  fUg.  CMVIT.  N.  S.J 

Ed  alla  pag.  DCCCLXXXIII  si  riferiscono  diverse  osservazioni  sulla  qualità  di  dispen- 
satore. Alla  singolare  indicazione,  ab  aedipcis  vohintaris,  non  si  può  appropriare  altra 
spiegazione  che  quella  di  credere  essersi  voluto  denotare  con  essa  alcuni  cdifizj  di  per- 
tinenza libera  da  potersi  disporre  a  propria  volontà;  ed  inoltre  tale  spiegazione  richie- 


164  VIA    APPIA    PARTE    VII. 

Forse  allo  stesso  monumento,  volendosi  indicare  la  qualità  di  negoziante  del 
medesimo  margaritario,  doveva  appartenere  il  caduceo  scolpito  in  marmo 
che  si  rinvenne  da  vicino  alla  stessa  lapide  (12). 

ALTRI  SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Di  seguito  all'anzidetto 
sepolcro  sussistono  reliquie  di  altri  monumenti  di  non  minor  nobiltà  di 
decorazione.  E  primieramente  è  meritevole  di  considerazione  un  leone 
scolpito  nella  pietra  albana  che  doveva  appartenere  alla  decorazione  di 
un  vetusto  e  nobile  sepolcro,  di  cui  rimangono  solamente  tracce  del  ba- 
samento. Quindi  succede  un  bassorilievo  in  marmo  rappresentante  tre 
effigie  diverse,  che  doveva  essere  posto  nella  fronte  di  altro  monumento 
egualmente  nobile,  ma  costrutto  in  epoca  assai  posteriore  a  quella  in  cui 
fu  ediflcato  l'anzidetto  monumento.  Però  nel  luogo  stesso  si  rinvenne  la 
seguente  altra  iscrizione  che  denota  pertinenze  famigliari  evidentemente 
espresse   nelle   suddette   effigie  :  d.  m.  Evimcm  .  pos  |  forvs  .  et  .  »u  [ 

TRONA    .    FILI    .    PA   |  TRI    .    B.    M.   F.    C. 

SEPOLCRO  DI  P.  DECUMIO  FILOMUSO.  Nella  stessa  parte  de- 
stra si  rinviene  di  seguito  una  grande  lapide,  in  cui  trovasi  scritto:  p.  de- 
cvMivs  .  M.  p.  V.  L  I  pmLOMvsvs  |  Mt)s.  Sembra  essersi  voluto  dichiarare  con 
tale  semplice  iscrizione  non  essere  stato  Filomuso  amante  delle  Muse , 
come  verrebbe  denotato  dal  medesimo  nome,  ma  dei  sorci  :  e  per  meglio 
palesare  questa  sua  distinzione  si  fece  scolpire  nei  lati  del  vocabolo  mùs 
due  effigie  di  sorci.  Quindi  è  anche  da  considerarsi  l'accento  posto  sulla 
lettera  ù  dello  stesso  vocabolo,  per  vieppiù  dichiararne  la  espressione. 
Inoltre  nel  luogo  medesimo  si  rinvenne  un  frammento  di  una  grande  iscri- 
zione, in  cui  leggesi  ripetutamente  soltanto  e.  an che  doveva  ap- 
partenere ad  altro  maggiore  monumento. 

(lercbbe  che  il  nome  Maternus  fosse  stato  posto  in  vece  di  qualche  vocabolo  che  corri- 
spondesse a  tale  indicazione,  come  sarebbe  quello  materarius  o  materinus:  ma  su  di  ciò 
nulla  può  stabilirsi  di  preciso. 

(12)  Oltre  alle  indicate  particolarità,  espresse  nella  suddetta  lapide,  è  da  osser- 
vare pure  quella  del  vocabolo  grìimum  per  denotare  un  sepolcro  evidentemente  forma- 
to a  guisa  di  tumulo.  Quindi  è  da  osservare  che  si  hanno  diverse  altre  memorie  di  ne- 
gozianti di  eguali  generi  che  stanzionavano  nella  via  Sacra,  tra  le  quali  si  distingue 
quella  di  un  certo  Zmaragdo:  e.  fvfio  zmaragdo  |  margaritario  de  |  sacra  via  (Rei- 
nesio.  CI.  XI.  N.  IW.)  Ed  altra  di  certa  Marcia  Severa  che  aggiungeva  alla  qualità  di 
margaritaria  quella  di  auraria:  marcia  .  t.  f.  severa  |  avraria  .  et  .  margaritaria  [ 
DE  .  VIA  .  sacra  ....  (Orelli.  N.  4148.)  Diverse  altre  memorie  di  eguali  negozianti 
si  hanno  nelle  antiche  lapidi,  ma  essi  avevano  soggiorno  in  altre  vie  della  città. 


TRA    IL    MIGLIO   VI.    ED   IL    VII.  16.T 

SEPOLCRO  DI  C.  CEDICIO  FLACCEIMO  TRIBLNO  MILITA- 
RE. Unicamente  da  quanto  si  può  dedurre  da  due  cippi  terminali  che 
rimangono  ancora  in  opera  nel  luogo  anzidetto  e  che  non  potevano  ap- 
partenere al  sepolcro  del  suddetto  Filomuso,  ma  bensì  ad  altro  distinto 
sepolcro  di  cui  ne  prescrivevano  i  hmiti ,  si  può  stabilire  che  esisteva  un 
monumento  eretto  da  C.  Cedicio  Flacceiano  tribuno  militare  ;  poiché  leg- 
gesi  in  uno  di  essi  per  la  metà  mancante:  e.  caed |  fal  . 

FL I  TR.   MIL 1  LNGENV |    PATRO    .    .    . 

I  LiBERT I  MCAS |  E  nell'altro  nel  suo 

intero  si  trova  scritto:  e.  caedicivs  .  e.  f.  fal  |  flacceiajnts  |  in  .  fr.  ped. 
xux  I  IN  .  AGR.  PED.  XX,  Quiudi  è  da  credere  che  il  torzo  di  statua,  rap- 
presentante un  guerriero,  che  si  è  rinvenuto  da  vicino  al  luogo  determinato 
dagli  stessi  cippi ,  appartenesse  alla  decorazione  del  sepolcro  che  ivi  stava 
eretto.  Il  monumento  però,  in  seguito  delle  misure  prescritte,  non  era  molto 
grande  e  forse  neppure  nobilmente  decorato.  Ad  esso  sembra  inoltre  che 
abbia  appartenuto  un  frammento  d'iscrizione  in  cui  si  legge:  v.  l.  vestia- 

Rivs  I Aws,  senza  però  nuUaltro  sapere  di  preciso. 

MONUMENTO  ADORNATO  CON  TELAMONI.  Nel  lato  sinistro 
fra  alcune  reliquie  di  un  monumento,  che  si  vide  dilatarsi  alquanto  verso 
la  campagna,  si  sono  rinvenuti  diversi  frammenti  di  cornici  scolpite  in 
marmo,  con  una  figura  rappresentante  un  Telamone  assai  simile  a  quelle 
che  esistono  nella  sala  principale  delle  piccole  terme  di  Pompei;  e  per- 
ciò doveva  essa  con  altre  eguali  essere  impiegata  in  modo  consimile  nella 
decorazione  di  tale  monumento  sostenendo  alcuna  cornice,  di  cui  pure  se 
ne  sono  rinvenuti  frammenti.  Laonde  doveva  essere  il  medesimo  monu- 
mento nobilmente  decorato  ed  uno  dei  più  cospicui  di  tale  luogo;  ma 
non  rimane  alcuna  memoria  per  conoscerne  la  sua  pertinenza,  e  si  può 
credere  solamente  essere  eretto  nel  primo  secolo  dell'impero.  Di  seguito  si 
trovano  altri  frammenti  di  ragguardevole  interessamento ,  ma  di  epoca  più 
vetusta  di  quella  anzidetta;  poiché  si  vedono  avere  appartenuto  ad  un 
monumento  interamente  costrutto  con  la  pietra  albana,  il  quale  trovasi 
però  assai  distrutto  ed  in  modo  da  non  poterne  nulla  determinare  sulla  sua 
forma  e  decorazione.  Però  sono  sempre  importanti  le  reUquie  che  si  hanno 
di  simili  opere,  perchè  servono  a  contestare  vieppiù  il  genere  di  decorazione 
impiegato  primieramente  dai  romani  ;  giacché  é  dalle  stesse  rehquie  che  qua- 
si solo  si  vengono  in  modo  più  ampio  e  palese  a  conoscere,  mentre  in  ogni 
altro  genere  di  fabbriche  si  sono  quasi  per  intero  perdute  le  tracce  di  siniih 
opere  di  decorazione  architettonica,  e  sono  esse  di  minore  importanza. 


166  VIA    APPIA    PARTE    VII. 

SEPOLCRO  DEL  LATO  DESTRO.  Riprendendo  il  cammino  lungo 
il  Itilo  destro,  si  rinvengono  altre  reliquie  di  sepolcri  dell'epoca  imperiale. 
tra  le  quali  si  distinguono  alcuni  piccoli  titoli  che  sembrano  però  non 
avere  appartenuto  alle  persone  che  fecero  costruire  gli  stessi  sepolcri, 
ma  dovevano   avere   destinazioni  secondarie.   In   uno   leggesi:   d.  m  1  m. 

Do  I 

VLPIVS    .    M.     F    I  VLPI.AE    .    MARTHI    |    COMVGI    |    BENEMERENTI     |     FECIT    .   ET    .    SIBl. 

E  nell'altro  interrottamenle  : pedica  | arieno  | 

VE Quindi  è  che  da  queste  poche  notizie  nulla  di 

preciso  può  dedursi. 

SECONDO  USTRINO.  Trovandosi  di  seguito,  sempre  a  destra,  mol- 
tissimi massi  di  pietra  albana  lavorati  in  mezzo  tondo  in  modo  da  servire 
di  cimasa  ad  una  cinta,  come  precisamente  venne  praticato  nelle  mura 
che  cingevano  il  grande  ustrino  esistente  da  vicino  al  quinto  migho,  si 
può  stabihre  con  molta  probabilità  esservi  stato  in  tale  luogo  un  secondo 
ustrino,  il  quale  doveva  supplire  ai  necessari  bisogni  quando  laltro  era 
occupato  da  abbruciamenti ,  come  spesso  doveva  accadere  per  la  molti- 
plicità  dei  corpi  che  si  ardevano,  e  le  cui  reliquie  venivano  collocate  nel 
gran  numero  di  sepolcri  che  esistevano  lungo  questa  via.  Ma  benché  sus- 
sistano avanzi  di  diversi  muri,  che  si  estendono  nel  medesimo  lato  destro 
in  ragguardevole  ampio  spazio,  pure  non  si  può  con  sicurezza  determi- 
narne la  pertinenza  al  detto  ustrino;  il  quale,  non  avendo  evidentemente 
tanta  ampiezza  quanto  quella  del  precedente,  è  da  credere  che  non  si 
sia  ancora  per  intero  discoperto.  Avanti  ad  esso,  come  eziandio  era  pra- 
ticato nel  precedente,  doveva  esistere  un  ragguardevole  grande  sepolcro; 
giacché,  tra  le  indicate  rehquie  di  pietra  albana,  si  rinvennero  pure  di- 
versi frammenti  di  corniciamenti  in  marmo  che  dovevano  appartenere  ad 
alcun  nobile  monumento. 

PIEGATURA  DELLA  VIA.  In  modo  piiì  distinto  di  quanto  si  vide 
essersi  praticato  in  vicinanza  del  quinto  miglio,  si  trova  la  via  nell ap- 
prossimarsi al  termine  del  sesto  migho  piegare  a  destra  e  con  apparente 
motivo  locale;  poiché  succede  nel  suolo  un  avvallamento,  che  avrebbe 
reso  il  piano  inclinato  alquanto  sensibile,  se  si  fosse  continuato  sulla  me- 
desima direzione  della  via  in  generale  stabilita.  Forse  nel  suo  stabilimento 
e  nei  tempi  antichi,  che  vi  succedettero  più  da  vicino,  era  la  via  in  ta- 
le luogo  pure  continuata  sullo  stesso  rettilineo,  e  veniva  sostenuta  sopra 
grandi  opere  di  sostruzione  per  prolungare  il  piano  inclinato,  come  si  può 
dedurre  da  alcune  reliquie  di  tali  opere  che  sussistono  ancora  nel  basso 
del  lato  sinistro:   ma  è  ben  palese  che  tale  deviazione  era  già  praticata 


TRA   IL    MIGLIO    VI.    ED    IL    VII.  167 

sino  dal  tempo  medio  dell'impero  romano;  giacché  sussistono  tracce  del 
suolo  antico  che  sogue  la  stessa  piegatura ,  come  ancora  vedonsi  reliquie 
di  sepolcri   della   medesima   epoca   che  corrispondono  nei  lati  incurvati. 
Quindi  è  da  credere  che.  venendo  a  rovinare  le  anzidette  opere  di  so- 
struzione, per  supplire  prontamente  all'urgenza  del  trapasso,  si  sia  prati- 
cata tale  deviazione,   che  si  vede  portata  nel  lato  destro  al  ridosso  di 
alcuni  massi  naturali  di  selci  che  nel  primo  stabilimento  della  via  sem- 
brano essere  stati  ricoperti  dall'anzidetto  rialzamento  del  suolo.  E  quindi 
opportuna  questa  circostanza  per  far  menzione  di  quanto  venne  esposto  sul- 
le più  antiche  e  grandi  opere  che  fecero  i  romani  nello  stabilimento  delle  lo- 
ro vie  in  modo  che  in  questa  specie  di  opere,  come  in  quelle  della  condotta 
delle  acque,  avevano  superato  ogni  altra  nazione  ;  giacche  se  le  indicate  ope- 
re di  sostruzione  per  sostenere  il  rettilineo  di  questa  parte  della  via  non  ven- 
nero eseguite  nel  tempo  che  fu  da  Appio  Claudio  stabilita  la  via  slessa,  è  da 
credere  che  fossero  state  fatte  da  Cajo  Gracco  non  molto  tempo  dopo.  Im- 
perocché si  trova  particolarmente  narrato  da  Plutarco  che  questo  insigne 
uomo  attese  con  sommo  studio  a  fondare  ed  acconciare  le  vie  avendo  riguar- 
do in  pari  tempo  all'utilità  ed  anche  alla  eleganza  ed  alla  loro  bellezza  ;  e 
così  furono  condotte  per  le  sue  cure  le  vie  in  linea  retta  ;  ed  una  parte  di 
esse  venne  lastricata  con  pietre  lavorate,  e  l'altra  stretta  da  un  doppio  agge- 
re  di  ghiaja.  Quindi  avendo  egh  riempiuti  i  luoghi  avvallati,  ed  uniti  col 
mezzo  di  ponti  quelli  in  cui  i  torrenti  o  le  valli  profonde  facevano  impedi- 
mento, adeguando  in  altezza  paralella  e  l'uno  e  l'altro  lato,  aveva  soddisfatto 
al  bisogno  stradale  con  piana  e  bella  apparenza  pertutto  (13).  Infatti  se  non 
si  trova  specificata  in  tale  notizia  la  via  Appia,  vedesi  assai  bene  però  con- 
cordare quanto  occorreva  farsi  per  conservare  la  linea  retta  propria  di  questa 
via,  e  sembra  anzi  dichiarato  essersi  le  indicate  opere  eseguite  allorché  le 
vie  già  erano  state  stabilite,  come  infatti  era  avvenuto  dell'Appia.  Quindi  si 
può  determinare  che  nella  medesima  occasione  fosse  stata  condotta  pure  in 
Hnea  retta  la  suddetta  parte  di  strada  5  e  poscia  rovinando  le  opere  di  sostru- 
zione sia  stata  praticata  la  sussistente  curvatura  sino  dal  tempo  dell'  impero 


(13)  'Eg7:cv§x7z  Se  iiÀlicza.  r.c^ì  r^v  c^onoiiccj,  -r,;  ra  yozia:  à^j."/.  v.tti  tov  npi? 
X.óipiv  y-olì  -kÓùIoz  kniijAriBiì;.  Eù3c7«j  yàp  ifysvrs  Sfa  tììv  /.«ptcav  àxpii}.€iì'  vm  zi  (xvj 
ii-ópTJZO  Tìizpoc  ^z(JTr„  rè  8'  atJ.txov  yptxa'jt  suvvazTc'ì;  Irjyxvsyrc;.  n!a-).x/Jt£Vflov  oi  tÌv 
y.cila'j,  y.xt  CvjyjvijJya-j  y-zvpxi:,  'iua.  yiiixuòòoiod'iio'nro'j,  rj^apccf/e;,  lid/o;  Tc  twv  ìy.x- 
TÉp'jiBi'j  ì'joyy.yj  -y.occ}}:/i'/.ov  Ixixficcji'jza'j;  ò\J.cdr,'i  y.xì  y.xìrj'^  o']/VJ  ù/i  òì  ólov  tè  ìp'jo-j. 
(Plutarco,  in  C.  Gracco,  e.  l.J 


168  VIA    APPIA    PARTE    MI. 

romano.  lu  fine  è  d'uopo  osservare  in  conferma  deirapplicazione  della  sud- 
delta  notizia,  che  già  in  modo  assai  probabile  si  è  potuta  essa  appropriare  ad 
altra  simile  parte  della  via  Appia,  quale  era  quella  che  dal  basso  della  valle 
dell'Aricia  saliva  sul  circostante  colle  in  modo  di  avere  bisogno  di  grandi 
opere  di  sostruzione,  che  ancora  si  conservano  in  gran  parte,  per  mantenere 
la  linea  retta  per  quanto  più  si  poteva  (14-). 

SEPOLCRI  NEL  LATO  DESTRO  DELLA  DISCESA.  Nell'indicata 
deviazione  del  rettilineo,  discendendo  nella  valle ,  si  trovano  sussistere  a 
destra  diverse  reliquie  di  sepolcri  dell'epoca  media  dell  impero,  che,  men- 
tre servono  a  contestare  la  sussistenza  di  tale  piegatura  presso  gli  antichi, 
dimostrano  poi  esservi  stati  eretti  nobili  monumenti;  poiché  si  rinvennero 
tra  quelle  reliquie  diversi  frammenti  di  marmi  lavorati  appartenenti  alla 
decorazione  di  essi,  e  particolarmente  due  statue  togate  alquanto  più  gran- 
di del  vero  e  scolpite  in  alto  rilievo  in  modo  da  essere  collocate  nella 
fronte  di  alcuno  dei  medesimi  monumenti.  Si  rinvennero  inoltre  alcuni 
busti  con  le  loro  teste  ed  anche  frammenti  d' iscrizioni  :  ma  tali  ritro- 
vamenti sono  insufficenti  per  dare  alcuna  idea  della  pertinenza  dei  mede- 
simi monumenti.  Inoltre  nella  parte  bassa  della  via  si  rinvenne  un  cippo 
alquanto  ben  conservato ,  che  dimostra  avere  fatto  parte  di  altro  ragguar- 
devole monumento  sepolcrale  :  ma  eziandio  non  ha  offerto  alcuna  memoria 
per  servire  di  documento  e  farne  conoscere  la  sua  pertinenza. 

SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO  DELLA  STESSA  DISCESA. 
Nella  parte  opposta  della  stessa  deviazione  in  discesa  si  sono  rinvenute  al- 
tre ragguardevoli  reliquie  di  monumenti  dell'epoca  imperiale,  che  servono 
a  contestare  sempre  più  l'antica  sussistenza  di  tale  deviazione.  Si  distin- 
gue tra  gli  stessi  ritrovamenti  una  statua  muliebre  che  dovette  avere  ser- 
vito a  decorare  la  fronte  di  uno  dei  medesimi  sepolcri,  che  da  diversi 
frammenti  di  altre  simili  opere  si  conosce  che  erano  essi  nobilmente  de- 
corati. In  uno  dei  medesimi  sepolcri  si  è  rinvenuto  un  frammento  d' iscri- 
zione con  alcune  altre  reliquie  di  decorazione  che  ne  contestano  la  maggiore 
nobiltà  sugli  altri  che  stavano  eretti  nelle  stesse  adiacenze.  Quindi  da  que- 
sti stessi  ritrovamenti,  benché  di  ragguardevole  importanza  per  l'arte,  si 
può  dedurre  solo  che  lungo  il  termine  della  parte  della  via,  ora  impre- 
sa a  descrivere,  esistevano  sepolcri  nobilmente  decorati. 

[14)  Sulle  indicate  grandi  opere  di  sostruzione  della  via  Appia,  che  si  conserva- 
no nella  valle  Aricia,  si  veda  quanto  fu  da  me  esposto  nel  Tom.  IX  degli  Annali  di 
Corrispondenza  Archeologica,  Anno   1837.  Pag.  50  e  segg. 


OTTAVA    PARTE 
TRA  IL  SETTIMO  E  L'OTTAVO  MIGLIO 


COLONNA  DEL  MIGLIO  SETTIMO.  Seguendo  sempre  la  enun- 
ciata diligente  operazione,  si  è  conosciuto  avere  la  colonna  del  settimo 
miglio  corrisposto  al  termine  dell'indicata  discesa,  ove,  per  non  essersi 
trovato  da  vicino  alcun  monumento ,  se  n'  è  registralo  il  numero  nella  ma- 
cerie. In  tale  luogo  si  dovette  rinvenire  quella  colonna  che,  coU'autorità 
precipuamente  del  Corradino,  dicesi  scoperta  lungo  la  via  Appia  e  che 
porta  precisamente  il  distintivo  del  miglio  MI  posto  sopra  ad  una  iscri- 
zione dell'imperatore  Vespasiano  del  tutto  simile  a  quella  esistente  nella 
colonna  del  miglio  I  precedentemente  descritta.  E  quindi  per  servire  d'in- 
significante simile  destinazione  fu  collocata,  come  l'anzidetta,  per  ornamento 
della  balaustrata  della  piazza  Capitolina,  ed  anche  ciò  in  modo  più  pregiu- 
dichevole  per  non  essersene  conservata  memoria  sul  luogo  del  ritrova- 
mento ;  percui  si  venne  pure  a  dubitare  della  sua  antica  autenticità  (l). 

SEPOLCRO  DEL  VASO  DI  ALABASTRO.  Il  più  importante  mo- 
numento, che  si  rinvenga  dopo  il  luogo,  in  cui  doveva  esistere  l'anzidetta 
colonna  milliaria,  è  quello  che  sussiste  nel  lato  sinistro,  che  si  trova  ora 
ridotto  ad  un  informe  masso  d'interna  struttura,  nel  quale  però  fu  ritro- 
vato un  vaso  di  alabastro  egiziano  assai  ben  conservato  e  che  meritò  di 

(1)  Il  Corradino  nel  Tom.  II  Pag.  168  della  sua  opera  intitolata:  Vetus  Latinm 
■profanimi  et  sacnnn,  espose  la  notizia  sul  ritrovamento  della  colonna  del  settimo  mi- 
glio lungo  la  via  Appia,  delia  quale  ne  riporta  la  seguente  iscrizione:  vii  |  imp.  cae- 

SAR   ]  V'ESPASIANVS    .    AVG  [  PONTIF.    MAX    [    TRIB.    POTEST.    VII    [    IMP.    XVII.    PP    |    CENSOR   | 

COS.  VII.  DESIGN.  Vili.  Dal  Muratori  poi,  indicandola  esistente  in  vicinanza  della  chie- 
sa di  s.  Andrea  delle  Fratte  e  pubblicata  dal  Doni,  vi  aggiunge  la  iscrizione  di  Nerva 
in  modo  precisamente  simile  a  quanto  si  trova  praticato  nella  colonna  del  primo  mi- 
glio, già  presa  a  considerare,  flnscript.  Pag.  CDXLVI.  N-  'i.J  Questa  seconda  iscrizione 
è  espressa  nel  seguente  modo:  imp.  nerva  .  caes  |  avg.  font,  max  |  trib.  potest.  x  | 
COS.  IH  I  pater  .  PATRIAE  |  REFECiT.  Ed  è  cgualo  a  quella  delle  colonne  milliarie 
XLIII,  XLIV,  XLV  e  XLVI  che  furono  rinvenute  nella  parte  della  via  Appia  che 
traversa  l'agro  Pontino.  Infatti  in  tal  modo  si  trova  sussistere  la  iscrizione  che  leggesi 
sulla  colonna,  distinta  con  il  numero  del  miglio  VII,  che  fu  posta  nella  estremità  set- 
tentrionale della  balaustrata  che  chiude  la  fronte  della  piazza  Capitolina. 

22 


170  VIA    APPI  A    PARTE    Vili. 

essere  collocalo  nel  museo  Vaticano,  ove  ammirasi  situato  sopra  la  co- 
lonna di  alabastro  fiorilo  rinvenuta  ullimaniente  negli  sterramenti  della 
basilica  Giulia  al  foro  romano.  Nulla  poi  si  è  potuto  conoscere  intorno 
la  decorazione  e  forma  precisa  del  monumento  stesso;  e  soltanto  da  un 
frammento  d'iscrizione  sombra  potersi  dedurre  avere  appartenuto  ad  una 
persona  che  aveva  alcuna  attribuzione  sacerdotale.  A  lato  di  esso  si  scuo- 
prirono  altre  reliquie  di  sepolcri,  ma  anche  maggiormente  spogliati. 

SEPOLCRI  DIVERSI  DEL  LATO  DESTRO.  Quasi  d  intorno  alle 
anzidette  reliquie  se  ne  trovano  pure  in  maggior  numero  altre  che  si  protrag- 
gono in  una  ragguardevole  estensione  del  lato  destro:  ma  da  esse  nulla 
può  dedursi  meritevole  di  considerazione;  giacche  sono  spogliate  di  qua- 
lunque loro  decorazione  ed  anche  ridotte  al  paro  del  suolo. 

ESSEDRA  DI  RIPOSO.  A  qualche  distanza  nel  lato  sinistro  s'in- 
contra una  ragguardevole  reliquia  disposta  in  forma  di  essedra  semicirco- 
lare adornata  con  alcune  nicchie  fatte  per  contenere  statue,  la  quale  sembra 
essere  stata  destinata  a  servire  di  riposo  ai  viandanti,  come  se  ne  hanno 
altri  simili  esempj  lungo  le  altre  vie,  e  come  era  stato  praticato  avanti 
all'anzidetto  grande  monumento  di  Cotta  a  Casal  rotondo.  Però  questo 
luogo  era  in  miglior  modo  adornato  ed  anche  custodito  dalle  pioggie  e 
dal  sole  colla  fabbrica  che  lo  circondava  ed  anche  cuoprivalo  superiormente. 
Dei  suoi  ornamenti  nulla  ci  venne  conservato,  e  né  alcuna  memoria  si 
ebbe  sul  suo  edificatore:  ma  dal  genere  di  struttura,  impiegato  nelle  mura 
superstiti,  può  credersi  costrutto  nell'epoca  media  dell'impero,  ed  eviden- 
temente allorché  fu  da  Vespasiano  e  da  Nerva  ristabilita  la  via  Appia  e 
vennero  rinnovate  le  colonne  milliarie,  come  si  trova  dichiarato  dalle  due 
lapidi  anzidette  che  ci  furono  conservate. 

SEPOLCRO  DI  OPERA  LATERIZIA.  Sempre  nel  lato  sinistro  s'in- 
contra di  seguito  altra  ragguardevole  rehquia  sufficentemente  conservata 
che  rappresenta  un  monumento  sepolcrale  costrutto  interamente  coH'ope- 
ra  laterizia  e  decorato  con  una  grande  nicchia,  che  doveva  contenere 
la  statua  della  persona  in  esso  sepolta,  e  nei  lati  vi  corrispondevano  due 
colonne  di  eguale  struttura  laterizia  ed  incassate  entro  la  fronte  del  mo- 
numento, le  quali  sono  interamente  rovinate.  Però,  esistendo  ad  un  mi- 
glio più  avanti  altro  similissimo  sepolcro  ed  anche  più  conservato,  nel 
prenderlo  successivamente  a  considerare,  si  potrà  meglio  determinare  la  in- 
tera sua  decorazione.  Vuoisi  credere  che  siffatti  sepolcri  sieno  della  pri- 
ma epoca  imperiale  :  ma  l'opera  laterizia ,  impiegata  con  alquanto  minore 
precisione  che  in  altri  diversi  monumenti  che  esistono  lungo  la  stessa  via 


TRA   IL    MIGLIO    VII.    E    l' Vili.  171 

Appia,  porla  a  crederli  non  essere  di  tanta  antichità.  D'altronde  un  piccolo 
frammento  della  statua  panneggiata,  rinvenuto  da  vicino,  che  evidentemente 
doveva  appartenere  a  quella  che  stava  posta  nella  grande  nicchia  anzidetta, 
serve  a  confermare  la  stessa  circostanza. 

SEPOLCRI  DIVERSI  DEL  LATO  DESTRO.  Di  assai  maggiore 
antichità  si  riconosce  essere  slato  un  sepolcro  che  stava  collocato  nel  la- 
to destro  quasi  d'incontro  al  suddetto,  il  quale  vedesi  essere  slato  inte- 
ramente formato  con  la  pietra  albana  e  decorato  con  buono  stile,  come 
apparisce  da  un  grande  pulvino  che  ancora  si  conserva  nel  luogo  stesso. 
Quindi  succede  altra  ragguardevole  memoria  appartenente  però  ad  un 
sepolcro  di  minore  antichità  ;  perchè  consiste  in  un  frammento  di  cor- 
nice in  marmo  dell'epoca  media  dell'impero.  Dalla  seguente  iscrizione, 
rinvenuta  tra  le  stesse  reliquie,  può  stabilirsi  essere  stato  in  esso  sepolto 
un  certo  C.  Baberio  col  suo  fìgho  Zosimo  Lupo:  ma  non  può  avere  ad 
essi  interamente  appartenuto  il  monumento;  poiché  la  lapide,  che  con- 
tiene la  stessa  iscrizione,  essendo  di  piccole  dimensioni,  non  poteva  con- 
venire alla  decorazione  principale  di  tale  ragguardevole  opera:   C.  e.  ba- 

BERIS   I  ZOSIMO    .    LVPO    |    VIX.    ANN.    XXII    |    BABERIA    |    SOTTERIS    I   MARITO    .    ET    .    F. 

Di  maggiore  importanza  doveva  essere  la  iscrizione  che  si  è  rinvenuta 
di  seguito  scolpita  su  di  una  lapide  liburtina,  e  che  doveva  appartenere 
ad  altro  piiì  vetusto  monumento;  ma  disgraziatamente  se  n'è  rinvenuta  la 
sola  metà  in  cui  si  legge:  me  .  iac |  in  .  loco | 

SPES    .ET I   MAOISTE |   BIS    .    FVN | 

PATRIMO I  MAGNA |  GLARIOR | 

PVLCHRl I  SVMPTI |  OPVS  .  FABRICI | 

TOssiA  .  L.  F.  Si  sono  rinvenuti  poi  frammenti  diversi  tanto  in  pietra  albana 
che  nella  liburtina  ed  in  marmo,  che  bensì  distintamente  si  possono  per  la 
materia  appropriare  ai  suddetti  tre  sepolcri,  ma  poi  non  sono  sufficenti  da 
determinare  la  loro  intera  architettura. 

SEPOLCRO  DEL  LATO  SINISTRO  DI  Q.  PLALZIO.  Nelloppo- 
sto  lato  sinistro,  quasi  d'incontro  alle  surriferite  memorie,  si  rinvenne 
una  grande  lapide  infranta  in  diversi  pezzi  in  modo  da  non  potersi  fa- 
cilmente congiungere.  Nella  prima  linea  si  legge  la  indicazione  filivs  con 
alcuna  attribuzione  mihtare,  nella  seconda  milit  ...  ed  altre  attribuzioni  fa- 
migliari nelle  successive  senza  potere  in  niun  modo  definire  alcun  nome  pro- 
prio. In  altra  lapide  minore,  rinvenuta  nel  luogo  stesso,  leggesi  però  il  nome 
di  0-  Plauzio  :  Q.  PLAVTivs  con  quella  di  altre  persone  che  dovettero  par- 
tecipare allo  stabilimento  del  monumento,  al  quale  oggetto  era  determinata 


172  VIA    APPIA    P.4ÌITE    Vili. 

alcuna  prescrizione  sotto  il  titolo:  in  .  hoc  .  montment che 

scorgesi  in  fine.  Quindi  sulla  piìi  chiara  indicazione  del  suddetto  nome, 
benché  non  fosse  relativo  alla  principale  pertinenza  del  monumento,  si  è 
esso  distinto  col  titolo  di  Q.  Plauzio.  Da  quanto  si  è  rinvenuto  tra  le  sue 
reliquie  può  stabiUrsi,  con  qualche  probabilità,  che  sia  stato  eretto  in  circa 
nell'epoca  media  dell'impero. 

GRANDE  MONUMENTO  DEL  LATO  DESTRO.  Si  presenta  di 
seguito  in  luogo  eminente  nel  lato  destro  una  reliquia  di  struttura  inter- 
na di  un  monumento  di  ragguardevole  vastità  terminato  in  tondo  ed  infe- 
riormente di  forma  quadrata:  ma  per  essere  spogliato  di  qualunque  sua 
decorazione,  e  per  non  essersi  rinvenuta  tra  le  sue  reliquie  alcuna  memo- 
ria meritevole  di  considerazione,  non  si  è  potuto  nulla  su  di  esso  deter- 
minare. Si  ritrovò  però  essersi  fatto  in  tempi  posteriori  transitare  lateral- 
mente ad  esso  una  qualche  via  trasversale. 

SEPOLCRO  DI  M.  POMPEO  MAGGIORE  SCRIRA  DEI  QUE- 
STORI. Successivamente  nel  medesimo  lato  destro  si  rinviene  una  grande 
lapide  in  cui  leggesi  :  m.  poimpeivs  .  m.  f  |  mai  |  sor.  q.  che  devesi  eviden- 
temente interpretare  per  avere  appartenuto  a  M.  Pompeo  ^laggiore  scri- 
ba dei  questori.  Null'altro  poi  si  è  rinvenuto  per  potere  in  alcun  modo  de- 
terminare la  forma  e  decorazione  del  suo  monumento. 

SEPOLCRO  DI  CORNELIA  SALVIA.  Dopo  di  avere  osservato  un 
frammento  di  cornice  in  marmo,  appartenente  ad  un  piccolo  monumento 
di  forma  rotonda  di  buona  scoltura,  si  rinviene  una  iscrizione  scolpita  in 
pietra  tiburlina ,  in  cui  leggesi  :  Cornelia  .  m.  et  .  o.  l.  salvia  |  liberteis  . 
LiBERTABvs  |  ET  .  FAMiLiAE.  Dovcva  il  monumento  di  questa  Cornelia  Salvia 
appartenere  ad  un'epoca  forse  corrispondente  ai  primi  anni  dell'impero, 
ma  senza  potei'e  ciò  contestare  con  altri  segni  oltre  quei  dedotti  dal  modo 
con  cui  venne  scritta  la  iscrizione  medesima  e  dalla  pietra  con  cui  fu  es- 
sa scolpita. 

SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Nel  lato  opposto  si  presentano 
diversi  frammenti  di  scoltura  figurata,  che  dimostrano  esservi  stato  un 
monumento  adornato  nobilmente  ed  edificato  verso  l'epoca  imperiale  de- 
gh  Antonini  senza  poterne  però  precisare  la  sua  pertinenza.  Tra  le  me- 
desime rehquie  si  distingue  una  statua  panneggiata  di  buono  stile  man- 
cante della  sola  testa,  e  due  terzi  di  statue  marmoree  con  alcuni  fram- 
menti di  cornici  ed  un  piedestallo.  Successivamente  nella  stessa  parte 
della  via  si  sono  rinvenute  altre  reliquie  di  sepolcri  di  più  vetusta  edifi- 
cazione per  essere  stati   formati  interamente  con  la  pietra  albana  e  con 


TRA    IL    MIGLIO    VII.    E    l' Vili.  1T.3 

artifizio  proprio  dell'epoca  repubblicana.  Tra  le  stesse  reliquie  si  distin- 
gue un  grande  pulvino  ed  un  basamento  adornato  con  buone  sagome. 

GRMDE  SEPOLCRO  ROTONDO.  Nel  lato  destro  si  offre  alla 
considerazione  dell  osservatore  una  imponente  reliquia  di  un  sepolcro  ro- 
tondo di  molla  vastità  ed  adornato  esteriormente  con  opere  scolpite  nella 
pietra  albana  secondo  la  più  vetusta  maniera.  Ma,  nel  mentre  che  tutto 
si  presenta  a  contestare  siffatta  vetusta  memoria,  non  si  rinvengono  poi 
notizie  di  veruna  specie  per  potere  dedurre,  anche  per  lontane  deriva- 
zioni, quale  sia  stata  la  sua  destinazione  e  pertinenza,  che  pure  doveva 
essere  di  ragguardevole  considerazione  in  riguardo  di  sì  grande  mole.  Però 
è  da  sperare  che,  scavandosi  più  profondamente  nel  suo  d' intorno,  sarà 
dato  di  potere  rinvenire  alcuna  importante  memoria,  che  possa  supplire 
a  quanto  si  desidera. 

ATRIO  DI  SILVANO  CON  EDICOLA  DI  ERCOLE.  Avvicinandosi 
verso  il  luogo,  in  cui  doveva  sussistere  la  colonna  dell'ottavo  miglio,  si 
presentano  diversi  rocchi  di  colonne  formate  colla  pietra  albana  ed  ancora 
sussistenti  al  proprio  luogo,  che  servono  a  dimostrare  avere  esse  compo- 
sto un  atrio  quadrangolare  con  cinque  intercolunnii  per  ogni  lato.  Si  deve 
siffatta  conservazione  appropriare  all'esservi  stata  nel  luogo  medesimo  stabi- 
lita una  casa  rurale  nel  medio  evo,  alla  quale  servirono  di  principale  strut- 
tura le  stesse  reliquie  di  colonne  con  le  mura  che  racchiudevano  l'atrio  da 
esse  formato.  Ritrovandosi  il  medesimo  monumento  corrispondere  in  vi- 
cinanza dell'ottavo  miglio  della  via  Appia,  si  volle  riconoscervi  la  sussi- 
stenza di  quel  tempio  di  Ercole  che  si  dice  da  Marziale  avere  Domiziano 
edificato  in  tale  posizione  ad  Ercole  stesso  rappresentato  colla  di  lui  ef- 
figie 5  ed  a  ciò  contestare  si  sono  offerte  in  appoggio  diverse  particola- 
rità e  ritrovamenti,  che  possono  bensì  presentare  alcuna  considerazione 
per  l'adiacente  località,  ma  non  mai  per  il  preciso  superstite  monumento. 
D'altronde  considerando  il  genere  di  architettura,  impiegato  nelle  indicate 
colonne ,  che  chiaramente  appartiene  al  dorico  greco  solito  a  porsi  in  uso 
solo  nel  tempo  medio  della  repubblica  romana,  e  che  anzi  devesi  in  tali 
reliquie  considerarvi  uno  dei  più  conservati  esempj  che  ci  sieno  stati  tra- 
mandati sul  medesimo  genere  di  architettura,  si  viene  ad  escludere  la  per- 
tinenza a  qualunque  opera  edificata  nel  tempo  di  Domiziano,  quale  do- 
veva essere  l'anzidetto  tempio  di  Ercole  celebrato  da  Marziale.  Quindi  si 
è  rinvenuta  altra  più  importante  memoria,  la  quale  ha  servito  per  far 
conoscere  essere  stato  quel  luogo  propriamente  consacrato  al  dio  Silvano  ; 
poiché  in  una  vetusta  ara ,  fatta  colla   medesima  pietra  albana  delle  co- 


174  VIA    APPIA    PARTE    Vili. 

lonne  anzidette  ed  evidentemente  nel  tempo  medesimo,  che  fu  rinvenuta 
nel  mezzo  del  lato  dell'atrio  corrispondente  d' incontro  all'  ingresso,  si  potè 
leggere  nella  prima  linea,  nonostante  il  suo  stato  di  estrema  corruzione, 
SILVANO  sacrvm;  e  nell'ultima  volens  ed  evidentemente  propùms,  come  si 
trova  espresso  in  altre  simili  dediche.  Nelle  linee  intermedie  doveva  es- 
sere slato  scritto  il  nome  della  persona  che  ne  fece  la  consacrazione  con 
la  indicazione  dei  suoi  titoli  e  forse  anche  del  consolato  in  cui  avvenne: 
ma  disgraziatamente  non  sono  rimaste  altro  che  alcune  incerte  lettere  da 
offrire  intelligibile  solo  la  terminazione  .  .  .  vs  nella  seconda  linea.  Ciò 
nonostante  da  quanto  si  è  conservato  si  può  determinare  che  tale  luogo 
era  decisamente  sacro  a  Silvano  e  che  fu  stabilito  in  circa  nel  tempo 
medio  della  repubblica  romana  precipuamente  per  servire  di  trattenimen- 
to ai  passaggieri  lungo  la  via  Appia,  ed  anche  evidentemente  per  sommi- 
nistrare loro  alcun  benefizio;  poiché  si  è  eziandio  riconosciuto  esservi  slato 
scavato  un  pozzo  nel  masso  naturale  del  suolo  per  attingervi  acqua  fre- 
sca. Ma  nulladimeno  non  si  può  escluderne  decisamente  la  pertinenza  ad 
Ercole  ;  giacché  si  conosce  essere  stato  spesso  praticato  il  suo  culto  in  co- 
mune con  quello  di  Silvano;  e  quindi  entro  lo  stesso  atrio  è  da  credere 
che  vi  fosse  pure  una  edicola  sacra  ad  Ercole,  come  di  seguito  si  dimo- 
stra. Intorno  all'atrio  poi  ed  appoggiato  al  muro  di  cinta ,  di  cui  riman- 
gono reHquie  costrutte  coll'opera  reticolare  propria  della  slessa  epoca,  do- 
vevano evidentemente  esistere  banchi  da  sedere  al  medesimo  uso  desti- 
nati. Lo  stesso  spazio  di  circuito  doveva  essere  coperto  da  un  lacunare 
che  era  sorretto  dalle  colonne  e  che  evidentemente  era  del  tutto  compo- 
sto con  architravi  e  tavolati  di  legno  secondo  le  pratiche  piìi  vetuste  e 
proprie  degli  etruschi,  dai  quali  i  romani  trassero  le  primitive  loro  prati- 
che nel  costruire  le  fabbriche  ai  diversi  usi  destinate.  Così  si  conosce  es- 
sersi fatto  effettivamente  quell'atrio  a  somighanza  di  quei  che  comunemente 
si  stabihvano  nelle  case  e  che  erano  denominati  toscanici.  Ma  però  tale  atrio 
doveva  essere  adornato  con  maggior  numero  di  colonne  a  guisa  di  quei 
denominati  corinlii  ed  essere  interamente  coperto  dal  tetto  avente  solo  nel 
mezzo  una  apertura  per  dare  luce  a  guisa  di  quei  denominati  testudinati  (2). 

(2)  Cava  aedium  quinque  ycneribus  sunt  distincta,  quorum  ita  ftgurac  nominantur: 
Tuscaniciim,  Corinthium,  Tetrastylon,  Displuviatum,  Tesludinalum.  Tuscanica  sunt,  in  quibus 
trabes  in  atrii  latitudine  traiectae  habcant  interpensiva  et  collicias  ab  anguìis  parielum  ad 
angulos  tignorum  intercurrentes,  item  asseribus  stillicidiorum  in  medium  comphwium  deie- 
ctis.  In  Corinthiis  iisdem  rationibus  trabes  et  comphivia  rollocantur.  sed  a  parietibus   tra- 


TRA   IL   MIGLIO   VH.   E    l'  Vili.  175 

Tale  era  il  luogo  che,  nonostante  la  sua  vetustà  e  la  sua  non  graiido- 
mente  stabile  struttura,  ci  venne  conservato,  e  che  può  meritare  conside- 
razione per  la  stessa  sua  importante  destinazione  e  nel  tempo  stesso  la  sua 
singolare  architettura. 

TEMPIO  DI  ERCOLE  ERETTO  DA  DOMIZIANO.  Il  sontuoso  tem- 
pio, edificato  da  Domiziano  ad  Ercole  all'ottavo  migHo  della  via  Appia,  do- 
veva essere  stato  collocato  a  lato  dell'anzidetto  atrio  di  Silvano.  Ed  a  con- 
testare siffatta  posizione  è  primieramente  opportuno  l'osservare  che  le 
stesse  due  dignità  solevano  effettivamente  avere  in  comune  il  culto,  come 
può  dedursi  da  varie  memorie  anche  relative  a  luoghi  non  discosti  da 
quello  preso  a  considerare  (3).  Quindi  è  che  si  rende  giusto  lo  stabilire  la 
anzidetta  collocazione  del  tempio  di  Ercole  in  prossimità  del  luogo  sacro 
a  Silvano.  E  forse  quanto  si  accenna  da  Marziale  sulla  edicola  del  pic- 
colo Ercole,  che  si  trovava  lungo  la  via  Appia  dopo  di  avere  oltrepassato 
il  campo  sacro  degli  Orazj,  si  deve  evidentemente  appropriare  a  quel  me- 
desimo luogo;  poiché  si  distingue  da  esso  col  titolo  di  fano,  cioè  un  pic- 
colo edifizio  sacro  formato  a  guisa  di  edicola  che  benissimo  poteva  esse- 
re collocato  nel  detto  atrio  di  Silvano.  Il  nuovo  tempio  poi ,  che  fu  eret- 
to da  Domiziano  all'ottavo  miglio  lungo  la  stessa  via,  si  dice  da  Marziale 
stabilito  ove  già  veneravasi  con  grandi  olocausti  il  maggiore  Alcide,  che 
divenne  minore  in  seguito  di  essersi  eretto  lo  stesso  tempio  di  Domiziano,  in 

bes  recedentes  in  circuitione  circa  columnas  compomintiir.  (Vitruvio.  Lib.  VI.  e.  S.J  Si  ve- 
da per  la  migliore  dimostrazione  di  tali  atrii  il  Gap.  XFV  della  Sez.  Ili  della  mia  grande 
opera  suU' Architettura  Antica.  Quindi  in  particolare  sui  ritrovamenti ,  fatti  di  recente  nel 
luogo  occupato  dal  monumento,  è  da  osservare  che  si  rinvennero  diverse  opere  di  terra 
cotta  che  sono  evidentemente  di  epoca  assai  posteriore  a  quella  in  cui  fu  stabilito  il  pri- 
mo edi6zio.  E  tra  esse  devonsi  annoverare  i  bolli  dei  mattoni  dei  tempi  imperiali,  ed  in 
specie  uno  col  titolo  m.  c^^lTI  stetra  sin"ora  incognito,  se  però  non  è  lo  stesso  di  quello 
riferito  dal  Muratori,  Pag.  CDXCVI.  N.  11.  in  cui  si  legge,  e.  marci  .  mistr  forse  per  va- 
rietà d' interpretazione. 

(3)  En.  Qu.  Visconti  (Museo  Pio  Clement.  Tom.  VII.  Teec.  X-J  prese  in  modo  più  ampio 
a  dimostrare  essere  slato  spesso  dagli  antichi  romani  venerato  in  comune  Ercole  e  Silva- 
no; e  ciò  egli  lo  prova  in  particolare  con  una  iscrizione  del  museo  Borgia  pubblicata  nei  Mo- 
numenti Gabini  Parte  III  Iscrizioni,  nella  quale  si  attribuisce  ad  Ercole  il  nome  di  Silvano. 
E  similmente  dal  Fabretti  fDe  aquis  et  aqueductibits.  Pag.  92.^  Ma  poi  in  diverse  iscri- 
zioni leggesi  unito  il  nome  di  Ercole  con  quello  di  Silvano  che  si  trovano  in  particolare 
nella  raccolta  del  Grutero,  Pag.  XLU  \.  4,  5  e  6  e  Pag.  LXII  N.  8.  Dal  Fea  ^Varietà  di 
Notizie.  Voi.  I  Pag.  CXI!  venne  esposta  una  iscrizione  di  dedicai  a  Silvano  che  si  asseri- 
sce rinvenuta  precisamente  lungo  la  via  Appia. 


176  VIA    APPI  A    P.ARTE    Vili. 

cui  era  stata  collocata  una  grande  statua  rappresentante  il  medesimo  im- 
peratore sotto  la  effigie  di  Ercole,  che  il  poeta  prese  ampiamente  a  lodare 
in  due  epigrammi  (4).  E  quindi,  maggiormente  adulando  tale  nuova  divinità, 
prende  egli  eziandio  a  farne  il  confronto  con  quanto  si  riferiva  all'antico 
Ercole;  ciò  che  sembra  sempre  più  dimostrare  essersi,  anche  dopo  la  edi- 
ficazione della  nuova  opera,  pure  conservata  la  indicata  edicola  di  vetusto 
stabilimento.  Inoltre  lo  stesso  poeta  conferma  la  posizione  del  nuovo  tem- 
pio ,  all'ottavo  miglio  della  via  Appia,  indicandolo  collocato  a  sei  miglia  di- 
stante dall'arce  Albana,  cioè  quella  parte  del  colle  Albano  che  venne  oc- 
cupata dalla  grande  villa  di  Domiziano,  e  che  corrisponde  nelle  adiacenze 
del  luogo  in  cui  ora  esiste  la  città  di  Albano,  ove  rimangono  grandi  reli- 
quie di  un  castro  che  si  poteva  considerare  precisamente  come  un'arce; 
poiché  tale  posizione,  trovandosi  corrispondere  in  circa  a  quattordici  miglia 
da  Roma  lungo  la  via  Appia,  veniva  ad  essere  infatti  sei  miglia  disco- 
sta dall'ottava  lapide  ove  esisteva  il  medesimo  nuovo  tempio  (5).  Quindi 
in  seguito  di  queste  considerazioni  può  stabihrsi  che  nel  medesimo  luogo 

(4)  Marziale,  descrivendo  il  viaggio  che  faceva  Basso  lungo  la  via  Appia  per  andare 
al  suo  podere  collocato  al  di  là  dell'ottavo  miglio,  così  faceva  menzione  della  detta  edicola 
del  piccolo  Ercole  : 

Capena  grandi  porta  qua  pluit  gutta, 
Phrijgiaeque  Malris  Almo  qua  lavai  ferrum, 
Horatiorum  qua  viret  sacer  campus. 
Et  qua  pusilli  fervei  Herculis  fanum, 
Faustine,  piena  Eassus  ibal  in  rheda 
Omnes  beati  copias  trahcns  ruris. 

(Marziale.  Lib.  III.  Epig.  47.J 

(5)  Dallo  stesso  Marziale  primieramente  si  dichiara  nel  seguente  epigramma  tanto  la 
edificazione  del  nuovo  tempio  sacro  a  Domiziano  sotto  le  effigie  di  Ercole  da  egli  eretto 
lun"o  la  via  Appia  all'ottavo  miglio,  quanto  la  sussistenza  nel  luogo  stesso  del  culto  al 
vetusto  medesimo  nume: 

Herculis  in  magni  vullus  descendere  Caesar 

Dignatus  Latiae  dal  nova  tempia  viae, 
Qua  Triviae  nemorosa  petit  dum  regna  vialor, 

Octavum  domina  marmar  ab   Urbe  legit. 
Ante  colcbatur  l'Otis,  et  sanguine  largo; 

Maiorcm  Alciden  mine  minor  ipse  colit. 
Hunc  magnas  rogai  alter  opes,  rogai  alter  honores; 

Eli  securus  vota  minora  facit. 

(Marziale.  Lib.  IX.  Epig.  60.7 


TRA   IL    MIGLIO    VII.    E    l' Vili.  177 

mentre  vi  era  stato  edificato  da  Domiziano  un  sontuoso  tempio  con  una  sta- 
tua dello  stesso  imperatore  sotto  la  effigie  di  Ercole,  sussisteva  poi  una  edi- 
cola, di  vetusto  stabilimento  con  una  qualche  piccola  statua  rappresentante 
il  vero  nume,  che  si  doveva  venerare  in  comune  da  tempi  antichi  con  Sil- 
vano nell'anzidetto  atrio.  Il  tempio  edificato  da  Domiziano,  dovendo  trovarsi 
nel  luogo  stesso,  è  da  credere  che  fosse  collocato  nel  lato  settentrionale  del 
medesimo  atrio,  ove  rimane  un'ampia  area,  non  occupata  da  monumenti  se- 
polcrali lungo  la  via  che  offre  ora  una  specie  di  avvallamento  per  essere  sta- 
ta scavata  con  cura  negli  ultimi  secoli  trascorsi  onde  prevalersi  di  tutte  le 
pietre  e  dei  marmi  che  componevano  lo  stesso  edifizio,  in  modo  tale  che  fu 
lasciato  soltanto  un  masso  di  sostruzione  di  opera  cementizia,  che  non  offriva 
alcun  utile  il  demolirlo  e  che  doveva  evidentemente  appartenere  alla  parte 
posteriore  del  tempio,  su  cui  era  innalzata  la  grande  statua  del  nume.  Infatti 
nello  stesso  luogo  si  rinvengono  ancora  alcuni  piccoli  frammenti  di  marmi 
diversi,  che  sono  i  residui  di  quei  maggiori  massi  che  furono  estratti  e  tra- 
sportati altrove  per  essere  impiegati  in  opere  moderne,  come  si  fece  di  molti 
altri  insigni  monumenti  della  stessa  via  Appia.  Ed  a  contestare  la  medesima 
situazione,  per  il  tempio  di  Domiziano,  servono  ancora  le  notizie,  che  si  han- 
no in  particolare  dal  Fabretti,  sui  ritrovamenti  ivi  fatti  di  alcuni  bolH  di  mat- 
toni che  si  riferiscono  all'epoca  del  medesimo  imperatore  (6).  Si  è  soltanto 


Successivamente  nell'epigramma  seguente  (Lib.  IX.  66j  espone  diverse  notizie  sulla  me- 
desima statua  di  Domiziano  sotto  la  effigie  di  Ercole  che  non  offrono  nulla  d'importante 
allo  scopo  nostro.  Quindi  in  un  altro  epigramma,  facendo  di  nuovo  menzione  delle  due  di- 
stinte divinità,  che  si  adoravano  lungo  la  via  Appia,  dimostra  essere  stato  collocato  il  tem- 
pio dell'Alcide  maggiore  a  sei  miglia  distante  dall'arce  Albana,  ove  era  la  grande  villa  di 
Domiziano  : 

Appia  quam  simili  venerandiis  in  Herculc  Caesar 
Consecrat,  Ausoniae  maxima  fama  viae. 

Si  cupis  Alcidae  cognoscere  facta  prioris. 
Disce: 


Haec  minor  Alcides:  maior  qttae  gesserit,  audi, 
Sextus  ab  Albana  quem  colit  arce  lapis. 

f Marziale.  Lib.  IX.  Epig.  102.; 
(6)  Sembra  che  al  tempo  del  Fabretti,  cioè  incirca  al  fine  del  secolo  decimo  ot- 
tavo, si  fossero  precisamente  eseguiti  diversi  scavi  nel  luogo  occupato  dall'anzidetto  tem- 
pio di  Ercole  eretto  da  Domiziano  ;  poiché  da  esso  trovasi  registrato,  ex  tempio  Domi- 
tiani  in  via  Appia  Lap.  Vili,  e  riportato  il  seguente  bollo  di  mattoni:  opvs  doliar  ex 

23 


178  VLV   APPIA    PARTE    Vili. 

sulla  indicata  distinzione  dei  due  differenti  edifizj,  non  mai  sin'ora  conside- 
rala, che  si  può  spiegare  la  varietà  dei  diversi  ritrovamenti  ;  mentre  il  vo- 
lere limitare  ad  un  solo  edifizio  tutto  ciò  che  venne  esposto  sul  culto  di  Er- 
cole venerato  all'ottavo  miglio,  come  sin'ora  comunemente  si  è  creduto,  por- 
la ad  incontrare  grandi  difficoltà  che  non  mai  si  possono  concordare  preci- 
puamente per  la  varietà  dei  generi  di  architettura  che  furono  distintamente 
impiegati  nelle  due  epoche,  in  cui  si  dovettero  edificare  i  due  distinti  lempj. 
Quindi  è  che  conviene  per  necessità  credere  esser\i  stato  nel  luogo  stesso 
un  vetusto  edifizio  eretto  con  l'architettura  dorica  propria  dei  tempi  medii 
della  repubblica,  ed  un  altro  edificato  con  quella  ricca  decorazione  con  cui 
furono  erette  tulle  le  fabbriche  nel  tempo  che  Domiziano  reggeva  l'impero 
romano.  Quanto  poi  concerne  la  più  probabile  architettura  dei  medesimi 
distinti  due  edifizj  sarà  più  opportunamente  dimostrato  con  quella  degli  altri 
monumenti  della  parte  della  via  presa  ad  illustrare. 

PRAED  DD  NN  ]  EX  FIG  DOMiTiANis  MINOR.  (FahrcUi.  Inscript.  Pag.  514,  N.  199.)  Quindi 
in  seguilo  degli  indicati  autorevoli  documenti  non  può  credersi  essere  stata  relativa  al 
medesimo  tempio  quella  piccola  ara  di  pietra  albana  che  si  asserisce  dal  Rev.  Padre 
Ranghiasci  f Album,  foglio  N.  38,  dell'anno  XVIII,  1851^  rinvenuta  nei  confini  del  ter- 
ritorio di  Marino  e  che  era  relativa  ad  un  sacello  sacro  a  Semonc  Sanco,  come  si  di- 
chiara da  quanto  in  essa  si  legge,  phileros  |  ex  .  decreto  .  xxx.  virvm  ]  sacellvm  . 
CEMONi  I  sanco  .  SVA  .  PECVNiA  .  FECiT  ;  pcrchò  nò  la  situazione,  né  la  detta  attribu- 
zione, hanno  alcuna  corrispondenza  con  quanto  concerne  il  medesimo  tempio  di  Er- 
cole eretto  da  Domiziano.  Potrebbe  forse  più  opportunamente  appropriarsi  a  questo  tem- 
pio di  Ercole,  edificato  da  Domiziano,  Tara  colla  effigie  in  un  lato  dello  stesso  nume  e  col 
titolo  nERCVLi  MVSARVM  PYTuvs  c  ncl  lato  opposto  GENIO,  ed  entro  due  corone  ripetuta- 
mente scritto  voTis  PVBLicis,  che  si  riporta  dal  Boissardo  ncl  Tom.  IV.  Tav.  130  delle 
sue  Antichità  Romane,  e  che  si  dice  esistere  ancora  al  suo  tempo  nella  via  Appia,  se  ne 
fosse  stato  con  qualche  maggiore  precisione  indicato  il  luogo  della  sua  sussistenza,  e  se  si 
potesse  air  Ercole  venerato  in  tale  tempio  appropriare  la  specialità  di  Musagete,  come 
s'indica  nel  surriferito  titolo,  ciò  che  non  si  trova  indicato  in  alcune  delle  notizie  che 
ci  furono  tramandate.  Laonde  forse  meglio  lo  stesso  monumento  è  da  credere  che  potes- 
se convenire  a  quella  statua  di  Ercole  che  era  posta  nell'accesso  alla  villa  dei  Quintilii 
già  presa  ad  indicare;  perchè  da  vicino  si  sono  rinvenute  infatti  diverse  figure  di  Muse, 
le  quali  eziandio  si  sono  descritte  :  ma  di  tutto  ciò  non  si  può  con  precisione  nulla  deter- 
minare e  contestare  con  autorevoli  documenti,  e  né  anche  con  memorie  precise  sul  luogo 
del  ritrovamento  del  medesimo  monumento. 


NONA    PARTE 

TRA  L'OTTWO  ED  IL  NONO  MIGLIO 


COLONNA  DELL'OTTAVO  MIGLIO.  Mancando  sempre  di  alcuna 
precisa  notizia  sulle  colonne,  che  erano  collocate  lungo  la  via  Appia  per  de- 
notare le  miglia,  si  è  continuato  a  supplirvi  con  quanto  venne  determinato 
dalla  spesso  menzionata  diligente  operazione;  e  la  enunciata  colonna  dell'ot- 
tavo miglio  si  è  conosciuto  essersi  dovuta  trovare  a  metri  55  dopo  il  centro 
delle  colonne  componenti  il  lato  meridionale  del  già  descritto  atrio  di  Silva- 
no o  primitivo  piccolo  tempio  di  Ercole.  Ed  è  in  seguito  di  questa  stessa 
corrispondenza  che  si  venne  a  contestare  tutto  ciò  che  si  riferisce  tanto  al 
medesimo  più  antico  edifizio  quanto  a  quello  eretto  di  nuovo  da  Domiziano 
precisamente  all'ottavo  miglio  distante  dalla  porta  Capena  ed  a  sei  miglia 
dalla  villa  Albana  del  medesimo  imperatore.  Quindi  è  opportuno  l'osservare 
che  questa  stessa  posizione  si  trova  essere  rinomata,  anche  in  antecedenza 
allo  stabilimento  della  via  Appia,  in  seguito  di  quanto  venne  esposto  in  par- 
ticolare da  Livio  sulla  ribelhone  dell'esercito  che  ebbe  luogo  nella  Campania 
nell'anno  413  in  modo  tale  che  esso,  dopo  di  avere  indotto  Tito  Quinzio  a 
prenderne  il  comando,  si  portò  con  ordine  a  otto  miglia  distante  dalla  città 
per  la  via  che  poscia  venne  denominata  Appia  (1).  Forse  in  memoria  di  que- 
sta incursione,  che  fu  trattenuta  dal  dittatore  M.  Valerio  Corvo,  è  da  crede- 
re che  abbia  avuto  origine  lo  stabilimento  dell'anzidetto  luogo  sacro  all'an- 
tico Ercole,  come  evidentemente  in  simil  modo  è  da  credere  che  abbia 
avuto  principio  quel  castro,  che  occupa  la  parte  superiore  della  città  di  Al- 
bano, da  quello  che  venne  fissato  dal  medesimo  esercito  di  sediziosi  ai  piedi 
del  colle  di  Alba-Lunga  prima  di  recarsi  all'indicato  luogo,  come  può  dedursi 
da  quanto  venne  dallo  stesso  storico  esposto  (2). 

(1)  Imperator  (T.  Quintius)  extemplo  adveniens  appellatus  ;  insigniaque  honoris  exter- 
rilo  subitae  rei  miraculo  deferutit,  el  ad  Lrbem  ducere  iubent.  Suo  magis  inde  impelli,  guani 
Consilio  ducis,  convulsis  signis,  infesto  agmine  ad  lapidem  octavum  viae,  quae  mine  Appia 
est,  perveniunt.  (Xivio.  Lib.   VII.  e.  39.J 

(2)  lam  valida  admodum  numero  maniis  erat;  nec  quidquam  ad  insti  exercilus  formam, 
praeter  ducem  deerat;  in  compositi  itaque  praedantes  in  agrum  Albamim  perveniunt,  et  sub 
iugo  Albae  Lungae  castra  vallo  cingimi.  (Livio.  Lib.  VII.  e.  39.^ 


180  VI  A   APPIA    PARTE   IX, 

VILLA  DI  BASSO.  Marziale  dopo  di  avere  dimostrato  come  Basso, 
uscendo  dalla  porta  Capena  e  percorrendo  la  via  Appia  dopo  di  avere  oltre- 
passalo il  sacro  campo  degli  Orazj  e  l'edicola  del  minor  Ercole,  come  fu  già 
accennato,  si  dirigeva  verso  la  sua  villa,  che  doveva  trovarsi  da  vicino  alla 
medesima  edicola,  osservava  egli  che  portava  con  se  dalla  città  i  frutti  che 
avrebbe  dovuto  trovare  alla  campagna.  Quindi,  dopo  di  avere  fatto  il  confronto 
con  la  deliziosa  villa  di  Faustino  a  Baja,  faceva  conoscere  la  sterilità  dell'an- 
zidetta villa  di  Basso,  dalla  di  cui  torre  si  vedevano  solamente  lauri  ;  ed  era 
egli  perciò  costretto  di  trasportare  tutto  l'occorrente  al  vitto  dalla  città,  in 
modo  tale  che  più  di  villa  si  doveva  appropriare  ad  essa  il  nome  di  una  casa 
lontana  (3).  Se  infatti  all'indicata  poca  fertililà  corrisponde  quella  del  suolo 
situato  nelle  adiacenze  del  luogo,  occupato  dall'anzidetta  colonna  dell'ottavo 
miglio,  non  si  trovano  poi  sicure  memorie  per  determinare  con  precisione 
r  area  occupata  da  tale  villa  ;  percui  conviene  contentarsi  di  averne  ricor- 
data la  sua  particolare  condizione. 

VILLA  DI  PEBSIO.  Parimenti,  quantunque  venga  precisato  da  quell'au- 
tore antico  che  scrisse  la  vita  di  Persio,  essere  questo  insigne  poeta  morto 
all'ottavo  miglio  della  via  Appia  in  alcuni  suoi  predii,  ed  avere  avuto  in 
conseguenza  il  suo  sepolcro  evidentemente  lungo  la  stessa  via  da  vicino  alla 
colonna  del  medesimo  miglio  secondo  le  consuetudini  proprie  degli  antichi  (4)5 


(3)  Quanto  si  riferisce  all'  indicata  posizione  della  villa  di  Basso  si  trova  esposto 
nel  già  citato  epigramma  47  del  Libro  III.  Nei  seguenti  versi  dell"  epigramma  58  dello 
stesso  libro  si  descrivono  le  successive  altre  notizie: 

At  tu  sub   Urbe  possides  fameni  mundam. 
Et  turre  sub  alta  prospicis  mcras  laurus, 
Furem  Priapo  non  timcnte  securus. 
Et  vinitorem  forre  pascis  urbano, 
Pictamque  portas  otiostis  ad  villam 
Olus,  ova,  pullos,  poma,  caseum,  mustum. 
Rus  hoc  vocari  debet,  an  domus  longe  ? 

(4)  Aulus  Persius  Flaccus Natus  in  Etruria  Volaterris  eques  ro- 

Mwnus  sanguine  et  aflinitate  primi  ordinis  viris  coniunctus  ;  decessit  ad  octaviim  milliarium  via 

Appia  in  praediis  suis Reliquit  circa  hs  vicies  et  mairi  et  sorori;  scri- 

ptis  tamen  ad  matrem  codicillis,  rogavit  cani,  ut  darei  Cornuto  sestertia,  ut  quidam  dicunt,  cen- 
tum  ;  ut  ala  volimi,  argenti  [adi  pondo  vigìnli  et  libros  circa  septingentos,  sive  bibliolhecam 
omnem.  Queste  notizie  si  rinvengono  nella  vita  di  Persio  che  si  attribuisce  a  Svetonio  o 
meglio  all'antico  suo  scoliaste  cognito  col  nome  Cornuto,  non  però  l'amico  dello  stesso 
Persio,  ma  alcun  altro  egualmente  denominato  che  visse  in  tempi  assai  posteriori. 


TRA    IL    MIGLIO   MII.    ED    IL    IX.  I(SI 

pure  non  si  hanno  alcune  memorie  precise  per  determinare  tanto  la  si- 
tuazione dei  detti  predii  quanto  quella  del  sepolcro  suo  benché  fosse  re- 
putato avere  posseduto  ragguardevoli  ricchezze  Però  avendo  riguardo  alla 
notizia,  esposta  dal  medesimo  scrittore  della  vita  di  Persio,  ch'egli  era  nato 
a  Volterra  città  dell'Etruria,  la  quale  era  celebre  per  i  suoi  monumenti  se- 
polcrali coperti  con  tumuli  secondo  il  metodo  comunemente  tenuto  dagli  an- 
tichi etruschi,  si  sarebbe  indotto  a  riconoscere  per  suo  sepolcro  quello  gran- 
de che  esiste  nel  lato  settentrionale  dell'anzidetto  edifizio  sacro  ad  Ercole 
ed  a  Silvano,  che  è  precisamente  formato  in  tal  modo,  se  si  fosse  rinvenuta 
alcuna  memoria  che  potesse  darne  qualche  indizio,  e  se  non  presentasse 
tracce  di  una  più  vetusta  costruzione  :  ma  nulla  di  autorevole  si  è  potuto 
rinvenire  né  nelle  memorie  tramandate  dagU  antichi  scrittori,  né  in  quelle 
dedotte  dalle  scoperte  fatte  ultimamente.  D'altronde  nella  surriferita  notizia, 
non  essendosi  specialmente  fatta  menzione  del  sepolcro,  ma  solamente  es- 
sere egli  morto  nei  suoi  predii,  è  da  credere  che  il  monumento,  in  cui 
egli  dovette  essere  sepolto,  non  fosse  un'opera  sì  ragguardevole  come  quel- 
la che  viene  indicata  dalla  suddetta  reliquia.  Così  tanto  sulla  collocazione 
precisa  della  villa  di  Persio,  quanto  su  quella  del  suo  sepolcro,  nulla  di  pre- 
ciso può  determinarsi. 

SEPOLCRO  DI  Q.  CASSIO  APPALTATORE  DI  MARMI.  La  me- 
moria pili  importante,  che  si  è  rinvenuta  dopo  il  luogo  riconosciuto  essere 
stato  occupato  dalla  colonna  dell'ottavo  miglio,  è  un  frammento  d'iscrizione 
scolpito  su  di  una  grande  lapide  di  marmo,  in  cui  leggesi  :  q.  .  cassi  .  c.  .  .  . 

....    I  ARTENAE 1   REDEMPTORIS    .   MAR Dal    qualo 

documento  può  dedursi  esser\i  stato  nel  luogo  stesso  alcuna  memoria  se- 
polcrale di  Q.  Cassio  redentore,  cioè  appaltatore  dei  marmi  che  in  grande 
copia  si  solevano  dai  romani  in  tempo  dell  impero  dedurre  dalle  più  lontane 
regioni  ;  e  per  tale  attribuzione  doveva  il  medesimo  suo  sepolcro  essere  ador- 
nato con  marmi  scelti,  come  infatti  apparisce  dalle  reliquie  superstiti. 

SEPOLCRO  GRANDE  NEL  LATO  DESTRO.  Succedono  nel  me- 
desimo lato  destro  reliquie  di  mura,  che  si  stendono  in  modo  ragguardevole 
lungo  la  via  e  che  dovevano  servire  a  racchiudere  sepolcri  diversi  di  comu- 
ne struttura  e  di  comune  pertinenza  ;  e  perciò  nessuna  ragguardevole  impor- 
tanza possono  offrire  le  stesse  reliquie.  Però  alquanto  più  distante  si  rinvie- 
ne una  rovina  di  un  grande  sepolcro  di  forma  inferiormente  quadrata  e  su- 
periormente rotonda  e  costrutto  con  la  pietra  albana  in  tempo  evidentemen- 
te alquanto  vetusto,  che  si  potrebbe  eziandio  credere  essere  stato  quello  di 
Persio  anzidetto  se  si  fossero  avute  più  precise  notizie  di  quelle  riferite: 


182  VIA    APPU   PARTE    IX. 

ma  nulla  eziandio  si  è  sin'ora  discoperto  che  possa  servire  ad  offrire  alcuna 
nozione  sicura.  Quindi  si  dovrà  comprendere  nel  novero  di  quei  moltis- 
simi altri  sepolcri  che  non  se  ne  può  in  alcun  modo  determinare  la  per- 
tinenza. 

SEPOLCRO  DI  Q.  VERRAXIO.  Nel  lato  sinistro,  dopo  alcune  reli- 
quie di  sepolcri  di  assai  incerta  pertinenza  e  forma  ed  anche  di  fabbriche 
varie  poste  alquanto  distanti  dalla  via ,  si  presenta  quel  sepolcro  che  vedesi 
costrutto  colla  stessa  opera  laterizia  e  colla  stessa  forma  e  decorazione  di 
quello  già  indicato  che  esiste  un  miglio  circa  prima:  ma  però  in  questo  sus- 
siste ancora  una  delle  colonne,  pure  fatta  coll'opera  laterizia,  che  adornava- 
no la  sua  fronte  e  che  erano  incassate  sui  lati  della  grande  nicchia  incavata 
nel  mezzo  superiore.  Questo  monumento  per  la  sua  conservazione ,  che  è 
dovuta  unicamente  alla  indicata  qualità  di  struttura  da  non  poterne  ritrarre 
alcun  ragguardevole  utile,  ha  meritato  speciale  considerazione  non  dal  La- 
bacco,  come  fu  creduto,  ma  dal  Santi  Bartoli  che  lo  comprese  nella  sua  rac- 
colta degli  antichi  sepolcri.  E  siccome  vedesi  in  tale  memoria  dichiarato  ap- 
partenere a  Q.  Verranio  ;  così  si  volle  attribuire  a  quel  distinto  personaggio 
di  egual  nome  che  si  rese  ben  noto  nei  primi  anni  dell'era  volgare  e  che  fu 
console  nell'anno  802  di  Roma.  Ma  conoscendosi  in  particolare  da  Tacito 
che  egli  morì  nell'anno  Sii  nella  Britannia,  non  si  può  convenire  in  tale  ap- 
propriazione ;  né  poi  per  la  piccolezza  e  per  la  poco  nobile  sua  struttura  sem- 
bra essere  proprio  ad  un  tal  personaggio  consolare  (5).  Quindi  queste  osser- 
vazioni portano  a  stabilire,  che  se  effettivamente  tale  sepolcro  appartenne  ad 
un  Q.  Verranio,  si  deve  credere  essere  stato  proprio  di  altro  personaggio  di 
tal  nome  meno  insigne,  che  visse  in  tempi  posteriori  a  quello  attribuito  al- 
l'anzidetto uomo  consolare,  ed  avere  posseduto  minori  dovizie. 

(5)  Nella  Tav.  42  della  Raccolta  degli  antichi  sepolcri  del  Santi  Bartoli  in  una  ta- 
voletta appoggiata  incontro  alla  veduta  dell'anzidetto  sepolcro  leggesi  monmuentvm  q.  \-er- 
RANi  IN  VIA  APPiA,  e  ciò  SÌ  ripete  nella  breve  spiegazione  che  venne  esposta  sulle  medesi- 
me Tavole  :  ma  donde  si  sia  dedotta  tale  notizia  non  viene  in  nessun  modo  dichiarato,  né 
dal  medesimo  autore,  né  da  altre  memorie.  Si  conosce  bensì  dal  Grutero  una  iscrizione  di 
Q.  Veranio  Farnace,  il  quale  aveva  eretto  un  sepolcro  a  Verania  Tauraasta,  ma  si  dice  rin- 
venuta lungo  la  via  Labicana.  ("Grutero,  Inscript.  Pag.  MXLVII N.  l.J  Fu  il  Nibby  che  cre- 
dette di  riconoscere  in  tale  monumento  il  sepolcro  di  quel  Q.  Verranio  che  fu  console 
nell'anno  802:  ma  senza  poterne  addurre  valide  prove.  ^Analisi.  Tom.  III.  Pug.  òóS.J  La 
morte  del  medesimo  personaggio,  avvenuta  nella  Britannia,  è  dichiarata  da  Tacito.  fAnn. 
Lib.  XIV.  e.  29  e  Vita  di  Agricola,  e.  IL)  E  questa  circostanza  esclude  la  indicata  appro- 
priazione, o  almeno  la  rende  assai  poco  probabile. 


TRA    IL    MIGLIO   Vili.   ED   IL   IX.  183 

GRANDE  SEPOLCRO  ROTONDO  DETTO  IL  TORRACCIO.  Si 

presenta  di  seguito,  alquanto  distante  dalla  via  nel  medesimo  lato  sinistro,  un 
grande  monumento  che  ancora  conservasi  quasi  per  intero  nella  parte  inter- 
na in  modo  da  lasciare  ancora  la  sua  cella  coperta  con  volta  e  con  quattro 
grandi  incavamenti  da  servire  tuttora  di  ricovero  rurale.  Esso  viene  volgar- 
mente denominato  Torraccio  o  Palombaro  dalle  palombe,  o  colombe  selvati- 
che, che  vi  si  annidano  sopra,  col  quale  nome  si  distinse  poscia  il  tenimento, 
in  cui  si  trova,  che  si  stende  primieramente  a  sinistra  e  di  seguito  anche  a  de- 
stra della  via  Appia.  Quale  sia  stata  la  prima  destinazione  di  questo  mo- 
numento non  si  può  ora  ben  determinare,  benché  apparisca  avere  servito 
di  sepolcro  per  alcun  ragguardevole  personaggio  dell'ultima  epoca  dell'impe- 
ro, in  cui  vedesi  essere  stato  costrutto  ;  percui  si  volle  in  esso  riconoscere 
quel  sepolcro  di  Galheno,  nel  quale  fu  sepolto  Severo,  secondo  la  notizia  espo- 
sta da  Aureho  Vittore,  che  stava  al  nono  miglio  della  via  Appia  :  ma  né  la 
posizione,  né  la  struttura  di  tale  monumento,  si  reputa  potere  soddisfare  a 
tale  appropriazione  5  mentre  si  trova  meglio  in  ciò  convenire  l'altro  grande 
monumento  che  esiste  nel  lato  destro  da  vicino  al  detto  miglio  e  che  di 
seguito  si  prende  a  descrivere.  Quindi  le  più  certe  notizie,  che  si  possono  ad 
esso  attribuire,  sono  quelle  che  si  rinvengono  in  alcune  memorie  del  decimo 
secolo,  dalle  quali  si  conosce  esservi  stata  una  chiesa  dedicata  a  s.  Maria, 
più  da  vicino  all'ottavo  miglio  che  al  nono,  e  separata  dal  casale  denomi- 
nato il  Palombaro,  a  cui  vicino  stava  il  monumento  con  una  cripta,  nel  qua- 
le devesi  riconoscere  quello  stesso  che  sussiste.  Ed  è  importante  l'osservare 
in  tali  memorie  la  indicazione  delle  migUa  ottavo  e  nono,  che  dovevasi  ri- 
ferire alle  colonne  antiche  che  ancora  si  conservavano  ;  poiché  effettivamente 
tale  monumento  si  trova  corrispondere  nel  modo  stesso  lungo  la  via  che 
viene  determinato  dalla  sistemazione  stabiUta  (6). 

(6)  Le  anzideUe  memorie  si  trovano  raccolte  nel  Tom.  I  degli  annali  Camaldolesi, 
e  si  riferiscono  all'anno  954.  In  esse  leggesi:  Casale  nno  in  integro  qui  appellalur  Palum- 

bario cum  fontana  sua  aqnae  vivae  cum  Ecclesia  deserta  in  honore  S.  Mariae  Dei 

Genitricis  cum  monumento  suo  quod  est  crypta  rolunda posito  foris  portam  Appiam 

milliario  ab  urbe  Roma  plus  minus  octavo  tei  nono.  Il  Nibby  prese  primieramente  a  coVisi- 
derare  le  stesse  memorie  nella  descrizione  del  tenimento  del  Palombaro  nel  Tom.  II  Pag. 
535  della  sua  opera  intitolata  Analisi  storico-topografico-anliqiiaria  della  Carta  dei  d'intorni 
di  Roma.  Tanto  il  medesimo  monumento,  quanto  l'anzidetto  laterizio,  fu  esposto  in  una  ve- 
duta dell'opera  di  L.  Rossini  intitolata  Viaggio  pittoresco  da  Roma  a  Napoli,  ove  insieme  si 
espongono  nella  Tav.  XXn  denominandoli  di  Pisone  Liciniano  e  della  famiglia  Cornelia 
senza  riferire  alcuna  autorità. 


184  VIA    APPU    PARTE    IX. 

RELIQUIE  DI  SEPOLCRI  DEL  LATO  DESTRO.  Diverse  reliquie 
di  sepolcri  si  rinvengono  nel  lato  destro  dopo  di  avere  oltrepassato  l'anzi- 
detto grande  nionuniento,  tra  le  quali  si  distinguono  quelle  di  un  sepolcro 
costrutto  interamente  coll'opera  laterizia,  che  meritano  considerazione  per  la 
grande  cura  impiegata  in  tale  apparecchio  di  struttura,  benché  ora  il  monu- 
mento sussista  conservato  solo  poco  al  di  sopra  del  suolo.  Merita  anche  di 
essere  osservata  una  specie  di  grande  sarcofago  formato  colla  pietra  albana 
con  molta  semplicità,  il  quale  doveva  per  se  stesso  costituire  un  piccolo  mo- 
numento sepolcrale  delle  epoche  più  remote.  Inoltre  è  degno  di  considera- 
zione un  frammento  in  marmo  di  un  sopraornato  scolpito  con  molta  singola- 
rità di  forma  ed  in  modo  da  presentare  alcun  finimento  decorato  con  novità. 
Così  tre  generi  di  struttura  si  rinvengono  impiegati  nei  detti  monumenti,  e 
dovevano  essi  offrire  perciò  altrettanti  varii  metodi  di  decorazione.  Di  seguito 
fu  scoperto  un  cippo  sepolcrale  in  marmo  di  nessuna  importanza  ;  e  quindi  si 
presenta  una  ragguardevole  reliquia  di  un  sepolcro  di  forma  rotonda  ed  al- 
quanto grande,  ma  interamente  spogliato  di  tutti  i  suoi  ornamenti  e  senza 
che  nulla  si  sia  rinvenuto  per  determinare  la  sua  pertinenza.  Poscia  alcune 
basi  di  colonna  ed  altri  frammenti  monumentali,  scolpiti  nel  marmo  con  un 
sarcofago  bacellato  ed  alcuni  pulvini ,  dimostrano  esservi  stato  un  sepolcro 
distinto  e  decorato  nobilmente.  E  se  si  dovesse  dedurre  dalla  grandezza 

delle  lettere ino superstiti  di  una  iscrizione, 

che  ivi  pure  si  è  discoperta ,  si  dovrebbe  credere  avervi  esistito  uno  dei  piiì 
grandi  sepolcri  che  si  conoscano;  perchè  esse  sorpassano  quelle  di  ogni  altra 
iscrizione  che  si  sia  rinvenuta  lungo  la  via  Appia  :  ma  però  le  reliquie  an- 
zidette fanno  conoscere  non  avere  potuto  esistere  altro  che  un  monumento  di 
comuni  dimensioni;  e  forse  dovevano  quelle  lettere  denotare  alcun  nome 
degli  Antonini  ed  avere  probabilmente  appartenuto  ad  alcuna  persona  addet- 
ta a  qualcuno  dei  principi  distinti  con  tale  nome.  Seguitano  alcune  altre 
reliquie  di  sepolcri  nel  medesimo  lato  destro,  che  servono  bensì  a  dimostra- 
re avervi  esistito  molti  simili  monumenti,  ma  sono  esse  poi  ridotte  a  minore 
interessamento  per  ogni  riguardo. 

RELIQUIE  DI  SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Nell'opposto 
lato  di  seguito  al  grande  monumento  del  Torraccio  sussistono  alcune  reli- 
quie di  monumenti  diversi  ed  anche  di  alcune  fabbriche  private  che  si  dila- 
tano a  qualche  distanza  dalla  via:  ma  tutte  ridotte  in  modo  da  non  potere 
più  nulla  di  preciso  determinare,  né  sulla  forma  e  decorazione  delle  opere 
stesse,  né  sulla  loro  pertinenza.  Merita  però  considerazione  un  masso  rove- 
sciato della  struttura  interna  di  un  sepolcro  comune  ;  perchè  dimostra  il  mo- 


TRA    IL    MIGLIO    Vili.    ED    IL    IX.  185 

do  con  cui  venivano  chiuse  nella  parte  superiore  le  celle  a  forma  quadran- 
golare e  non  di  molta  ampiezza.  Ed  è  importante  l'osservare  sul  medesimo 
metodo  di  copertura  interna,  che  con  esso  si  trova  essersi  conservato  quel  ve- 
tusto uso  di  costruire  le  simili  coperture  interamente  composte  con  pietre 
squadrate,  di  cui  se  ne  hanno  diversi  esempj  nelle  opere  più  antiche,  mentre 
nelle  indicate  strutture  d'imitazione  veniva  impiegata  l'opera  cementizia.  Se- 
guono nello  stesso  lato  della  via  diverse  altre  reliquie  di  sepolcri,  ma  rese 
assai  più  spogliate  da  qualunque  loro  decorazione  ed  in  modo  da  offrire  più 
nulla  che  sia  meritevole  di  qualche  considerazione.  Solamente  si  rinvengono 
frammenti  di  pietre  e  marmi  scolpiti  che  non  si  possono  con  sicurezza  deter- 
minare a  quale  delle  rehquie  dei  sepolcri  discoperti  abbiano  appartenuto. 
Servono  esse  però  sempre  a  contestare  la  frequenza  dei  monumenti  sepol- 
crali che  continuava  a  sussistere  lungo  la  via. 

SEPOLCRO  DI  GALLIENO.  Avvicinandosi  al  termine  dell'enunciato 
nono  partimento  ed  al  luogo,  in  cui  si  è  conosciuto  avere  sussistito  la  co- 
lonna del  miglio  IX,  si  presenta  nel  Iato  destro  una  reliquia  di  un  gran- 
de monumento  costrutto  coll'opera  laterizia  in  forma  quasi  rotonda,  che  si 
comprende  nella  parte  meridionale  del  lenimento  del  Palombaro.  Nelle 
adiacenze  di  tale  reliquia  si  rinvengono  frammenti  di  grandi  colonne  e  pi- 
lastri scannellati  con  basi  e  capitelli  corintii  di  marmo,  che  dimostrano  es- 
sere stato  il  monumento  stesso  nobilmente  decorato  ed  essersi  esso  eret- 
to negh  ultimi  tempi  dell'impero  romano.  In  seguito  di  tale  coincidenza  di 
epoca  e  di  posizione  in  vicinanza  del  nono  miglio,  si  deve  riconoscere  con 
molta  probabiUta  in  tale  monumento  quel  sepolcro  di  GaUieno  che  si  dice 
da  Sesto  Aurelio  Vittore  aver  servito  per  riporre  le  rehquie  di  Severo  Ce- 
sare morto  alla  stazione  denominata  Tre  taberne  posta  lungo  la  parte  della 
via  Appia  che  traversava  l'agro  Pontino;  poiché  effettivamente  si  denota 
essere  stato  collocato  a  nove  miglia  distante  dalla  città  lungo  la  stessa  via 
Appia  (7).  Però  questa  notizia  si  trova  essere  soggetta  a  ragguardevoli  incer- 
tezze tanto  relativamente  al  sepolcro  di  Gallieno  lungo  la  via  Appia,  giacché 
i  due  principi  dell'impero,  che  si  conoscono  essersi  più  propriamente  distinti 
con  tal  nome,  l'uno  morì  in  Lombardia  vicino  a  Milano,  e  dell'altro,  deno- 
minato anche  Salonino,  nulla  si  conosce  sulla  sua  morte  ;  quanto  al  luogo 
iti  cui  venne  a  morire  Severo,  poiché  si  dice  in  alcune  memorie  morto  a 

7)  Severus  ab  Herculio  Maximiano  Romae  ad  Tres  Tahernas  exslinguitur  ;  funusque 
eius  Gallieni  sepukro  infertur,  quod  ab  Urbe  abest  per  Appiani  miìlibu^  novem.  (Sesto  Aure- 
lio  Viitorc.  Epil.  e.  XL.y 

24 


186  VIA    APPIA    PARTE    IX, 

Ravenna  ed  in  altre  al  terzo  miglio  della  via  Latina  (8).  Ma  quando  si  con- 
sidera che  Gallieno,  anche  caduto  estinto  lungi  da  Roma,  avesse  potuto  ri- 
cevere gli  onori  funebri  in  questa  città  in  seguito  di  essere  stato  dichiarato 
Divo,  e  che  Severo  più  comunemente  si  dice  bensì  vinto  a  Ravenna  ma 
morto  vicino  a  Roma,  si  può  credere  vera  la  notizia  anzidetta  esposta  da 
Sesto  Aurelio  Vittore;  perchè  è  quella  che  fu  di  più  particolarizzata.  A  que- 
ste circostanze  si  aggiunge  la  specialità  di  trovarsi  l'indicato  monumento 
corrispondere  per  la  qualità  della  sua  struttura  all'epoca  stessa  di  Gallieno, 
ed  offre  precisamente  un'opera  considerevole  e  degna  di  un  tal  principe  del- 
l' impero ,  come  pure  si  trova  essa  convenire  assai  bene  all'  indicata  desti- 
nazione. Lo  stesso  monumento  poi  si  conosce  aver  avuto  internamente  una 
cella  sepolcrale  nel  mezzo  capace  da  contenere  più  di  un  distinto  depo- 
sito, ed  esternamente  essere  stato  decorato  con  colonne  e  pilastri  corintii. 
come  pure  con  alcune  statue  collocate  nelle  nicchie.  Tutte  siffatte  partico- 
larità, che  non  si  rinvengono  in  nessun  altra  reliquia  esistente  in  taU  adia- 
cenze della  via  Appia,  servono  di  valevole  documento  per  convalidare  sempre 
più  la  corrispondenza  in  tale  monumento  del  sepolcro  di  Gallieno. 

VILLA  DI  GALLIENO.  Dietro  all'anzidetto  grande  monumento  si  tro- 
vano sussistere  diverse  reliquie  di  mura ,  appartenenti  ad  una  vasta  e  no- 
bile fabbrica ,  che  si  stendono  in  ampio  spazio  verso  la  campagna  nel  me- 


si La  morte  di  Gallieno,  accaduta  vicino  a  Milano  è  dichiarata  da  Trebellio  Pollio- 
ne  nella  vita  dei  due  Gallieni  e.  li.  E  così  da  Sesto  Aurelio  Vittore  (De  Caesar.etEpit.  e.  33. 
E  da  Eutropio.  fLib.  IX.  e.  8.J  Da  questo  storico  però  si  accenna  che  Gallieno  ebbe  dopo 
la  sua  morte  grandi  onori  dal  senato,  e  fu  appellato  Divo  ;  percui  può  credersi  che  sia  stato 
il  suo  cadavere  trasportato  in  Roma  e  sepolto  nel  detto  monumento;  giacché  si  pose  pure 
una  sua  statua  aurea  in  Campidoglio  :  Gallienus  interea,  fraude  Aureoli  ducis  sui,  Medioìani 

rum  fratrc  Valeriana  occisus  est Et  diviis  appeììatus  est.  Senatus  ingenti  eum 

honore  decoravit;  scilicet  ut  in  curia  clypeits  ipsi  aureus,  item  in  Capitolio  statua  aurea  pone- 
retur.  (Eutropio,  Hist.  Lib.  IX.  e.  8.J  Per  riguardo  a  Severo  è  d'uopo  osservare  che,  men- 
tre nella  citata  notizia  di  Sesto  Aurelio  Vittore  si  dice  morto  alla  stazione  dell'Appia 
detta  Tre  tabernc,  si  denota  poi  nella  vita  dei  Cesari  morto  a  Ravenna  fDe  Caesar.  e.  40.' 
E  così  da  Eutropio:  Severus  fugiens  Ravennae  inlerfectus  est.  filisi.  Lib.  X.  e.  2.J  Nel  catalo- 
go Viennese  degl'  imperatori  romani,  pubblicato  dall' Eccardo,  si  dice  morto  al  terzo  mi- 
glio della  via  Latina  :  Severtis  imp ipse  se  interfecit  via  Latina  milìiario  III.  Però 

da  Zosimo  venne  meglio  spiegato  il  modo  come  avvenne  la  morte  di  Severo  alla  stazione 
dell'Appia  detta  Tre  taberne  per  le  insidie  tramate  da  Massenzio  (Lib.  II.  e.  10.'  Onde 
può  ritenersi  per  esatta  la  notizia  anzidetta  esposta  nell'  Epitome  storico  che  si  attribuisce 
a  Sesto  Aurelio  Vittore. 


TRA   IL   MIGLIO    Vili.    ED   IL    n.  187 

desimo  Iato  destro  della  via.  La  corrispondenza  di  tale  fabbrica  in  vicinan- 
za del  luogo,  in  cui  doveva  trovarsi  la  colonna  del  nono  miglio,  ci  porta 
a  riconoscere  esservi  stata  in  essa  praticata  quella  mutazione  di  cavalli  della 
via  Appia,  che  si  trova  registrata  nell'itinerario  Gerosolimitano  col  titolo 
al  Nono  e  che  soltanto  dopo  l'impero  di  Costantino  si  dovette  stabilire,  come  di 
seguito  si  prende  meglio  a  considerare.  La  indicata  fabbrica  si  conosce  chia- 
ramente essere  stata  costrutta  in  epoca  alquanto  più  antica,  ed  evidente- 
mente in  circa  al  tempo  dell'impero  di  Gallieno;  percui  si  trova  con  ciò  po- 
tersi sempre  piti  confermare  la  sussistenza  in  detto  luogo  del  sepolcro  di 
tale  imperatore  ;  giacché  era  uso  degli  antichi  romani  di  stabilire  i  loro  se- 
polcri nei  limiti  di  alcun  loro  podere.  Quindi,  connestando  luna  notizia  col- 
l'altra ,  può  credersi  con  molta  probabilità  che  la  indicata  fabbrica  apparte- 
nesse a  Gallieno,  o  proveniente  per  eredità  di  suo  padre  Valeriano  o  sta- 
bilita da  egli  stesso  per  servire  ai  suoi  piacevoli  trattenimenti,  ai  quali  soleva 
darsi  di  continuo,  come  venne  ampiamente  descritto  da  Trebellio  Pollione  in 
fine  della  sua  vita.  Ma  non  devesi  però  tale  delizia  confondere  con  quella  co- 
stituita da  quegli  orti,  distinti  col  suo  nome,  in  cui  aveva  uso  di  recarsi  con  tutti 
gH  ufficiali  palatini,  come  eziandio  si  descrive  dal  medesimo  bibhografo  ; 
perchè  tali  orti  si  sono  dimostrati  nella  mia  Indicazione  topografica  di  Roma 
antica  essere  stati  collocati  sull'E^quilino.  Così  si  trova  anche  ragione  della 
sussistenza  del  sepolcro  di  Gallieno  in  tale  luogo,  quantunque  egli  sia  morto 
vicino  a  Milano  ;  poiché  é  da  credere  che  fosse  stato  edificato  ancora  lui  vi- 
vente, come  fecero  altri  principi  dell'impero.  Parimenti  nel  modo  stesso,  che 
si  praticò  da  altri  principi,  si  dovette  tale  villa  adornarsi  con  opere  insigni  di 
scoltura  prese  da  altri  piìi  antichi  edifizj  ;  poiché  in  alcuni  scavi,  fatti  nell'an- 
no 1792  dal  pittore  scozzese  Gavino  Hamilton,  si  rinvenne  un  edifizio  roton- 
do con  statue  negl'intercolunnj ,  tra  le  quah  si  doveva  comprendere  quella 
del  Discopolo  del  museo  Vaticano  che  fu  descritta  da  Ennio  Quirino  Vi- 
sconti (9).  Siffatta  opera,  non  potendo  mai  convenientemente  appropriarsi 


(9)  Dal  Riccj  nella  sua  opera  sull'antico  l'ago  Lemonio,  pubblicata  in  Roma  uellan- 
110  1802  alla  nota  1  della  pagina  122,  si  trova  registrata  la  seguente  importante  notizia  ;  «  Il 
pittore  inglese  Hamilton  scoprì  all'ottavo  miglio  un  tempio  rotondo  già  sostenuto  da  co- 
lonne ,  ed  ebbe  la  fortuna  di  trovarvi  intere  le  statue  che  stavano  negl'  intercolunnj .  que- 
sta notizia  mi  viene  dal  sig.  Volpato  ».  L"  indicato  ottavo  miglio  moderno  distante  dalla  por- 
la S.  Sebastiano  corrisponde  al  nono  miglio  antico  distante  dalla  porta  Capena;  e  perciò  pre- 
cisamente la  scoperta  indicata  si  fece  nel  luogo  preso  ora  a  considerare,  ed  avvenne  nel- 
l'anno 1792;  poiché  fu  in  tale  tempo  che  si  dice  da  Ennio  Quirino  Visconti  essersi  rinye- 


18K  VIA    AÌ'VW    PARTE    IX. 

ari  un  sepolcro,  non  si  può  neppure  riconoscere  nel  monumento  rotondo, 
precedentemente  descritto,  quello  in  cui  si  fecero  le  suddette  scoperte  ;  ma 
bensì  si  deve  considerare  l'edifizio  rotondo  dissotterrato  in  tali  scavazioni, 
avere  fatto  parte  dell' indicata  grande  fabbrica  di  delizia  imperiale.  Dalle  di- 
verse reliquie  poi,  che  sussistono  nello  slesso  luogo,  nulla  può  determinarsi 
che  sia  sulBcente  a  far  conoscere  quale  era  la  più  probabile  forma  ed  esten- 
sione che  aveva  la  suddetta  delizia  imperiale:  ma  però  sembra  che  le  fabbriche 
non  si  avvicinassero  tanto  alla  via  ;  perchè  a  lato  dell'anzidetto  grande  mo- 
numento si  rinvengono  rehquie  di  altri  sepolcri  comuni  di  più  vetusto  stabi- 
limento; e  d'altronde  le  rehquie  delle  stesse  fabbriche  si  stendono  solamente 
alquanto  verso  la  campagna,  ove  pure  dovevano  protrarsi  i  giardini  che  ap- 
partenevano alla  medesima  villa.  Essa  nella  parte  opposta  alla  via  si  trovava 
corrispondere  verso  una  più  amena  posizione;  perchè  si  trovava  sovrastare 
ad  una  fertile  valle,  in  cui  scorrendo  le  acque,  che  discendono  dal  colle  Alba- 
no, ne  emerge  migliore  vegetazione. 


nula  da  Gavino  Hamilton  la  statua  del  Discepolo  da  lui  descritta  nel  Tom.  HI  della  gran- 
de descrizione  del  Museo  Pio  dementino,  pag.  34  Tav.  XXVI.  E  ciò  venne  confermato 
dal  Cancellieri  nelle  sue  dissertazioni  sul  Discopolo  pubblicate  nellanno  1806.  Di  tutte 
le  altre  statue  poi,  che  si  dicono  rinvenute  nel  medesimo  scavo,  con  evidentemente  molti 
altri  oggetti  di  decorazione  in  marmo,  non  se  ne  hanno  alcune  sicure  notizie  per  potere 
determinare  con  qualche  precisione  il  luogo  in  cui  furono  collocate  :  ma  è  probabile  che 
sieno  state  trasportate  in  Inghilterra,  ove  in  quell'epoca  furono  inviati  diversi  altri  oggetti 
antichi  senza  conservare  memoria  veruna  del  luogo  in  cui  furono  rinvenuti.  Nell'ampia 
rac<x)lta  delle  scolture  antiche,  pubblicata  dal  Cavaceppi,  mentre  si  viene  con  essa  a  cono- 
scere la  forma  e  la  più  probabile  rappresentanza  delle  opere  stesse  da  lui  ristaurate,  non 
si  trova  poi  espressa  altra  indicazione  che  quella  da  vendersi  o  di  essere  trasportato  l'og- 
getto in  Inghilterra.  Per  quante  ricerche  si  sieno  fatte  nelle  memorie  lasciate  dal  suddetto 
Volpato  e  che  si  conservano  dai  suoi  credi,  nulla  si  è  potuto  rinvenire  che  si  riferisse 
alle  suddette  scavazioni;  giacche  esse  si  limitano  a  semplici  note  dei  varii  oggetti  rin- 
venuti con  alquanto  vaghe  denominazioni.  I  luoghi  dell'agro  romano,  in  cui  si  sogliono 
fare  le  più  grandi  scoperte  di  antichità,  vanno  per  lo  più  soggetti  a  pertinenze  miste; 
cosi  per  evitare  qualunque  intervento  di  appropriazione  si  suole  spesso  fare  mistero  dei 
respettivi  luoghi  di  ritrovamento  degli  oggetti  antichi  dedotti  dalle  varie  scavazioni.  E 
così  per  giovare  a  particolari  interessi  si  viene  a  pregiudicare  grandemente  l' univer- 
sale studio  della  storia  antica  e  della  topograCa  di  questa  più  importante  parte  dell'adia- 
cenze di  Roma. 


DECIMA    PARTE 
TRA  IL  NONO  ED   IL  DLCLMO  MIGLIO 


MUTAZIONE  DI  CAVALLI  AL  NONO  iMIGLIO.  Il  luogo  in  cui 
doveva  esistere  la  colonna  del  nono  miglio,  seguendo  sempre  la  indicala  accu- 
rata operazione,  si  è  determinato  avere  corrisposto  a  metri  4 li,  4-0  prima 
del  centro  del  grande  monumento  rotondo  che  a  guisa  di  un  colle  si  trova 
esistere  nel  confine  dell'agro  Romano  ;  e  tale  collocamento  si  discosta  solo  di 
poco  dal  limile  meridionale  delle  reliquie  appartenenti  all'anzidetta  grande 
fabbrica  attribuita  a  Gallieno.  Si  è  per  una  tale  coincidenza  che  può  con  mol- 
la probabilità  stabilirsi  che  la  stessa  fabbrica,  dopo  di  essersene  trascurato 
l'uso  suo  di  delizia  imperiale,  venne  ridotta,  se  non  in  lutto  almeno  in  parte, 
a  servire  a  quanto  si  richiedeva  per  quella  prima  stazione  che  propriamente 
era  una  mutazione  di  cavalli  della  via  Appia  e  che  vedesi  dalla  posizione  pro- 
pria distinta  col  titolo  al  Nono  nell'  itinerario  Gerosolimitano  evidentemente 
ordinato  solo  alcun  tempo  dopo  di  Costantino.  E  ciò  si  dovette  praticare  per 
fliminuire  la  distanza  grande  Ira  Roma  e  l'Aricia,  ove  era  fissata  la  prima 
nmtazione  della  stessa  via  nell'itinerario  anteriormente  determinato  e  che  si 
attribuisce  ad  Antonino.  E  difficile  ora  a  riconoscere  quali  sieno  state  le  va- 
riazioni che  si  dovettero  eseguire  in  tale  sostituzione  di  uso,  né  poi  delle  sca- 
vazioni fatte  negli  ultimi  anni  del  secolo  trascorso,  tra  le  reliquie  della  me- 
desima fabbrica,  si  è  conservata  alcuna  memoria  ragguardevole  da  poter  farne 
conoscere  alcuna  precisa  sua  specialità.  D'altronde  le  scavazioni  fatte  ultima- 
mente sono  stale  limitate  a  scuoprire  unicamente  quanto  corrisponde  nei  lati 
della  via.  ove  nulla  d'importante  si  è  rinvenuto  della  medesima  fabbrica,  le  di 
cui  rovine  esistono  solo  ad  alquanta  distanza  da  essa.  Pertanto  è  importante 
l'osservare  che  per  la  stazione  anzidetta,  non  rimanendo  in  tale  adiacenza  altra 
memoria  di  fabbrica  che  quella  denotata  da  tali  reliquie,  si  viene  sempre  più 
a  contestare  la  esattezza  della  determinazione  migliaria  stabilita. 

SEPOLCRI  DI  VITALE  E  DI  VERUNO.  Da  vicino  al  luogo,  in  cui 
doveva  esistere  la  anzidetta  colonna  migliaria.  si  è  rinvenuta  la  seguente  la- 
pide  che  dimostra  esservi  stato  un  piccolo  sepolcro  fatto  da  certo  Tolesforo 
al  suo  compagno  di  alloggio  Vitale  :  m.  |  sacrvm  |  vitali  .  fecit  |  telesphor  | 
coxTVBERNALi  |  BENEMERENTI  .  V.  A.  XX.  Serve  poi  a  Contestare  quanto  si  è  pre- 
cedentemente determinato  sul  monumento  e  sulla  villa  appartenente  a  Gal- 


190  VIA    API'IA    PARTE    X. 

lerio,  un  frammento  di  una  piccola  lapide  rinvenuto  a  poca  distanza  dallo 
stesso  luogo  occupato  dalle  reliquie  dell'anzidette  fabbriche  lungo  il  medesimo 

lato  destro  della  via  ;  poiché  in  esso  leggesi  :  x.  fl.  t.  f |  sodali  .  . 

...  I  vERiAN I  PROcos ]  PROviN Beuchè  sia  assai 

imperfetta  la  parte  superstite  di  questa  lapide,  pure  può  riconoscersi  in  essa 
il  nome  Veriano,  quando  però  non  si  voglia  credere  essersi  esso  diviso  in  due 
linee  e  non  essere  per  intero  determinalo  nelle  superstiti  lettere,  che  oppor- 
tunamente può  appropriarsi  a  quel  Celere  Veriano  a  cui  GalHeno  scrisse  per 
fare  uccidere  tutti  i  suoi  nemici  e  gli  amici  di  Ingenuo  che,  governando  la 
Pannonia,  erasi  fatto  nominare  imperatore  dall'esercito  della  Mesia,  mentre  lo 
stesso  Gallieno  era  occupalo  solo  di  vili  piaceri  in  Roma,  come  venne  de- 
scritto da  Trebellio  Pollione;  e  perciò  deve  intendersi  essere  stata  la  Mesia 
la  provincia  che  vedesi  indicata  in  tale  frammento  d'iscrizione  (1).  Cosisi 
trova  essere  stalo  assai  conveniente  che  in  vicinanza  del  monumento  di  Gal- 
lieno venisse  posta  una  qualche  memoria  del  suddetto  Celere  Veriano,  o  da 
esso  posta  ad  alcun  suo  amico  denominato  T.  Flaviano,  o  altro  simile  nome, 
come  vedesi  indicato  nelle  due  prime  linee  dell'anzidetta  lapide. 

MONUMENTO  VETUSTO  IN  PIETRA  ALBANA.  Nelle  slesse  adia- 
cenze si  sono  rinvenuti  diversi  rocchi  di  colonne  scannellate  con  basi  e  ca- 
pitelU  corintii  formati  nella  pietra  albana  con  artifizio  assai  buono  e  proprio 
degH  ultimi  anni  della  repubblica  romana,  che  dimostrano  esservi  stato,  piìi 
di  un  monumento  sepolcrale,  un  qualche  edifizio  sacro  edificato  in  tale  epoca  ; 
perchè  quanto  può  dedursi  dalle  stesse  reliquie  non  si  trova  convenire  con  la 
decorazione  propria  dei  sepolcri.  Ma  poi  nessuna  notizia  si  rinviene  da  cui  si 
possa,  anche  indirettamente,  dedurre  la  sussistenza  in  tale  luogo  di  qualche 
simile  edifizio,  benché  molte  circostanze  ci  portano  a  credere  essere  stata  in 
ogni  parte  la  via  Appia  decorata  da  uobih  fabbriche  di  varia  specie.  Quindi 
in  tanta  incertezza  ci  limiteremo  ad  osservare  doversi  riconoscere  nelle  me- 
desime reliquie  un  esempio  del  genere  corintio  non  certamente  inferiore  a 
quello  che  si  trova  essersi  impiegato  nei  tempj  rotondi  volgarmente  detti 
di  Vesta  in  Roma  ed  in  Tivoli.  Ed  anzi  se  si  prende  a  considerare  la  bel- 
la maniera  con  cui  si  vedono  intagliate  le  fronde  e  gli  altri  ornamenti 
di  tal  genere  di  decorazione  in  tale  pietra,  assai  poco  riducibile  a  varietà 
di  forme,  si  dovrà  riconoscere  essere  stata  impiegata  una  anche  maggiore 
perizia.  Onde  é  che  si  devono  le  medesime  reliquie  tenere  in  ragguar- 
devole considerazione  e  giudicare  meritevoli  di  essere  studiate  per  n)eglio 

(1)   Trebellio  Pollione,  Triginta  Tyranni.  e.  8,  De  Ingenuo. 


TRA    II.    MIGLIO    IX.    ED    IL    X.  191 

determinare  il  genere  di  decorazione  corintio  che  fu  impiegalo  dai  romani 
avanti  l'epoca  imperiale,  e  che  meno  si  scostava  dalle  pratiche  tenute  dai 
greci  in  simili  opere. 

^lEMORIE  DEL  LATO  SINISTRO.  I  sepolcri,  che  stavano  collo- 
cati nellopposto  lato  della  via,  si  trovano  quasi  per  intero  distrutti  sino 
al  piano  dei  fondamenti;  e  le  reliquie,  che  si  rinvengono  sparse  in  tale 
luogo,  non  si  possono  con  sicurezza  determinare  a  quali  dei  medesimi  se- 
polcri abbiano  appartenuto.  Quindi  è  che  nulla  meritevole  di  considera- 
zione ne  emerge  dalle  stesse  reliquie. 

GRANDE  TUMULO  DEL  LATO  DESTRO.  Verso  il  confine  del- 
l'agro Romano  si  vede  elevarsi  nel  lato  destro  della  via  a  guisa  di  colle 
un  grandissimo  tumulo  che  sorpassa  certamente  in  mole  tutti  gli  altri  si- 
mili monumenti  di  cui  ne  sono  rimaste  reUquie  lungo  la  parte  della  via 
Appia  impresa  a  descrivere.  Esso  si  trova  essere  stato  elevato  su  di  un 
basamento  quadrangolare  di  pietra  albana  che  si  conobbe  corrispondere  ad 
un  piano  inferiore  a  quello  della  via  cognita  dalle  reliquie  superstiti  che 
venne  dalle  vicende  di  molto  rialzato,  e  perciò  di  assai  anteriore  stabili- 
mento. Quindi  s'innalzava  una  cinta  rotonda  di  struttura  pure  fatta  con 
la  pietra  albana,  che  serviva  a  contenere  il  tumulo  che  ancora  si  conser- 
va in  tanta  ampiezza  ed  elevazione  da  potere  far  concepire  la  sua  antica 
mole.  Era  così  tale  monumento  precisamente  formato  ad  imitazione  dei  se- 
polcri più  cospicui  degh  antichi  etruschi;  e  può  credersi  eretto  solo  non 
molto  tempo  dopo  allo  stabilimento  della  via  Appia,  cioè  tra  il  quinto  ed  il 
settimo  secolo  di  Roma.  Ben  può  inoltre  credersi  che  per  la  stessa  sua 
mole  abbia  appartenuto  ad  uno  dei  più  distinti  personaggi  o  ad  una  delle  più 
cospicue  famiglie  che  di  più  figurò  nell'epoca  stessa  :  ma  poi  nulla  si  rin- 
venne di  abbastanza  autorevole  per  potere  determinare  alcuna  cosa  su 
tale  pertinenza  ;  e  nulla  si  è  potuto  appropriare  ad  esso  da  quanto  ci  ven- 
ne tramandato  nelle  memorie  storiche,  che  possono  avere  qualche  rela- 
zione con  la  località  in  cui  si  trova  esistere.  Parimenti  non  si  è  ancora 
potuto  conoscere  se  vi  fosse  nell'interno  una  sola  o  più  celle  sepolcrah. 
Si  rinvennero  bensì  nel  suo  d'intorno  alcuni  piccoli  frammenti  di  marmi 
scolpiti;  ma  dovevano  essi  evidentemente  appartenere  ad  alcun  piccolo  al- 
tro sepolcro  eretto  nelle  stesse  adiacenze  nell'epoca  media  delf  impero. 
Soltanto  adunque  nel  protrarre  a  maggiore  profondità  le  scavazioni,  tanto 
nel  suo  d" intorno  quanto  nella  sua  parte  interna,  si  potrà  ottenere  di  co- 
noscere alcuna  cosa  di  preciso  sulla  pertinenza  del  medesimo  grandissimo 
monumento  e  sulla  sua  decorazione. 


192  VIA    APPIA    PARTE    X. 

ALTRI  SEPOLCRI  DEL  LATO  DESTRO.  Succedono  nella  medesi- 
ma parte  della  via  reliquie  di  alcuni  sepolcri  minori,  tra  i  quali  si  distin- 
gue primieramente  il  piantato  di  uno  costrutto  colla  pietra  albana  ;  e  poscia 
un  frammento  di  una  lapide  in  marmo,  in  cui  leggonsi  alcune  poche  incer- 
te lettere,  dimostra  esservi  stato  altro  sepolcro  dell'epoca  imperiale.  Si  rin- 
vengono di  seguito  due  grandi  piedestalli  di  pietra  albana  alquanto  però 
frammentati  che  sembrano  avere  appartenuto  ad  alcun  distinto  monumento 
dell'epoca  repubblicana. 

SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  D'incontro  alle  anzidette  reli- 
quie ne  sussistono  altre  che  parimenti  si  trovano  spogliate  dei  principah  or- 
namenti e  ridotte  ad  elevarsi  solo  per  poco  al  di  sopra  del  suolo.  Però  si  di- 
stingue primieramente  il  piantato  di  un  sepolcro  quadrato  costrutto  con  la 
pietra  albana  di  buon  artifizio,  e  quindi  un  altro  decorato  con  marmi,  del 
quale  rimangono  alcuni  frammenti  scorniciati.  Quindi  succede  il  basamento 
di  altro  sepolcro  costrutto  con  l'opera  reticolata  propria  dei  primi  anni  del- 
l'impero, ma  senza  alcun  ornamento  che  faccia  conoscere  la  sua  decorazione. 

SEPOLCRO  QUADRATO  DEL  LATO  SINISTRO.  Trapassando  1  at- 
tuale fosso  detto  del  Ponticello  dei  CipoUari,  si  rinvengono  nel  medesimo  lato 
sinistro  alcune  rehqaie  di  sepolcri  quadrangolari  che  s'innalzano  poco  al  di 
sopra  del  suolo.  Di  seguito  però  vedesi  elevarsi  quasi  per  tutta  l'altezza  del 
basamento  un  monumento  quadrato  di  ragguardevole  grandezza  che  sembra 
avere  appartenuto  ad  un  qualche  distinto  personaggio  ;  perchè  da  una  lettera 
superstite  della  sua  iscrizione  si  conosce  essere  stata  composta  con  caratteri 
di  molta  grandezza  e  di  distinzione.  Il  detto  basamento  poi  vedesi  costrutto 
con  pietre  albane  assai  bene  lavorate  e  con  una  cornice  inferiormente  sago- 
mata con  buon  stile.  Si  conosce  bensì  essere  stato  tale  monumento  evidente- 
mente costrutto  avanti  l'epoca  imperiale,  ma  poi  nulla  fu  rinvenuto  sino  ad 
ad  ora  per  determinarne  la  sua  pertinenza. 

SEPOLCRI  COMUNI  DEL  LATO  SINISTRO.  Di  seguito  allanzi- 
detto  grande  sepolcro  quadrato  si  rinvengono  reliquie  di  alcuni  altri  sepolcri 
minori,  tra  i  quali  si  distinguono  primieramente  pochi  frammenti  di  marmi 
lavorati  che  dovevano  adornare  un  piccolo  sepolcro  di  cui  esiste  il  piantato. 
Quindi  succedono  alcuni  resti  di  quei  solili  massi  di  pietra  albana  superior- 
mente londeggiati  che  furono  impiegati  a  guisa  di  cappello  sopra  i  muri  di 
cmta  costrutti  con  la  stessa  pietra  ed  anche  per  semplici  e  piccole  memorie 
sepolcrali  fatte  a  guisa  di  sarcofaghi.  Inoltre  si  vede  sussistere  il  piantato  di 
altro  sepolcro  quadrangolare  costrutto  con  l'opera  laterizia,  del  quale  non  ri- 
mangono più  tracce  di  decorazione. 


UNDECIMA   PARTE 

TRA  IL  DECIMO  E  L'UNDECIMO  MIGLIO 


COLONNA  DEL  MIGLIO  DECIMO.  Seguendo  sempre  la  indicata 
accurata  operazione  ed  anche  in  seguito  di  essere  stata  verificata  poste- 
riormente con  più  diligenti  osservazioni  fatte  dopo  lo  sgombro  della  via 
nel  mese  di  maggio  del  corrente  anno,  si  è  determinata  la  posizione  del- 
l'indicata colonna  del  decimo  miglio  avere  corrisposto  a  metri  159,  -iO  dopo 
il  monumento  maggiore  preso  a  descrivere  nel  precedente  partimento,  ed 
ove  si  è  stabilito  un  corrispondente  segno,  che  servirà  a  dimostrarne  il 
luogo  sinché  non  verrà  collocata  una  nuova  colonna  che  possa  conservare 
memoria  di  tale  determinazione  migliaria.  come  si  è  stabilito  doversi  pra- 
ticare per  tutte  le  altre  precedenti  miglia. 

RELIQUIE  DI  SEPOLCRI  DEL  LATO  SINISTRO.  Benché  questa 
parte  della  via  Appia,  per  la  sua  posizione  alquanto  depressa  e  di  minor 
ameno  aspetto,  sia  stata  evidentemente  meno  apprezzata  ;  pure  nel  luogo 
stesso,  in  cui  si  é  stabilito  avere  corrisposto  la  indicala  colonna  migliaria. 
sussistono  a  sinistra  alcune  reliquie  che  sembrano  avere  appartenuto  a  mo- 
numenti decorati  nobilmente  ;  perché  si  rinvengono  primieramente  resti  di 
un  sepolcro  costrutto  con  buona  opera  laterizia,  e  quindi  frammenti  di  mar- 
mi scolpiti  e  rocchi  di  colonne  di  marmo  volgarmente  detto  Fior  di  per- 
sico, che  sembrano  avere  costituito  la  decorazione  di  altro  nobile  monu- 
mento sepolcrale.  In  seguito  appariscono  tracce  di  altro  sepolcro  costrutto 
con  la  pietra  albana,  bensì  con  buon  artifizio,  ma  senza  più  poterne  co- 
noscere la  sua  decorazione.  È  poscia  importante  l'osservare  che  avanti  alle 
stesse  reliquie  di  monumenti  si  conserva  il  lastrico  della  via  meno  dan- 
neggiato degU  altri  luoghi,  e  vedesi  racchiuso  da  alte  crepedini:  ma  però 
tutte  le  stesse  reliquie  si  devono  considerare  sempre  appartenere  ai  ristabi- 
limenti fatti  dopo  la  caduta  dell'  impero  romano  ;  poiché  il  suolo  antico  si 
conosce  essere  stato  alquanto  più  basso  ed  assai  meglio  costrutto.  La  lar- 
ghezza del  medesimo  suolo  della  via  si  trova  sempre  però  essere  stata  sta- 
bilita sulla  misura  di  metri  4,  2T5,  che  corrisponde  a  piedi  romani  anti- 
chi  14  con  assai  piccola  varietà. 

RELIQUIE  DI  MONUMENTI  DEL  LATO  DESTRO.  Da  vicino  ad 
un  rudere  di  costruzione  interna  spettante  ad  un  sepolcro,  che  esiste  nel  lato 

25 


191  VIA    APPIA    PARTE    XI. 

destro  dopo  le  anzidette  memorie,  si  rinvengono  alcuni  frammenti  di  mar- 
mi scolpiti  che  sembrano  avere  appartenuto  alla  decorazione  del  mede- 
simo sepolcro,  e  tra  i  quali  si  distingue  un  pezzo  di  cornice  sagomata  ed 
adornata  singolarmente.  Quindi  si  rinvengono  a  poca  distanza  frammenti 
di  altri  marmi  scolpiti,  tra  i  quali  si  distingue  un  pilastrino  scannellato,  con 
pezzi  di  cimase  che  dovevano  comporre  la  decorazione  di  altro  sepolcro. 
Seguono  i  piantali  di  due  monumenti  costrutti  con  la  pietra  albana,  die- 
tro i  quali  si  rinvenne  un  sarcofago  di  marmo  ivi  interrato  evidentemente 
dopo  la  caduta  dell'impero  romano.  Dopo  alcuni  piccoli  cippi  di  marmo 
inerita  considerazione  un  frammento  di  pietra  albana  ;  perchè  offre  l'esempio 
di  quel  genere  di  decorazione  jonica  che  era  comunemente  impiegato  nella 
fronte  dei  sepolcri  stabiliti  nel  taglio  della  rupe  naturale  dagli  antichi 
etruschi.  Non  poteva  però  tale  sepolcro  essere  interamente  in  tal  modo  for- 
mato; perchè  ivi  non  sussistono  ragguardevoli  elevazioni  naturali  di  rupi 
da  poter  offrire  mezzo  a  siffatta  forma  di  sepolcri  :  ma  doveva  essere  stato 
interamente  costrutto  ad  imitazione  di  tali  opere  più  vetuste. 

GRANDE  SEPOLCRO  ROTONDO.  Nel  lato  sinistro  si  presenta  di 
seguito  una  grande  mole  rotonda  che  per  l'avanti  offriva  l'aspetto  solo  di 
un  semplice  tumulo:  ma  dalle  ultime  scoperte  si  è  conosciuto  che  esso 
era  nel  suo  giro  esterno  adornato  con  grandi  nicchie  semicircolari  e  ret- 
tangolari poste  a  vicenda  nel  numero  complessivo  di  ventidue  e  divise  da 
colonne  incorporate  circa  a  metà  nei  piedritti.  È  però  da  osservare  che  tali 
incavamenti  nella  parte  posteriore  del  monumento  vennero  soppressi  per 
evidentemente  risparmio  di  lavoro.  Tale  decorazione  vedesi  interamente 
costruita  con  opera  laterizia  non  troppo  buona;  mentre  la  cella  interna, 
che  esiste  ben  conservata,  si  trova  essere  stata  formata  con  pietre  al- 
bane  assai  ben  connesse  e  secondo  il  metodo  tenuto  nelle  simili  piij  an- 
tiche opere.  Quindi  sembra  potersi  dedurre  da  ciò  che  ad  un  monumento 
di  vetusto  stabilimento  si  sia  aggiunta  in  circa  nell'epoca  media  dell'im- 
pero la  indicala  decorazione  esterna;  seppure  ciò  che  sussiste  della  stessa 
decorazione  non  sia  opera  di  qualche  parziale  ristabilimento,  come  sem- 
brano denotarlo  alcune  tracce  di  altra  struttura  esistente  nella  parte  po- 
steriore del  monumento:  ma  su  queste  particolarità  nulla  ora  di  positivo 
può  determinarsi.  Però  è  da  osservarsi  che  si  rinvennero  da  vicino  diversi 
frammenti  di  marmi  scolpiti,  ed  in  particolare  un  torso  di  statua  togata, 
che  doveva  appartenere  ad  una  di  quelle  figure  che  slavano  collocate 
nelle  dette  nicchie;  i  medesimi  oggetti  di  scoltura  vedonsi  chiaramente 
essere  slati  scolpiti  nella  suddetta  epoca  imperiale.  Non  pertanto  al  di  so- 


TRA    IL    MIGLIO    X.    E    L*  XI.  195 

pra  della  medesima  cinta  di  aggiunzione  posteriore  doveva  il  monumento 
essere  stato  sempre  compito  superiormente  a  guisa  di  tumulo  secondo  il 
vetusto  metodo,  ma  ricoperto  però  con  le  solite  lastre  tagliate  a  guisa  di 
squamine.  Per  tali  particolarità  si  rende  lo  stesso  monumento  molto  im- 
portante e  meritevole  di  considerazione,  come  meglio  potrà  conoscersi  dal- 
la sua  rappresentanza  esposta  nelle  Tavole.  E  sarebbe  stato  anche  più  im- 
portante a  prendersi  in  considerazione  se  si  fosse  potuto  in  qualche  modo  de- 
terminare la  sua  pertinenza  :  ma  nelle  scavazioni  sin'ora  fatte  nulla  si  rinven- 
ne che  possa  dare  alcun  lume  su  tale  oggetto.  Si  conosce  però  che  esso  ven- 
ne basato  su  di  un  piano  assai  inferiore  a  quello  che  ora  apparisce,  onde  non 
rimanessero  le  dette  nicchie,  contenenti  statue,  quasi  al  paro  del  suolo  nel 
modo  come  si  trovano  essere  ridotte  per  il  rialzamento  della  via  evidente- 
mente fatto  dopo  la  caduta  dell'impero  romano  e  dopo  che  il  monumento 
slesso  dovette  essere  spogliato  dei  suoi  ornamenti.  Quindi  soltanto  col  pro- 
trarre a  maggiore  profondità  le  scavazioni  si  potrà  megUo  determinare  la  in- 
tera decorazione  di  questo  monumento  ed  anche  la  sua  pertinenza.  Pertanto 
si  deve  osservare  che  lo  stesso  monumento  corrisponde  quasi  al  di  sopra 
di  quel  piccolo  incavamento  di  materie  solfuree,  che  dicesi  perciò  Solfa- 
rata,  e  che  corrisponde  a  destra  della  moderna  via  di  Albano  al  decimo 
miglio,  ove  sembra  esservi  stata  alcuna  sorgente  di  acque  pure  solfuree,  le 
quaU,  avendo  potuto  servire  a  bagni  terminali  cotanto  apprezzati  dagli  an- 
tichi, portano  a  credere  che  \i  fosse  da  vicino  eretta  qualche  fabbrica  a  tale 
speciale  uso  destinata.  Di  seguito  si  rinvengono,  dopo  il  basamento  di  un 
sepolcro  eretto  con  pietra  albana,  altri  frammenti  di  scoltura  hgurata  in 
marmo,  tra  i  quah  si  distinguono  due  teste  di  statue,  che  dovettero  appar- 
tenere alla  decorazione  di  altro  nobile  sepolcro;  seppure  non  furono  tra- 
sportate da  quanto  era  rimasto  disperso  dalla  distruzione  dell'anzidetto  grande 
sepolcro  rotondo,  per  essere  questo  il  solo  che  in  quelle  adiacenze  si  possa 
conoscere  avere  comportato  simile  decorazione. 

MEMORIE  DEL  LATO  DESTRO.  D'incontro  alle  anzidette  ultime 
reliquie  se  ne  sono  scoperte  altre  simiU  consistenti  principalmente  in  una 
figura  quasi  intera  scolpita  in  alto  rilievo  ed  in  altra  frammentata  di  eguale 
forma,  che  si  conoscono  bensì  essere  state  impiegate  ad  adornare  la  fronte 
(li  alcun  monumento  sepolcrale  eretto  negli  ultimi  tempi  dell'impero,  ma  poi 
non  si  hanno  alcune  notizie  per  potere  determinare  la  pertinenza  dello  stesso 
monumento.  All'opposto  si  sono  rinvenuti  di  seguito  tre  grandi  cippi  termi- 
nali, in  uno  dei  quali  può  leggersi:  ivlivs  .  cal  .  .  .  .  |  dionysivs  .  l.  mvivs  ] 

D.    L.    EVPRANOR  .   MARI    .    .    .    |  M.    L.  ALEXANDRIA    ....    Ed  in  UU  altrO  più  COn- 


196  VIA    APriA    PARTE    XI. 

servato  leggesi  :    ivnivs  .  d.  l.  evfrano  .  .  |  aria  .  m.   l.  alexandr  .  .  .  .  | 

ARIA  .  e.    L.    NIGELIA   |   IVLIVS  .  CAESARIS   [  DIONTSIVS |  IN    .    FRON.    P.   XIIX   | 

IN  .  AG.  p.  XIIX.  E  nel  terzo  vedesi  scritto  :  m.  aria  .  o.  l.  nicelia  |  c.  ivlivs  . 
CAESARIS  .  L.  I  DiONYsivs  .  ivLivs  .  D  ...  E  di  segulto  le  solite  prescrizioni 
delle  misure  assegnate  all'area  occupala,  le  quali  cose  tutte  danno  a  cono- 
scere esservi  stato  bensì  tra  di  essi  un  monumento  appartenente  alle  perso- 
ne in  essi  indicate,  ma  poi  nulla  rimane  propriamente  del  monumento  slesso 
per  poterne  determinare  la  sua  forma  e  decorazione.  Nel  seguilo  dopo  un 
sepolcro  di  pietra  albana,  che  conserva  ancora  il  suo  basamento  decoralo 
con  una  cornice  semplice  e  di  buona  forma,  si  rinviene  un  grande  cippo  in 
marmo,  su  cui  leggesi  e,  l.  f.  ]  hilaritae.  |  conivgi  |  dvlcissimae  [  l.  vetvrvs  | 
Rvns  I  FEGiT.  E  dopo  tale  cippo  si  rinvenne  un  torso  di  statua  togata  con  un 
altro  cippo,  sul  quale  vedonsi  essere  stali  praticati  due  loculi  distinti  e  la 
iscrizione  racchiusa  entro  ad  uno  dei  solili  ornamenti.  Siffatte  reUquie  dimo- 
strano chiaramente  esservi  siali  diversi  sepolcri  di  non  molta  grandezza  bensì, 
ma  adornali  con  marmi  e  stabihti  nell'epoca  media  delf  impero. 

PARTE  DELLA  VIA  IN  SALITA.  Si  reputa  quindi  opportuno  di  os- 
servare prima  di  lasciare  questo  undecimo  parlimenlo  che  la  via,  compre- 
sa tra  le  indicale  ultime  reliquie,  si  trova  salire  sul  sovrastante  colle  con  un 
piano  alquanto  inclinalo  ;  onde  è  che  i  monumenti  eretti  nei  suoi  lati  doveva- 
no presentare  un  migliore  aspetto  di  quegli  stabiliti  nella  precedente  parte 
piana  della  valle.  Per  siffatta  circostanza  locale  ò  da  credere  che  i  monu- 
menti stabiliti  in  tale  posizione  fossero  con  piii  nobile  decorazione  adornati 
ed  appartenenti  perciò  a  persone  più  distinte  :  ma  per  le  grandi  devastazioni, 
ivi  fatte  in  modo  maggiore  di  qualunque  altro  luogo,  nulla  si  può  ora  con  pre- 
cisione su  di  ciò  determinare  per  essere  stali  i  monumenti  lutti  quasi  dalle 
fondamenta  distrutti.  Però  rimangono  abbastanza  tracce  per  conoscere  che 
continuava  la  frequenza  loro  come  negli  altri  luoghi  della  via  ;  e  gli  anzidetti 
cippi  terminah  servono  a  contestare  siffatta  continuazione,  giacché  si  vede  in 
essi  prescritta  l'area  di  soli  dieciotlo  piedi  per  ogni  lato  ad  uno  forse  dei  più 
distinti  sepolcri.  La  larghezza  della  via  poi  trovasi  essersi  conservata  sempre 
nei  quattordici  piedi  riconosciuti  sussistere  nelle  altre  parti,  nonostante  che 
nelle  prescrizioni  delle  vie  antiche  in  generale  fosse  denotato  di  tenere  al- 
quanto più  larghe  delle  misure  determinate  quelle  che  erano  stabihte  in  pia- 
ni inclinati,  come  si  soleva  praticare  per  le  tortuose.  È  però  meritevole  di 
considerazione  l'altezza  maggiore  che  hanno  le  crepidini  nei  lati  di  tale  parte 
della  via ,  per  essersi  evidentemente  ciò  credulo  necessario  onde  contenere 
i  carri  nella  discesa. 


DUODECIMA    PARTE 

TRA  L'UNDECIMO  E  IL  DUODECIMO  MIGLIO 


COLONNA  DEL  MIGLIO  XI.  La  determinazione  del  luogo  in  cui 
doveva  esistere  la  indicata  colonna  niigliaria,  seguendo  sempre  la  misura 
stabilita ,  si  è  collegata  primieramente  colla  corrispondenza  dell'estremità 
settentrionale  delle  fabbriche  componenti  l'osteria  delle  Frattocchie,  da  cui 
si  è  trovata  distare  metri  527,  290.  Quindi  ad  altro  più  importante  oggetto 
si  è  creduto  opportuno  di  collegare  la  stessa  determinazione  migliarla ,  quale 
è  il  limite  meridionale  della  base  romana  misurata  dai  PP.  Boscovich  e 
Maire  per  servire  a  determinare  un  grado  del  meridiano  terrestre:  ma 
mentre  è  rimasto  sempre  ben  cognito  l'allro  limite,  per  essere  stato  stabi- 
lito corrispondere  alla  metà  della  tabella  dell'iscrizione  sussistente  nel  se- 
polcro di  Cecilia  Metella ,  si  è  poi  perduta  memoria  del  luogo  preciso  in 
cui  venne  fissata  l'indicata  altra  estremità.  Verso  il  fine  della  seconda  ap- 
pendice, aggiunta  a  questa  esposizione,  più  opportunamente  sarà  fatta  men- 
zione dello  stato  in  cui  ora  si  trovano  le  ricerche  per  precisare  la  posizione 
di  tale  limite  facendo  il  confronto  della  lunghezza  della  base  anzidetta  con 
la  estensione  delle  migha  antiche  interposte  in  essa.  Pertanto  è  d'uopo 
osservare  che  intorno  all'anno  1808  da  alcuni  ingegneri  francesi  sotto  la 
direzione  del  luogotenente  colonello  Moynet  credettero,  in  seguito  di  varie 
osservazioni  fatte  nei  luoghi  in  cui  furono  stabiliti  i  segnali  dei  triangoli 
dedotti  dalla  stessa  base,  di  avere  potuto  riconoscere  la  corrispondenza  del 
medesimo  limite;  e  vi  eressero  un  pilastro  di  travertino  su  cui  fecero 
scrivere  con  non  buona  ortografia  italiana  spettare  quel  termine  alla  base 
che  i  PP.  Maire  e  Boscovich  misurarono  nell'anno  1751  per  servire  al 
grado  di  Boma,  e  tale  fu  creduto  comunemente  sinché  le  più  accurate  os- 
servazioni, fatte  in  particolare  dall'astronomo  Bicchebach,  avessero  dimo- 
strato non  potere  esso  essere  identico  con  l'estremo  della  base  Boscovi- 
chiana,  e  che  vi  sussisteva  una  ragguardevole  varietà.  Però  il  medesimo 
termine,  venendo  poco  dopo  al  suo  collocamento  rovesciato,  fu  rialzato  nel- 
l'anno 1822  dal  medesimo  Bicchebach  unitamente  al  suo  compagno  Conti, 
e  rimase  in  piede  sino  all'anno  1850,  in  cui  fu  non  solamente  rovesciato  ma 
trasportato  in  luogo  incognito,  e  spezzato  per  servirsene  di  semplice  pietra 
nella  costruzione  delle  vicine  macerie  dall'affittuario  del  lenimento  in  cui 


198  MA    APPIA    PARTE    XII. 

si  trova  posto  tale  luogo.  Nelle  recenti  scavazioni  feci  usare  le  più  diligenti 
cure  per  riconoscere  non  solamente  la  posizione  del  suddetto  termine ,  ma 
anche  quella  pietra  collocata  dal  Boscovich  nell'estremità  della  sua  base. 
Però  soltanto  il  piantato,  su  cui  venne  eretto  il  detto  termine,  si  è  potuto 
rinvenire,  che  si  è  trovato  corrispondere  nel  mezzo  della  via  antica;  mentre 
la  pietra  Boscovichiana  doveva  trovarsi  in  un  lato  di  essa  ad  eguale  distanza 
dal  suo  centro,  come  corrisponde  il  segno  della  opposta  estremità  nel  monu- 
mento di  Cecilia  Metella,  e  nascosta  sotto  ad  un  tumulo  secondo  la  de- 
scrizione che  venne  data  dal  medesimo  astronomo,  come  verrà  nell  indicata 
appendice  meglio  dichiarato.  A  servire  pertanto  all'oggetto  parziale  enun- 
ciato mi  limito  a  far  conoscere  che  dal  luogo,  in  cui  fu  determinato  corrispon- 
dere la  colonna  del  miglio  undecimo  a  giungere  alla  metà  della  pietra  ulti- 
mamente discoperta,  su  cui  stava  eretto  il  termine  stabilito  nell'anno  1808,  si 
è  trovato  esservi  metri  51,  200  di  distanza.  E  siccome  nessun  altro  ragguar- 
devole tumulo  si  è  rinvenuto  nelle  indicate  grandi  scavazioni  sussistervi  nel 
lato  sinistro  della  via  ad  eguale  distanza  dal  suo  centro  di  quella  determinata 
dal  monumento  di  Cecilia  Metella,  e  nelle  adiacenze  stesse  da  dove  si  fosse 
potuto  scuoprire  bene  il  segnale  stabilito  sulla  fronte  dello  stesso  monumento, 
altro  che  una  reliquia  di  un  antico  sepolcro  che  effettivamente  offre  tuttora 
la  forma  di  tumulo,  e  che  conserva  internamente  una  piccola  cella,  che  potè 
opportunamente  contenere  la  pietra  di  segnale  collocata  dal  Boscovich; 
così  ne  feci  riconoscere  la  distanza  che  vi  corrisponde  tra  il  suo  centro  ed  il 
luogo  determinato  per  la  colonna  dell'anzidetto  migho  undecimo,  e  si  trovò 
essere  di  metri  73 ,  500  dal  centro  della  pietra  su  cui  stava  eretto  il  det- 
to pilastro  francese.  Quindi  se  effettivamente  l'estremità  meridionale  della 
base  Boscovichiana  corrispondeva  sulla  direzione  del  centro  di  tale  sepolcro, 
uon  solamente  tese  5,  462,  cioè  metri  10,  795,  come  venne  determinato  dal 
Ricchebach  nel  suo  esame  imparziale  della  triangolazione  del  P.  G.  Ruggero 
Boscovich  pubblicata  dopo  la  sua  morte  nell'anno  1846:  ma  bensì  della  sud- 
detta assai  più  ragguardevole  varietà  determinata  in  metri  73 ,  500.  Queste 
considerazioni  saranno  oggetto  di  un  dihgentissimo  studio  che  si  è  proposto  di 
fare  a  mia  insinuazione  il  Rev.  Padre  A.  Secchi  attuale  direttore  dell'Osserva- 
torio astronomico  del  Collegio  romano  prendendo  a  rimisurare  di  nuovo  con 
la  più  grande  accuratezza  possibile  tutta  la  base  Boscovichiana.  dalla  quale 
operazione  ne  ridonderà  certamente  un  grande  benefizio  tanto  per  gl'impor- 
tanti studii,  di  cui  furono  oggetto  le  ricerche  del  Boscovich  e  della  giustifica- 
zione dei  risultamenti  ottenuti  da  esso,  quanto  per  il  maggiore  interessamento 
che  verrà  ad  acquistare  lo  scuoprimento  ed  il  ristabilimento  della  prima  parte 


TRA    li,    MIGLIO    XI.    AL    XII.  199 

dell'antica  via  Appia,  nella  quale  si  contiene  per  intero  la  estensione  prescrit- 
ta alla  detta  base,  e  che  ora  offre  per  i  lavori  eseguiti  a  tale  oggetto  un  pia- 
no assai  più  regolare  che  non  era  al  tempo,  in  cui  il  Boscovich  ne  lece  la 
indicata  misura. 

MEMORIE  DEL  LATO  SINISTRO.  Quasi  d'incontro  al  luogo,  in  cui 
fu  rinvenuta  la  base  dell'anzidetto  pilastro,  eretto  nell'anno  1 808  dagl'  ingegne- 
ri francesi,  si  sono  scoperte  primieramente  reliquie  di  un  piccolo  sepolcro 
eretto  interamente  con  la  pietra  albana  ed  in  forma  di  un  semphce  sarcofago 
tenninalo  superiormente  in  angolo  acuto.  Poscia  si  sono  rinvenute  tracce  di 
altro  più  nobile  sepolcro  costrutto  con  la  stessa  pietra,  il  quale  doveva  essere 
adornato  con  piccole  colonne  egualmente  formate;  poiché  se  ne  trovano  an- 
cora alcuni  rocchi  con  capitelli  del  più  semplice  genere  dorico.  Poscia  dopo 
alcune  altre  reliquie  di  basamenti,  appartenenti  a  comuni  sepolcri  costrutti 
con  la  eguale  pietra,  si  rinviene  il  monumento  che  s' innalza  superiormente 
a  tutte  le  altre  reliquie  delle  adiacenze  a  guisa  di  tumulo,  e  che  soltanto  con 
più  convenienza  può  credersi  avere  servito  per  determinare  la  vera  estre- 
mità meridionale  della  base  di  Boscovich,  come  si  è  poc'anzi  accennato.  Tale 
monumento  vedesi  costrutto  internamente  con  l'opera  cementizia  formata 
per  più  gran  parte  di  selci  ;  ed  esternamente  doveva  essere  adornalo  con 
marmi;  giacché  se  ne  rinvennero  nel  suo  d'intorno  diversi  frammenti  scolpiti 
in  modo  da  dimostrare  una  fattura  del  tempo  medio  dell'  impero. 

MEMORIE  DEL  LATO  DESTRO.  Parimenti  quasi  d'incontro  al  luo- 
go, in  cui  fu  eretto  l'anzidetto  pilastro  terminale,  nell'opposto  lato  si  sono  di- 
scoperte altre  reliquie  che  primieramente  si  palesano  per  avere  appartenuto 
ad  un  piccolo  sepolcro  adornato  con  marmi,  del  quale  esiste  ancora  un  sar- 
cofago ;  e  quindi  ne  succedono  altre  che  si  vedono  avere  costituito  un  altro 
sepolcro  costrutto  con  quella  specie  di  opera  reticolare  che  si  appropria  ai 
primi  anni  dell'  impero,  come  vedesi  impiegata  a  lato  di  alcuni  locuh  inca- 
vati nel  muro  e  circondati  da  piccole  pietre  squadrate  secondo  il  medesimo 
metodo  di  struttura.  Di  seguito  vedonsi  reliquie  appartenenti  ad  un  sepolcro 
costrutto  con  buona  opera  laterizia,  del  quale  sussiste  di  conservato  però  so- 
lamente il  piantalo.  Succedono  altre  reliquie  di  un  monumento  costrutto  col- 
l'opera  reticolare  ;  e  quindi  alcuni  frammenti  di  marmi  scolpili  e  di  piccole 
colonne  che  dovettero  essere  slate  impiegate  all'adornamento  di  alcuni  non 
grandi  sepolcri  eretti  negli  ultimi  tempi  dell'impero. 

TERMINE  DELLA  VIA  RISTABILITA.  Con  le  indicate  rehquie  di 
varii  sepolcri  comuni  si  giunge  da  vicino  alle  fabbriche  moderne  che  costi- 
tuiscono l'osteria  delta  delle  Frattocchie.  ove  la  strada  moderna  di  Albano 


200  VTA    APPU    PARTE    XII, 

venne  portata  a  coincidere  sulla  direzione  dell'antica  via  Appia  ;  e  perciò  a 
tale  luogo  di  congiunzione  ebbe  termine  la  scavazione  fatta  per  lo  scuopri- 
mento  e  per  la  restituzione  della  parte  abbandonata  della  medesima  via.  In 
tale  termine  è  da  osservare  primieramente  che  il  suolo  della  via  antica  si 
vede  essersi  in  miglior  modo  conservato  che  nelle  precedenti  sue  parti  ;  ed 
ivi  trovasi  esso  distare  tra  le  crepidini,  pure  conservate,  di  metri  4,  270,  cioè 
sempre  eguale  con  poca  varietà  a  piedi  romani  1 4,  come  già  fu  spesso  osser- 
vato. Quindi  in  tutta  la  estensione  della  stessa  via,  nonostanti  i  grandi  rista- 
bilimenti fatti  nel  medio  evo,  non  sussistevano  quelle  varietà  di  dimensioni 
nella  sua  larghezza,  che  furono  da  alcuni  scrittori  moderni  determinate.  Inol- 
tre è  d'uopo  osservare  che  la  maggior  mancanza  di  monumenti  antichi  nei  lati 
della  stessa  ultima  parte  della  via  ristabilita  si  suole  attribuire  ai  diversi  sca- 
vi che  furono  fatti  verso  il  fine  del  secolo  trascorso  da  Tommaso  Jenkins; 
come  si  contesta  da  un'apoca  privata  che  si  conserva  nell'archivio  della  casa 
Colonna  relativa  al  fondo  di  Marino  di  sua  proprietà,  e  che  fu  stabilita  il 
giorno  4  febbraio  1780,  colla  quale  venne  dato  il  permesso  al  suddetto  signo- 
re inglese  di  fare  scavi  nella  tenuta  delle  Fratlocchie  tanto  a  destra  verso  le 
mura  della  Polledrara  superiormente  alle  Frattocchie,  quanto  inferiormente 
a  tali  fabbriche,  ove  precisamente  corrispondeva  la  indicata  estrema  parte 
della  via  antica,  come  in  particolare  venne  fatto  osservare  dall'anzidetto 
astronomo  Ricchebach,  nel  suo  esame  sulla  triangolazione  del  Boscovich,  per 
dimostrare  che  dopo  la  misura  della  base  fatta  a  tale  oggetto  erano  accaduti 
grandi  sconvolgimenti  nel  suolo  da  vicino  all'osteria  delle  Frattocchie  ;  per- 
cui  il  terreno,  avendo  cambiato  aspetto,  era  difficile  di  riconoscervi  quanto 
era  stato  accennato  dal  Boscovich  stesso  a  riguardo  dell'estremità  meridiona- 
le della  medesima  base  che  corrispondeva  nel  luogo  stesso. 

CONTINUAZIONE  DELLA  VIA  SINO  ALLA  COLONNA  DEL 
DUODECIMO  MIGLIO.  Onde  dare  compimento  a  quanto  si  è  prescritto  a 
questa  esposizione  si  rende  necessario  di  continuare  a  percorrere  la  via  al- 
meno sino  alla  colonna  del  duodecimo  migho,  nonostante  che  non  si  sieno 
fatte  scoperte  per  essersi  conservata  la  via  moderna  sulla  direzione  dell'antica. 
Primieramente  è  da  osservare  che  a  destra  dopo  le  fabbriche  delle  Frattoc- 
chie devia  la  via  Netunnense  che  sembra  conservare  con  poca  varietà 
l'andamento  della  via  antica  che,  separandosi  in  tale  luogo  dalla  via  Appia . 
metteva  ad  Anzio;  poiché,  inoltrandosi  alquanto  lungo  essa,  si  trovano  tracce 
di  antico  suolo  ed  alcune  relique  di  sepolcri.  Quindi  alcun  poco  dopo  tale  de- 
viazione vedonsi  rehquie  di  mura  appartenenti  evidentemente  ad  un  antico 
sepolcro;  ciò  che  serve  a  dimostrare  non  essersi  sino  a  quel  luogo  mai  protratte 


TRA    IL   MIGLIO    XI.    ED    IL    XII.  201 

le  abitazioni  dell'antica  Boville  che  di  seguito  si  prende  a  descrivere;  men- 
tre successivamente  per  lungo  spazio  non  si  trovano  più  in  tale  parte  della 
via  alcune  reliquie  che  con  più  certezza  si  possano  appropriare  a  monumenti 
sepolcrali,  che  non  potevano  sussistere  colla  corrispondenza  dell'indicata 
antica  città.  Nel  lato  sinistro  poi  alcun  poco  prima  della  stradella ,  che  tra- 
versa la  via,  si  trovano  mura  antiche  che  sembrano  avere  appartenuto  ad 
alcun  ragguardevole  monumento.  IMa  anche  più  grande  reliquia  si  vede  sor- 
gere di  seguito  nel  lato  stesso  che  consiste  nel  nucleo  di  struttura  cementizia 
che  doveva  appartenere  ad  un  distinto  ed  ampio  antico  sepolcro  di  forma 
rotonda,  il  quale  era  evidentemente  rivestito  ed  adornato  con  alcuna  nobile 
decorazione  in  marmo,  di  cui  però  rimangono  solamente  tracce  dei  collega- 
menti :  e  non  si  sono  neppure  conservate  memorie  per  determinare  in  qualche 
modo  la  sua  pertinenza.  Alcun  poco  dopo  tale  monumento  si  è  riconosciuto, 
in  seguito  della  continuazione  della  spesso  ricordata  diligente  operazione 
fatta  per  determinare  la  corrispondenza  delle  miglia  antiche  lungo  la  via 
Appia,  essersi  dovuto  trovare  la  colonna  denotante  il  miglio  XII  alla  distanza 
di  quella  indicante  lo  stesso  miglio  della  via  moderna  di  metri  385 ,  250. 
Se  la  diversità  tra  le  stesse  colonne  migliane  si  trova  in  tale  posizione  essere 
così  poco  ragguardevole,  mentre  la  via  moderna  percorre  una  linea  tortuosa 
ed  assai  più  lunga  di  quella  prescritta  dal  rettilineo  proprio  dell'antica  via, 
si  deve  ciò  attribuire  all'avere  la  via  moderna  principio  dalla  porta  ora  detta 
di  S.  Giovanni  stabihta  nella  cinta  delle  mura  Aureliane,  mentre  la  via  antica 
aveva  cominciamento  dalla  porta  Capena  esistente  un  miglio  circa  più  verso 
l'interno  della  città  e  stabilita  nella  cinta  delle  mura  di  Servio  Tullio;  e  così 
può  calcolarsi  di  essere  circa  di  un  migHo  e  mezzo  la  via  antica  più  breve 
della  moderna  quando  tutte  e  due  si  considerino  partire  da  un  equidistante 
capo.  Da  vicino  all'indicata  colonna  migliaria  si  trova  a  destra  un  viottolo 
che  mette  al  circo  ed  alle  principali  reliquie  che  si  appropriano  alle  fabbri- 
che dell'antica  città  di  Boville,  che  vennero  erette  però  dopo  che  essa  fu  ri- 
dotta a  municipio  romano  in  aggiunzione  alla  più  vetusta  città  latina,  la 
quale  doveva  stendersi  alquanto  più  verso  il  termine  del  decimoterzo  miglio, 
ove  rimangono  altre  reliquie  ed  in  particolare  sostruzioni  di  mura,  che  ser- 
vono anche  a  dimostrare  avere  la  via  antica  corrisposto  alquanto  più  a  destra 
dell'attuale  via  di  Albano,  come  verrà  dichiarato  nella  protrazione  della  de- 
scrizione della  stessa  via  sino  alla  stazione  dell'Ancia  che  mi  sono  proposto 
di  esibire  in  altra  esposizione.  Pertanto  gioverà  avere  indicato  siffatte  cir- 
costanze onde  potere  meglio  nelle  seguenti  osservazioni  distinguere  le  parti- 
colarità principali  di  tale  antica  città  del  Lazio. 

26 


202  VIA    APPIA    PARTE    XII. 

BOVILLE.  Il  tenninc  prefisso  a  questa  esposizione,  essendosi  stabilito 
corrispondere  nel  luogo  in  cui  esisteva  la  vetusta  città  di  Boville,  così  ne 
consegue  la  necessità  di  esibirne  una  descrizione.  Però  limitandoci  allo  scopo 
attribuito  alla  stessa  esposizione,  non  ci  faremo  a  ricercare  quale  fosse  la  ori- 
gine e  lo  stato  di  prosperità  e  grandezza  che  era  giunta  ad  ottenere  la  stessa 
città  antica  nei  tempi  che  precedettero  lo  stabilimento  della  via  Appia,  essen- 
dosene di  ciò  già  più  opportunamente  esibita  una  dimostrazione  in  altre  mie 
opere;  e  solo  gioverà  accennare  che  tale  città,  benché  già  esistesse  al  tempo 
della  fondazione  di  Roma ,  pure  non  si  poteva  comprendere  tra  le  trenta  che 
costituivano  l'antica  lega  latina,  e  che  dopo  la  distruzione  fatta  di  Alba-lunga, 
sotto  il  regno  di  Tulio  Ostilio ,  i  bovillensi ,  adattando  il  nome  di  albani-lun- 
gani,  conservarono  pure  i  diritti  che  spettavano  alla  detta  città  distrutta  a  cui 
fu  sostituita  Boville  (1).  Ma  si  rende  necessario  l'osservare  quanto  si  narra 


(1)  Si  veda  il  Voi.  V  della  mia  opera  intitolata  Storia  e  topografia  della  Campagna 
Romana  antica,  pubblicata  nelPanno  1839,  ove  si  prendono  a  considerare  tutte  le  più  ve- 
tuste memorie  delle  antiche  città  del  Lazio.  E  principalmente  si  è  fatto  conoscere  che  tale 
città  si  dovette  rendere  di  qualche  considerazione  solo  dopo  la  rovina  di  Alba-lunga  e  non 
essere  compresa  nelle  trenta  colonie  degli  albani  che  costituivano  propriamente  la  vetusta 
lega  latina;  e  ciò  è  dimostrato  anche  nella  mia  dissertazione,  sulle  trenta  Colonie  Altane, 
inserita  nel  Tom.  X  degli  Atti  della  Accademia  romana  di  Archeologia.  Si  è  da  tale  accre- 
scimento che  gli  abitanti  di  essa  vennero  distinti  con  il  nome  di  Albani  Longani  Bovil- 
lensi, come  vedonsi  in  particolare  ripetuti  in  tre  iscrizioni  antiche  riportate  dal  Fabretti 
e  relative  al  municipio  di  Boville,  in  cui  si  denotano  i  decurioni  colla  distinzione:  albani 
LONGANI  BOviLLENSES.  (Inscript.  Cap.  VI.  Pag.  456,  XVI.  N.  74  e  lò.J  Quindi  precipua- 
mente in  seguito  della  speciale  considerazione  fatta  su  di  una  notizia  di  Diodoro,  conser- 
vataci da  Eusebio,  si  venne  a  conoscere  che  il  nome  di  Boville,  registrato  nel  novero 
delle  colonie  albane  inviate  sotto  il  regno  di  Latino  Silvio,  che  si  trova  riferito  da  Sesto 
Aurelio  Vittore  (Orig.  Geni.  Romanae.  e.  XVII),  si  deve  credere  essere  stato  trascritto  in 
vece  di  Boia,  come  per  eguale  errore  fu  registrato  Locri  in  vece  di  Labico  ;  poiché  nella 
suddetta  più  autorevole  memoria  vedesi  annoverato:  Roilum,  quam  nonulli  Bolam  dicunt, 
(Eusebio,  Cronic.  Lib.  Prior.  e.  46J,  come  fu  dimostrato  ampiamente  nelle  citate  mie  opere. 
Da  Properzio  poi,  volendo  egli  indicare  la  piccolezza  della  primitiva  Boma  fabbricata  da 
Romolo,  la  dice  anche  più  piccola  della  meno  suburbana  Boville  in  confronto  di  Gabi  e 
di  Alba-lunga  : 

Quippe  suburbanae  parva  minm  Urbe  Bovillae 
Et  qui  mine  nulli,  maxima  turba  Gabii; 

Et  stetit  Alba  polens,  albae  suis  omne  nata, 
Hac,  ubi  Fidenas  longe  erat  ire,  via. 

(Properzio.  Lib.  IV.  Elegia  I.  v.  31  e  segg:J 


TRA    IL    MIGLIO   XI.   ED    IL    XII.  203 

sul  ben  noto  avvenimento  di  Coriolano  ;  poiché ,  mentre  nulla  di  ben  certo  e 
chiaro  si  riferisce  di  Boville  nelle  narrazioni  delle  prime  conquiste  fatte  dai 
romani  ed  in  particolare  nella  descrizione  dell'avvicinamento  a  Roma  degli 
albani  nel  tempo  di  Tulio  Ostilio,  nelle  quali  da  Alba-lunga  al  luogo  dei  loro 
alloggiamenti,  posti  a  cinque  migUa  distanti  dalla  città,  non  si  fa  menzione 
di  Boville  che  si  trovava  nello  spazio  frapposto  agli  stessi  due  luoghi,  si  rin- 
viene poi  esposto  in  particolare  da  Dionisio  e  da  Plutarco  che  i  volsci  co- 
mandati da  Coriolano,  dopo  di  avere  soggiogato  la  vera  città  di  Boia,  con 
Labico,  Pedo,  Corbione  e  Coriolo,  si  portarono  a  Boville  prima  di  passare 

Però  dopo  la  distruzione  di  Alba-lunga,  accaduta  in  seguito  del  ben  noto  avvenimento 
sotto  il  regno  di  Tulio  Ostilio,  dovette  Boville  acquistare  qualche  maggiore  prosperità  ed 
essere  in  certo  modo  sostituita  alla  detta  città  distrutta  nei  diritti  che  essa  aveva  di  par- 
tecipare alla  distribuzione  delle  carni  che  si  faceva  nelle  Ferie  latine,  secondo  ciò  che 
venne  accennato  da  Cicerone,  ma  però  ridotta  al  suo  tempo  come  Labico  e  Gabi  a  non 
avere  più  persone  da  deputare  a  tale  effetto:  Nisi  forte  te  Lavicana,  aut  Cabina,  aut 
Bovillana  vicinitas  adiuvaòat;  quibus  e  municipiis  vix  jam,  qui  carnem  Latinis  petant,  in- 
veniuntur.  (Cicerone,  Pro  Piando,  e.  9.J  II  nome  di  Boville  fu  poi  spesso  cambiato  con 
quello  di  Boia  o  Bolla,  città  più  insigne  e  compresa  nelle  trenta  colonie  albane.  Quindi 
resta  dubbioso  se  anche  la  indicazione,  che  leggesi  in  Lucio  Floro,  si  debba  appropriare 
più  a  Boville  che  a  Boia  ;  giacché  si  trova  ricordata  unitamente  a  Veruli  a  cui  corrispon- 
deva più  da  vicino  Boia  che  Boville:  De  Veruìis  et  Borilìis,  piides,  sed  triumphavimus. 
:(Epitom.  Lib.  I.  e.  ll.J  Così  è  eziandio  dubbia  la  sussistenza  dei  bovillensi  nel  novero  tra- 
mandato da  Dionisio  dei  popoli  del  Lazio  che  nell'anno  2ó8  sottoscrissero  nel  consiglio 
tenuto  a  Ferentino  d'imprendere  la  guerra  contro  i  romani;  poiché  sono  trascritti  in 
vario  modo  nei  testi  che  si  hanno;  però  è  da  credere  che  il  primo  dei  due  nomi  riferiti 
sotto  la  lettera  B  dell'alfabeto  latino  si  debba  attribuire  ai  bovillensi,  i  quali  sono  più  co- 
munemente scritti  in  questo  modo:  BifaXaviv,  Bsu^Scviavuv.  (Dionisio.  Lib.  V.  e.  &1.J  A 
credervi  i  bovillensi  compresi  si  presta  opportunamente  la  osservazione  già  fatta  sull'avere 
essi  sostituito  gli  albani  dopo  la  distruzione  della  loro  città  nella  indicata  rappresentanza 
della  unione  latina;  giacché  nello  stesso  novero  sotto  la  lettera  A  sono  registrati  solo  gli 
ardeatini  e  gli  aricini,  mentre  si  sarebbero  dovuti  comprendere  gli  albani  se  non  avessero 
cessato  di  esistere.  Questa  circostanza  serve  vieppiù  a  contestare  la  indicata  sostituzione, 
e  non  la  primitiva  pertinenza  alle  trenta  città  colonizzate  dagli  albani.  Si  conferma  in 
c«rto  modo  lo  stesso  stato  di  prosperità  dei  bovillensi  in  circa  tale  epoca ,  con  quanto  ve- 
desi  narrato  da  Ovidio  (Fasti.  Lib.  IH.  v.  654  e  segg.)  su  di  Anna  Perenna,  che  era  di 
Boville,  la  quale  aveva  potuto  ottenere  di  recare  copioso  vitto  alla  plebe  romana  allorché 
si  era  rifuggiata  al  monte  Sacro.  Nella  quale  circostanza  Ovidio  indica  Boville  come  luogo 
suburbano.  Di  poco  interessamento  poi  sono  per  lo  scopo  nostro  le  notizie  che  vennero 
esibite  sull'origine  del  nome  Boville  da  un  bue  che  vi  giunse  ferito,  come  in  particolare  si 
spiega  da  Nonio  Marcello  al  Cap.  II. 


204  VIA    APPU    PARTE    XII. 

alle  fosse  Cluilie  poste  a  cinque  miglia  distante  da  Roma,  come  già  fu  di- 
mostrato. In  specie  da  Dionisio  si  dice  essere  stala  in  allora  Boville,  indi- 
cata da  esso  per  errore  col  nome  Boia  di  già  ricordato,  città  cospicua  ed  an- 
noverata tra  le  prime  dei  latini,  ed  essere  stata  ben  munita;  giacché  i  bo- 
villensi  si  difesero  primieramente  dalle  mura  5  poscia ,  facendo  una  uscita 
dalle  porte,  poterono  costringere  i  volsci  a  discendere  verso  il  basso  con 
grave  perdita  :  ma  però  Coriolano,  ritornando  alla  pugna,  giunse  a  prendere 
le  mura  ed  impadronirsi  della  città,  dalla  quale  trasse  tanta  preda  quanta 
mai  ne  ebbe  da  alcun  altra  città  conquistata  (2).  Particolarmente  poi  da 
Plutarco,  confermandosi  la  stessa  circostanza  di  essere  stata  la  città  di  Bo- 
ville cinta  da  forti  mura  e  collocata  in  luogo  eminente,  si  accenna  avere 
essa  corrisposto  a  non  piiì  di  cento  stadii  distante  da  Roma ,  cioè  secondo 
il  computo  più  approvato  dodici  miglia  e  mezzo  (3).  Dalle  indicate  due 
principali  circostanze  si  può  stabilire  che  la  piìi  antica  città  di  Boville  do- 
veva essere  collocata  in  luogo  alquanto  eminente  ed  alpestre  precipuamente 
dalla  parte  meridionale,  dalla  quale  è  da  credere  che  fossero  venuti  i  volsci 
ad  attaccarla ,  e  che  si  trovasse  distare  da  Roma  per  l'estensione  della  sud- 
detta misura,  benché  non  si  fosse  in  allora  ancora  stabiUta  la  via  Appia. 
E  ciò  solo  si  trova  concordare  avere  potuto  corrispondere  su  quella  eleva- 
zione che  traversa  l'attuale  strada  di  Albano  alcun  poco  dopo  la  colonna 
del  duodecimo  miglio.  Quiidi  allorché  Appio  Claudio  imprese  a  formare 


(2)  'A:tÒ  df  TavTY];  civccar/iGu;  r/]?  nóXi'^;,  ■cXccjvì  tsv  Gzpu-c-^  knt  Bo/.à;,  {BsO.là:) 
int'^xv^  T£  Tci£  ovGXv,  x«£  £v  cHyMZ  Ticcjv  zcùg  v375U|a/yaic  rcO  Aocrivav  '^jvjovs;  nokiotv 
è^STasc/ASV/jv.  ci)  ;r|5Cf7S£^C(|a5'vcov  S'  aùràv  rwv  É'vSsv,  &:A),«  tw  r  ipvnart  n'.crsvivzav 
i'/ypat  73  spsSps:  ivzi,  xuì  za  tiXvjSc!  twv  «ti'  uvzsv  ixxyri'7oixivc-iv,  napay.càJ'jxz  z'/jv  Sv- 
voLp.vj  «■ywvj'^cffSat  -po5v[j.(>ìg,  xai  zcìg  npcózoig  km^xci  rsù  zir/_ou;  p.vjóù,xt  àupBoì; 
'ò-oiy/_6u.£Vog,  ip-pv  z'iyizc-  y.xì  'jiv-zai  mpì  zuvzyi  zf,  nóhi  [xayj/ììtcipzspix.  ov  -/àp  /jlcvsv 
ani  zov  zsiyov^  Yifxvvovzo  zov;  npoaióvzx:  ci  BwXayoì,  {BoDXavot)  òXXà  xai  za;  ùvloc: 
mo'i^xvzii  i^i3-5V  vBpóot,  koù  liuzà.  zov  npmoù;  kaSovv  ^ia  zcv;  éfftaza[ivjovz'  (Dioni- 
sio. Lib.  Vili.  e.  20.  Di  seguito  si  descrive  dallo  stesso  storico  la  distruzione  ed  il  massa- 
cro che  fecero  i  volsci  allorché  poterono  entrare  nella  città,  e  la  preda  grande  che  ri- 
portarono in  modo  da  superare  quanto  avevano  essi  preso  dalle  altre  città  latine  conqui- 
state. Così  Boville  dovette  assai  per  poco  tempo  godere  della  sua  prosperità. 

(3)  Ette!  5i  y.'A  BóXt.x-  iBc'ùla;)  nLhv  su  tù.u-jv^  oza^'iovi  iy.a.ziv  à.n{yj:u<sx-J 
zyj:  Pcùa-fiz.  ,'^Plutarco,  in  Marcio  Coriolano.  e.  29.J  Anche  da  questo  scrittore  si  asserisce 
che  dopo  di  essere  stata  Boville  soggiogata  dai  volsci,  ne  trassero  essi  ricchissima  preda  e 
vi  uccisero  tutti  gli  abitanti  che  avevano  passato  la  pubertà,  e  che  erano  in  stato  di  trat- 
tare le  armi. 


TRA    IL    MIGLIO    XI.    ED    IL    XII.  205 

.stabilmente  la  via  Appia,  o  forse  meglio  quando  Cajo  Gracco  fece  eseguire 
grandi  tagli  e  costruire  ponti  per  portare  le  vie  in  piano  ed  in  linea  retta 
quanto  più  era  possibile,  si  dovette  troncare  la  detta  elevazione  e  palesa- 
ineute  anche  la  parte  della  vetusta  città  che  s'incontrava  in  tale  linea; 
poiché  dopo  la  distruzione,  che  fecero  i  volsci  comandati  da  Coriolano,  non 
dovette  piiì  Boville  offrire  grande  ostacolo  per  non  continuare  la  via  anzi- 
detta in  hnea  retta;  e  le  abitazioni  dei  bovillensi  dovettero  essere  con- 
servate solo  nella  parte  destra  della  via.  Infatti  solo  sino  a  Boville  si  co- 
nosce coll'autorità  di  Livio  essersi  nell'anno  459,  cioè  anni  dieciotto  dopo 
lo  stabilimento  di  Appio  Claudio,  coperto  il  suolo  della  via  Appia  con 
selci,  come  già  fu  dimostrato  (i).  A  confermare  essere  stata  la  città  stes- 
sa non  più  in  stato  di  prosperità  dopo  la  detta  epoca  e  ridotta  senza  mura, 
serve  quella  notizia  che  venne  tramandata  nel  libro  sulle  colonie  attri- 
buito a  Giulio  Frontino,  con  cui  si  accenna  che,  per  la  legge  Sillana,  Bo- 
ville oppido  venne  circondato,  e  prescritto  che  non  fosse  dato  il  passo  al 
popolo,  e  l'agro  suo  l'occuparono  i  militi  veterani  che  l'ebbero  in  sorte; 
perciocché  non  sarebbero  le  sue  terre  state  tolte  ai  bovillensi  se  essi  aves- 
sero goduto  di  un  qualche  potere,  e  non  sarebbe  stato  necessario  di  cir- 
condarla di  nuovo  se  avesse  conservata  la  vetusta  cinta  delle  sue  mura  (5). 
Benché  in  tale  notizia  non  si  dica  Boville  propriamente  munita  o  circon- 
data con  mura,  come  si  accenna  per  altri  luoghi  colonizzati,  pure  si  deve 
credere  essere  stata  circondata  con  alcuna  nuova  cinta  ;  e  quest'opera  do- 
vette necessariamente  verso  la  via  Appia  adattarsi  al  suo  rettilineo.  E  si  é 
con  tale  stabilimento  che  Boville  dovette  essere  costituita  a  municipio  ro- 
mano secondo  la  indicata  legge,  che  doveva  corrispondere  alla  Cornelia 
sui  municipii.  Più  circostanziate  notizie,  di  essere  stata  successivamente  Bo- 
ville posta  lungo  la  via  Appia ,  si  hanno  dalle  diverse  descrizioni  sull'ucci- 
sione di  Clodio  ;  poiché,  mentre  dall'abbreviatore  di  Livio  e  da  Vellejo  Pa- 

(4)  Eodem  anno  (459)  via  a  Martis  silice  ad  Bovilìas  perstrata  est.  (Livio.  Lib.  X. 
e.  il.J  Per  le  opere  imprese  a  farsi  lungo  le  vie  da  C.  Gracco  si  vedano  le  notizie  pre- 
liminari esposte  in  principio  di  questo  Volume. 

,5)  Bobillae,  oppidum,  lege  SuUana  est  circum  dacia;  iter  jiopulo  non  debetur,  ayriim 
ejus  ex  occupatione  milites  veterani  tenuerunt  in  sorte.  (Lib.  L  Coloniarum,  Campania.  Groma- 
tici  Veteres  ex  recensione  Cor.  Lachmanni.J  L'indicazione  circum  ducta  o  circum  duclum,  se- 
condo le  diverse  varianti,  sempre  doveva  denotare  essersi  fatta  alcuna  nuova  cinta; 
quantunque  non  si  sia  impiegata  la  espressione  munita,  come  vedesi  praticata  nella  noti- 
zia dell' Aricia,  nò  quella  muro  ducta,  come  si  prescrive  ad  Anagni  ed  a  diversi  luoghi  an- 
noverati nello  slesso  lihro. 


206  VIA    APPIA    PARTE    XII. 

tercolo  si  dice  accaduto  un  tale  avvenimento  lungo  la  via  Appia  in  vici- 
nanza di  Boville,  e  così  pure  da  Appiano,  si  trova  poi  chiaramente  e  ripe- 
tutamente attestato  da  Cicerone  essere  ciò  avvenuto  propriamente  nella 
stessa  via  Appia  senza  punto  far  menzione  di  Boville,  e  solamente  dal  suo 
commentatore  Asconio  Pediano  si  fa  conoscere  che  Clodio,  dopo  di  essere 
stato  ferito  nella  via  Appia  in  vicinanza  del  sacello  della  Buona  Dea ,  fu 
trasportato  nella  prossima  taberna  di  Boville,  e  poscia  fu  trasferito  di  nuovo 
nella  via  per  ucciderlo  (6).  Da  queste  ultime  notizie  si  vuole  comunemente 

(6)  P.  Clodii,  a  T.  Annio  Milane,  candidato  considatus,  Appia  via  a  Bovillas  occisi, 
corpus  plebs  in  curia  cremavit.  (Epit.  di  Livio.  Lib.  CVII.J  Quo  tempore  Publius  Clodius  a  Mi- 
lane, candidato  cansulatus,  extemplo  inutili,  facto  salutari  reip.  circa  Bovillas  cantracta  ex  occur- 
su  rixtt,  iugulatus  est.  fVellejo  Patercolo.  Lib.  IL  e.  il.J  K).i)0£5U  3'  è^  ìBìwj  yupiwv  krioi- 
-jió-jro;  ine  ìnnov,  xckÌ  moi  BjiXXxj  c/.nocjzriaccjzoz  aùzY  ol  u.sv  xazà  tó-j  iySpTJ  ùnst- 
SwTO  fjtsvjv  u}}.-/ì\ou:,  Kxl  na.pii^iv'jOCJ'  9cpx~(à'j  de  tsO  MiJ.aovc;  STiiSpafioòv  tì  K),(mSj5o, 
zhi  xvKilcva nivo:,  iW  itz,  ì-yOpò'J  dianòrov  zthjvsov,  Inara^av  I?  rò  ^cTX'pp-vov  ^iftèccò. 
K«!  tìv  (xiv  u'i[iQat  pcóixvjov  kg  ts  nXvjfficv  rraySsxijsv  ò  tnTioxspio;  ìai(fipzv.  'O  òi  Mt'- 
?,wv  [Xiiù.  tìv  Bipunc'j-a'j  Iniaza;,  hi  kiJ.T:ycuv,  vj  y.cà  VcXpòv,  inxvS'kzv  (Appiano,  Guerre 
Civili.  Lib.  II.  e.  21.y  Da  Cicerone  poi  si  ripete  spesso  nella  sua  orazione  a  favore  di  Mi- 
lone  essere  la  morte  di  Clodio  accaduta  nella  via  Appia:  qmim  caedem  in  Appia  via  faclam 
esse  constaret.  (e.  ìt.)  Tidtt  enitn  de  caede,  quae  in  Appio  via  facto  esset,  in  qua  P.  Clo- 
dius occisus  est.  (e.  6.j  Nunc  eiusdem  Appiae  nomen  quantas  tragaedias  excilat?  'e.  l.ì  Occi- 
sum  esse  a  servis  Milonis  in  Appia  P.  Clodium.  (e.  21. J  E  di  seguito  ne  descrive  anche  alcu- 
ne particolarità  senza  mai  fare  menzione  di  Boville;  e  solo  si  suole  attribuire  al  medesimo 
avvenimento  la  indicazione,  sexagesimo  et  quingentesime  post  pugnarti  Bovillam,  che  si  vede 
registrata  nella  lettera  decimaterza  del  Libro  V  scritta  ad  Attico  da  Efeso.  Però  da 
Asconio  Pediano  si  trovano  riferite  le  seguenti  particolarità  sul  medesimo  avvenimento  : 
Occurrit  ei  circa  horain  nonam  Clodius  paulo  ultra  Bovillas,  rediens  ab  Arida,  prope  eum 
locum,  in  qua  Bonae  Deae  sacellum  est.  Erat  autem  allocutus  decuriones  Aricianorum.  Vehe- 
batur  Clodius  equo.  Servi  xxx  fere  expediti,  ut  ilio  tempore  mas  erat  iter  facientibus,  gla- 
diis  cincti  sequebatur.  Erant  cum  Clodio  praeterea  tres  cotnites  eius,  ex  quibus  eques  Ro- 
manus  unus  C.  Cassinius  Schola,  duo  de  plebe  novi  homines,  P.  Pomponiìis ,  C.  Clodius. 
Milo  rheda  vehebatur,  rum  uxore  Fausta  (ilia  L.  Sullae  dictatoris,  et  M.  Fusio  familiari  suo. 
Sequebatur  eos  magnum  servorum  agmen;  inter  quos  gladiatores  quoque  erant,  ex  quibus  duo 
noti,  Eudamus,  et  Birria.  Hi  in  ultima  agmine  tardius  euntes,  cum  servis  P.  Clodii  rixam 
commiserunt.  Ad  quem  tumuhum  quum  respexisset  Clodius  minitabundus,  humerum  eius  Bir- 
ria romphaea  traiecit.  Inde  quum  orto  esset  pugna,  plures  Miloniani  accurrerunt.  Clodius 
vulneratus  in  tabernam  proximam  Bovillano  delatus  est.  Milo,  ut  cagnovit  vulncratum  Clo- 
dium, quum  sibi  periculosius  indicium  vivo  eo  futurum  intelligeret,  accisa  autem  magnum 
solatium  esset  habiturus,  etiam  si  subeunda  esset  poena,  exturbari  tabernam  itissit.  Fuit  ante- 
signanus  servorum  eius  M.   Fustenus.  Atque  ita   Clodius  latens  extractus  est,  multtsque  rul- 


TUA    IL    MIGLIO    XI.    ED    IL    \II.  207 

dedurre  avere  la  via  Appia  trapassalo  t-ntro  Boville  ;  ma  olire  che  ciò  si 
oppone  alle  più  amorevoli  memorie  che  altestano  un  lale  avvenimenlo  ac- 
caduto nella  via  Appia  in  prossimità  di  Boville ,  è  contrario  anche  a  tutte 
le  altre  notizie  che  non  indicano  mai  avere  la  via  traversalo  la  città  stessa, 
ma  solo  percorso  lungo  il  lato  orientale,  come  è  poi  palesamente  dimo- 
strato dalle  molte  reUquie  di  sepolcri  che  esistono  lungo  il  lato  sinistro 
della  via  stessa  d" incontro  al  luogo  già  occupato  da  Boville.  che  non  avreb- 
bero mai  potuto  sussistere  se  la  città  si  fosse  protratta  dall'una  e  dall'altra 
parte  della  via.  Così  si  viene  a  stabilire  essere  stata  la  indicata  taberna  di 
Boville  collocala  nel  lato  del  municipio  che  corrispondeva  lungo  la  via  Ap- 
pia per  uso  dei  viaggiatori;  e  parimenti  lungo  la  stessa  via  doveva  esistere 
1  indicato  sacello  della  Buona  Dea.  Anche  altre  notizie  su  Boville,  in  rela- 
zione dei  primi  anni  dell'impero,  si  rinvengono  in  quelle  narrazioni  che  ci 
furono  tramandate  da  Svelonio  e  da  Dione  particolarmente  sul  trasporto 
del  cadavere  di  Augusto  da  Nola  a  Boma  ;  perciocché  in  tale  occasione  si 
dice  essersi  esso  depositato  a  Boville ,  da  dove  i  cavalieri  lo  presero  per  tra- 
sportarlo a  Roma  :  ma  non  è  in  nessun  modo  dichiarato  in  quale  edifizio  si 
fosse  collocato,  quantunque  sia  da  credere  che  ciò  accadesse  nella  basihca 
o  nel  più  cospicuo  tempio  come  si  fece  negli  altri  luoghi  (7).  Però  da 
Tacilo  si  asserisce  nel  finire  dell'anno  770,  cioè  Ire  anni  dopo  la  morte  di 
Augusto,  essersi  dedicalo  da  Tiberio  un  sacrario  alla  gente  Giulia  con  una 
effigie  del  divo  Augusto  presso  Boville  ;  e  quindi  in  tale  occasione  è  da  cre- 
dere che  si  stabilissero  giuochi  circensi  in  onore  della  slessa  genie  Giulia  ; 
poiché  dal  medesimo  storico  si  accenna  che  nell'anno  816  da  Nerone  si 
celebrarono  altri  giuochi  circensi  presso  Auzio  in  onore  delle  genti  Claudia 

neribus  confectus.  Cadaier  eius  in  via  relictum,  quia  servi  Clodii  aut  occisi  erant,  aut  gra- 
viter  sancii  latebant.  Sex.  Teditts  senator,  qui  forte  ex  rure  in  urhem  revertebatur,  sustidit, 
et  lectica  sua  Romani  ferri  iussit.  E  quindi  successivamente  aggiunse  :  Milonem  subito 
post  horam  quartam,  senatu  misso,  cum  servis  amplins  CCC  armatis  obviam  ei  contendisse, 
et  supra  Boviìlas  inopinantem  in  itinere  aggressum;  ibi  P.  Clodium  tribus  vulneribus  ac- 
ceptis,  Boviìlas  perlatum;  tabernam,  in  quam  profugerat,  expugnalam  a  Milane;  semianimem 
Clodium,  exlractum,  in  eia  Appia  occisum  esse,  annulumque  eius  ei  morienti  extracium. 
l'Asconio  Pediano,  in  Argum.   Orat.  prò  Milone.J 

(7)  Corpus  decuriones  municipiorum  et  coloniarum  a  Nola  Boviìlas  usque  deportarunt  ; 
Hoctibus,  propter  anni  tempus ,  quum  intcrdiu  in  basilica  cujusque  oppidi,  vel  in  aedium  sacra- 
rium  maxima  reponerelur.  A  Bovillis  equester  ordo  suscepit,  Urbique  intulil,  atque  in  vestibulo 
domus  collocavit.  Svetonio,  in  Augusto  e.  100.^  E  da  Dione  venne  contestato  in  circa  lo 
stesso  avvenimento  non  facendo  però  menzione  di  Boville.  ^Lib.  LVI.  e.  30  e  31. 


208  VIA    APPIA    PARTE    XII. 

e  Domizia  simili  agli  anzidetti  di  Boville  (8).  Vedendo  nelle  indicate  due 
notizie  da  Tacito  sempre  impiegata  la  determinazione  apud  Bovillas  per  de- 
notare il  luogo  del  sacrario  anzidetto  e  quello  dei  giuochi  circensi,  si  deve 
credere  che  tanto  l'edifizio  sacro  alla  gente  Giulia  quanto  il  circo,  in  cui  si 
celebravano  i  detti  giuochi,  stassero  non  precisamente  entro  il  circuito  di 
Boville,  ma  da  vicino.  Ed  infatti  mentre  già  si  è  potuto  conoscere  dalle 
precedenti  notizie  che  la  vetusta  città  doveva  essere  alquanto  più  distante 
dal  luogo  ove  esistono  le  principali  reliquie  superstiti  ed  in  una  posizione 
pili  elevata,  si  trova  poi  dichiarato  dalle  indicate  notizie  che  il  sacrario  ed  il 
circo  si  dovettero  collocare  da  vicino  all'antica  città  verso  Roma  in  modo 
precisamente  simile  a  quanto  venne  praticato  in  Roma  stessa  nell'aggiun- 
gere  i  circhi  ed  i  teatri  con  i  più  nobili  edifizj  della  prima  epoca  imperiale 
nel  campo  Marzio  che  stava  fuori  dall'antica  cinta  delle  mura  della  città. 
Così  il  luogo,  in  cui  si  trova  esistere  il  circo  di  Boville,  che  è  il  più  co- 
spicuo monumento  che  rimanga,  deve  considerarsi  quale  altro  campo  Mar- 
zio di  quel  municipio;  e  ad  esso  vicino  deve  credersi  posto  il  medesimo 
sacrario,  cioè  ove  esistono  nel  suo  lato  meridionale  reliquie  di  un  nobile 
edifizio,  e  non  mai  riconoscersi  in  quel  monumento  che  rimane  nell'opposto 
lato,  poiché  esso  si  trova  più  formato  a  guisa  di  sepolcro  che  di  edifizio  sa- 
cro. Siffatta  circostanza  vedesi  d'altronde  contestata  da  quanto  successiva- 
mente venne  esposto  dal  medesimo  Tacito  sull'avvicinanìento  dei  Vitelliani 
da  Terracina  a  Roma  nell'anno  82i;  poiché  primieramente  si  dicono  essersi 
le  loro  legioni  accampate  al  di  qua  di  Boville,  e  poscia  presso  allo  stesso 
municipio  ;  ciò  che  serve  a  dichiarare  avere  il  medesimo  luogo  corrisposto 
a  quel  campo  che  si  trovava  stabilito  nella  parte  settentrionale  verso  Roma, 
ed  ove  esistono  tuttora  le  reliquie  del  circo,  alle  quali  succede  un'area  piana 
che  si  stende  in  grande  ampiezza  e  capace  da  servire  all'  indicato  uso  di  ac- 
campamento militare.  Si  è  con  tale  aggiunzione  che  Boville  veniva  avvicina- 
ta a  Roma  dal  migho  duodecimo  all'undecimo,  e  reso  il  municipio  più  su- 


(8)  Fine  anni  (ITO) Sacrarium  genti  Juliae ,  effigiesque  Divo  Augristo 

api/d  Bovillas  dicantiir.  ,^Tacilo,  Ann.  Lib.  IL  e.  41.'  Ltidicrum  circense,  ut  Juliae  genti  apiid 
Bovillas,  ila  Claudiae  Domitiaeque  apud  Anlium  ederetur.  fJd.  Ann.  Lib.  XV.  e.  23. 

(9)  Civitas  pavida,  et  servitio  parata,  oceupari  redeuntem   Tarracina  L.  Vitellium  cum 
cohortibus,  exstingnique  reliqua  belli,  postulabal.  Praemissi  Ariciam  equiles  ;  agmen  legionum 

intra  Bovillas  sletit Tum  Vitelliani,  quos  apud  Bovillas  in  deditionem  acce- 

ptos  memoravi mus,  ceterique  per  Vrbem  nt  urbi  vicina  conquisi!,  producuntur  prope  inteclo  cor- 
pore.  (Tacito,  Uist.  Lib.  IV.  e.  '2  e  46.^ 


TRA    IL    MIGLIO    XI.    ED    IL    XII,  209 

burbauo  che  non  era  per  1  avanti,  come  venne  spiegato  in  particolare  da  Per- 
sio e  dal  suo  antico  scoliaste  (10).  Si  hanno  poi  particolari  memorie  che  se 
per  una  parte  accennano  essere  stato  il  municipio  di  Boville  ridotto  nei  pri- 
mi anni  dell'  impero  in  stato  assai  meschino  in  modo  che,  secondo  Cicerone, 
non  si  poteva  rinvenire  più  alcuno,  comeLabico  e  Gabi,  che  lo  rappresentasse 
nella  distribuzione  delle  carni  che  si  faceva  sul  monte  Albano  nelle  ferie  la- 
line,  ed  anche  non  ne  venisse  da  Strabene  fatta  menzione  nella  sua  descri- 
zione. Per  altra  parte  poi  si  conosce  che  Boville  dovette,  anche  prima  della 
dedicazione  fatta  da  Tiberio  dell'anzidetto  sacrario  della  gente  Giulia,  avere 
acquistato  alcun  benificio  ;  poiché  nelle  ultime  discoperte  fu  rinvenuta  una 
importante  iscrizione  relativa  ad  una  dedica  fatta  dalla  gente  GiuHa  a  Veio- 
ve  in  seguito  di  un  decreto  stabilito  a  norma  della  vetusta  legge  Albana,  la 
quale  dal  modo,  con  cui  vedesi  scritta  con  vocali  geminate,  si  venne  a  credere 
collocata  circa  nell'epoca  stessa  in  cui  fu  posta  quella  di  Marco  Cecilio  rin- 
venuta da  vicino  al  quinto  migho  (12).  Si  conoscono  poi  esservi  state  nelle 

(10 !  Alle  parole  di  Persio,  adcedo  Bovillas  Clivumque  ad  Virbi,  il  suo  antico  scoliaste 
ne  riferiva  la  seguente  spiegazione:  Bovilìae  sunt  vicus  ad  undecimum  lapidem  Appiae  viae, 
quia  aliquando  in  Albano  monte  ab  ara  fugiens  taurus ,  jam  consecratus ,  ibi  comprehensus  est. 
Inde  Bovilìae  dictae.  (Persio.  Sat.  VI.  v.  55.  ' 

(il)  Nisi  forte  Lavicana,  aut  Gabina,  aut  Bovillana  vicinitas  adiuvabal;  quibus  e  muni- 
cipiis  vix  jam  qui  carnem  Latinis  petant,  inveniuntiir.  (Cicerone,  Pro  Piando,  e.  9.J  Da  Stra- 
bene poi  nel  Libro  V,  descrivendo  il  Lazio  e  particolarmente  le  vie  che  uscivano  da  Ro- 
ma, a  riguardo  delKAppia  faceva  conoscere  solo  che  dopo  il  monte  Albano  lungo  tale  via 
esisteva  TAricia  a  cento  sessanta  stadii  distante  da  Roma,  senza  punto  far  menzione  di 
Boville  che  si  trovava  alcun  poco  prima;  mentre  egli  per  altra  parte  fa  menzione  pure  di 
Lanuvio  e  di  Tellene  con  altri  luoghi  circonvicini. 

(12)  La  indicata  iscrizione  si  rinvenne  scolpita  in  una  specie  di  ara  di  pietra  albana 
nella  di  cui  fronte  si  lesse  :  vediovei  .  patrei  |  genteiles  .  ivliei.  Ed  in  un  lato  legge  . 
ALBAANA  .  DiCATA  ,  OrelU.  Inscript.  1287.  Nibby,  Analisi.  Tom.  I.  pag.  321.;  Ultimamente 
il  dottor  Ritschel  [Monumenta  epigraphica.  Caput.  IH.  De  vocalibus  geminatisj  prese  a  con- 
siderare la  stessa  iscrizione,  e  servì  di  documento  per  meglio  determinare  l'epoca  in  cui 
s'impiegarono  le  vocali  doppie,  come  già  fu  osservato  descrivendo  quella  di  Marco  Cecilio 
rinvenuta  da  vicino  al  quinto  miglio;  ma  della  seconda  parte  della  suddetta  iscrizione 
riferisce  solo  la  imperfetta  lezione  .\ara  che  non  esprimerebbe  la  indicala  circostanza.  Pe- 
rò se  è  dubbiosa  questa  seconda  interpretazione,  si  trova  essere  certa  poi  la  prima  che 
di  comun  consenso  si  attribuisce  alla  gente  Giulia.  Quindi  è  d'uopo  osservare  che  nelle 
stesse  adiacenze  del  circo  fu  rinvenuto  un  frammento  d'iscrizione,  in  cui  leggesi:  .  .  .  st. 
e  ...  I  NiA  .  PVBL  ....  dal  quale  solo  si  può  dedurre  essersi  fatta  alcuna  opera  a  spese 
comuni  con  pecunia  pubblica. 

27 


210  VIA    APPIA    PARTE    XII. 

adiaceuze  del  medesimo  municipio  sino  dall'epoca  stessa  stabilite  diverse  no- 
bili ville  che  si  distinguevano  col  titolo  Bovillano,  tra  le  quali  si  annovera 
un  fundo  di  Cicerone  egualmente  denominato  (13).  Da  varie  iscrizioni  poi  si 
conosce  che  il  medesimo  municipio  doveva  continuare  in  qualche  modo  a 
prosperare  nella  successiva  epoca  imperiale,  senza  però  prendere  a  conside- 
rare quella  di  Marcio  Giunio  Monimo  liberto  di  Silano  che  si  riferisce  al- 
l'anno 784  e  che  venne  primieramente  pubbhcata  dal  Fabretti;  poiché  si 
asserisce  rinvenuta  in  una  vigna  posta  sotto  Marino,  e  perciò  doveva  appar- 
tenere a  Castrimonio  che  ivi  stava  collocato  e  che  era  stato  pure  dichiarato 
municipio  per  la  stessa  legge  Sillana  con  cui  fu  stabilito  Boville  ;  e  ad  esso 
solo  possono  convenire  le  indicazioni  della  porta  Mediana  e  del  rivo  delle 
acque  Albane  che  si  trovano  in  tale  iscrizione  denotate  (14).  Con  più  cer- 
tezza si  può  appropriare  a  Boville  la  iscrizione  di  C.  Dissinio  della  tribù 
Quirina  curatore  della  repubblica  dei  bovillensi,  e  di  Sesto  Sulpicio  Ter- 
tullo  e  C.  Tineo  sacerdote;  perchè  si  fa  menzione  della  dedica  fatta  di 
ordine  dei  decurioni  bovillensi  e  degli  augustali  di  una  certa  effigie  eretta 
avanti  ad  un  tempio  detto  Nuovo  per  onorare  evidentemente  Severiana  ver- 
gine Vestale  massima  albana  sorella  del  suddetto  Dissimo,  e  ciò  mentre  era- 
no consoli  M.  Civica  Barbaro  e  Regolo  nell'anno  910  di  Roma  (15).  Quale 

(13)  Fundum  audio  le  hunc  Bovillaniiin  velie  retinere.  ^Cicerone,  Ad  Quinttim  Fralrem. 
Lih.  IH.  Epist.  I. 

(14)  La  indicata  iscrizioue  venne  primieranienle  pubblicata  dal  Fabretti  alla  Pag. 
463.  N.  95  coir  indicazione  del  luogo  del  ritrovamento  Vinea  Bevilagua  sub  Marino.  La 
sussistenza  del  Castrimonio  nel  luogo  occupato  ora  da  Marino  si  comprova  con  altre  iscri- 
zioni rinvenute  nelle  sue  adiacenze  ed  in  particolare  con  quella  riferita  dal  medesimo  Fa- 
bretti alla  pag.  G88  e  dal  Grutero  alla  Pag.  CCCXVII.  N.  3.  Ed  ancbe  dal  Riccv  nelle  sue 
Memorie  su  Albano.  Quindi  la  riduzione  a  forma  di  municipio  si  dichiara  nel  Libro  I  delle 
Colonie  attribuito  a  Giulio  Frontino  al  titolo  Castrimoniitm  (Gromatici  Veteres.J  Le  acque, 
che  scorrono  a  Iato  di  Marino,  e  che  discendono  precisamente  dal  monte  Albano,  dovevano 
costituire  il  rivo  delle  acque  Albane  indicalo  nella  detta  iscrizione;  mentre  nel  luogo  in 
cui  esisteva  Boville  non  si  trovano  mai  avere  potuto  giungere  alcune  ragguardevoli  acque 
dal  medesimo  monte,  a  meno  che  non  si  volesse,  in  tale  rivo  riconoscere  l'emissario  del  la- 
go di  Albano  che  scarica  le  sue  acque  sotto  il  colle  in  cui  esisteva  Boville  :  ma  tutto  ciò 
che  è  espresso  in  tale  iscrizione  concorda  meglio  con  la  località  occupata  da  Marino,  ed 
anzi  si  rende  essa  importante  per  la  illustrazione  di  tale  luogo. 

15)  LOCVS  ADSIGNATVS  AB  C.  DISSIMO  C.  F.  QWina  |  CVRATORE  REIPVBLICAE  BO- 
VILLENSIVM  DEDicalUS  \  Vili.  K.  lANVAR.  SEX.  SVLPICIO  TERTVLLO  C.  TRSEIO  Sacer  |  DOTE. 
COS.  CVIVS  GB  DEDICATIONEM  DEDIT  ORDINA  .  deCUrì  |  ONVM  .  SING.  HS.  Villi.  ITE.M  .  OR- 
DINI.    AVfiVSTALIVM     SUig.     HS   |    QVOD     PEBMISERVNT    IN    CLVPEO.    «,IVOD    El    POSVERVN?    ante 


TRA    IL    MIGLIO   XI.    ED   IL    XII.  211 

sia  il  tempio  Nuovo,  ricordalo  in  tale  iscrizione,  non  bene  può  determinarsi  : 
però  se  si  dovesse  avere  riguardo  alle  memorie,  che  ci  sono  stale  conser- 
vate, si  dovrebbe  attribuire  a  quelledifizio  sacro  che  fu  dedicato  da  Tiberio 
in  onore  della  gente  Giulia,  che  pure  a  guisa  di  tempio  doveva  essere  costi- 
tuito: ma  anche  tra  l'anno  770,  in  cui  questo  venne  dedicato,  e  l'anno  910. 
epoca  a  cui  riferisce  la  suddetta  iscrizione,  vi  trascorse  anche  troppo  spa- 
zio di  tempo  per  credere  giusta  l'appropriazione  di  nuovo  surriferita  ;  percui 
essa  si  dovrà  attribuire  con  piti  convenienza  a  qualche  tempio  edificalo  da 
Antonino  Pio  o  da  Marco  Aurelio.  E  forse  ciò  accadeva  nella  slessa  epoca 
in  cui  si  fece  il  decreto  in  favore  dello  stesso  C.  Dissimo,  nel  quale  sono  di- 
stinti i  bovillensi  col  titolo  di  albani-longani  dalla  città  di  Alba-lunga  a  cui 
subentrò  Boville  in  alcuni  diritti,  come  già  fìi  osservato;  e  parimenti  in  al- 
tra di  P.  Sufenale  Mirone  che  ripetutamente  venne  riferita  dal  Fabretti,  il 
quale  ancora  ne  riporta  un'altra  che  è  relativa  ad  alcune  cose  sacre  (16). 
Più  importante  per  la  conoscenza  delle  fabbriche  esistenti  in  Boville,  an- 
che sino  all'epoca  degli  Antonini,  è  la  iscrizione  ben  cognita  riferita  pri- 

TEMPLVM  NOVM  (si'c)  FINGERE  EFFIGIEM  MA.  •  •  |  SEVERINAE  VIRGIISIS  ALBANAE  MAXimoe 
SOrORIS     SVAE.    POST     EXCESSVM    VITAE    EIVS.    hic  \    PRIMVS    COMITIA    MAGISTRATVVM     Crean- 

dorum  |  cavsa  institvit  m.  civica  barbaro  et  |  tegvlo  cos.  anno  vrbis  conditae  ■  .  •  ] 
coHSENTiENTE  .  .  .  Fvsco  cvRotóre.  (  OrelU.  N.  3701/  Dal  Marini  venne  la  stessa  iscri- 
zione riferita  con  più  esattezza  e  con  i  proposti  supplementi,  e  s'indica  scritta  sulla  pie- 
tra albana,  ed  esistente  al  suo  tempo  presso  il  Card,  de  Zelada.  (Marini,  Atti  e  Monu- 
menti dei  fratelli  Arvali.  Osserv.  Tav.  XLI.  pag.  654.' 

16,  e.  DISSENIO  1  e.  F.  QVIR.  FVSCO  |  U.VDRIANO  |  C.  DISSENIVS.  FVSCVS  |  PATER. 
UONORE  1  PVBLICE.  OBLATAE  |  STATVAE.  CONTENT.  SVA  ]  PEC.  FEC  |  C.  DISSENIO  QVIR.  | 
FVSCO.  PRAEF.  FABR  |  CVRATORI.  ET.  PATRONO  |  ALBANI.  LONGANI  |  BOVILLENSES.  OBLA- 
TAE I  STATVAE  H.  C.  |  C.  DISSENIO  ]  C.  F.  QVIR  FVSCO  ]  SABINIANO  |  C.  DISSENIVS.  FVSCVS  | 
PATER.  HONORE  |  PVBLICE.  OBLAEAE  |  STATVAE.  CONTENT.  SVA  |  PEC.  FEC.  fOrcllt.N.  119.' 
F.  SVKENATl  P.  F.  PAL  |  MYROM  |  EQVITI  ROMANO.  DECVRIA  |  LI  SCRIBARVM  AEDILIVM  | 
CVRVLIVM.  LVPERCO.  LAVRENTI  |  LAVINATI.  FRETRI.\CO  NE  |  APOLI  ANTINOITON  ET  EV  | 
NOSTIDON   I   DECVRIONI   ]    IIII    VIRO.    ALBANI    LON   |   GANI.    BOVILLENSES   ]   MVNICIPES  GB    MERI    | 

TA  EIVS.  L.  D.  D.  D.  fldem.  N.  2252.J  Dal  Fabretti  alla  Pag.  4.56  si  riferisce  la  stessa  se- 
conda iscrizione  che  asserisce  avere  letta  con  poche  variazioni  in  tre  diverse  lapidi.  Ed 
altra  di  un  Q.  Licinio,  che  pure  accenna  la  medesima  qualificazione  si  trascrisse  dal  Riccj 
nelle  sue  Memorie  storiche  di  Alba-lunga,  Pag.  103.  Dal  medesimo  Fabretti  si  riporta  poi 
alla  Pag.  460  la  seguente  altra  lapide,  che  pure  è  importante  per   la   storia  di  Boville: 

D.  M  I  L  .MANLIO  L.  F.  PAL  |  SEVERO  REGI  S.\C  |  RORVM  FICTORI  PONTIFICVM  VR  III  VIRO 
BOVILLENSI    I   VM.    COLLACTANE    |    O     DVLCISSIMO     ET     |     INDVLGENTISSIMO     |     ERGA     SE     FECIT. 

fOretìi.  N.  2281., 


212  VIA    APPIA    PARTE    XII. 

mieramente  dal  Grillerò,  che  è  relativa  all'anno  ';)22,  in  cui  erano  consoli 
Celio  Apollinare  e  Q.  Sosio  Prisco  ;  perchè  si  conosce  da  essa  essersi  nel 
teatro  di  Boville  esposti  alcuni  giuochi  scenici  (17).  Da  altre  lapidi  poi  si 
deducono  notizie  su  alcune  proprietà  particolari  che  esistevano  nelle  adia- 
cenze di  Boville  :  ma  sono  esse  di  incerta  determinazione  del  luogo,  a  cui 
si  riferivano  ed  anche  dell'epoca  relativa  alle  memorie  accennate.  Quindi  so- 
lo merita  considerazione  la  notizia  di  due  fundi  che  esistevano  al  decimo 
terzo  miglio  dell' Appia  precisamente  all'estremila  meridionale  di  Boville;  per- 
ciocché possono  in  qualche  modo  appropriarsi  le  reliquie  di  un  ragguardevole 
monumento,  esistente  da  vicino  al  decimo  terzo  miglio,  al  fundo  Casacel- 
lense  indicato  avere  corrisposto  in  tale  posizione  (18). 

Alle  indicate  memorie  storiche  servono  di  palese  dichiarazione  le  re- 
liquie delle  fabbriche  bovillensi  superstiti;  poiché  unitamente  al  circo  an- 
zidetto, che  costituisce  uno  dei  piiì  importanti  monumenti  che  si  abbiano 

(17)  L.  ACILIO  L.  F.  POMPT.  EVTYCHAE  ]  NOBILI  ARCHIMIMO  COMMVM.  MIMOR  |  AD- 
LECTO.  niVRNO  PARASITO  APOLL.  TRAGICO  |  COMICO  PRIMO  SVI  TEMPORIS.  ET  OMNIB  |  COR- 
PORIB.  AD  SCAENAM.  |  UONOR.  DECVRIOM  BOVILLIS  |  QVEM  PRIMVM  OMNIVM  ADLECT.  PA- 
TRE  I  APPELLARVNT  |  ADLECTI  SCAENICORVM.  ET  AERE  COLLATO  |  OB  afVNERA  ET  PIETA- 
TEM  IPSIVS  ERGA  SE  |  CVIVS  OB  DEDICATION.  SPORTVLAS  DEDIT  |  ADLECTIS  SING.  X.  XXV. 
DECVR.  BOVILL.  ]  SING.  X-V.  AVGVSTAL.  SING.  X-III  [  MVLIER.  HONOR.  ET  POPVLO  SING. 
X-l.  I  DEDIC.  ni  IDVS  AVG.  SOSSIO  PRISCO  |  ET  COELIO  APOLLINARI  COS.  C\TIAT0RE  |  Q.  SO- 
SIO AVGVSTiANO.  (OrelU.  N.  2625.^  Nel  lato  destro  si  legge  di  ordo  adlectorvm  con  ses- 
santa nomi  di  persone  appartenènti  a  quest'ordine,  quali  sono  dal  Grutero  esposti  alla  Pag. 
MLXXXIX.  N.  6. 

(18)  Le  indicate  iscrizioni  relative  a  pertinenze  varie,  che  si  appropriano  alle  adia- 
cenze di  Boville,  si  trovano  in  particolare  raccolte  del  Pratilli  nel  Capo  XI  della  sua 
descrizione  sulla  via  Appia,  e  si  riferiscono  alle  genti  Arunzia,  Antistia,  Vatinia  e  Ca- 
scèllia  :  ma  sono  esse  riportate  senza  precisa  indicazione  sul  luogo  del  loro  ritrovamen- 
to, e  per  piìi  gran  parte  coll'autorità  del  Ligorio;  percui  non  meritano  grande  fiducia. 
Sono  però  da  considerarsi  le  notizie  sui  fundi  diversi  che  sono  indicate  nella  iscrizione 
riferita  dal  Fabretti  Pag.  416.  N.  368;  perchè  tra  essi  se  ne  trova  annoverato  pri- 
mieramente uno  dopo  di  quello  di  Prode  al  secondo  miglio  della  via  .\ppia  :  fvnd. 
PROCLis  .  IN  .  INT.  VIA  .  APPIA  .  MiL.  II.  CVMPANTAN  |  chc  esistcva  al  dccimo  terzo 
miglio  della  via  stessa  col  titolo,  fvnd.  virginis  .  in  .  int.  via  .  appia  .  mil.  xiii. 
E  di  seguito  altro  esistente  nel  luogo  stesso  e  distinto  col  titolo,  fvnd.  casacellense  . 
VIA  .  APPIA  .  MIL.  xiii.  Ed  a  questo  ultimo  fundo  si  dovrebbe  attribuire  la  seguente 
iscrizione,  che  fu  riferita  coiraulorità  suddetta  del  Ligorio,  se  non  vi  fosse  dubbio  sulla 
sua  autenticità:  cascellianvs  .  fvndvs  |  later.  privat.  viae  [  pvbl.  ter.  ped.  ccclv  | 
A.  cascellivs  .  A.  F.   AED.  CVR.  (Pratilli,    Via  Appia.   Cap.   XI.   Pag.  79. 


TRA    IL    MIGLIO    XI.    ED    IL    XH.  213 

in  tal  genere,  benché  di  proporzioni  assai  inferiori  agli  altri  circhi,  si  so- 
no pure  scoperte  reliquie  del  teatro  in  cui  si  dovettero  esporre  gì' indicati 
giuochi  scenici.  Ed  anche  si  possono  con  molta  probabilità  riconoscere  re- 
liquie del  sacrario  della  gente  Giulia  in  quelle  che  sussistono  nel  lato  me- 
ridionale del  circo.  Parimenti  si  può  con  molta  probabilità  determinare  il 
luogo  del  tempio  della  Buona  Dea,  ricordato  da  Cicerone,  in  seguito  del  ri- 
trovamento di  una  iscrizione  relativa  ad  una  edicola  dedicata  alla  stessa 
divinità  (19).  Tutte  le  indicate  diverse  reliquie  poi  si  trovano  corrispon- 
dere in  quella  parte,  rivolta  verso  Roma,  che  si  dovette  aggiungere  alla  ve- 
tusta città  nell'epoca  imperiale  in  modo  assai  simile  a  quanto  venne  pra- 
ticato in  Roma  stessa  colla  protrazione  del  Campo  marzio,  in  cui  stavano 
eretti  i  più  nobili  edifizj  dell'epoca  stessa,  come  già  fu  osservato,  e  come 
meglio  sarà  dimostrato  nella  descrizione  della  tavola  in  cui  viene  esposta 
la  topografia  particolare  di  tale  luogo,  la  quale  fu  stabilita  precipuamente  in 
seguito  di  quanto  si  è  ottenuto  dalle  scoperte  fatte  nell'anno  1822  (20). 

(19)  VOTO  .  SVSCEPTO  |  BONAE  .  DEAE   j   ASTRAPTON  .  CAESARIS  .  VILIC   |  AEDICVLAM  . 

ARAM  .  SAEPTVM  .  CLVS^^M  |  VETVSTATE  .  DiRVTA  .  RESTiTViT.  (  Muratori,  InscTipt.  Pag. 
CXXXIII.  N.  2.  Bovillis  ex  Tomasino.J  Dal  Tomasino  citato  si  riporta  tale  iscrizione  nei 
suo  Libro  intitolato.  De  Domariis  et  tabellis  volivis,  ove  si  dice  però  esistere  apud  Martium 
Miìesium  Sarazanum,  Roniae  fin  Thes.  Rom.  Ani.  Graev-  Tom.  XII.  Pag.SOò.'  Dallo  Spon 
s'indica  esistente  RomaeadDivi  Silvestri  (Misceì.  Pag.  1117.  Sup.  Thes.  Graev.  Tom.  IV. J 
E  così  dal  Fabretti  il  quale  però,  riportando  la  slessa  iscrizione,  si  dice  da  egli  esistere 
in  vtridario  PP.  Teattinorum  D.  Silvestri,  in  seguito  di  qualche  trasporto  accaduto  (Inscripl. 
Pag.  3.  jV.  9.^  Del  tempio  poi  se  ne  fa  menzione  da  Cicerone  (prò  Milane,  e.  31.' 

(20)  Le  indicate  scoperte,  fatte  nel  luogo  occupato  dall'antica  città  di  Boville,  fu- 
rono pubblicate  dal  cav.  Giuseppe  Tambroni  in  una  dissertazione  inserita  nel  Tom.  Ili 
degli  Atti  dell'Accademia  Romana  di  Archeologia,  la  quale  fu  corredata  di  una  accurata  de- 
scrizione del  cav.  Luigi  Polelti  con  alcune  tavole  rappresentanti  i  principali  monumenti  di- 
scoperti in  tale  epoca,  come  venne  in  egual  modo  pubblicato  nel  fascicolo  del  mese  di 
giugno  1823  del  Giornale  Arcadico.  Nel  volume  delle  Effemeridi  romane,  pubblicato 
nello  stesso  anno  1823,  vi  sono  inserite  diverse  memorie  del  cav.  De  Romanis  sulle 
stesse  scoperte.  Anche  nella  Gazzetta  di  Milano  del  12  giugno  1826  si  sono  pubbli- 
cate diverse  iscrizioni  posteriormente  rinvenute.  Quindi  pure  ne  venne  riferita  una  espo- 
sizione generale  con  alcune  aggiunte,  dedotte  dalle  posteriori  scoperte,  nella  pubblicazione 
fatta  nell'anno  1828  da  Angelini  e  Fca  sui  Monumenti  più  insigni  del  Lazio  distribuite  in 
vie,  nell'articolo  primo  sulla  via  Appia.  Ed  altre  notizie  furono  esposte  dal  Nibbj  nel 
Voi.  I.  pag.  310  della  sua  Analisi  della  carta  della  Campagna  Romana,  .\nteriormente 
poi  alle  dette  scoperte  impresero  più  particolarmente  a  descrivere  quanto  si  attribuiva 
a  Boville  il   Cluverio    Italiac  Antiquae.  Lib.   III.  Pag.  917.    E  similmente  dalTOlstenio 


214  VI\    APPIA    PARTE    XII. 

Perlaiilo  è  d'uopo  osservare  che  in  seguito  di  tale  aggiunzione  la  stazione, 
che  si  dovette  stabilire  forse  solo  dopo  l'epoca  Costantiniana  anche  più  da  vi- 
cino a  Roma,  si  trovava  così  corrispondere  più  approssimativamente  a  quanto 
venne  registrato  nella  Carta  peuntingeriana,  benché  evidentemente  con  pa- 
lese errore  in  essa  si  assegnino  miglia  dieci  di  distanza  da  Roma  colla  pu- 
re scorretta  indicazione  ad  Bohellas  invece  di  quella  ben  nota  ad  Bovillas. 
Ma  non  mai  poi  può  confondersi  la  stessa  stazione  con  quella  distinta  col 
(itolo  ad  Nonas;  perchè  era  questa  collocata  in  luogo  assai  più  distante  da 
quello  occupato  da  ogni  qualunque  protrazione  che  si  sia  potuta  fare  a  Bo- 
ville,  come  fu  ampiamente  dimostrato  nella  descrizione  della  stessa  stazione 
del  miglio  nono. 

Dalle  indicate  osservazioni  sulle  vicende,  a  cui  andò  soggetta  Boville. 
può  con  molta  probabilità  stabilirsi  che  la  vetusta  città  latina  doveva  essere 
collocata  tra  il  duodecimo  ed  il  decimoterzo  miglio  della  via  Appia  ;  ed  an- 
che, avanti  lo  stabilimento  di  questa  via,  essersi  protratta  nel  lato  sinistro  al- 
quanto verso  la  parte  orientale  del  monte  ;  ed  in  tale  posizione  la  città  pote- 
va benissimo  presentare  per  naturale  distinta  elevazione  quella  fortezza  che 
si  attribuisce  precipuamente  nelle  narrazioni  dell'avvicinamento  a  Roma  dei 
volsci  condotti  da  Coriolano.  Ma  dopo  lo  stabilimento  della  via  Appia  do- 
vette essere  stata  limitata  a  contenersi  interamente  nel  suo  lato  destro,  e  for- 
tificata verso  tale  parte  da  una  linea  retta  di  mura  costrutte  con  pietre  alba- 
ne  ridotte  a  comporre  la  solita  opera  quadrata,  come  può  contestarsi  da  varie 
reliquie  che  rimangono  tuttora  visibili  lungo  lo  stesso  lato  della  via  nello  spa- 
zio che  si  trova  avere  corrisposto  tra  le  indicate  due  colonne  migliane.  Quin- 
di  coH'aggiunzione,  fatta  precipuamente  nei  primi  anni  dell'  impero  romano, 
dovette  protrarsi  dalla  colonna  del  duodecimo  miglio  sino  non  molto  distante 
da  quella  dell'undecimo,  senza  essere  più  circondata  da  veruna  specie  di 
mura,  e  determinata  solo  in  tale  aggiunzione  dalla  via  Nettunense,  o  per 
megho  dire  Anziate,  che  poco  dopo  la  indicata  colonna  dell'undecimo  miglio 
si  trova  separarsi  dall'Appia. 

Quindi  per  servire  a  dare  una  qualche  più  circostanziata  idea  delle 
due  distinte  parli,  componenti  la  città  di  Boville,  si  crede  opportuno  d'in- 
dicare che  nella  parte  di  aggiunzione  si  trovano  tuttora  sussistere  oltre  le 
importanti  reliquie  del  circo,  con  quelle  delle  sue  carceri  e  delle  fabbri- 

iiclle  osservazioni  aggiunte  alla  stessa  descrizione  del  Cluverio.  E  quindi  dal  Volpi  fVc- 
tus  Lalium.  Tom.  II.  Lib.  II.  e.  20J  si  esposero  altre  memorie  su  Boville  più  particola- 
rizzate,  e  così  pure  dal  Pralilli  (Via  Appia.   Cnp.  XI.  Pag.  71   e  segg.J 


TRA    IL    MIGLIO    XI.    ED    IL    MI.  215 

che  che  adornavano  il  suo  accesso  e  servivano  al  necessario  Iratlenimeiito 
dei  carri  destinati  alle  corse,  si  rinvengono  nel  suo  lato  orientale  altre  re- 
liquie di  un  non  grande  ma  nobile  edifizio  che  si  possono  con  molta  pro- 
babilità appropriare  al  sacrario  della  gente  Giulia.  Quindi  nel  lato  occiden- 
tale sussistono  reliquie  di  due  altri  piccoli  ediGzj  d' incerta  destinazione  ;  e 
poscia  verso  la  estremità  settentrionale  del  circo  stesso  si  rinvengono  le  re- 
hquic  del  teatro  con  alcune  tracce  di  un  portico  che  corrispondeva  lungo  la 
via  che  dall'Appia  si  protraeva  lungo  il  lato  occidentale  del  medesimo  circo. 
Alquanto  più  discosto  dalle  reliquie  del  teatro  stesso  sussisteva  sino  pochi 
anni  sono  un  monumento  sepolcrale  ragguardevolmente  conservato,  che  si  tro- 
vava corrispondere  lungo  la  via  Anziate  :  ma  venne  ultimamente  quasi  del  tutto 
distrutto  per  servirsi  delle  pietre  a  comuni  opere  di  soslruzione.  Nella  parte 
poi  che  doveva  essere  occupata  dalla  più  vetusta  città,  e  che  corrispon- 
deva tra  la  duodecima  e  la  decimaterza  colonna  migliarla,  si  conosce  so- 
lamente sussistere  sopra  terra  una  ragguardevole  reliquia  di  un  muro  di  cin- 
ta costrutto  con  pietre  albane  squadrate  e  coperto  con  altre  simili  pietre 
superiormente  tondeggiate,  come  se  ne  hanno  diversi  simih  esempj  nelle 
reliquie  dei  più  antichi  monumenti  dell' Appia  ;  e  quindi  lungo  la  via ,  tra 
le  indicale  due  colonne  migliarle,  si  vedono  sussistere  diverse  reliquie  di 
mura  di  sostruzione  che  dovettero  evidentemente  servire  a  sostenere  le 
mura  erette  nello  stabilimento  di  Boville  in  municipio  romano  dopo  la  costru- 
zione della  via  Appia.  Da  vicino  poi  al  luogo,  in  cui  doveva  essere  posta  la 
colonna  del  decimoterzo  miglio,  nella  parte  opposta  della  via,  vedesi  sus- 
sistere una  reliquia  ragguardevole  di  un  monumento  sepolcrale,  che  con 
molta  probabilità  può  attribuirsi  al  proprietario  di  quel  fundo  detto  Ca- 
sacellense  ricordato  nella  surriferita  iscrizione  ;  perchè  in  essa  se  ne  pre- 
scrive precisamente  la  corrispondenza  all'indicata  colonna  migliarla. 

Con  la  riferita  descrizione  di  Boville  si  è  giunto  al  termine  prescritto 
a  questa  esposizione  sulla  via  Appia.  E  con  essa  si  può  ben  asserire  che,  per 
giungere  sino  alla  stessa  città  di  Boville,  non  siamo  stati  lassi  viandanti  fer- 
mandosi alle  Camene,  come  venne  poeticamente  accennato  da  Marziale  a  ri- 
guardo di  Severo  per  denotare  la  pigrizia  sua  (21);  perciocché  dalla  porta 
Capena,  ove  da  vicino  esisteva  il  tempio  delle  Camene  indicato  in  tale  poe- 

(21)  Lassus  talli  etto  deficis  viator  ; 

Et  cum  currere  deheas   Bovillas. 
Interjungere  quaeris  ad  Camenas  ? 

(Marziale.  Lib.   II.  Epig.    VI.) 


216  VIA    APPU    PARTE    XII. 

tico  cenno,  con  grande  diligenza,  senza  punto  perdersi  di  animo,  abbiamo 
preso  successivamente  a  considerare  tutte  le  memorie  che  si  possono  rinve- 
nire per  conoscere  quanto  di  più  importante  può  dedursi  sulla  vetusta  ce- 
lebrità della  indicata  prima  parte  della  via  Appia,  onde  così  corrispondere 
nel  miglior  modo  possibile  allo  scopo  prefisso.  E  ciò  senza  perdere  la  spe- 
ranza di  potere,  con  anche  più  agio  e  con  maggiori  cognizioni,  riprendere 
nuovamente  la  stessa  passeggiata  istruttiva  allorché  saranno  portati  a  com- 
pimento tutti  i  lavori  proposti  a  farsi  tanto  per  la  protrazione  delle  scava- 
zioni sino  al  più  vetusto  suolo  della  via ,  quanto  per  la  restituzione  dei  prin- 
cipali monumenti  superstiti  sino  a  quel  limite  che  sarà  concesso  dallo  stato 
in  cui  si  trovano  ridotte  le  reliquie  loro  e  dai  mezzi  che  vengono  con- 
cessi a  tale  oggetto.  E  sarà  per  me  non  d' invidia,  ma  di  vero  piacere ,  se 
altri  con  maggiori  cognizioni  coopereranno  a  rendere  anche  più  importante 
lo  stesso  cammino,  e  lo  faranno  ancora  parere  più  lieve  e  dilettevole  pas- 
sando dal  luogo  occupato  dal  tempio  delle  Camene  a  quello  di  Boville  se- 
condo l'accennata  definizione  di  Marziale.  Ed  infine  credo  utile  per  il  mi- 
ghor  buon  esito  d' insinuare  ad  ognuno,  che  ne  riconosca  la  utilità,  di  esporre 
una  qualche  dimostrazione  di  grata  riconoscenza  verso  tutti  coloro  che  coo- 
perarono all'effettuazione  del  ristabilimento  di  questa  più  importante  parte 
della  regina  delle  lunghe  vie  degU  antichi  romani. 


APPENDICE   PRIMA 

PRINCIPALI  ISCRIZIONI  RINVENUTE  NELLE  RECENTI  SCOPERTE 
DELLA  PRIMA  PARTE  DELL  ANTICA  VIA  APPI  A 


Onde  supplire  a  quanto  non  si  è  pututo  far  conoscere  sulle  particolarità 
delle  varie  iscrizioni,  senza  recare  intralcio,  nella  esposizione  della  prima  par- 
te dell'antica  via  Appia ,  si  sono  nella  enunciata  Appendice  raccolte  le  prin- 
cipali che  furono  rinvenute  nelle  recenti  scoperte,  e  che  meritano  una  qual- 
che considerazione  per  il  modo  con  cui  si  trova  in  esse  disposta  la  scrittura  e 
per  altre  specialità  che  sono  estranee  allo  scopo  prefissoci  nella  esposta  de- 
scrizione monumentale  e  topografica  della  enunciata  parte  della  via  più  insi- 
gne dei  romani  antichi  ;  e  perciò  in  queste  parziali  esposizioni  di  supple- 
mento sono  con  opportune  citazioni  ricordate  per  tutto  il  rimanente  le  osser- 
vazioni fatte  in  tale  descrizione.  Quindi  si  aggiungono  anche  alcune  iscrizioni 
che  non  si  sono  potute  considerare  nella  stessa  descrizione  tanto  per  essere 
state  rinvenute  posteriormente  quanto  per  essere  incerto  il  luogo  del  loro 
ritrovamento.  Sono  poi  del  lutto  escluse  quelle  iscrizioni  che  offrono  nes- 
sun interesse  e  che  si  riducono  a  far  menzione  di  semphci  nomi  di  persone 
interamente  ignote  sotto  qualunque  aspetto  nelle  memorie  storiche.  Si  esclu- 
dono ancora  tutte  quelle  moltissime  iscrizioni  di  maggior  importanza  che 
sono  già  cognite  per  molte  altre  pubblicazioni;  giacché  non  avrebbero  bastato 
due  grossi  volumi,  invece  di  due  semphci  fogli,  per  dare  evasione  all'immenso 
numero  delle  iscrizioni  antiche  che  si  dicono  rinvenute  lungo  la  stessa  parte 
della  via  Appia.  In  questa  così  Hmitata  esposizione  si  repula  però  opportuno 
di  conservare  sempre,  per  quanto  si  può,  il  partimento  stesso  che  fu  stabihto 
secondo  la  divisione  delle  colonne  migliarle  nella  descrizione  generale  della 
medesima  prima  parte  della  via  Appia. 


PARTE  PRIMA. 


1. 


Sì'NEROTIS  M.   OCTAVI  O. 

PASIPmLI  .  LI  .  CAESARIS     C^IMBALISTES     DECVRIO 

Hl'MNVS 


DIS  MAMBVS 

COLLEGIO  .  SÌTtfPHONIA 

CORVM  .  QVI  .  SACRIS  .  PVBLl        SÌIMPHONIACVS  .  SIRI  .  ET 
GIS  .  PRAESTV  .  SVNT  .  QVIRVS     OCTAVI.AE  .  OECVMENE 
SENATVS  .  C.  C.  C.  PERMISI!  .  E  3. 

LEGE  .  IVLIA  .  EX  .  AVCTORITATE         TI  .  CLAVDIVS  .  CORInThVS 
AVG.  LNDORVM  .  CAVSA  .  MVSICARIVS  ,  P.ARIDIS 

SIRI  .  ET  .  SVIS 


AVRELIANVS 
A    BIBLIOTHECE 
LATINA    PORTICVS 
OCTAVIAE 

VILICVS 
28 


218 


VIA    APPI  A    APPENDICE    I. 


6. 

7. 

9. 

11. 

.    .    .  LARIX  .    .    , 

DIS   MAN 

SABINVS 

CROCVS  .  MARCELLAE 

PORTICV   .  o<:tav 

CLAVDI    .    FOR 

MESSALINE 

ARGENTARIVS 

BIBLIOTHE  .  orar; 

TVNATI    .    CAS 

INSVL 

12. 

8. 

TRENSIS    .    Lin 

10. 

THYRAN7<VS 

PHU.ETVS 

MEDICO    .    HA 

ATHENAIS 

TOPIARIVS 

MARCELLAE 

CON    .    B.    M.    F. 

ANTOXIAE 

MARCELLAE 

MEDICVS 

SARCIN 

13. 

15. 

hvcIa 

D.    M. 

S. 

17. 

MARCELLAE    .    L 

SOTERICHI  . 

PVBLICl 

IVLIA 

.    QV 

ARTA    .    .    . 

OPSTETRIX 

VESTRICIAM  . 

A 

ET    . 

FILIA 

u. 

BYBLIOTHECE 

.  PORTICVS                 IVLIA 

.    PRIMA    .... 

SYXEROS 

OCTAVIAE 

FESTI 

.  A  . 

BIBLIOTHEC   .    .    . 

MARCELLAE 

STATILIA  . 

,  ELPIS 

AD    .    VESTE 

CONIVGI  .  B.  M.  F 

'.  V. 

A.  XXVIIl 

19. 

DIS    .    MANIBVS    .    LAELIA    .... 
CARISSIMAE    .    FEC.    LIRERALIS    . 
LATINA    .    APOLLINIS    .    ET    .    SIRI 

18. 

ALEXANDER    .    C.   CAE 
SARIS  .  AVG.  GERMANICI  .  SER  .  .  . 
PILAEMENIAN^S  .  AB  .  BVBLI 
OTHECE  .  GRAECA  .  TEMPLI  .  APOLLI 
NIS  .  VIX  .  ANNIS  .  XXX 
21. 
SELLIAE    .    EPHYRE    .    DE 
SACRA    ,    VIA 


IVLIA    .    ACCA 
16.  MATER 

CALLISTHENIS  .  TI  .  CAESAR 
.    .  AVG.  A  .  BYBLIOTHECE 

ET    .    SVIS  ....  LATINA    .    APOLLINIS 

ET  .  DIOpItHIS  .  F.  EIVS  .  A.  BYBLIOT. 
LATINA    .    APOLLINIS 
VIX.    AN.    XLVIII 
20. 
D.    M. 
CRESCENTI    .    VERNAE 
CAESARIS    .    N 
CVBICVLARIO  .  STATIONIS    .  Il 

VIX  .  AN.  XXVII 
MENSIBVS  .  XI  .  DIEBVS  .  XI 


22. 

....    e.  IVLIO  .  CHRYSANTHO 

....    ET  .  P.  AELIVS  ,  AVG.  LIB.  EVTYCHVS  .  PRAEPOSl 
TVS  .  VELARIS  .  CASTRENSIRVS  .  FECIT  .  ET  .  SIBI  .  ET 
SVIS  .  POSTERISQVE  .  EORVM 


23. 

.  .  VLIVS  .  AVG.  ET  .  AVG.  L. 
.   .  ERETVS  .  PATERNVS 
.  .  VESTA  .  CASTRENSIS 


ISCRIZIONI    PRINCIPALI. 


219 


24. 

ANTEROS    .    TI    .    CAESARIS 
CIST-ARIVS  .  A  .  \T3TE  .  FOREN 
VIXIT    .   ANN.   XXV 

25. 
CHRVSAPSIS 
AGRIPPINAE    .    SVPRA  .  VESTE 


26. 

NTMPmCVS 

AGRIPPINAE  .  GERMANICI 

AB    .    ARGENTO 

27. 

TI  .  IVL.  AVGVSTI 
L.  GRAENO  .  AR 
ARGENTO    .    PATER 


30. 

P.    RVBRI    .    GATIS    .    M  .  .  .  . 
ET    .    TEN-ERIS    .    PVERI    .    L  .  .  .  . 
PRISCILLA  .  PVRLIVS  .  RVBRIVS  .  FILIO  .... 
TIGRANES  .  FRATRES  .  ET  .  NAT.  GATIS  .  MINO  .... 
MENSAM  .  MARMORIAM  .  PICTVR.AS  .  IN  .  PARIE  .... 
CIRCA  .  ET  .  PAVIMENTA  .  IN  .  PLANO  .  ET  .  IN  .  S  .  .  . 
TIBVRTINOS  .  ET  .  MACERIE  .  ET  .  IN  .  SO  .  .  .  . 
HAEC  .  OMNLA 

31. 

ET  ARE  A  .  VSTRIN.AE  .  LNTER  .  AD  .  FLNE 

AREA  .  SYMPHONIAC.    ET    .    CORONARI 

ME  .  EST  .  ET  .  POPV  .  .  .  LN  .  F.  P.  XIIIS.  IN  .  A.  P.  XIS 

33. 


CAESARIS    .    LYSOR 
MVTVS    .    ARGVTVS    .    IMITATOR 
TI.    CAESARIS    .    AVG.   QVI    .    PRIMVM 
INVEMT    .    CAVSIDICOS    .    UnT.ARl 


28. 

C.  IVLIVS  .  DIVI  .  AVG.  L. 

COSMVS  .  SPECVLARUrMS 

AGRIPPYANVS  .  HIC  .  SITVS  .  EST 

C.  L.  IVLIVS  .  COSMI  .  L. 

SABINVS 

29. 

AiNTIOCHVS  .  IVLIAE 
DRVSI  .  CAESARIS  .  SVPRA 
LECTICARIOS  .  FECIT 
CLAVDIAE  .  CEDNE 
COMVGI  .  SVAE  .  FECIT 

32. 

NEPOS  .  DEC 

PAVIMENTVM  .  IN 

OSSVARIO  .  ET 

SVBSCALAKLi  .  D.  S.  P.  D.  D 

C.  CAES.ARE  .  L.  PAVLLO  ,  COS 

34. 

e.    PORTVMIVS 

C.    L.    HELENVS 

CALPVRNIA    .    ANAPAVMA 

NVCARI    .    DE    .    BASILICA 

ANTONIARVM 

DVARVM 


Tutte  le  surriferite  iscrizioni  appartengono  a  sepolcri  antichi  che  si  presero  a  con- 
siderare nella  prima  parte  della  descrizione  dalla  Pag.  33  alla  52.  E  particolarmente 
quelle  esposte  dal  N.  1  al  14  si  sono  rinvenute  nel  colombajo  scoperto  e  ristabilito  nel- 
l'anno 1847  nella  vigna  Codini,  come  si  è  indicato  alla  Pag.  49.  E  mentre  tutte  le  iscri- 
zioni, rinvenute  nell'altro  colombajo  scoperto  e  ristabilito  nelPanno  1840  nella  medesima 
vigna,  furono  pubblicate  ed  illustrate  dal  marchese  Campana  nella  sua  dissertazione  inse- 
rita nel  volume  XI  degli  atti  della  romana  accademia  di  Archeologia  col  titolo  Di  due  se- 
polcri romani  del  secolo  di  Augusto  scoperti  tra  la  rta  Latina  e  l'Appio  presso  la  tomba  dei 


220  VIA    APPI  A    APPENDICE    I. 

Scipioni.  ì.e  aiizidetlc  poi,  quantunque  conservale  al  proprio  luogo  con  cura,  pure  ri- 
mangono sempre  senza  essere  convenientemente  illustrate.  E  tra  il  grande  numero  di 
tali  iscrizioni  si  sono  prescelte  le  surriferite,  perchè  meritano  maggior  considerazione 
tanto  per  quelle  esposte  dal  N.  1  al  4,  in  riguardo  alla  notizia  sul  collegio  dei  sinfo- 
niaci  e  di  alcuni  musici  in  esse  indicata;  quanto  perla  notizia  sulle  biblioteche  greca  e 
latina  che  vedesi  riferita  nelle  iscrizioni  dei  N.  5  e  6.  Così  pure  per  le  notizie  di  per- 
sone addette  al  servizio  di  Marcella,  Messalina  ed  Antonia,  esposte  nelle  successive  al- 
tre iscrizioni  dal  7  al  14.  Le  altre  poi  dal  N.  15  al  31  si  sono  rinvenute  nel  colom- 
bajo  scoperto  nella  stessa  vigna  Codini  più  da  vicino  alla  via  Appia,  e  ristabilito  nel 
corrente  anno  1853,  come  si  è  indicato  alla  Pag.  50.  Particolarmente  poi  quella  esi- 
bita al  N.  15,  quantunque  già  presa  a  considerare  alla  nota  30,  pure  si  è  creduto  di 
ripeterla  ;  perchè  serve  a  contestare  vieppiiì  la  sussistenza  delle  indicate  biblioteche  del 
portico  di  Ottavia.  Così  le  simili  biblioteche  Palatine  dette  del  tempio  di  Apollo,  ben 
note  per  altre  memorie,  si  trovano  indicate  nelle  iscrizioni  riferite  dal  N.  16  al  19.  Le 
notizie  della  via  Sacra,  del  cubiculario  della  seconda  stazione,  del  preposto  ai  velarj  castren- 
si e  forensi,  notificate  nelle  iscrizioni  dei  N.  20,  21,  22,  23  e  24,  sono  pure  di  ragguarde- 
vole importanza  per  la  maggiore  conoscenza  delle  persone  adette  al  servizio  dei  Cesari. 
Come  altre  simili  notizie  si  hanno  dalle  iscrizioni  riferite  ai  N.  25,  26,  27,  28,  29,  30 
e  31.  Al  N.  32  poi  si  è  esposta  una  iscrizione  in  musaico  ultimamente  rinvenuta  nel  pavi- 
mento di  altro  colombajo  scoperto  nel  lato  meridionale  dell'anzidetto  ;  ed  è  essa  importante 
per  la  più  corretta  espressione  del  vocabolo  subscalaria  che  solo  scorrettamente  si  conosce- 
va  da  altre  poche  iscrizioni,  come  ancora  per  la  menzione  fatta  del  consolato  di  C.  Giulio 
Cesare  e  L.  Emilio  Paolo  corrispondente  all'anno  754  di  Roma.  La  iscrizione,  riferita  al 
N.  33,  fu  ampiamente  illustrata  alla  Pag.  342  e  N.  107  della  già  citata  dissertazione  del 
marchese  Campana  riferita  nel  Voi.  XI  degli  atti  dell'accademia  romana  di  Archeologia;  e 
si  è  creduto  opportuno  di  trascriverla  per  la  sua  singolarità.  In  fine  al  N.  34  si  riferisce 
un  importante  titoletto  rinvenuto  ultimamente  nell' indicato  colombajo;  perchè  in  esso  si 
trova  per  la  prima  volta  fatta  menzione  di  una  basilica  distinta  col  nome  delle  due  An- 
tonie che  soltanto  si  può  appropriare  alle  due  ben  note  figlie  di  M.  Antonio  triumviro;  cioè 
la  prima  maritata  a  L.  Domizio  Enobarbo  avolo  di  Nerone,  e  la  seconda  detta  juniore  ma- 
ritata a  Druso  seniore  fratello  di  Tiberio.  Considerando  che  col  vocabolo  Nncari,  scritto  in 
vece  di  Ntigari,  si  debba  intendere  solo  essere  stata  Calpurnia  Anapauma  venditrice  di 
piccoli  oggetti  ornamentali  femminili,  si  potrà  credere  che  nella  basilica  surriferita  si  deb- 
ba riconoscere  quel  portico  Margaritario  esistente  nella  regione  Vili  secondo  il  catalogo 
dei  regionari  ;  giacché  non  si  hanno  nessune  notizie  di  una  basilica,  propriamente  detta, 
che  sia  stata  distinta  con  l'indicato  titolo;  mentre  poi  ben  si  conosce  che  col  nome  di  por- 
tico si  solevano  pure  denotare  altri  eguali  edlfizj  ed  in  specie  la  basilica  Giulia,  in  cui  so- 
levano stanziare  simili  negozianti.  È  pertanto  meritevole  di  considerazione  il  medesimo 
titoletto  per  l'indicata  particolare  notizia,  come  sono  precipuamente  importanti  per  la 
maggior  conoscenza  della  topografia  di  Roma  quegli  anzidetti  che  servono  a  contestare  la 
sussistenza  delle  due  biblioteche  del  portico  di  Ottavia. 


ISCRIZIONI   PRINCIPALI. 


221 


PARTE   SECONDA. 


1. 

IMP.  CAESAR 
VESPASIANVS  .  AVG 

PONTIF.  MAXIM 
TRIB.  POTESTAT.  VII 
IMP   XVII.  PP.  CENSOR 
COS.  VII.  DESIGN.  VII! 

IMP.  ^■ER^'A  .  CAESAR 
AVGVSTVS  .  PONTIFEX 
MAXIMVS  .  TRIBVNIC 
POTESTATE  .  COS.  UI  .  PAT 
PATRIAE  .  REFECIT 


2. 

IMP.  CAESARI  .  DIVI 
TRAIAM  .  PARTHia  .  F 
DIVI  .  NERVAE  .  NEPOTI 
TRAIANO  .  HADRIANO 
AVG.  PONTIF.  MAXIM 
TRIB.  POTEST.  II.  COS.  II 
VIATORES  .  QM  .  IPSI .  ET  .  COS.  ET 
PR.  CETERISQ.  MAGISTRaTiB 
APPARENT  .  ET  .  H.  V. 
Questa  seconda  iscrizione  sussiste 
nel  piedestallo  sottoposto  alla  detta  co- 
lonna migliaria. 


Lungo  la  parte  della  via,  che  si  comprende  tra  la  prima  e  la  seconda  colonna  mi- 
gliaria, e  che  costituisce  lenunciato  secondo  partimento,  non  essendosi  fatte  ultimamente 
verune  ragguardevoli  scoperte ,  non  si  hanno  perciò  iscrizioni  che  non  sieno  cognite  da 
varie  altre  pubblicazioni  e  corrispondenti  illustrazioni.  Quindi  nulla  si  è  creduto  merite- 
vole di  aggiungere  a  quanto  fu  esposto  dalla  Pag.  53  alla  C6  e  nelle  respettive  note. 
Però  si  giudica  opportuno  di  riprodurre  ai  N.  1  e  2  le  iscrizioni  della  prima  colonna  mi- 
gliarla, prese  a  considerare  alla  Pag.  53,  per  essere  state  meglio  corrette,  e  per  essere 
quelle  che  in  miglior  modo  rappresentano  il  capo  della  via  presa  ad  illustrare. 

PARTE  TERZA. 


1. 

M.  COCCEIVS 

H1L.\RVS 

OFFICIS  .  SVIS  .  HIC  .  IN  .  HOR 

REIS  .  NEVAE  .  AMOREM 

HABVIT  .  MAXVMVM 

LICINIA  .  LIBAS 

CONI  VX 


DE 


2. 

M.  AVRELIVS  .  AV 

VILIC.  DOM\'S  .  AV 

CIT.  AELIAE  .  Die. 

3. 

e.  IVLIVS  .  FELICIO 

MXIT  .  ANNVM  .  \-NVM 

MENSES  .  SEX 

QVO    .    NIHIL    .    DOLM   .  NISI 

MORTVS  .  EST. 


QVOD 


222 


VIA    \PPIA   APPENDICE 


Q.  GRANIVS  .  M.  F 

LABEO  .  TR.  MIL 

LEG.  TERTIAE 


5. 

.  .  .  .  T.  CRVSTIDIVS  .  T.  F.  FABBRISO 

....  PRAEF.  EQVIT.  \1XIT  .  ANN.   XIX 
.  .  EX  .  TESTAMENTO  .  PRO  .  PARTE  .  DIMIDIA 


Tra  le  moltissime  iscrizioni,  rinvenute  in  questi  ultimi  anni  nelle  adiacenze  della 
vigna  Ammendola,  meritano  considerazione  le  surriferite.  La  1  per  l'indicazione  dei 
granari  di  Nerva,  dei  quali  però  non  si  hanno  altre  notizie  nelle  memorie  relative  alla 
topografia  di  Roma  antica.  La  2  per  la  qualità  di  M.  Aurelio  di  vilico  della  casa  di  Au- 
gusto. E  la  3  per  la  singolarità  della  espressiva  indicazione.  Tali  iscrizioni  furono  già 
riprodotte,  come  meritevoli  di  considerazione,  dall'abate  Matranga  che  le  pubblicò  nel 
Bullettino  archeologico  dell'anno  1850  pag.  179.  Le  moltissime  altre  iscrizioni,  rinve- 
nute nella  stessa  posizione,  ed  appartenenti  in  gran  parte  ai  Volusìi,  che  furono  vendute 
dal  sig.  Guidi  nell'anno  1850  al  Governo  Pontificio,  rimangono  depositate  nei  magaz- 
zeni del  museo  Lateranense,  e  non  ancora  furono  giudicate  meritevoli  d' illustrazione.  Si 
spera  che  sieno  pure  acquistate  le  surriferite  con  circa  altre  trenta  che  si  conservano 
tuttora  nei  depositi  del  detto  sig.  Guidi.  Di  tutte  le  moltissime  iscrizioni ,  che  si  rife- 
riscono a  questo  terzo  partimento,  se  n"è  data  notizia  dalla  Pag.  67  alla  88.  E  ciò  unita- 
mente alle  riferite  ai  N.  4  e  3  che  sussistono  a  lato  del  grande  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
tella  e  che  in  particolare  furono  descritte  alla  Pag.  88. 

PARTE  QUARTA. 


I. 


TVRRANTAI  .  M.  L.  HELENAI 
C.  TVRR.\N10  .  M.  ^I.  L. 
HERACLEOM 


M.  TVRRANIVS  .  M.  L. 
PAMPHILIVS 
TVRRANL\  .  FLORA 


C.  TVRRANIVS  .  C.  L.  RVFIO  .  TVRRANIA  .  M.  L.  PfflLL\ 
TVRRANIA  .  C.  C.  L.  CHILA  .  TVRRANL\  .  M.  L.  ITALL\ 


Q.  CAECILIVS  .  C. 
L.  iVLEXANDER 
ET  .  L.  HERACLEONI 
ET  .  L.  PAMPHILI  .  IN 
FRON  .  P.  Xn.  IN 
AGRO  .  P  


4. 


e.  FONTEIVS  .  CAPITONIVS 

TfflVDAVREI  .  F.  ET  ENTIS 

C.  FONTEIO  .  CAPITONIS  .  L.  ORIAE 

THEONICI  .  FRATRI  DICIS 

FONTEL\E  .  C.  ET  .  3.  L  PRIMAE  INIS 

COLLIBERTAE  .ET  ...  SCYI 

NIREO  .  Al\nCO  .  FONTEL\E  .  THIRE 
C.  FONTEIO  .  MONTANO 


ISCRIZIONI  PRINCIPALI.  223 

N.  1.  Iscrizione  ultimamente  discoperta  verso  il  termine  del  terzo  miglio,  la  quale 
è  scolpita  in  una  grande  lapide  di  marmo;  e  merita  considerazione  per  il  modo  con 
cui  sono  scritti  i  primi  nomi.  Non  molto  lungi  dalla  stessa  lapide  fu  rinvenuta  una 
grande  figura  scolpita  in  bassorilievo  che  evidentemente  rappresenta  un  atleta.  È  impor- 
tante l'osservare  che  sotto  il  suo  piantalo  si  è  trovata  scritta  una  indicazione  del  volume 
che  costituiva  il  masso  di  marmo  in  cui  fu  scolpita  tale  opera ,  cioè  piedi  cubi  XLI.  N.  2. 
Cippo  terminale  forse  appartenente  al  suddetto  monumento  dei  Turranii  ;  giacche  le^wesi 
pure  in  esso  il  nome  di  Eracleone  e  di  Pamfilo.  N.  3.  Piccola  lapide  rinvenuta  nelle  stesse 
adiacenze.  N.  4.  Frammento  di  lapide  scritta  con  grandi  lettere  e  forse  appartenente  al 
monumento  che  era  adornato  con  la  suddetta  grande  figura.  Tutte  le  iscrizioni,  che  spet- 
tano a  questo  partimento,  sono  descritte  dalla  Pag.  89  alla  96.  Non  sono  però  ricordate 
le  surriferite  per  essersi  esse  rinvenute  dopo  della  stampa  di  detta  descrizione. 

PARTE  QUINTA. 


1. 


HIC  .  SOROR  .  ET  .  FRATER  .  \l\enhs  .  dimnX  .  PAReNTIS 

AETATE  .  INPRIMA  .  SA  E  Va  .  rapINA  .  fuUT 
POMPEIA  .  HIS  .  TVMYLIS  .  COmes  .  aNTEIT  .  /ìmeRIS 

H.AERET  .  ET  PYER  .  INMITES  .  QVEm  .  rapuere  .  DEI 
SEX  .  POMPEHS  .  SEXTI  .  PRAECo   .   Agnomine  .  ^TSTyS 

QVEM  .  TEWIT  .  MAGNI  .  maxima  .  honore  .  dom\S 
IXFELIX  .  GEXITOR  .  GEMINA  .  iam  .  prole  .  re/«CTVS 

ANATIS  .  SPENRANS  .  QVI  .  DEDe/vV  .  tilulO^ 
AMISSVM  .  AVXILIVM  .  FVNCTAE  .  POST  .  fmerk  .  NATAE 

FVNDITVS  .  VT  .  TRAHERENT  .  INVIDA  .  fata  .  /AREM 
OVANTA  .  lACET  .  PROBITAS  .  PIETAS  .  QVAM  .  VERA  .  sepSLTK .  EST 

MENTE  .  SENES  .  .\EVO  .  SED  .  PERIERE  .  brevi 
QVIS  .  NON  .  FLERE  .  MEOS  .  CASVS  .  POSSITQ  .  DOLORE 

cur  .  rfVRARE  .  QVEAM  .  BIS  .  DATVS  .  ECCE  .  ROGIS 
SI  .  SrST  .  DI  .  MANES  .  IAM  .  NATI  .  xNTMEN  .  H.VBETIS 

PER  .  VOS  .  CVwj  .  VOTI  .  NON  .  VENIT  .  HORA  .  MEI 


4. 


r.  n.VEiNiQi 

EYTTXQI 

KQMQAQI 

r.  IIAEINIOC 

ZQCIMOC 

CrNTPO*QI  .  KAI 

AIIEAET0EPQI 

TEIMIflTATQI 


LICINIA  .  L.  F  .  .  .  . 
C.  LICINIVS  .  L.  F.  SER 
LICINIA  .  C.  F.  PAVLLA 

T.  QVINTIVS  .  D.  L. 
PAMPfflLVS 


.  HILARVS  .  FVSCVS 
.  PHILVS  .  PATRONVS 
. TRATV 
RN  .  FLACCI  .  C.\ESA  . 

INGENVI 


224 


TI  .  CLA\T)IO 

TI  .  FILIO  .  PAL 

SECVNDDs'O 

AN.  NAT.  IX.  M.  IX 

DXXUX  EQVO  .  PVB 

F.  D\T.CISSIMO 


VIA    APPIA    APPENDICE    I. 

6. 

ti.  claudius 
aVG.  LIB.  SEC\TVDVS 

]}hìlìppianus 
.  .  .  .  AR 

acccNSVS  .  velatus 

SCRIBA  .  LIBR^VR.  VIAT.  coactor 
FLAVIAE  .  IRENE  .  VXORI  .  OPtimae 
TI.  CLAVDIO  .  SEC\TS^DLNo  .  fiUo  .  et 
CLAVDIAE  .  SECVNDINAe  .  0iae 


TI.  CLAVDIO 

AVG.  LIB 

SECVNDO 

PHILIPPIANO 

COACTORI 

FLAVIA  .  IRENE 

MARITO 

INDVLGENTISSIMO 


8. 


9. 


L.  VALERIVS  .  L.  F.  OVF.  GIDDO 

L.  C.VLPVRNFVS  .  M.  L.  MENOPHII. 

VALERI.VNVS 

VALERIA  .  L.  L.  TRVTHERA 

10.  11. 

P.  CACVTUVS  .  P.  L.  L.  DIS  .  MANIBVS 

PHILOCLES  .  AB         Q. FLAMO .  CRITONI  .  CONHGI .  BENE 
ARA  .  MARMOREA        MERENTI .  ET  .  Q.  FLAVIO  .  PROC^XO 
CACVRLV.P.L.  CALLIOPA  MILITI .  COH.  XII.  VRB.  7 

BASSI .  FILIO  .  PENTISSIMO 

MAELIA  .  GÈ.  CACVRI.  R..  IVNIA  .  PROC^'LA  .  FEQT 


A.  ARGENTARI  .  A.  L.  ANTIOC.  A  .  .  . 
COACTOR  .  LNTER  .  AERARIOS  .  A  .  .  . 
OCTAVI.\E  .  A.  L.  EPICIL\R  .  SOROR* 


12. 
P.  FAIANIVS  .  T.  P.  L.  SATVRIO 

V.  A.  ^TI 
13. 


U. 

C.  P.  P.  TREBonìORVM  .  P.  P.  C.  f 

T\TlARIE(s .  ET  .  LIBERTEIS 
P.  TREBONIVS  . .  .  L.  NICOSTRATS  (sic) 


15. 


M. 

D. 

M. 

A. 

TREBONL\ 

TREBONIA 

17. 
L.  VALERIVS  .  L.  L 

BARICHA 
L.  VALERIVS  .  L.  L 

ZABDA 
L.  VALERIVS  .  L.  L 

ACHIBA 


C.  P.  L.  MALCHIO 
C.  P.      OLOPxVNTVS 
C.  P.  L.  MACEDO 
C.  P.  L.  ALEX.\NDER 
C.  P.  L.  IRENA 
C.  P.  L.  AMMIA 


SEX.  L.  HILARA 
SEX.  TREBONl 
VS  .  SEX.  L. 
TR^'PHO  TVR.V 
REIS  .  IN  AGRO  . 
P  XX.  INFR.  P  XXIIX 

18. 


CHRESTVS 
LICTOR  .  CAESARIS 

16. 

.  .  .  LOTVS  .  LI 
.  .  .  OTIA  .  L.  F 

PESIDIOR^^VI 


19. 


T.  nDICLANIVS  .  T.  L.  APELLA  L.  ARELLIO  .  GLABRAI 

EX  .  TESTA.MENTO  .  ARBITR.\TV  DIOPHANTO 

FELICIS .  PHILARGYRI .  L.  ET .  ATTICE  .  L      TITINIAI  .  NOBILI 

VXSORI 


ISCRIZIONI   PRINCIPALI.  225 

i>      M  20.  21. 

PARi'DI  Sul  rovescio:                      

VALER/.\E  ;)HILOSERAP/di 

POLLAfSER  VOCVRTVM                    FILIO  DVLCISSIMO  PHILOSERAP» 

VIX.  ANN.  XVI  STATIVM                                      AVG           LIB 

H    F  VICTOREM                                                  22. 

HILArVS  TIRI                               

N  ALERiAE  COMMENDO  ESCHINVS  .  PATER  .  TR.  mil 

POLLAc  DISP  OCCISVS .  EST  .  IN  .  LYSITAnm 

FRATRI  .  Opimo  

ET  .  SANCdsSraO  

VNIGE  .  DE  SE  wieRENTI  

23. 

leg.   AYG.   PR.    praet.   provmciae 

syriae  .  phoeniciXE  .  leg.  AVG.  PR.  Pr.  prov.  raeliae  .  curai 
vìae  .  aemiLlAE  .  PRAEF.  ALim  .  leg.  leG.  XIIII.  GEMmae  .  curai 
rei  .  P.  FVLGINATIVM  .  praetori  .  aeDILI  .  CVRVLe  .  quaeslori 
prov.  ACHAIAE  .  TRIB.  LAT.  Ug.  i.  ad  iUv.  cap.  lASDII  .  \)Omtianus 
et fdii   .  paTRI    .    opimo    .    fecerunt 

24.  25. 

HOC  CENOTAPHIVM  AVr  aureliae  .  maca 

INACHI  AVG  LIB  OPTIOn  RIANETI .  CON/«GI 

TABELLARIORVM  .  C  TA(  DVLCISSIMAE  . 

PATRIMONI  ET  AVRELIAE  QVAE  .  VIXIT  .  ANNIS 

MACARIAN.  ETIC.  ET  XXVII.  M.  VI.  DIEB.  XVIII 
AVRELIAE  .  RODOGYNE  HORAS  .  VI 

ET  LIB.  B.  LIBERTAB\  s  INACHVS  .  CONIVGI . 

QVAE  POCTERICQ.  BENEMERENTI  . 

EORVM  MACARIANAE  .  DVLCIS 

26.  27.  28. 

©    X  noNnHCIA  D     M 

*A.  EPACICTPA  ATKTA  XPHcTH  ZENAE  .  BAEBI 

TEIA  .  XAPIRAEl  XAIPEI  .yE   .   CORNELIAE 

nATPI  .  KAI  CEPA  ZHCAETH  XII  CELLARIO 

niAC  .  CTNBIOC  MHNANENANHMEK  ,.,,  ,^        pniroiBic 

IV  LIA  .  EPICHARIS 
MNEIAC  XAPIN  a.PACI 

CONIVGI 
EnOIHCAN 

B        M 

29 


226  VIA    AI'PIA   APPENDICE    I. 

N.  1.  Questa  iscrizione  per  la  sua  importanza,  quantunque  già  esposta  con  le  illustra- 
zioni del  Borghesi  dalla  Pag.  104  alla  106;  pure  si  è  creduto  opportuno  di  riprodurla 
con  i  supplementi  proposti  dal  Commendatore  P.  E.  Visconti,  come  venne  pubblicata 
nel  Voi.  XXIV  degli  Annali  deirinstituto  archeologico  dell'anno  1852  alla  Pag.  315. 
Dalle  osservazioni  aggiunte  dal  dottor  Henzcn  sul  verso  quinto  si  fa  conoscere  che  dopo 
la  lettera  e  di  praec  non  rimane  più  nulla  di  determinato  nella  lapide,  ed  anzi  la 
stessa  lettera  e  è  mancante  della  metà  inferiore  ;  e  tra  essa  e  la  successiva  A  rimane  lo 
spazio  necessario  per  dar  luogo  al  supplemento  proposto  dal  Borghesi,  cioè  praeco 
\gnomine  (VStvs,  che  si  trova  sempre  il  più  probabile  che  si  sia  sin"ora  proposto, 
(juantunquc  fosse  già  palese  che  in  tal  modo  il  verso  avrebbe  un  piede  di  più,  come  pure 
ciò  accaderebbe  nel  supplemento  proposto  dal  dottor  Henzcn,  che  consiste  nel  sostituirvi 
praec/ajo  nomine  nsTvs.  Crede  inoltre  lo  stesso  eh.  dottore  nell'ultimo  verso  essersi 
meglio  dovuto  leggere  cvr  in  vece  di  cvm  nell'esposto  supplemento.  Tutte  le  altre  sur- 
riferite iscrizioni,  unitamente  a  quelle  che  già  si  sono  esibite  nella  loro  propria  disposi- 
zione, si  trovano  esposte  dalla  Pag.  107  alla  122.  Particolarmente  poi  quella  riferita 
al  N.  2  si  descrive  alla  Pag.  108.  Quella  del  N.  3  alla  Pag.  109.  Quella  del  N.  4 
alla  Pag.  HO.  E  quelle  dei  N.  5,  6  e  7  alle  Pag.  HO  e  111,  e  vi  furono  aggiunti  al- 
cuni supplementi  più  certi  proposti  dal  dottor  Henzen.  Le  successive  dei  N.  8  e  9  sono 
esposte  alle  Pag.  115  e  116  dopo  di  avere  considerato  in  precedenza  alcune  nel  modo 
stesso  che  già  si  trovano  scritte  nelle  lapidi.  Quelle  dei  N.  10,  11,  12  e  13  alla 
Pag.  116.  Le  successive  dei  N.  14,  15  e  16,  alle  117  e  118.  E  quelle  dei  N.  17, 
18  e  19  alle  seguenti  Pag.  119  e  120.  Quindi  si  sono  aggiunte  in  supplemento  a 
quelle  diverse,  esposte  nelle  Pag.  121  e  122,  le  ultime  tre  riferite  ai  N.  20,  21  e  22. 
La  iscrizione  poi  del  N.  23  è  stala  ampiamente  illustrata  nella  lettera  del  Borghesi  riferita 
alla  nota  17.  Inoltre  si  sono  aggiunte  le  iscrizioni  indicate  ai  N.  24  e  25  che  sembrano 
avere  appartenuto  ad  un  medesimo  monumento,  e  che  meritano  considerazione  per  la  per- 
tinenza alla  gente  Aurelia  e  per  la  sostituzione  della  lettera  e  alla  s.  E  così  pure  le  due 
greche,  esposte  ai  N.  26  e  27,  si  sono  giudicate  meritevoli  di  essere  aggiunte  per  la  singo- 
larità dei  nomi  ;  e  similmente  quella  del  N.  28  per  la  qualità  di  Zena  cellario  di  Bebia 
Cornelia.  Tali  ultime  iscrizioni  si  sono  prese  ad  indicare  nella  nota  24  riferita  alle 
Pag.  121  e  122. 

PARTE  SESTA. 
1.  2. 

HOC  .  EST  .  FACTVM  .  MONVMENTVM  POMPEIAE  .  ATTIAE 

MAARCO  .  CAICILIO  T.  DIDIVS  .  EVPREPES  .  VXORl  .  K.\RISSIM 
HOSPES  .  GRATVM  .  EST  .  QVOM  .  APVD  SANCTISSIMAE  .  FECIT 

MEAS  .  RESTITVTEI  .  SEEDES  3, 

BENE  .  REM  .  GERAS  .  ET  .  VALEAS  II.  QVINTILIORVM 

DORMIAS    SINE  .  QVRA  CONDINI .  ET  .  MAXIMI 


ISCRIZIONI  PRINCIPALI.  227 

4.  5. 

SVPSIFANA  .  T.  L.  NICE  VS .  L.  F.  PO.M.  LICINVS 

T.  SVPSIFANVS  .  T.  L.  MCEPHOR  ....  ATEIDA  .  SEX  . F.  AXSoR 

T.  S^TSIFA^■VS  .  T.  D.  L.  FRVGI.  /bmElVS  .  L.  F.  CAPlTO  .  FILIVS 

SVPSIFASA  .  T.  L.  SICE  .  TESTAMENTO  .  SVO  .  nSSIT  .  HS.  CCl3XCl33l33        hoC  .  SepYLCKVyi    .  HEREDEM  .  NON 
MOSVMENTÌII  .  FIERI  .  DVO  .  nEREDES  ScQ^  ET\  R 

FACT^-M  .  EST  .  HS.  ccl3Dccl33l33  X  X  D...  arbitratu 

T.  SVPSIF.AM   .  T.   3.   L.  MCEPROrI  .  ET  .  M.  S 


6. 
SEPTIMIA  .  P.  F.  GALLA 


8. 


P.  SERGIVS  .  P.  P.  L. 
7.  DEMETRIVS 

Y.  VETTeNA  .  C.  C.  L.  APHRODISIfl         YINARIYS  .  DE  .  \T;LARR0 
FECIT  .  C.  VETTENO  .  C.  L.  SERGL\  .  P.  P.  L.  RVFA  .  VXOR 

CHRESTO  .  ET  .  SIRI  P.  SERGIVS  .  P.  ET  .  0.  L.  BASSVS.  L. 

9.  ARBITRATV  .  RVFAE  .  ^'XORIS 


CRISPLNAE  .  C.  F.  L.  ARRIVS 


GERVLOSIVS 


10.  11. 

D  .  M  .  S. 

M.  AVRELI\  S  .  CH  AVRELIAE  SOTERIDl 

KISOPHVS  .  MEM  T.  T.  KANI  APELLES 

MIAE.PRIMAE.CONIV  ET  FELIX 

gì.  SAiNCTISSIMAE      FEMLN.VE  SANCTISSIMAE 

ET  L.  OTACILIVS  ALEXANDER 
SORORI  PIISSnL\E 

13. 

OSSA 
AVRELIAE  .  LIVIAE  .  AVG.  C.  A^  RELIVS 
SER.  A.  CMl.  CATELLAE  .  IVCVNDVS 
AVTIELIVS  .  EROS  .  VNCTOR  .  AVG. 


12. 

V.    F. 

AVRELI.\E  .  MATERNL\NE 
CONIVG.  INCOMP.  QVAE  VIX. 
AN.  MECVM  .  XXII.  SINE  .  VLLA 
QATRELA  .  AVRELIVS  .  LIRERA 
LIS  .  MARITVS 


14. 
C.  AVRELH'S  C.  L.  AVRELIAE  .  CA1AN.4E 

SOPmS  .  SCRIB.  CALAE  .  LIMAE 

LIB.  .\POLLL\.  AVG.  A.  VEST  .  AA'GVST 

H.  S.  E.  CONIVGI .  DVLCISSnr 


Tutte  le  esposte  iscrizioni  si  sono  prese  a  considerare  dalla  Pag.  123  alia  144. 
Particolarmente  quella  del  \.  1 ,  resa  assai  importante  per  il  modo  con  cui  è  scritta , 
fu  illustrata  dalla  Pag.  129  alla  132.  Quella  del  N.  2  alla  Pag.  133.  E  così  quella 
del  N.  3,  che  si  riferisce  alla  villa  dei  Quintilii;  ed  è  su  tale  proposito  da  osservare  che 
simili  marchi  furono  rinvenuti  in  altri  tubi  di  piombo  nelle  scoperte  di  recente  fatte,  come 
pure  fu  scoperto  nella  parte  più  posteriore  della  villa  un  ragguardevole  frammento  di  una 
iscrizione  monumentale  che  doveva  adornare  la  fronte  di  tale  parte  della  villa,  e  che  si  co- 
nosce avere  appartenuto  ad  uno  dei  due  fratelli  Quintilii,  Condino  e  Massimo,  che  furono 


228 


VIA    APPIA    APPENDICE    I. 


fatti  morire  da  Commodo.  Da  quella  iscrizione,  vedendosi  accennati  diversi  impieghi  avuti 
nelle  provincia,  ed  anche  essere  essi  stati  scrittori  di  lettere  e  di  commentari,  si  spiega  bene 
ciò  che  venne  accennato  da  Dione,  cioè  che,  mentre  erano  presidi  delle  provinole,  Tuno 
presso  delPaltro  sosteneva  rufììcio  di  assessore.  Tale  iscrizione,  sperandosene  di  rinvenire 
le  due  parti  mancanti  nelle  estremila,  sarà  in  allora  presa  a  considerare  più  opporluna- 
mente.  La  iscrizione  del  N.  4  è  ricordata  alla  Pag.  139,  e  la  successiva  N.  5  alla  Pag.  140. 
Le  altre  dei  N.  6,  7,  8  e  9  alle  Pag.  141,  142  e  143.  Quelle  poi  esposte  ai N.  10,  11  , 
12,  13  e  14,  benché  di  poca  importanza,  si  è  creduto  opportuno  il  riferirle  tanto  per 
essere  ancora  inedile;  quanto  per  far  conoscere  la  poca  fiducia  che  si  deve  avere  su 
di  esse  per  stabilire  esservi  slato  un  grande  sepolcro  della  gente  Aurelia  nelle  adia- 
cenze di  Casal  rotondo,  come  fu  indicalo  alla  Pag.  144.  Queste  iscrizioni  furono  co- 
piate dal  cav.  De  Rossi  dal  codice  Ottoboniano  Valicano  N.  33G5  f.  118,  nel  quale  sono 
state  trascritte  dai  libri  di  antichità  di  Pietro  Ligorio;  e  perciò  tenute  anche  in  poca 
considerazione  per  rispetto  all'autenticità.  Mentre  non  si  riferiscono  che  a  liberti,  e  non 
mai  ad  alcuno  della  indicata  gente  Aurelia,  sono  esse  d'altronde  esposte  senza  precisa 
determinazione  del  luogo  di  loro  ritrovamento,  ma  solo  sotto  il  vago  titolo  di  via  Appia. 

PARTE  SETTIMA. 


1. 


Marcus  .  Valerius 
Messalae  . 


.  Messalinus  .  COTTA 
Corvino  .  Patri 


.SER  .  SVETTIO  .  SER.  L.  DEMETR 

ANTIGONVS  .  L.  LIBERTVS  .  ET 

SVETTIA  .  VXOR  .  PATRON 

ET  .  HERMA  .  COL 


5. 
ANTONI  .  C.  L.  ANTONIA  .  C.  L 
TRITI  .  T.  TRVPHERA 

7. 

M.  LOLLIVS  .  M.  L 

ESQ 
DIONYSIVS 

ARG 
^'IXIT  .  rivs 


2. 

aSCANio 
caESARIS  .  AV9.  Uh. 
«HdOCHlANO  .  A  .  CO  .  .  .  . 
.  .  A  .  FAVSTA  .  WOr  .... 
.  .  T 
in  fr  P.  XVI  m  Kg  .  .  .  . 
.  .  .  YRNE  MERITAE  SACERDOTI 

4. 

P.  F\TUVS  .  P.  L. 

FLACCVS 

FVRIA  .  FL.  IVCA  N 

HOC  .  SEP>LCRVM 

HEREDIS  .  NON  .  SEQVETA'R 

6. 
P.  QVINCTIVS  .  P.  F.  POM 
TR.  MIL.  LEO.  XVI 

BX  .  TESTAITENTO  .  ARBITRAIV  .  P.  QVINCTU  .  P.  L.  ZEN0NI5 

8. 


vEANnOAIN  nOTIOAOTC 

KnMnAOYC  KQMlìAOTC; 

eiA 

xiSAPfiSe»? 


ISCRIZIONI    PRINCIPALI. 


229 


9. 

M.  IVLIO  .  SP.  F.  PIETATi 
EPELYS  .  TI.  CLAA'DI  .  CAESAUL 
AVG.  DISP.  MATERNVS  .  AB 
AEDIFICIS  .  VOLVNTARIS 


IO. 
P.  DECVMIVS  .  M.  P. 
PHILOMASVS 
MVS 


V.  L 


11. 


HOSPES  .  RESISTE  .  ET  .  HOC  .  AD  .  GRA  MVM  .  AD .  LAEVAM  .  ASPICE  .  VBEI 

CONTENENTVR  .  OSSA  .  HOMLNIS  .  BONI  .  MISERICORDIS  .  AMANTIS 
PAVPERIS  .  ROGO  .  TE  .  VIATOR  .  MONVAIENTO  .  HVIC  .  ML  .  MALE  .  FECERIS 

G.  ATEILIVS  .  SERRANI  .  L.  EVHOD^  S  .  MARGARITAIUA  S  .  DE  .  SACRA 
VIA  .  IN  .  HOC  .  MONVIVIENTO  .  CONDITVS  .  EST  .  VIATOR  .  VALE 

EX  .  TEST.VMENTO  .  IN  .  HOC  .  MONVMENTO  .  NEMINEM  .  INFERRI .  NEQVE 
CONDÌ  .  LICET  .  NISEI .  EOS  .  LIB.  QVIBA  S  .  HOC  .  TESTAÌWENTO  .  DEDI .  TRIBVIQVE 

12.  13. 

TITIA  .  L.  L.  EVCHARIS  POMPVLIA  POBLICIA 

IVLIA  .  C.  L.  GNOME  .  SOROR  MATlI  MATlI 


U. 


C.  CAED/c/o  .  e.  f 
FAL.  FLafccm/io 
TR.  MIL 

INGENV«s 

PATROno 

LIBERT 

M  C  A  S 


C.  CAEDICIVS  .  C.  FAL.  F 

FLACCEIMVS 

IN  .  FR.  PED.  XlIX 

IN  .  AGR.  PED  XX 


15. 

D.    M. 
M.  VLPIO  .  DEVTIAE 
VLPIAE  .  MARTHI 

CONIVGI 
BENEMERENTI 
FECIT  .  ET  .  SIBl 


Le  suddette  iscrizioni  si  sono  prese  a  considerare  dalia  Pag.  145  alla  168.  Ed 
ia  particolare  quella  del  N.  1,  per  essere  stata  supplita  sul  semplice  nome  Cotta  e  per 
essere  di  molta  importanza,  ha  portato  la  ragguardevole  illustrazione  riferita  dalla 
Pag.  145  alla  Pag.  154,  in  cui  precipuamente  si  sono  prese  ad  esporre  le  erudite  opinioni 
del  Borghesi.  Quella  del  N.  2  si  è  presa  a  considerare  alla  Pag.  155.  La  successiva  del 
N.  3  alla  Pag.  156.  L'altra  del  \.  4  alla  Pag.  157,  e  così  quella  dei  N.  5  e  6.  Quella 
del  N.  7  alla  Pag.  159.  E  le  due  parziali  con  il  respettivo  frammento,  esposte  al  N.  8 
alla  Pag.  161.  Le  successive  dei  N.  9  e  10  dalla  Pag.  162  alla  163;  ed  in  particolare 
la  prima  di  esse  ha  meritato  speciale  considerazione  dal  dottor  Henzen  senza  però  nulla 
poter  stabilire  di  preciso.  Nel  luogo  citato  si  prende  ad  illustrare  quella  di  M.  Alilio 
Evodo  margaritario  della  via  Sacra,  esposta  nel  modo  stesso  che  si  legge  nella  lapide, 
la  quale  però  viene  esposta  al  N.  II;  e  merita  speciale  considerazione,  oltre  la  sua  ragguar- 
devole vetustà  e  le  particolarità  in  essa  indicate,  eziandio  per  l'impiego  della  voce  gnimm 
posta  in  vece  di  tumulo,  e  per  altre  non  troppo  comuni  espressioni.  La  lapide  esibita  al 
N.  12  si  è  presa  a  considerare  alla  Pag.  163.  Le  due  esposte  al  N.  13  vedonsi  scritte  su 
due  piccoli  piedestalli  di  pietra  albana.  E  le  due  riferite  al  N.  14  su  due  cippi  termi- 
nali che  sono  descritti  alla  Pag.  165.  E  quella  del  N.  15  alla  Pag.  166. 


230 


VIA    AI'PIA    APPENDICE 


PARTE  OTTAVA. 
1. 

M.  VisELLIVS  .  M.  F.  FAL.  SEpf/MVS 
TRIB.  MILIT.  PRAEF E 

VjSELLIA  ISI  .  .  .  N mXOR 

VeSELLIA MATER 

VjSELLIA NOPE  .  L 

jANNVARIVS 

.V «RAGICmS 

CAE OLITIC 

PLAVTI  

0.  PLAVTIVS 

HOC  MONVMENT  


C.  VALERIO  .  SYNEROTI 

C.  VALERIVS  .  TRANQVILLVS  .  AELIA 

AELIA  .  PRIMIGENIA 

AELIAE  .  PRIMIGENIAE 

VIRO  .  INDVLGENTISSIMO 

4. 

HlC    lAC    .    .    . 

MAIRI  .  PIISSIMAE 

5. 

IN    LOCO    .    .    . 

M.  POMPEIVS  .  M.  F 

SPES  .  ET  .    .    . 

MAI 

MAOISTE    .    .    . 

SCR.  0 

BIS  .  FVNC    .    .    . 

6. 

PATRIMO    .    .    . 

CORNELIA  .  M.  ET      3.  L.  SALVIA 

MAGNA    .    .    . 

LIRERTEIS  .  LIBERTARVS 

CLARIOR    .    .    . 

ET  .  FAMILIAE 

PVLCHRV    .    .    . 

7. 

SVMPTI    .    .    . 

SILVANO  SACRVM 

OPVS  .  FABRICI    .    . 

TOSSIA  .  L.    F    . 

Le  poche  iscrizioni,  che  furono  rinvenute  nell'enunciato  parliniento,  si  sono  prese 
a  considerare  dalia  Pag.  161  alla  178.  Al  N.  1  si  è  riferita  quella  iscrizione  divisa  in 
sei  frammenti,  di  cui  si  fece  menzione  alla  Pag.  171,  la  quale  può  meritare  qualche 
considerazione  per  la  qualità  di  M.  Visellio  che  si  dice  evidentemente  tribuno  dei  militi 


ISCKIZIOM    PRINCIPALI. 


231 


e  prefetto  forse  di  qualche  ala  o  di  alcun  compartimento  provinciale.  Ed  ai  N.  2  e  3  sono 
esposte  due  iscrizioni  che  assai  ben  conservate  si  sono  rinvenute  da  vicino  all'anzidetta. 
Il  frammento  esposto  al  N.  4  si  è  riferito  alla  Pag.  171.  E  le  iscrizioni  dei  N.  5  e  6 
alla  Pag.  172;  però  merita  qualche  maggiore  considerazione  la  prima  di  esse;  poiché 
quando  si  volesse  considerare  il  3Iai  per  Mae,  secondo  il  metodo  di  più  antica  ortografia,  si 
dovrà  intendere  la  tribìi  Maccia  in  vece  dell"  interpretazione  Maior  già  indicata  per  di- 
stinzione di  Minor  spesso  praticata,  e  di  più  propabile  attribuzione  per  uno  scriba  dei  que- 
stori. Lara  poi  sacra  al  dio  Silvano,  che  offre  la  indicazione  esibita  al  N.  7,  si  è  descritta 


alle  Pag.  173  e  174. 


PARTE  NONA. 


1. 
0.  CASSI  .  C  . 
ARTENAE  ... 
REDEMPTORIS 


MAR 


Quanto  concerne  l'enunciato  partimento  fu  preso  a  considerare  dalla  Pag.  178  alla 
188:  ma  assai  poco  di  ragguardevole  si  è  rinvenuto  per  le  iscrizioni;  poiché  si  riduce 
al  frammento  esposto  al  N.  1  e  descritto  alla  Pag.  181  con  alcuni  altri  assai  meno  con- 
servati frammenti. 

PARTE  DECIMA. 


1. 

M. 

SACR\M 
VITALI   .   FECIT 

TELESPHOR 
CONT\'BERNALI 
BENEMERENTI  .  V.  A. 


XX 


2. 

T.  FL.   T.  F 
SODALI  .  .  . 
^■ERIAN    .  . 
PROCOS    .  .  . 
PROMN ... 


Tutto  ciò,  che  si  riferisce  all'enunciato  partimento ,  è  esibito  dalla  Pag.  189  alla 
192.  E  particolarmente  le  due  iscrizioni,  che  sono  le  sole  meritevoli  di  qualche  considera- 
zione in  esso  rinvenute,  si  sono  illustrate  alle  Pag.  189  e  190.  Esistono  bensì  verso  il  fine 
dello  stesso  partimento  alcune  poche  lettere  di  una  iscrizione  evidentemente  importante, 
tanto  per  la  nobiltà  della  costruzione  del  monumento  a  cui  esse  appartenevano,  quanto  per 
la  loro  estrema  grandezza;  ma  si  riducono  ad  offrire  un  m,  poscia  apv,  e  quindi  sav,  da 
cui  nulla  di  ben  preciso  può  dedursi  quando  non  voglia  vedcrvisi  scritto  o  il  nome  di 
S.  Apuleo.  o  quello  di  Servilio  Vatia  Isaurico. 


232 


VIA    APPI  A    APPENDICE    I. 


PARTE  UNDECIMA. 


1. 

FVNIVS  .  D   L.  EVFRANO 
ARIA  .  M.  L.  ALEXANDR 
ARIA  .  C.  L.  NICELIA 
IVLIVS  .  CAESARIS  .  L. 

DIONYSIVS 

IN  .  FRON  .  P.  XIIX 
IN  .  AGR  .  P.  .  .  XIIX 


2. 

C.  L.  F. 

HILARITAE 

CONIVGI 

DVLCISSIMAE 

L.  VETVRVS 

RVFVS 

FECIT 


Quanto  rimane  di  più  conservato  nell'enunciato  partimento  si  è  esposto  dalla  Pag. 
193  alla  196.  E  tanto  la  iscrizione  del  cippo  terminale,  maggiormente  conservata,  che  si  è 
esibita  al  N.  1,  quanto  la  iscrizione  del  N.  1,  si  sono  prese  a  considerare  unitamente 
alle  Pag.   195  e  196. 

PARTE  DUODECIMA. 


1. 

VEDIOVEI    .    PATREI 
GENTEILES  .  IVLIEI 


2. 
LEEGE  .  ALBAANA 

DICATA 


Tutto  ciò,  che  si  riferisce  alKenunciato  ultimo  partimento,  si  è  preso  ampiamente  a 
considerare  dalla  Pag.  197  alla  216.  Ma  tutte  le  iscrizioni,  che  sono  relative  alla  città  e 
municipio  di  Boville,  in  esso  precipuamente  compreso,  essendo  già  cognite  per  diverse 
altre  pubblicazioni,  non  si  credette  opportuno  di  nulla  aggiungere  di  più  a  quanto  già  fu 
su  di  esse  esposto  nelle  note  illustrative  di  tale  descrizione.  Soltanto  si  riferisce  quella 
esposta  ai  N.  1  e  2 ,  che  esiste  su  di  una  vetusta  ara  e  che  si  è  presa  a  considerare  alla 
Pag.  209  sulle  memorie  tramandateci  allorché  era  maggiormente  conservata;  perchè  è 
di  maggiore  importanza  di  tutte  le  altre  simili  memorie  che  ci  sono  state  conservate 
dell'antica  Boville. 

Così  seguendo  il  modo  stesso,  che  si  è  tenuto  nel  porre  termine  alla  precedente 
esposizione  generale  della  prima  parte  della  via  Appia  presa  ad  illustrare,  si  darà  com- 
pimento a  questa  prima  Appendice,  col  dire  che  si  è  giunto  al  termine  prescritto  senza 
deviare  da  quanto  erasi  determinato  di  osservare  per  raggiungere  nel  miglior  modo  pos- 
sibile lo  scopo  preflsso,  e  senza  trattenerci  su  particolarità  di  nessuna  ragguardevole  im- 
portanza. 


APPENDICE  SECONDA 

RICERCHE  SULLA  PRECISA  ESTENSIONE 
DELL  ANTICO  MIGLIO  ROMANO 

PER  SERVIRE  A  DETERMINARE  LA  POSIZIONE  DELLE  LAPIDI  MIGLIARIE 
LUNGO  LA  PRIMA  PARTE  DELLA  VIA  APPI  A. 


La  esposta  descrizione  della  prima  parte  della  celebre  via  Appia ,  es- 
sendo basata  sulla  corrispondenza  delle  colonne  migliane  che  stavano  poste 
lungo  la  stessa  via,  ed  alle  quali  si  riferiscono  tutte  le  piìi  importanti  me- 
morie che  ci  furono  tramandate,  prima  d'imprendere  la  particolare  descri- 
zione della  stessa  via  si  rende  necessario  di  dimostrare  come  si  sia  potuto 
nel  miglior  modo  supplire  alla  intera  mancanza  di  tali  positive  memorie 
locali  per  giovare  allo  scopo  prefisso.  E  primieramente  è  d'uopo  accennare  che 
quantunque  sia  ora  bastantemente  riconosciuto  che  il  cominciamento  della 
numerazione  delle  migha  accadeva  decisamente  dalle  porte  della  cinta  di  Ser- 
vio Tullio,  dalle  quaU  uscivano  le  vie,  e  non  dal  Migliarlo  aureo  posto  in 
capo  al  foro  Romano,  come  ne  fu  per  il  passato  comune  opinione  ;  pure  si 
può  rendere  palese  tale  errore  solo  coll'osservare  che  le  miglia  lungo  le  vie 
consolari  furono  determinate  con  lapidi  in  particolare  da  Cajo  Gracco,  co- 
me si  dimostra  da  Plutarco  nella  sua  vita,  assai  prima  che  venisse  da  Augu- 
sto stabihto  nel  foro  Romano  il  detto  ÌNIigliario  aureo.  E  quindi  anche  col 
considerare  che  la  colonna  del  primo  migUo  della  via  Appia ,  essendosi  rin- 
venuta a  palmi  romani  512  fuori  della  porta  di  s.  Sebastiano,  non  si  pote- 
va mai  giungere  colla  estensione  di  un  miglio  da  vicino  al  foro  Romano,  ma 
solo  al  luogo  occupato  dalla  porta  Capena.  D'altronde  da  Frontino  si  trova 
autorevolmente  dichiarato  che  la  stessa  via  Appia  aveva  principio  da  que- 
sta porta  dicendo  nel  quinto  articolo  della  sua  ben  cognita  opera  sugli 
acquedotti,  viam  Appiani  a  porta  Capena  usqiie  ad  urbem  Capuam  miinien- 
dam  curàvit.  Se  si  fosse  conservata  al  proprio  luogo  la  suddetta  colonna 
migliarla,  in  vece  di  collocarla  quale  insignificante  oggetto  ornamentale  sulla 
balaustrata  della  piazza  Capitolina,  avrebbe  reso  in  ogni  tempo  palese  la  di- 
mostrazione del  medesimo  errore  5  e  si  sarebbero  risparmiate  ai  dotti  tante 
illustrazioni  e  tante  vertenze  che  hanno  ad  essi  ed  agli  studiosi  fatto  perde- 
re il  tempo  che  sarebbesi  potuto  impiegare  in  più  utili  ricerche.  E  lo  stesso 

30 


234  VLi   APPIA    APPENDICE    II. 

si  deve  attribuire  alle  altre  colonne  migliane  rinvenute  lungo  la  stessa  via  che 
ora  neppure  si  conosce  ove  esistano;  ma  ciò  che  non  può  approvarsi  si  è  che 
in  tempi  non  lontani,  e  da  persone  che  s'interessavano  dei  monumenti  an- 
tichi ,  si  sono  tolte  diverse  colonne  migliarle  che  si  rinvennero  nel  proprio 
luogo  lungo  la  parte  della  medesima  via  che  traversa  l'agro  Pontino  allorché 
s' imprese  a  bonificarlo,  per  collocarle  da  vicino  ad  alcune  fabbriche  moderne 
ivi  erette  che  servono  di  sedile  e  sono  soggette  ad  essere  assai  più  dan- 
neggiate che  se  si  fossero  conservate  al  proprio  luogo.  Le  fosse  migliane  poi, 
che  si  sono  scavate  in  corrispondenza  di  tali  colonne,  non  sono  sufficienti 
per  fare  approvare  tale  disposizione  ;  giacché  furono  esse  con  alquanta  va- 
rietà determinate.  Si  rende  anche  palese  il  detto  errore  col  prendere  a  con- 
siderare quanto  venne  dichiarato  da  Pesto  sul  luogo  in  cui  si  trovavano  cor- 
rispondere da  vicino  a  Roma  le  vie  Latina,  Ardeatina  ed  Asinaria,  che  sem- 
pre solo  si  può  determinare  col  considerare  il  loro  principio  dalle  porte  cui 
esse  uscivano.  La  situazione  del  primo  miglio  delle  vie  Labicana  e  Prene- 
stina,  posto  nel  luogo  distinto  col  nome  della  Speranza  vecchia  e  corrispon- 
dente ove  ora  esiste  la  porta  Maggiore,  serve  di  valido  documento  per  de- 
terminare il  principio  di  tali  vie  dalla  porta  Esquilina  situata  assai  distante 
dal  foro  Romano,  come  pure  è  contestato  dal  ritrovamento  della  lapide  del 
terzo  miglio  della  medesima  via  Labicana  in  vicinanza  del  mausoleo  di 
s.  Elena,  secondo  il  Fabretti.  E  così  quanto  si  è  potuto  ultimamente  stabi- 
lire sul  sepolcro  di  Pallante,  che  si  dice  da  Phnio  collocato  entro  il  primo 
migho  della  via  Tiburtina,  in  seguito  di  essersi  rinvenuto  un  cippo  apparte- 
nente ad  un  famigliare  dello  stesso  Pallante  nella  prima  vigna  posta  fuori 
della  porta  attuale  di  s.  Lorenzo,  ove  solo  con  meno  di  un  miglio  potevasi 
giungere  al  luogo  stabilito  per  la  porta  Esquilina ,  dalla  quale  pure  usciva 
tale  via.  Simili  contestazioni  si  hanno  dalle  notizie  relative  al  primo  miglio 
delle  vie  Nonientana  e  Salaria  :  ma  di  più  vengono  somministrate  dalla  via 
Flaminia  ;  poiché  si  conosce  essere  stato  il  luogo  occupato  dalla  sua  prima 
colonna  migliaria.  ove  si  celebravano  le  ferie  di  Anna  Perenna,  secondo  il 
calendario  Vaticano,  poco  prima  di  giungere  alla  porta  del  Popolo  ;  il  sepol- 
cro temporaneo  di  Arrio  Afro  tra  il  primo  ed  il  secondo  miglio,  come  è  deter- 
minato dalla  sua  iscrizione,  ed  il  ponte  Milvio  corrispondente  al  terzo  mi- 
glio della  stessa  via,  come  é  stabilito  da  diversi  documenti,  fanno  conosce- 
re essersi  cominciato  a  contare  tali  distanze  dalla  porta  Ratumena,  e  non 
mai  dal  Migliarlo  aureo.  Così  il  luogo,  in  cui  fu  rinvenuta  nel  decimosesto 
secolo  nel  principio  della  salita  di  monte  Mario,  la  importante  iscrizione 
che  servì  ad  indicare  essere  stato  detto  quel  clivo  di  Cinna  ed  avere  quel 


SUL    VALORE    UKL    MIGLIO   ANTICO.  235 

luogo  corrisposto  tra  il  secondo  ed  il  terzo  miglio  della  via  Trionfale,  serve  a 
contestare  avere  tale  via  avuto  principio  dalla  porla  distinta  con  lo  stesso 
nome  o  dalla  Carmcntale.  Parimenti  tutte  le  notizie,  che  si  hanno  sulle  pri- 
me colonne  migliane  della  via  Aurelia  vecchia  e  nuova,  coincidono  nel  di- 
chiarare la  stessa  circostanza.  Quanto  si  conosce  sul  luogo  occupato  dal  tem- 
pio della  Fortuna  Forte  al  primo  miglio  della  via  Campana,  in  seguito  del  cippo 
terminale  rinvenuto  pochi  anni  sono  a  due  miglia  distante  dalla  porta  Portese, 
sulla  ripa  destra  del  fiume,  che  servì  a  decidere  la  questione  sull'andamento 
di  detta  via,  e  ad  indicare  il  luogo  occupato  dagli  orti  Cocceiani  e  Tiziani,  ed 
anche  a  confermare  la  corrispondenza  precisa  del  bosco  sacro  alla  dea  Dia  in 
cui  intervenivano  i  fratelli  Arvali  al  quinto  miglio  della  medesima  via  Cam- 
pana ,  come  è  noto  dalle  iscrizioni  illustrate  dal  ÌNIarini ,  somministra  altri 
autorevoli  documenti  assai  utili  per  lo  stesso  scopo.  E  similmente  la  notizia 
conservata  dal  Reinesio  sul  luogo  del  ritrovamento  dell'iscrizione  di  uno 
scalare  di  un  monumento  sepolcrale,  posto  tra  il  primo  ed  il  secondo  miglio 
della  via  Ostiense,  aggiunge  altro  documento  a  rendere  palese  la  stessa 
circostanza;  e  similmente  la  lapide  del  decimo  miglio  della  via  Laurentina  da 
me  rinvenuta  e  conservata  nel  proprio  suo  luogo  nel  principio  della  macchia 
di  Decimo.  A  tutte  queste  autorevoli  memorie,  che  sono  state  illustrate  in 
altre  mie  opere,  se  ne  potrebbero  aggiungere  altre  diverse,  se  fosse  neces- 
sario di  maggiormente  dichiarare  la  insussistenza  della  indicata  volgare  opi- 
nione :  ma  le  erudite  ricerche  dell'Olstenio ,  del  Marini ,  del  Fabretti,  del 
Revillas,  e  di  diversi  altri  dotti  rendono  inutili  maggiori  dichiarazioni; 
quindi  si  reputa  piìi  utile  passare  ad  esporre  alcune  notizie  sulla  più  propria 
destinazione  e  forma  che  era  stata  data  al  suddetto  Migliario  aureo. 

Le  recenti  scoperte  hanno  poi  in  mighor  modo  fatto  conoscere  ciò  che 
fosse  effettivamente  il  MigHario  aureo  stabilito  da  Augusto,  allorché  nell'an- 
no 721  di  Roma  egU  fu  eletto  curatore  delle  vie  che  uscivano  da  Roma, 
come  venne  da  Dione  attestato  (  1  )  ;  perciocché  si  è  rinvenuto  nella  protra- 
zione delle  recenti  scavazioni  del  foro  Romano  lungo  la  parte  della  via  Sa- 
cra, che,  trapassando  sotto  l'arco  di  Tiberio,  sahva  al  Campidoglio,  un  imba- 
samento rotondo  scolpito  in  marmo  e  nobilmente  decorato,  che  si  può  cre- 
dere con  molta  probabiHtà  avere  servito  per  sostenere  la  colonna  che  costi- 
tuiva il  suddetto  Migliarlo  aureo,  la  quale  doveva  esistere  in  capo  al  foro 
Romano  e  sotto  al  tempio  di  Saturno ,  come  vedesi  dimostrato  da  Tacito  e 

(1)  T5T£  §£  aÙTÒ;  Te  npofjTÓzri;  tiv  rupi  rrrJ  'Pwolkjv  ìSìiv  aipt^ùg,  y.cd  re  /jjuisùv 
n'ÙAiv  xsxXjj/Jiiycv  S'Ttvjits.  (Dione.  Lib.  LIV.  e.  8.J 


236  VIA    XVnX    APPENDICE    II. 

da  Svetonio  particolarmente,  ed  a  tale  posizione  si  trova  corrispondere  il 
luogo  del  ritrovamento  della  stessa  importante  reliquia  (2).  Tale  basamento 
doveva  corrispondere  in  altezza  a  quello  della  grande  tribuna  dei  Rostri, 
che  ben  si  conosce  da  quanto  sussiste  tra  lo  stesso  luogo  e  l'arco  di  Settimio 
Severo ,  e  ne  doveva  decorare  la  estremità  occidentale  in  circa  simil  modo 
che  nei  tempi  posteriori,  e  principalmente  dopo  la  edificazione  del  detto 
arco  trionfale,  fu  terminata  la  estremità  orientale  con  quel  piccolo  altro  si- 
mile monumento  rotondo  a  cui  si  volle  appropriare  il  nome  di  Umbilico  della 
città  di  Roma ,  ed  anzi  si  trova  avere  avuto  lo  stesso  diametro.  Ouin^i  1^ 
colonna,  che  doveva  innalzarsi  sopra  tale  basamento,  e  che  non  è  da  cre- 
dersi fatta  interamente  d'oro,  ma  solo  di  bronzo  dorato  per  avere  potuto 
acquistare  il  suddetto  titolo  di  Mighario  aureo,  si  può  dedurre  con  molta 
probabilità  avere  avuto  la  forma  in  circa  eguale  a  quella  delle  comuni  co- 
lonne migliane,  ed  essere  stata  in  circa  simile  a  quei  tubi  che  si  sono  rinve- 
nuti ultimamente  negli  antichi  bagni  di  Yicarello  in  vicinanza  del  lago  Saba- 
tino, su  tre  dei  quali  si  trovarono  scritte  in  colonna  tutte  le  stazioni  con 
le  misure  intermedie  della  via  che  tennero  viaggiatori  venendo  da  Cadice 
a  Roma  (3).  In  detta  colonna  invece  dovevano  essere  registrate  non  sola- 
mente le  distanze  in  passi,  che  vi  erano  tra  il  luogo  occupato  da  esse  in  capo 
al  foro  Romano,  e  le  porte  della  cinta  delle  mura  di  Servio  che  prescri- 
vevano ancora  il  limite  proprio  della  città  al  tempo  di  Augusto  ;  ma  pure  le 
estensioni  generali  delle  vie  consolari  che  uscivano  da  esse  e  che  si  stende- 
vano in  tutta  ritaha,  con  successivamente  le  stazioni  mihtari  e  le  respettive 
intermedie  estensioni  di  migUa  scritte  in  colonna  nel  circa  simile  modo  che 
si  trovano  registrate  nel  ben  noto  Itinerario  di  Antonino.  Così  per  esempio 
la  iscrizione  in  colonna  della  via  Appia  doveva  offrire  primieramente  il 
suo  titolo  VIA  APPIA,  poscia  sotto  la  sua  generale  estensione  brandvsivm  .  m.  p. 
ccGLx ,  di  seguito  la  distanza  dal  luogo  occupato  da  tale  Migliano  aureo  alla 

(2)  Per  libcrianam  domum  in  Velabrum  inde  ad  Milliarium  aureum  sub  aedem  Satitrm 
pergit.  (Tacito,  Hist.  Lib.  I.  e.  21. J  Ergo  destinata  die,  praemonitis  consciis,  ut  se  in  foro  sub 

aede  Saturni  ad  Milliarium  aureum  opperirentur (Svetonio,  in  Ottone,  e.  Q.J  Per  la 

giusta  situazione  del  medesimo  Migliano  aureo  si  veda  la  Esposizione  storica  e  topogra6ca 
del  foro  Romano  e  sue  adiacenze  pubblicata  nell'anno  1845,  Parte  II  Capo  III.  E  quindi 
tutto  ciò  che  fu  da  me  stesso  esposto  sulle  recenti  scoperte  della  basilica  Giulia  che  corri- 
spondeva a  lato  del  luogo  occupato  da  tale  colonna. 

(3)  Si  vegga  la  recente  pubblicazione  del  Rev.  Padre  Marchi  sulla  Stipe  tributata 
alle  divinità  delle  Acque  Apollinari  scoperta  nel  cominciare  dell'anno  1852,  nella  quale  sono 
esposti  i  citati  piccoli  vasi  migliarli  alle  Fig.  9,  10,  11  della  Tav.  IH. 


SUL    VALORE   DEL    RHCLIO   ANTICO.  237 

porla  Capena  da  dove  la  via  stessa  aveva  principio  che  si  trova  essere  di  passi 
in  circa  mille,  portam  .  capen.ìm  .  p.  m.  E  successivamente  le  respettive  stazioni 
militari:  ariciam  .  m.  p.  \\i  \  tres  .  tabernas  .  m.  p.  xiin  |  tarraclnam  .  m.  p. 

XMlll   j  FVNDOS  .  M.  P.  X\ì   \  FORiADAS  .  M.  P.  XHI   |  MINTVRNAS  .  M.  P.  IX   ]  SI.VVESSA.M  . 

M.  p,  IX  I  C.4PVAM  .  M.  p.  xavi.  \  E  COSÌ  di  seguito  sino  a  Brindisi  in  circa  nel  mo- 
do stesso  che  sono  registrate  nel  suddetto  Itinerario.  In  simile  modo  dovevano 
essere  descritte  in  colonna  le  altre  vie  consolari,  che,  escludendo  le  secondarie, 
si  possono  considerare  in  quelle  distinte  con  i  nomi ,  oltre  l'Appia  anzidetta . 
Latina,  Labicana,  Prenestina,  Valeria,  Salaria,  Quinzia,  Flaminia,  Cor- 
nelia, Cassia,  Aurelia  ed  Ostiense.  Così  in  dodici  colonne  si  dovevano  tro- 
vare redstrate  tutte  le  notizie  che  erano  relative  alle  indicate  vie,  affinchè 
fossero  cognite  a  coloro  che  dovevano  percorrerle,  e  precipuamente  ai  ca- 
pitani delle  spedizioni  militari.  Secondo  questa  dichiarazione  si  trova  assai 
bene  spiegato  quanto  venne  indicato  nel  ben  noto  passo  di  Plinio  denotante 
la  grandezza  di  Roma ,  il  quale  ha  offerto  motivo  a  tante  varie  interpreta- 
zioni; poiché  venivano  in  tale  monumento  indicate  primieramente  le  di- 
stanze che  s'incontravano  per  passare  dal  foro  Romano  alle  diverse  porte, 
dalle  quali  avevano  principio  le  dette  vie  (i).  Quanto  era  relativo  al  più 
ampio  riparto  dei  vici,  compresi  nelle  quattordici  regioni,  e  la  loro  esten- 
sioni ,  quale  si  trovava  al  tempo  di  Vespasiano ,  in  cui  Plinio  espose  le  dette 
notizie,  si  dovette  aggiungere  nell'altra  simile  colonna  eretta  posteriormente 
nell'altra  estremità  della  tribuna  dei  Rostri,  che  denominavasi  perciò  Umbi- 
lico  della  città  di  Roma.  Si  spiega  pure  assai  bene  con  la  medesima  dehni- 
zione  quanto  venne  indicato  dall'autore  della  vita  di  Galba,  che  si  attribui- 
sce comunemente  a  Plutarco,  nel  dire  che  Ottone  dalla  casa  del  Palatino, 
detta  di  Tiberio  discese  al  foro  ove  era  collocata  quella  colonna  aurea ,  in 
cui  tutte  le  vie  militari  aperte  nell'Italia  erano  definite,  o  determinate,  come 
meglio  si  voglia  spiegare  (5);  e  non  mai  che  in  essa  avevano  termine  le  stesse 

(4)  Eiiisdem  spatium,  mensura  currente  a  Milliario  in  capite  Romani  fori  statuto  ad  sin- 
gidasportas,  quae  sunt  hodie  numero  XXXVIIita  ut  duodecim  semel  numerentur  praeterean- 
turque  ex  veteribus  septem  quae  esse  desierunt,  effecit  passuum  per  directum  XX  M DCCLXV. 
Ad  extrema  vero  tectorum  am  Castris  praetoriis  ab  eodem  MiUiario  per  vicos  omnium  viarum 
mensura  coUigit  paulo  amplius  septuaginta  milia  passuum.  (Plinio,  Nat.  Hist.  Lib.  III.  e.  o.J 
Per  la  maggior  spiegazione  di  quanto  può  essere  relativo  alla  parte  interna  della  città  si 
veda  TEpilogo  aggiunto  in  fine  della  quarta  edizione  della  Indicazione  topografica  di  Roma 
antica  pubblicata  nell'anno  1850. 

(5  Kxi  ò'.x  Tc;  Tili-zpcov  Y.y}.cviJ.vjr,z  ci/.ix;  y.y-xSà;  I^Saot^sv  ci;  à-^poxv,  oò  /ov- 
<7où;  ii^'Ti/zt  yJ.av,  £t:  iv  ot  rzTixYìuÀvat  lij;  'l-:y}ictg  cScr  -«aat  TcXju-ùurv.  (Plutarco,  tn 


238  VIA    APPIA    APPENDICE    II. 

vie,  come  comunemente  s'intende;  perciocché  è  bastantemente  dimostra- 
to che  le  vie  anzidette,  anche  fatta  astrazione  della  precisa  determinazio- 
ne del  luogo  da  cui  si  cominciavano  numerare  le  migUa,  venivano  ad  ave- 
re sempre  soltanto  principio  da  Roma ,  e  non  mai  termine  in  questa  città. 
Non  si  può  ancora  stabilire  in  qual  modo  fosse  superiormente  adornato  lo 
stesso  Migliarlo  aureo  :  ma  per  la  proporzione  della  sua  forma  sembra  es- 
sersi solo  potuto  bene  adattarvi  altro  che  una  statua  sedente  che  conve- 
nientemente poteva  rappresentare  l'Augusto  institutore.  Quale  fosse  poi  la 
sua  generale  forma  si  dimostra  nella  figura  esposta  nella  parte  media  del- 
l'annessa Tavola. 

Per  dimostrare  poscia  quale  fosse  la  forma,  che  più  comunemente  veniva 
data  alle  colonne  migliane  collocate  lungo  le  vie  antiche,  ne  offre  preci- 
puamente importante  esempio  la  colonna  anzidetta  del  primo  miglio  della 
via  Appia,  che  dal  luogo  suo,  in  cui  fu  rinvenuta  a  palmi  romani  512 
fuori  della  porta  di  s.  Sebastiano,  venne  collocata  sulla  balaustrata  del- 
la piazza  Capitolina.  Quindi  per  tale  effetto  si  esibisce  la  sua  effigie  nel- 
l'annessa Tavola  a  lato  di  quella  dell'anzidetto  Migliarlo  aureo.  Benché  si 
creda  il  piedestallo,  ora  sottoposto  a  tale  colonna,  e  rinvenuto  nello  stesso 
luogo,  non  avergli  appartenuto;  pure  la  sua  proporzione  ed  anche  la  sua 
iscrizione,  esistente  su  di  una  delle  sue  fronti,  ne  rende  in  certo  modo  se 
non  certa  almeno  probabile  la  convenienza  della  sua  applicazione.  Anche 
meno  certa  poi  è  la  pertinenza  della  base  sulla  quale  si  appoggia;  poi- 
ché vedesi  chiaramente  fatta  modernamente  con  sagome  proprie  del  genere 
jorico  o  del  corintio,  mentre  le  proporzioni  della  colonna  comportava  il  dorico. 
Il  globo  di  bronzo  che  gli  era  stato  sovrapposto,  per  essere  stato  giudi- 

Galba.  e.  2i.J  In  modo  più  accurato  fu  preso  a  considerare  quanto  concerne  il  suddetto 
Migliarlo  aureo  dal  Fabretti  [Ve  aquis  et  aquaeductibus  Veteris  RomaeJ,  dairOlstenio  (Ve 
MilUano  aureo.  In  Graevio  Thes.  Tom.  IV.  pag.  1805,),  dal  Marini  fAtti  dei  fratelli  Arcali. 
Tom.  I.  pag.  8)  e  più  ampiamente  dal  Rcviilas  {Sopra  la  colonna  dagli  Antichi  chiamata 
Milliarium  aureum.  Dissertazioni  dell'Accademia  di  Cortona.  Tom-  I.  Part.  II.)  E  tra  le  me- 
morie, che  si  hanno  sul  modo  tenuto  dagli  antichi  nel  numerare  le  miglia  lungo  le  vie,  si 
suole  considerare  la  seguente  che  determina  precisamente  essersi  dovuto  cominciare  non 
dal  migliarlo  della  città,  ma  dal  termine  degli  edili zj  :  mille  passiis  non  a  Milliario  Urbis, 
sed  a  continentibus  acdificiis  numerandi  siint.  fMacer.  Digest.  50,  16,  154. j  D'altronde 
quando  si  prende  a  considerare  ciò  che  venne  delineato  nella  carta  Peutingeriana  per  rap- 
presentare la  città  di  Roma,  circoscritta  entro  ad  un  circolo,  si  vedrà  che  tutte  le  vie 
sono  in  essa  indicate  avere  avuto  principio  solo  dalle  porte  che  dovevano  corrispondere 
nella  stessa  circonferenza. 


SUL    VALORE    DEL    MIGLIO    ANTICO.  239 

calo  decisamente  improprio  e  preso  dalla  grande  mano  pure  di  bronzo  che 
si  conserva  nel  cortile  del  palazzo  dei  Conservatori,  già  venne  tolto,  e  re- 
sta ora  indeterminato  ciò  che  anticamente  vi  esisteva  (6).  Né  poi  si  hanno 
autorevoli  memorie  per  staLiUre  tale  finimento  ;  poiché  nelle  monete  antiche 
e  principalmente  in  quelle  della  gente  Vinicia,  che  sono  quelle  che  offrono 
più  autorevoli  effigie  delle  lapidi  che  erano  collocate  lungo  le  vie,  vedesi 
rappresentato  solo  un  semplice  cippo,  come  si  espresse  nella  annessa  Ta- 
vola (7).  Però  quando  si  reputasse  necessario  un  qualche  finimento,  non 
potrebbe  supporsi  meglio  supplito  altro  che  con  la  effigie  del  principe 
che  fece  collocare  o  rinnovare  le  dette  colonne  migharie,  fatta  in  forma  di 
un'erme  terminale:  ma  sempre  tale  probabile  attribuzione  senza  potersi 
contestare  con  alcun  autorevole  documento.  Come  poi  la  forma  della  co- 
lonna venisse  quasi  costantemente  mantenuta ,  si  trova  dimostrato  da  varii 
altri  esempj  simili,  e  particolarmente  da  quelle  diverse  colonne  migharie 
che  furono  rinvenute  nel  secolo  passato  lungo  la  protrazione  della  via  Ap- 
pia  che  traversa  l'agro  Pontino,  e  che  si  conservano  nei  casah  di  Tor 
tre  ponti,  Foro  Appio  e  Mesa.  Nella  parte  della  via  stessa,  presa  ora  ad  il- 
lustrare, si  attesta  essersi  rinvenuta  altra  colonna  con  la  iscrizione  eguale 
a  quella  del  primo  miglio  anzidetto,  ma  con  la  indicazione  del  settimo  mi- 

(6)  Tatto  ciò  che  è  relativo  al  ritrovamento  della  suddetta  colonna  del  primo  mi- 
glio della  via  Appia,  e  dell"  improprietà  del  globo  di  bronzo  che  gli  era  stato  sovrappo- 
sto, è  stato  in  modo  più  ampio  e  palese  dimostrato  dal  Revillas  nella  già  citata  dis- 
sertazione inserita  nel  Tomo  I  Parte  E  dei  saggi  dellAccademia  di  Cortona.  Quindi  in 
seguito  di  tale  palese  dimostrazione  nellanno  1849  fu  tolto  tale  globo;  ma  altra  ripa- 
razione sarebbe  da  desiderarsi  che  fosse  fatta  per  restituire  la  propria  destinazione  di 
tale  importante  monumento,  quale  sarebbe  quella  di  ricollocarlo  al  proprio  luogo. 

(7)  Le  lettere  che  leggonsi  sul  cippo  esistente  nel  rovescio  delie  monete  della 
gente  Vinicia  distinte  col  titolo:  l.  vìmcivs  .  l.  p.  hi.  vir,  le  quali  sono  s.  p.  q.  r. 
iMP.  CAE.  QVOD  .  v.  M.  s.  EX  .  EA  .  p.  Q.  I.  s.  A.  D.  E.  SÌ  Spiegano  avere  denotato  : 
Senatus  Populusqiie  Romamts  iMPcra/or  CAEsar  qvod  Viae  Munttae  Siint ,  ex  ea  Pecunia 
Quae  Jussu  Senatus  ad  Aerarium  Delata  Est.  E  quindi  si  crede,  secondo  le  osservazioni 
del  Cavedoni,  essere  stato  attribuito  il  detto  cippo  viatorio  alla  gente  Vinicia  in  seguito 
di  una  qualche  allusione  a  tale  stesso  nome  da  Via,  renio,  riam  venire.  Ed  il  Lucio  Vi- 
nicio, a  cui  appartengono  tali  monete,  si  crede  essere  stato  il  ben  noto  monetario  di  Pom- 
peo Magno.  Distinguendosi  poi  lo  stesso  cippo  col  titolo  di  Augusto,  se  ne  viene  ad  ap- 
propriare la  sua  origine  ai  grandi  ristauri  delle  vie  che  questo  imperatore  fece  eseguire 
dai  suoi  amici  e  da  lui  stesso,  come  in  particolare  vedesi  dichiarato  da  Svetonio  nella  sua 
vita.  'Riccio,  Le  monete  delie  antiche  famiglie  di  Roma.  Edizione  seconda.  Pag.  338.  A'. 
CLXXXI.J 


o 


24-0  VIA    APPIA   APPENDICE    II. 

glio,  e  questa  si  è  aggiunta  nella  citata  Tavola  per  servire  all'indicato  og- 
getto applicandole  però  una  base  più  conforme  al  suo  carattere  e  simile  a 
quelle  di  altre  colonne  migliane.  Per  essere  conseguenti  poi  al  nome  di  la- 
pide, dato  comunemente  dagli  antichi  romani  ai  medesimi  termini  migliarli, 
si  deve  credere  che  infatti  quei,  che  vennero  primieramente  collocati,  aves- 
sero la  forma  di  una  lapide  quadrangolare  quale  si  vede  rappresentata  nei 
suddetti  tipi  delle  antiche  monete.  Ed  a  confermare  un  tale  uso  servono 
pure  diversi  monumenti  che  si  possono  stabihre  avere  servito  al  mede- 
simo oggetto. 

Passando  a  determinare  la  precisa  estensione  dell'antico  migUo  roma- 
no col  rapporto  delle  misure  moderne,  non  si  può  assolutamente  trascurare 
d'indicare  quali  sono  stati  i  risultamenti  già  ottenuti  su  varie  osservazioni 
fatte  dai  dotti  da  circa  i  tre  ultimi  secoli  a  questa  parte  ;  ma  adempiendo  a 
ciò  si  procura  di  contenersi  nei  limiti  più  ristretti  che  sono  possibili  onde 
evitare  d'ingolfarsi  in  quella  immensa  quantità  di  esposizioni  varie  che  han- 
no dato  motivo  a  riempiere  grandi  volumi.  Esse  però  si  possono  compen- 
diare nei  seguenti  risultamenti  che  sono  tutti  riferiti  alla  misura  metrica 
contenuta  nella  frazione  di  cento  millesimi  in  seguito  delle  più  accurate  cal- 
colazioni fatte  sul  rapporto  dell'antico  piede  di  Parigi,  sul  quale  si  basarono 
principalmente  le  indicate  ricerche,  considerato  diviso  in  1440  parti,  e  che 
si  è  trovato  corrispondere  a  metro  0,  324839.  Hanno  servito  precipua- 
mente per  stabilire  la  ricercata  estensione  del  piede  romano,  che  si  cono- 
sce essere  la  cinque  millesima  parte  delle  miglio  antico,  diverse  misure  de- 
gli antichi  che  si  sono  trovate  scolpite  nei  monumenti  o  anche  separata- 
mente in  effettivo,  le  quali  per  la  loro  non  precisa  determinazione  delle 
estremità  hanno  offerto  risultamenti  che  variano  alcun  poco  tra  di  loro.  Il 
primo,  che  prese  a  considerare  siffatte  parziali  misure  antiche,  fu  Leonardo 
Porzio,  che  sino  dall'anno  1527  fece  alcuni  studj  sulla  misura  del  piede 
scolpita  sul  cippo  sepolcrale  di  C.  Cossuzio  del  museo  Capitolino,  diesi 
suole  denominare  Coloziano  dal  nome  del  suo  primo  possessore  j  e  questo  pie- 
de fu  trovato  corrispondere  in  seguito  della  indicata  riduzione  in  misura  me- 
trica, 0,  293900.  Luca  Peto  successivamente,  servendosi  di  tre  misure  an- 
tiche di  bronzo,  ha  stabilito  il  piede  romano,  nella  estensione  che  viene  de- 
terminata da  quanto  fu  scolpito  in  una  lastra  di  marmo  che  esiste  nel  pa- 
lazzo dei  Conservatori  in  Campidoglio ,  la  quale  misura  si  considera  sempre 
per  la  più  autentica ,  benché  sia  dedotta  da  non  precisi  documenti  ;  e  dopo 
le  più  accurate  osservazioni  si  è  trovata  corrispondere  a  metro  0,  295423. 
Quindi  il  Graeves,  prendendo  ad  esaminare  con  più  cura  le  dette  parziali 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  241 

misure  antiche ,  ne  dedusse  un  valore  che  si  ragguaglia  a  metro  0 ,  293090. 
Da  Eduardo  Bernard,  prendendo  a  considerare  particolarmente  alcune  anti- 
che misure  in  ferro  ed  un  antico  congio  raffrontato  con  i  precedenti  risul- 
tamenli  ottenuti,  si  trova  avere  determinato  il  piede  antico  a  metro,  0, 
295600.  E  così  pure  con  poca  varietà  dal  Riccioli  che  si  ragguaglia  a  metro 
0,  295510.  Le  più  accurate  ricerche  fatte  dal  Fabretti  portarono  a  stabilire 
un  valore  medio  di  metro  0, 295172.  Dalle  osservazioni  fatte  dal  Cassiui  pre- 
cipuamente sulla  distanza  tra  Narbona  e  Nimes  basata  su  quella  determinata 
da  Strabone,  e  su  l'altra  della  via  Emilia  tra  Bologna  e  Modena  dedotta  da- 
gli itinerarii,  si  rinvenne  un  valore  medio  per  il  piede  romano  di  metro  0, 
298451.  Il  De  la  Hire  da  varie  considerazioni,  fatte  sui  più  insigni  monu- 
menti antichi  di  Roma  e  sue  adiacenze ,  stabilì  il  valore  del  piede  antico 
corrispondere  a  metro  0,  296364.  Dal  Maffei  dalle  osservazioni,  fatte  sulle 
due  distanze  tra  le  miglia  IX  e  X  della  via  da  Nimes  ad  Ugernum ,  si  ven- 
ne a  dedurre  un  risultamento  corrispondente  a  metro  0, 294701.  Dal  Folkes 
per  varie  osservazioni  fatte  su  diversi  oggetti,  già  presi  a  considerare,  si 
ottenne  di  stabilire  un  valore  di  metro  0,  294400.  In  simil  modo  l'Astruch 
in  particolare,  basandole  sulle  anzidette  due  miglia  della  via  che  mette  a 
Nimes,  fissò  il  valore  del  piede  a  metro  0,  293912.  Il  Revillas,  prenden- 
do a  considerare  le  suddette  misure  antiche  cognite  coi  titoli  Statihano,  Cos- 
suziano  o  Coloziano,  Ebuziano,  e  Capponiano,  e  di  più  particolarmente 
un  piede  tratto  da  un  marmo  esistente  già  nel  palazzo  Nicolini  in  Firen- 
ze e  da  altro  di  metallo  rinvenuto  a  Tivoh,  come  pure  dalle  osservazioni  già 
fatte  dai  citati  dotti,  fu  portato  a  dedurre  una  media  su  dieci  diversi  risul- 
tamenti  eguale  a  metro  0,  296328,  che  si  deve  considerare  per  uno  dei  più 
accurati  lavori  stabiliti  per  determinare  l'antico  piede  romano.  Dagli  studj  del 
Raper,  distinguendo  egli  due  misure  distinte,  per  altrettante  epoche  dell' impe- 
ro romano,  e  deducendo  la  prima  dai  monumenti  antichi  di  Roma,  che  sono 
cogniti  con  i  nomi  di  teinpj  della  Fortuna  Virile,  di  Vesta  in  Roma  ed 
in  Tivoh,  del  Panteon,  del  tempio  della  Pace  e  quello  di  Bacco,  dell'anfitea- 
tro  Flavio,  dell'arco  di  Tito  e  del  tempio  di  Antonino  e  Faustina;  e  per  la 
seconda  dall'arco  di  Settimio  Severo  e  dalle  terme  Diocleziano  secondo  le 
misure  prese  dal  Desgodetz ,  si  trovò  una  misura  media  che  corrisponde  a 
metro,  0.  295500.  Dal  Cristiani  in  seguito  di  osservazioni  non  troppo  esat- 
te si  stabilì  un  valore  maggiore  di  quello  comunemente  rinvenuto ,  cioè  di 
metro  0, 305288.  DallArbutnot, con  più  cura  sui  risultamenti  già  ottenuti, si 
stabilì  un  valore  alquanto  inferiore,  cioè  di  metro  0,  293260.  Esaminando  il 
Paucton  quanto  venne  esposto  dagli  antichi  scrittori  precipuamente  sulle  di- 

31 


242  VIA   APPIA    APPENDICE   11. 

mensioni  delle  vetuste  piramidi  di  Egitto,  e  confrontandolo  con  le  misure  de- 
dotte dai  monumenti  stessi ,  venne  a  stabilire  un  valore  per  il  piede  roma- 
no certamente  superiore  al  vero  ;  perchè  si  trova  essere  di  metro  0, 308597 , 
che  deve  meglio  attribuirsi  al  piede  greco,  con  il  quale  si  determinarono 
dagli  antichi  più  comunemente  le  dette  piramidi ,  e  perciò  non  merita  con- 
siderazione. E  così  pure  quel  valore  stabilito  con  poca  cura  dal  Mau  e  dagli 
altri  scrittori  che  basarono  le  loro  ricerche  su  documenti  improprii.  Con 
molta  maggiore  cura  e  studio  fu  stabilito  il  valore  del  piede  romano  dal 
Freret  basandolo  sulla  media  dedotta  da  dodici  differenti  risultamenti  già  ot- 
tenuti sui  più  approvati  studj,  che  si  trova  corrispondere  a  metro,  0,294949. 
Parimenti  in  seguito  delle  dotte  ricerche  fatte  dal  GosseUn  precipuamente 
per  dichiarare  nel  mighor  modo  possibile  quanto  vedesi  esposto  da  Stra- 
bene sulle  varie  distanze  da  lui  indicate,  si  venne  a  stabilire  un  valore  per 
il  piede  romano  forse  anche  migliore  del  precedente  ;  poiché  si  trova  es- 
sere di  metro  0,296290.  Tra  quei  dotti,  che  posteriormente  si  occuparo- 
no a  stabilire  lo  stesso  valore,  merita  speciale  considerazione  il  Cagnazzi; 
perchè  con  grande  studio  prese  a  considerare  non  solamente  quanto  ven- 
ne stabilito  in  precedenza,  ma  vi  aggiunse  le  ricerche  diligenti  fatte  su  sei 
piedi  antichi  che  esistono  nel  museo  Borbonico  tanto  in  bronzo  che  in  avo- 
rio, i  quali  si  rinvennero  principalmente  negh  scavi  di  Pompei  ;  e  potè  egU 
stabilire  il  valore  medio  dedotto  da  tutti  i  medesimi  oggetti  che  corri- 
sponde a  metro,  0,  29G240,  e  che  deve  di  molto  apprezzarsi.  Dall'avvo- 
cato Sisti  successivamente  dopo  di  avere  meglio  verificato  le  indicate  sei 
misure  del  piede  esistenti  in  detto  museo  di  Napoli,  ed  anche  prese  in  più 
esatta  verifica  colla  direzione  dei  RR.  PP.  Marchi  e  Tessieri  su  di  un  an- 
tico piede  di  metallo  del  museo  Kircheriano  rinvenuto  nell'anno  1835  fuori 
della  porta  Latina,  che  si  trovò  corrispondere  a  metro  0,  296145,  e  di  al- 
tro rinvenuto  dal  Ficoroni  in  bronzo  e  collocato  nella  bibhoteca  Vaticana, 
che  si  conobbe  essere  eguale  a  metro,  0,  295070,  e  così  quei  già  cogniti 
di  Statilio  Afro,  verificato  a  metro  0,  295070,  di  Cossuzio  metro  0, 297431 
l'Ebuzio  metro,  0,  297656,  e  del  museo  Capponi  metro,  0,298671,  si 
potè  stabilire  una  misura  media  di  metro,  0,  296858  dedotta  dai  suddetti 
sei  parziali  più  esatti  risultamenti,  che  può  perciò  meritare  considerazione. 
Quindi  da  me  stesso,  pubblicando  nell'anno  1840  il  Tom.  Vili  della  se- 
conda edizione  della  mia  opera  sull'Architettura  antica,  ho  riconosciuto  sul- 
l'esame consenzioso  di  molti  documenti  avere  il  piede  romano  corrisposto 
a  metro,  0,  296000.  Infine  si  osserva  che,  stampandosi  ultimamente  dalla 
direzione  del  Censo  dello  stato  Pontificio  un  compendio  di  ragguagU  delle 


SUL    VALORE    DEL    MIGLIO   ANTICO.  243 

diverse  misure,  si  è  stabilito  la  corrispondenza  del  piede  romano  antico  in 
metro  0,296318  in  seguito  di  quanto  si  potè  dedurre  in  particolare  dai  ri- 
sultamenti  esposti  dal  Yenturoli,  dal  Dureau  de  la  Malie,  e  dal  Balbi  colle 
aggiunte  di  Guerin  de  Thiouville.  Laonde  prendendo  una  media  sui  sur- 
riferiti ventidue  principali  risultamenti,  che  sono  dedotti  da  piii  gran  nu- 
mero di  altre  parziali  deduzioni,  si  trova  offrire  il  generale  prodotto  di 
metro,  0,  2962Ì0  che  si  può  ritenere  per  il  più  probabile  valore  che  si 
sia  potuto  ottenere  in  seguito  di  un  medio  risultamento  di  tutti  gli  studj 
fatti  sin'ora.  E  tale  valore  determina  la  estensione  del  miglio,  composto  di 
cinque  mille  piedi,  in  metri  1481,200.  Di  tutto  quanto  si  è  operato  con 
lunghe  calcolazioni  di  riduzione  per  ottenere  lo  stesso  valore  medio,  tra- 
sportato sulla  uniforme  misura  metrica,  si  può  solo  renderne  ragione  col- 
lesa  minare  tutte  le  dotte  esposizioni  che  furono  su  tale  oggetto  pubblicate 
e  farne  i  rispettivi  rapporti  (8). 

(8)  Tatti  i  citati  parziali  prodotti,  che  si  sono  stabiliti  sui  molti  sludj  fatti  per  stabili- 
re il  valore  deirantico  piede  romano,  sono  dedotti  dalle  seguenti  pubblicazioni.  In  tale 
novero  però  è  da  osservare  che  non  si  comprendono  quelle  diverse  memorie  che  sono  più 
riproduzioni  dei  risultamenti  già  dimostrati,  che  esposizioni  di  nuove  calcolazioni  e  con- 
siderazioni su  documenti  non  per  anche  fatte.  Porcio  Leonardo  :  De  re  pecuniaria  antiquo- 
rum et  ponderihus  oc  mensuris.  1527  —  Luca  Peto:  De  mensuris  et  ponderibus  romanis. 
In  Thes.  Antiq.  Rom.  Graevii.  Tom.  XI  —  Greaves  :  A  discourse  of  the  Roman  Feet.  London 
1657-1736  —  Bernardi:  De  mensuris  et  ponderibus  antiquis.  Oxoniae  1657  —  Riccioli: 
Cronologia  et  Geographia  reformata.  Ron.  1661  ■ — ■  Piccard:  De  mensuris  distanliarum,  arido- 
rum  et  liquidorum.  Parisiis  1670  —  Fabretti:  De  aquis  et  aquaeductibus.  Diss.  II.  N.  128. 
Romae  1680  —  Cassini:  Memoires  de  l'Académie  des  sciences.  An.  1702,  Paris  —  De  la 
Hire:  Memoires  de  l'Acade'mie  des  Inscriptions.  Voi.  XXIV.  An.  1714,  Paris  —  Maffei: 
Galliae  antiquitates  quaedam  selectae.  Veronae  1734  —  Folkes  :  Philosophical  Transactions. 
London  1736  —  Astruch:  Memoire  pour  l' histoire  naturelle  de  Lanquedoc.  Paris  1737  • — 
Revillas:  Sopra  l  antico  piede  romano.  Dissertaxioni  dell'Accademia  di  Cortona.  Tom.  III. 
N.  IV.  Roma  1741  —  Raper:  Philosophical  transactions.  London  1760  —  Cristiani:  Trat- 
talo delle  misure  di  ogni  genere  antiche  e  moderne.  Roma  1760  —  D'Anviile:  Traité  des  me- 
sures  itinéraires.  Paris  1769  —  Arbutnot:  Tabulae  antiquorum  mimmorum,  mensitrarum  et 
ponderum.  Lugd.  Rat.  1764  —  Paucton:  Metrologie  ou  traité  des  mesures.  Paris  1770  — 
Mau:  Tableau  des  mesures.  Bruxelles  1779  —  Freret:  Sur  les  misures  et  Ics  pieds  des  an- 
ciens.  Memoires  de  l'Accademie  des  Inscriptions.  Voi.  XXIX.  Paris  —  Gosselin:  Observa- 
tions  préliminaires  à  la  Geographie  de  Strabon.  Et  recherches  sur  la  Geographie  systemalique 
et  positive  des  anciens.  Paris  1793  —  Podocataro  Cristianopulo:  In  Tabula  itineraria  mi- 
litaris  romana  antiqua  Theodosiana,  et  Peutingeriana.  Aesii  1809  —  Cagnazzi:  Sui  valori 
delle  misure  e  dei  pesi  degli  antichi  romani.  Napoli  1825  —  Sisti  :  Trattato  storico-metrolo- 


244  VIA    APPU    APPENDICE    n. 

Per  ottenere  un  sempre  più  esatto  valore  dell'antica  misura  romana  me 
ne  offrirono  autorevole  decumento  i  due  forse  più  insigni  monumenti  di  Roma 
che  non  furono  mai  considerati  per  tale  oggetto  ;  e  questi  sono  le  due  grandi 
colonne  coclidi  di  Trajano  e  di  Marco  Aurelio,  che  si  conservano  nel  loro 
intero  stato  e  che  sono  oggetti  di  ammirazione  universale.  Dopo  il  ritro- 
vamento falto  nell'anno  1777  della  importante  iscrizione  di  Adrasto  rela- 
tiva alla  domanda  da  lui  esposta  onde  ottenere  di  stabilire  una  casa  per 
custodire  la  colonna  di  Marco  Aurelio,  e  la  concessione  che  venne  data 
mentre  erano  consoli  Falcone  e  Claro  sotto  l'impero  di  Settimio  Severo, 
in  cui  ripetutamente  si  legge  procvrator  colvmnae  centenariae  divi  marci, 
si  conveniva  bensì  di  appropriare  il  significato  di  tale  denominazione  ad 
una  qualche  particolarità  che  si  approssimasse  al  cento ,  ma  non  mai  alcu- 
no s' indusse  a  riconoscervi  essere  ciò  derivato  dalla  precisa  misura  sua  di 
cento  piedi;  giacché  tanto  nel  catalogo  delle  Curiosità  di  Roma,  quanto  in 
quello  della  Notizia  dell'impero,  si  prescrisse  a  tale  colonna  l'altezza  di  pie- 
di cento  settanta  cinque,  e  tale  misura  effettivamente  si  trova  corrispon- 
dere nel  monumento  considerato  in  tutta  la  sua  elevazione  compreso  il 
basamento,  ora  sotterrato,  ed  il  piedestallo  (9).  Però  quando  mi  feci  ad  espor- 
re lo  stesso  insigne  monumento  nella  mia  grande  opera  sugli  Edifizj  antichi 
di  Roma,  presi  per  la  prima  volta  a  spiegare  la  suddetta  appropriazione  di 
nome.  Osservando  che  a  norma  di  tutti  i  precetti  di  architettura,  precipua- 
mente esposti  da  Yitruvio,  secondo  le  definizioni  proprie  degli  antichi  roma- 
ni ,  per  colonna  s' intendeva  il  fusto  colla  base  e  capitello  di  qualunque 
genere  fosse,  e  non  mai  col  piedestallo  e  altro  basamento  su  cui  poteva 
essere  innalzata,  mi  portò  questa  definizione  a  ricercare  nel  medesimo  mo- 
dico sopra  il  piede  ed  intiera  scala  della  misura  legale  romana.  Roma  1836  —  Alfan  de  Ri- 
vera: Della  restituzione  del  sistema  metrico  di  misure  pesi  e  monete  alla  sua  antica  perfezione. 
Napoli  1838  —  Durcau  de  la  Malie:  Economie  politiqiie  des  romaines.  Paris  1840  — 
Canina:  Architettura  antica.  Tomo  Vili.  Sezione  III.  Parte  II.  Cap.  I.  Roma  1840  — 
Balbi  e  Gucrin  de  Thiouville:  Abrégé  de  Geographie.  Paris  1844  —  Compendio  dei  rag- 
guagli delle  diverse  misure  agrarie  dello  stato  Pontifìcio.  Roma  1850. 

(9)  La  indicata  iscrizione  di  Adrasto  con  quanto  vagamente  si  poteva  dedurre  sul 
titolo  Centenaria,  attribuito  alla  colonna  di  Marco  Aurelio,  denominata  comunemente 
Antonina,  venne  primieramente  esposto  dal  Fea  nella  sua  Dissertazione  sulle  Rotine  di 
Roma,  inserita  nel  Voi.  Ili  dell'edizione  romana  della  Storia  dell'Arte,  del  Winckelmann  da 
lui  corredata  di  note.  L'altezza  poi  della  stessa  colonna  è  determinata  nel  catalogo  della 
Regione  IX  del  ùiriosum  Urbis  e  della  Notitia  con  queste  parole:  Templum  Antonini  et 
Columnam  cochlidem  altam  pedes  CLXXV  S,  gradus  intus  habet  CCIII,  fenestras,  LVI. 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  2Ì5 

numento  quale  fosse  la  misura  che  dall'  estremità  inferiore  del  plinto  della 
base  si  estendeva  sino  all'estremità  superiore  dell'abaco  del  capitello,  e  la 
trovai  corrispondere  precisamente  a  cento  piedi  antichi  ;  e  ciò  rendeva  pa- 
lese la  indicata  appropriazione  centenaria  attribuita  a  questa  colonna  nel- 
l'iscrizione anzidetta  di  Adrasto.  Quindi  mi  portava  questa  importante  con- 
siderazione a  ricercare  quale  fosse  la  misura  dell'altra  colonna  coclide  ap- 
partenente a  Trajano,  limitata  sempre  alla  estremità  inferiore  del  plinto  e 
della  base  superiore  dell'abaco  del  capitello,  benché  eziandio  dalle  notizie 
tramandateci  in  particolare  dai  regionari  e  da  quanto  si  verifica  nel  mo- 
numento si  trovasse  elevarsi  sino  a  cento  ventisette  piedi  e  mezzo  col  suo 
piedestallo  ;  e  con  vera  soddisfazione  riconobbi  corrispondere  con  piccolis- 
sima varietà  all'anzidetta  misura  determinata  in  piedi  cento.  Il  qual  ritro- 
vamento, mentre  dava  maggiore  autenticità  alla  suddetta  prima  attribuzio- 
ne, rendeva  poi  sommamente  autorevole  l'applicazione  di  cento  piedi  pre- 
cisi nei  monumenti  di  tal  genere,  che  sono  per  l'arte  e  per  la  storia  i  più 
insigni  che  si  sieno  fatti  dai  romani  e  meritevoli  perciò  della  piiì  grande 
considerazione  anche  per  il  detto  parziale  oggetto  5  perchè  è  da  supporre 
che  si  sia  impiegata  pure  la  maggiore  esattezza  nell'adempiere  a  tale  par- 
ticolarità, come  si  fece  in  tutto  altro  loro  artifizio.  Ed  è  importante  l'osser- 
vare a  riguardo  della  colonna  di  Trajano  che,  per  essere  prescritta  la  sua 
totale  altezza  dall'elevazione  del  monte  che  fu  tagliato  per  rendere  piano 
il  foro,  al  quale  oggetto  essa  principalmente  fu  eretta,  come  si  dichiara  dalla 
iscrizione  scolpita  nel  suo  piedestallo,  e  nel  tempo  stesso  per  mantenere 
l'altezza  dei  cento  piedi  prescritta  alla  colonna  propriamente  detta,  si  venne 
di  necessità  a  fare  il  piedestallo  alquanto  basso,  mentre  nella  colonna  An- 
tonina ,  essendo  libera  la  totale  elevazione,  vedesi  essa  di  molto  più  innal- 
zata ;  e  questa  importante  osservazione  rende  anche  più  prezioso  l'oggetto  di 
queste  ricerche.  Ma  il  medesimo  esame  io  faceva  in  allora  solamente  col- 
l'appoggio  delle  misure  prese  senza  avere  presente  la  stessa  importante  par- 
ticolarità ;  onde  è  che  il  risultamento  ottenuto  non  può  ritenersi  per  il  più 
esatto  (10).  Quintli   da  tah  considerazioni,  giudicando  meritevole  del  più 

(10)  Si  veda  quanto  fu  esposto  nella  Classe  XIII  della  mia  grande  opera  sugli 
Edifizj  antichi  di  Roma  prendendo  ad  osservare  le  anzidette  due  colonne  coclidi.  La 
altezza  delia  colonna  Trajana  è  determinata  nel  catalogo  della  Regione  Vili  del  Cu- 
riosiim  Urbis,  e  con  poca  varietà  in  quello  della  Notitia  in  questo  modo:  Temphm  Tra- 
jani  et  cohmnam  cochlidem  aham  pcdes  CXXVII  S ,  gradus  intus  hahct  CLXXX  fenestras 
XLV.  Nella  Cronaca  di  Cassiodoro  però  si  determina  alta  piedi  CXLIV,  e  ciò  forse  per 
errore  dei  trascrittori,  e  così  pure  da  Eutropio.  (Hist.  Lih.  Vili.  e.  2.J 


24-6  VIA    APPIA    APPENDICE    II. 

grande  studio  la  verifica  esatta  degli  stessi  monumenti  limitata  a  tale  uni- 
co scopo,  si  è  cercato  nel  mese  di  maggio  dell'anno  1852  il  mezzo  più  op- 
portuno per  ottenere  un  risultamento  della  maggiore  precisione  possibile. 
Così  colla  cooperazione  del  sig.  Bravuzzi  ingegnere  del  ministero  dei  Lavori 
pubblici  e  dell'architetto  Fontana  ispettore  dei  monumenti  antichi,  come  pu- 
re coU'assistenza  deHarchitelto  Montiroli ,  dopo  di  avere  tentato  di  ottenere 
tale  misura  con  il  mezzo  di  fiH  e  fettuccie  verniciate,  che  si  trovarono  dare 
sempre  un  risultato  variabile,  benché  contenuto  in  alcune  minute  parti,  si 
presero  a  congiungere  diversi  regoli  di  legno  assai  stagionati  in  modo  da  po- 
tersi piegare  e  stendere  senza  veruna  alterazione  ;  e  con  ciò  si  giunse  ad  ot- 
tenere non  solamente  una  misura  della  più  grande  esattezza ,  ma  anche  da 
poterla  conservare  e  farne  all'occorrenza  facilmente  la  verifica  sul  monu- 
mento. Con  tale  mezzo  si  cominciò  a  prendere  la  misura  della  colonna  Anto- 
nina, perchè  era  quella  che  più  autorevolmente  aveva  dato  motivo  di  rico- 
noscervi la  corrispondenza  di  cento  piedi  per  essere  stata  propriamente 
detta  Centenaria  :  e  ciò  si  fece  segnando  nei  detti  regoli  congiunti  la  esten- 
sione precisa  compresa  tra  lo  spigolo  superiore  dell'abaco  del  capitello  e 
quello  inferiore  del  plinto  della  base.  Quindi  siffatta  operazione  si  trasferì 
nello  stesso  giorno  alla  colonna  Trajana,  sempre  limitandola  ai  medesimi  cor- 
rispondenti limiti,  e  si  trovò  in  questo  monumento  eccedere  di  metro  0,  155 
sopra  il  risultamento  ottenuto  dalla  colonna  Antonina.  Ciò  diede  motivo  ad 
imprendere  più  accurate  diligenze  per  trovare  ragione  di  tale  varietà  benché 
di  assai  piccola  identità.  Ed  in  seguito  di  questo  divisamento  si  conobbe  che 
nella  colonna  Antonina,  allorché  fu  rivestito  il  piedestallo  antico  con  lastre 
di  marmi  moderni,  si  venne  a  ricoprire  di  non  più  di  metro,  0,  020  il  plinto 
della  base  antica,  come  ne  ha  offerto  documento  l'altezza  del  masso  di  mar- 
mo che  compone  la  stessa  base,  il  ciglio  inferiore  del  quale  nella  parte  in- 
terna della  colonna  si  trova  determinato  con  precisione.  E  nella  colonna 
Trajana  ne  prestò  plausibile  ragione  il  guscio  aggiunto  sotto  il  plinto  della 
base,  il  quale  si  vede  unicamente  praticato  per  non  lasciare  disgiunto  il 
plinto  dalla  cimasa  della  cornice  del  piedestallo  con  un  piano  orizzontale  che 
avrebbe  impedito  la  veduta  di  tutto  quanto  Io  stesso  plinto  e  nel  tempo 
stesso  trattenuto  lo  scolo  delle  acque  piovane.  E  siccome  l'altezza  di  una 
base,  sottoposta  a  qualunque  genere  di  colonne,  si  trova  sempre  in  tutti  i 
precetti  determinata  dal  plinto  formato  con  le  quattro  fronti  piane;  così 
non  potendosi  mai  comprendere  il  suddetto  guscio  nell'altezza  della  base  e 
per  conseguenza  in  tutto  ciò  che  costituiva  la  colonna  propriamente  detta , 
si  giudicò  necessario  di  escludere  dalla  misura  di  tal  determinazione  metro 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  24-7 

0,  135,  cioè  precisamente  quanto  è  l'altezza  di  tale  guscio  considerato  geo- 
metricamente. Si  è  coU'aggiungere  la  indicata  minuta  parte  di  metro,  0,  020 
del  plinto  della  base  della  colonna  Antonina  coperta  colle  opere  di  ristauro 
aggiunte  e  col  detrarre  detta  altezza  del  guscio  sottoposto  alla  base  della 
colonna  Trajana,  che  si  è  ottenuto  di  pareggiare  la  differenza  di  metro  0, 
155  rinvenuta  tra  le  misure  prese  sulle  due  colonne  nella  indicata  diligente 
operazione.  A  maggior  conferma  di  tale  risultamento  si  è  nel  giorno  1  giugno 
dello  stesso  anno  1852  colla  cooperazione  delle  stesse  sullodate  persone  rin- 
novata l'operazione  servendosi  dei  medesimi  regoli  congiunti.  Cominciando 
eziandio  dalla  colonna  Antonina,  si  è  reputata  la  misura  nel  mezzo  di  ciascun 
dei  quattro  lati  dell'abaco  del  capitello  e  del  plinto  della  base,  limitandosi 
sempre  agli  spigoli  inferiore  e  supcriore  di  tali  parti,  e  si  è  ottenuta  una  me- 
dia misura  dedotta  dalle  parziali  quattro  anzidette,  che  solo  di  assai  poco 
differivano,  in  metri,  29,  635.  Questa  stessa  misura  si  è  ripetuta  in  egual 
modo  nella  colonna  Trajana ,  e  si  ebbe  la  soddisfazione  di  trovarla  esatta- 
mente corrispondere  tra  lo  spigolo  superiore  dell'abaco  del  capitello  ed  il 
termine  rettilineo  del  plinto  della  base  escluso  il  guscio  anzidetto.  Questo  ri- 
sultamento ha  offerto  la  più  palese  prova  che  si  potesse  desiderare  per  con- 
testare nel  tempo  stesso  la  sussistenza  della  esatta  applicazione  della  misura 
di  cento  piedi  nei  medesimi  due  insigni  monumenti,  e  la  più  autorevole  de- 
duzione che  mai  si  potesse  rinvenire  per  determinare  il  vero  valore  dell'an- 
tico piede  romano.  È  d'uopo  inoltre  far  conoscere  che  la  riduzione  anzidetta 
della  misura  effettiva,  ottenuta  con  la  metrica,  si  è  basata  sul  campione  del 
metro  in  metallo  che  si  conserva  alla  direzione  generale  del  Censo  dello  stato 
Pontificio  dedotto  dal  protipo  di  Parigi,  e  verificata  anche  sul  campione  simi- 
le che  si  conserva  nel  gabinetto  fisico  dell'  Università  della  Sapienza  e  quello 
della  specola  del  Campidoglio,  e  che  ha  servito  eziandio  per  tutte  le  opera- 
zioni trigonometriche  fatte  dagli  astronomi  Conti  e  Richebach  per  determi- 
nare la  topografia  dello  stesso  stato.  La  effettiva  misura  poi  dei  cento  piedi 
romani,  ottenuta  dalle  anzidette  dihgenti  ripetute  operazioni,  si  conserva  presso 
di  me  sinché  mi  si  presenterà  opportuna  occasione  per  depositarla  nel  luogo 
più  opportuno,  qual  può  essere  il  palazzo  dei  Conservatori  in  Campidogho,  e 
determinarne  con  precisione  almeno  la  estensione  di  dieci  piedi  su  di  una  la- 
pide per  servire  di  più  autorevole  campione  di  quello  stabilito  nel  luogo 
stesso  per  cura  di  Luca  Peto  con  minori  autorevoli  documenti.  Pertanto  a 
supplire  alla  più  estesa  conoscenza  e  dimostrazione  di  quanto  fu  operato  si 
espone  nella  annessa  Tavola  il  modo  con  cui  le  due  colonne  coclidi  di  Traja- 
no  e  di  Marco  Aurelio  corrispondono  in  eguale  elevazione  nella  parte  che 


248  VIA    APPU   APPENDICE    n, 

effettivamente  costituiva  ciò  che  veniva  dagli  antichi  determinato  col  voca- 
bolo colonna  e  che  era  composto  dal  fusto,  base  e  capitello,  escluso  il  piede- 
stallo e  qualunque  specie  di  basamento  e  superiore  elevazione,  per  le  quali 
parti  si  trovano  differire  nell'altezza  totale  i  due  medesimi  monumenti.  Quin- 
di, restando  confermata  la  precisa  corrispondenza  della  misura  dei  cento  piedi 
romani,  che  costituiva  ciò  che  denoininavasi  pletro,  in  metri  29,  635,  ne  ri- 
sulterà l'autorevole  valore  del  piede  determinato  in  metro  0,  296350.  E  così 
il  miglio  composto  di  mille  passi,  cioè  cinque  mille  piedi,  si  troverà  corri- 
spondere a  metri  1481,  750. 

Ad  altro  importante  oggetto  ho  creduto  opportuno  di  rivolgere  le  ricer- 
che sul  medesimo  scopo  per  sempre  piìi  contestare  il  preciso  valore  dell'an- 
tica misura  romana  con  quella  metrica  ora  più  comunemente  adottata.  Dopo 
i  grandissimi  studj  fatti  dall'anno  1845  al  1849  dalla  commissione  deputata 
dal  governo  Pontifìcio  a  proporre  il  miglior  metodo  per  portare  a  compimen- 
to la  Bonificazione  Pontina,  di  cui  ebbi  l'onore  di  farne  parte,  mi  restava  sem- 
pre fisso  alla  mente  la  importanza  grandissima  che  si  presentava  il  ristabili- 
mento dell'antica  via  Appia,  protratta  per  piiì  di  venti  miglia  in  linea  retta 
lungo  l'agro  Pontino,  onde  determinare  la  più  esatta  misura  del  miglio  antico, 
per  essere  state  rinvenute  ancora  al  proprio  luogo  diverse  colonne  migliane. 
E  dopo  di  avere  conosciuto  che  il  risultamento  ottenuto  sino  dal  tempo  che 
venne  effettuato  il  suddetto  ristabilimento  della  via  antica,  non  poteva  merita- 
re alcuna  considerazione,  per  essersi  solamente  portato  a  corrispondere  a  me- 
tri 1471,  232  essendo  almeno  di  metri  dieci  inferiore  a  quello  ritrovato  dai 
diversi  più  accurati  studj ,  mi  sono  determinato  e  farne  ricercare  con  più  ac- 
curato studio  la  detta  misura  (11).  Quantunque  fossero  state  tolte  dal  proprio 

(11)  Il  modo  tenuto  nel  fare  la  indicata  misura  tra  le  lapidi  migliane  XLII  e  XLVI 
della  via  Appia  lungo  l'agro  Pontino,  si  trova  dichiarato  dal  Nicolai  nella  sua  importante 
opera  sui  Bonìficrimenti  delle  Terre  Pontine  pag.  365.  Ove  si  dichiara  essersi  rinvenu- 
ta la  lunghezza  del  miglio  antico  romano  in  canne  di  dieci  palmi  moderni  658,  5;  ed 
avere  tale  misura  servito  di  base  per  lo  scavamento  di  tutte  le  fosse  migliane  a  traverso 
del  medesimo  agro  in  corrispondenza  delle  lapidi  antiche.  Quindi  considerando  la  detta 
canna  di  dieci  palmi  architettonici  sul  rapporto  in  allora  di  più  approvato,  si  è  dedotta  la 
misura  stessa  del  miglio  essere  eguale  a  metri  1471,  232,  come  risulta  da  alcune  memorie 
dell'ingegnere  Astolfi  che  diresse  la  stessa  prima  misurazione  allorché  aveva  cura  delle 
prime  lavorazioni  fatte  per  la  Bonificazione  Pontina.  Questo  risultamento  si  trova  essere 
stato  adottato  dal  Pronj  senza  avere  fatta  alcuna  verifica  locale,  come  risulta  dagli  articoli 
126  e  273  della  sua  opera  intitolata:  Description  Ilijdrographique  et  Historigue  des  3Iarais 
Pontins.  La  indicata,  non  certamente  esatta  misura,  si  deve  credere  derivata  o  dall'avere 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  249 

luogo  le  due  lapidi  migliane  XLII  e  XLYI,  che  soie  rimanevano  in  piedi, 
mentre  le  altre  furono  rinvenute  rovesciate,  e  vennero,  contro  ogni  buon 
discernimento,  collocate  a  servire  d'insignificante  ornamento  nella  fabbrica 
di  Mesa  ;  pure,  essendosi  conservata  precisa  memoria  del  luogo,  in  cui  esiste- 
vano, coll'avere  fatto  scavare  le  corrispondenti  fosse  migliane,  e  di  seguito 
lutlé  le  altre  che  dividono  l'agro  Pontino,  si  è  creduto  di  trovare  un  documen- 
to all'indicato  oggetto  prendendo  una  esatta  misura  dello  spazio  esistente  tra 
le  linee  medie  delle  indicate  due  fosse  migliane,  per  avere  la  estensione  com- 
plessiva di  quattro  miglia  antiche,  senza  molto  curarsi  delle  intermediarie  che 
furono  stabihte  con  minore  precisa  determinazione  delle  lapidi  antiche  rinve- 
nute rovesciate.  In  seguito  di  questo  divisamento  ho  pregato  l'ingegnere  in 
capo  della  Bonificazione  Pontina  sig.  Paolo  Cavi  affinchè  colla  cooperazione 
dell'ingegnere  aspirante  sig.  V.  Minottini  e  colla  massima  diligenza  facesse 
prendere  precisa  misura  tra  gì'  indicati  due  termini.  Ed  a  tale  effetto,  per 
evitare  qualunque  equivoco  sulla  varietà  delle  misure  da  impiegarsi  in  tale 
operazione,  gli  ho  trasmesso  primieramente  un  regolo  colla  esatta  misura  del 
metro  tratta  dal  campione  in  metallo  che  si  conserva  alla  direzione  del  Censo, 
come  pure  al  gabinetto  fisico  dell'Università  della  Sapienza  e  del  Campido- 
glio ,  sul  quale  sono  state  basate  le  precedenti  operazioni  fatte  in  Roma .  te- 
nendo anche  conto  delle  piccole  varietà  di  dilatazione  dell'ottone  prodotte  da 
diversi  gradi  di  temperatura,  e  scegliendo  perciò  un  giorno  di  temperatura  me- 
dia. Quindi  fu  inviata  una  catena  della  lunghezza  precisa  che  fu  determinata 
dal  risultamento  ottenuto  misurando  le  anzidette  due  grandi  colonne  coclidi  di 
Trajano  e  di  Marco  AureUo,  cioè  piedi  antichi  cento  corrispondenti  a  metri 
29,  655.  Così,  essendo  ciascun  miglio  composto  di  piedi  cinque  mille,  per  ot- 
tenere la  intera  estensione  delle  suddette  quattro  miglia,  bastava  di  far  scorre- 
re duecento  volte  la  detta  catena.  Di  più  fu  ingiunto  al  medesimo  ingegnere 

impiegate  pertiche  di  venti  palmi  alquanto  più  lunghe  di  quanto  si  prescrisse  per  tale  spe- 
cie di  misura,  oppure  dal  non  avervi  prestata  una  diligente  cura;  giacché  gli  stessi  limiti, 
compresi  tra  le  migliane  XLII  e  XLYI  misurati  con  assai  esattezza,  si  sono  rinvenuti  di- 
stare almeno  trenta  metri  di  più.  E  quindi  da  ossen  are  che  le  indicate  colonne  migliane 
dovevano  appartenere  a  quel  ristabilimento  fatto  da  Ncrva  Trajano  tra  la  stazione  di  Tre- 
ponti  e  quella  del  Foro  Appio,  come  è  indicato  nella  iscrizione  riferita  nella  suddetta 
•  opera  del  Nicolai  con  le  altre  rinvenute  nel  luogo  stesso,  pag.  93,  94,  e  95.  Inoltre  giova 
osservare  che  nella  Pianta  delle  Paludi  Pontine,  pubblicata  da  Gian-battista  Chigi  nell'anno 
1778,  si  trovano  segnati  ancora  come  esistenti  al  proprio  luogo  i  cippi  delle  miglia  XLIJ, 
XLIII,  XLIV,  XLV  e  XLVI.  E  sarebbero  stati  veramente  di  moltissima  importanza  se 
non  fossero  stati  traslocati  allorché  s  imprese  ad  eseguire  la  Bonificazione  Pontina. 

32 


250  VIA    APPIA    APPENDICE    li. 

di  verificare  quella  misura  antica  che  si  trova  segnala  sino  a  piedi  cento  venti 
su  di  un  antico  taglio  verticale  fatto  su  quella  parte  sporgente  verso  il  mare 
vicino  alla  porta  Napolitana  della  città  di  Terracina ,  che  viene  volgarmente 
denominata  Pisco-montano,  per  allargare  il  transito  della  via  Appia  in  tale 
ristretto  luogo;  e  ciò  evidentemente  allorché  si  fecero  grandi  lavori  lungo  la 
stessa  via  da  Trajano,  nella  quale  epoca  si  crede  comunemente  essere  stato  in 
miglior  modo  stabilito  il  vicino  porto.  Imperocché  coll'anzidetta  catena  di  piedi 
cento  si  poteva  con  più  precisione  di  quella  ottenuta  per  lavanti  dall'inge- 
gnere Scaccia,  con  metodi  più  imperfetti,  verificare  la  stessa  misura  (12).  Sì 
dell  una  sì  dell'altra  commissione  prendeva  speciale  cura  l'anzidetto  ingegne- 
re Minottini,  e  con  molta  diligenza  si  faceva  nei  primi  giorni  del  mese  di 
luglio  dell'anno  1852  a  prendere  la  direzione  per  ottenere  una  esatta  misu- 
ra tra  le  fosse  migliarie  XLII  e  XLYI  della  via  Appia,  che  furono  scavate  in 
corrispondenza  delle  lapidi  che  determinavano  le  stesse  antiche  miglia,  im- 
piegando tanto  esatte  stagge  di  quattro  metri,  stabilite  sul  campione  inviatogli, 
quanto  l'anzidetta  catena  di  piedi  cento,  cioè  metri  29,  655.  Il  risultamento 
della  prima  osservazione  fu  di  avere  trovato  sulla  estensione  di  tutta  la 
linea  delle  quattro  migHa  della  via  Appia  un  sopravanzo  nelle  duecento 
catene  di  metri  19,  100,  cioè  nel  totale  metri  5911,  900  in  vece  di  metri 
5931,  000  che  portava  il  prodotto  di  metri  29,  655  moltiplicato  per  200. 
Quindi  da  ciò  si  dedusse  dovere  essere  la  estensione  del  miglio  antico  di 
circa  metri  1478.  cioè  già  superiore  di  metri  6,  768  del  risultato  ottenuto 
colla  prima  misura  fatta  dall'ingegnere  Astolfi,  che  fu  di  metri  14-71,  232. 
E  quindi  dall'osservazione  fatta  sulle  misure  numerale  nel  taglio  verticale 

(12'  La  anzidella  misura,  che  vedesi  determinata  con  numeri  romani  antichi  sul 
taglio  verticale  della  parte  del  monte  sovrastante  alla  città  di  Terracina  verso  la  porla 
Napolitana ,  denominato  volgarmente  Pisco-montano,  fu  con  maggiore  cura  primieramente 
presa  a  considerare  dall'ingegnere  Scaccia  nel  mese  di  marzo  deiranno  1813.  Egli  pren- 
dendo memoria  delle  parziali  divisioni  distinte  dai  numeri  XXX  al  CXX ,  per  essere  le 
inferiori  mancanti,  ne  dedusse  una  media  che  egli  ha  trovato  corrispondere  per  ciascun 
piede  a  metro  0,  292042,  come  risulta  da  alcune  sue  memorie  che  si  conservano  nell'ar- 
chivio dell'ufficio  della  BoniGcazione  Pontina  in  Terracina  e  che  mi  furono  gentilmente 
comunicate  dall'ingegnere  Marucchi.  Siffatto  risultamento,  trovandosi  inferiore  a  quei 
(he  furono  con  più  grandi  studj  determinati,  se  ne  deve  attribuire  la  poca  esattezza  tanto 
alla  difflcoltà  di  verificare  le  stesse  misure  sul  taglio  verticale  del  Pisco-montano,  quan- 
to all'incertezza  di  prescrizione  che  offrono  i  segni  tracciati  sulla  stessa  rupe,  come  an- 
cora all'impiego  di  misure  parziali  che  dovettero  essere  tratte  da  campioni  non  troppo 
esatti  o  alterati  nel  trasporto. 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  251 

del  Pisco-montano,  si  è  credulo  stabilire  il  piede  romano  a  metro  0,  295600, 
cioè  già  superiore  di  metro  0,  003558  alla  media  ottenuta  nella  enunciata 
precedente  misura  fatta  dall'ingegnere  Scaccia  che  era  limitala  a  metro  0, 
2920Ì2,  come  venne  chiaramente  dimostrato  nella  diligente  operazione  che 
mi  trasmise  il  sullodato  ingegnere  Minottini  munita  dell'autorevole  approva- 
zione dell'ingegnere  pontino  Paolo  Cavi  (13). 

(13)  Relazione  delle  misure  prese  fer  rilevare  la  lunghezza  del  miglio  e  del  piede  degli 
antichi  Romani.  —  1  Misura  del  miglio.  La  lunghezza  della  via  Appia  antica,  compresa  fra 
le  migliarle  XLII  e  XLVI,  era  verificabile  al  tempo  in  cui  il  Nicolai  scriveva  le  memo- 
rie della  Palude  Pontina,  perchè  stavano  al  loro  posto  le  colonne  migliane  XLII  e  XLVI. 
Venne  infatti  allora  misurata  la  lunghezza  nominata,  e  dalla  quarta  parte  di  essa  si  dedusse 
la  lunghezza  del  miglio  antico  che  servi  di  norma  per  stabilire  tutti  i  punti,  pei  quali  a 
squadra  coli' Appia  dovevano  condursi  le  fosse  migliarle  della  Bonificazione.  Attualmente 
più  non  esistono  questi  termini  migliarli  antichi,  e  quindi  non  può  aver  più  luogo,  a 
rigore,  la  verifica  della  lunghezza  del  miglio  antico.  Se  non  che  riflettendo  che  la  effet- 
tuazione delle  fosse  migliarle  sarà  riuscita  più  esatta,  o  meno  erronea  al  luogo  stesso 
ove  esistevano  i  nominati  termini  XLII  e  XLVI,  non  si  può  ora  misurare  che  la  distanza 
degli  assi  delle  migliane  medesime  in  linea  retta  orizontale  ed  a  squadra  cogli  assi  stessi 
che  sono  due  rette  parallele.  Tali  considerazioni  hanno  determinato  a  condurre  una  pa- 
tinata pel  mezzo  della  fossa  migliarla  XLVI,  ed  un'altra  per  quello  della  migliarla  XLII, 
portando  sul  terreno  con  precisione  la  linea  diretta  dalle  paline  ad  intersecare  la  strada 
Appia,  sulla  quale  si  è  fatta  la  misura.  Questa  si  è  eseguita  con  stagge  di  abete  ben 
dritte  lunghe  precisamente  metri  4,  ossia  lunghe  quattro  volte  il  metro  tolto  dal  cam- 
pione della  direzione  del  Censo  di  Roma.  Poi  si  è  fatta  la  misura  medesima  con  la  catena 
lunga  metri  29,  655,  e  verificata  per  tale  lunghezza  misurandola  col  medesimo  metro  cam- 
pione. Le  stagge  erano  in  numero  di  tre,  e  principiando  dall'asse  della  migliarla  XLVI 
venivano  disposte  tutte  e  tre,  una  in  prosecuzione  dell'altra,  in  linea  retta  e  a  squadra 
coll'asse  medesimo;  ciò  che  era  conseguito  coU'osservare  il  parallelismo  delle  stagge  di- 
stese in  terra  col  ciglio  della  strada  o  coll'alborata  di  essa;  perchè,  come  si  sia,  la  stra- 
da è  retta  e  le  migliarle  la  tagliano  ad  angolo  retto.  Veniva  poi  mossa  la  prima,  ossia 
quella  la  di  cui  estremità  combaciava  coll'asse  della  XLVI,  e  si  portava  avanti  alla  terza 
intestandola  con  essa  e  dirigendola  secondo  la  retta  parallela  all'alborata;  cosa  ben  fa- 
cile essendosi  disposte  le  stagge  in  prossimità  dell'alberata  medesima,  e  precisamente 
nella  banchina  della  strada  presso  che  piana  ed  orizontale.  Si  muoveva  in  seguito  la  se- 
conda portandola  ad  intestarsi  colla  quarta ,  e  sempre  colle  avvertenze  che  il  contatto 
della  testa  succedesse  nel  modo  più  possibile  compiuto,  che  si  conservasse  il  paralleli- 
smo coll'alborata,  ossia  che  si  percorresse  una  linea  vicinissima  alla  retta;  si  è  sino  al 
fine  della  misura  eseguito  lo  stesso  spostamento  di  stagge,  che  in  una  parola  consisteva 
nell'avvanzare  la  posteriore  delle  tre  intestandola  coll'anteriore  relativamente  alla  dire- 
zione in  cui  si  camminava  colla  misura. 


252  VIA    AI'PIA    APPENDICE    li. 

Benché  i  medesimi  risullamenli  difTeriscano  di  assai  poco  da  quelli 
ottenuti  dai  più  autorevoli  documenti  e  determinati  con  più  precisione; 
pure  anche  le  stesse  piccole  diversità  spariscono  quando  si  vogliano  pren- 
dere in  considerazione  le  seguenti  circostanze.  Relativamente  al  soprappiù 

Per  non  equivocare  nel  numero  se  ne  teneva  conto  dai  quattro  individui  destinati 
allosservazionc;  poiché,  essendo  a  due  affidata  la  rimozione  delle  stagge  posteriori,  a  due 
altri  rintestamento,  ciascuno  dei  due  primi  chiamava  il  numero  progressivo  della  staggia 
che  portava  per  fare  intestare  dai  due  secondi,  i  quali  ripetevano  il  numero  che  poi  si 
verificava,  e  ripetevasi  anche  mentre  stavasi  osservando  l'allineamento  delle  stagge.  Final- 
mente ogni  cinquanta  stagge  distese  se  ne  incominciava  di  nuovo  il  conteggio.  Così  ope- 
rando si  percorse  tutta  la  linea  dall'asse  delle  migliarla  XLVI  a  quello  della  migliarla 
XLII  con  stagge  numero  1478  con  un  divario  di  centimetri  38  che  l'ultima  staggia 
sorpassava  Tasse  della  migliarla  XLII.  Percorrendo  la  linea  misurata,  si  è  pure  osser- 
valo se  le  intermedie  migliane  fossero  egualmente  distanti  fra  loro;  e  si  è  rinvenuto  che 
le  intermedie,  ossia  le  distanze  comprese  fra  le  XLV  e  XLIV,  e  fra  le  XLIV  e  XLUI, 
sono  presso  che  eguali  a  1480  metri,  vale  a  dire  di  una  misura  maggiore  di  quella  che 
non  siano  le  XLYI  e  XLII  dalle  XLV  e  XLUI. 

Incominciando  poi  dall'asse  della  XLII  e  venendo  verso  l'asse  della  XLVI,  si  è  mi- 
surato colla  catena  della  rammentata  lunghezza  percorrendo  sempre  la  parallela  all'albo- 
rata;  e  per  giungere  fino  al  punto  di  partenza  della  misura  fatta  colle  stagge  si  diste- 
sero in  terra  catene  200,  con  cui  avvanzò  in  più  di  metri  19,  10.  Anche  colla  catena 
per  non  equivocare  nel  numero  si  ricominciava  il  conteggio  ogni  10  catene  misurate,  e 
ciò  era  regolato  come  appresso.  L'uomo  che  portava  il  chiodo  posteriore  della  catena, 
mentre  disponeva  esso  chiodo  nel  punto  che  gli  veniva  indicato,  chiamava  sotto  voce  il 
numero  progressivo  e  rimaneva  fermo  fino  che  la  catena  era  disposta  in  linea  retta  dal- 
l'uomo che  portava  il  capo  anteriore.  Quest'ultimo  poi  aspettava  con  il  chiodo  fisso  fino 
che  si  andava  presso  ad  esso  per  sostituire  al  chiodo  della  catena  una  punta  di  ferro  che 
si  aveva  cura  di  tenere  ben  ferma  fino  che  giungeva  il  primo.  Nel  momento  che  il  se- 
condo partiva  per  avvanzare  di  altra  catena  chiamava  il  numero  progressivo  che  era  ri- 
petuto ad  alta  voce  per  farne  rimanere  impresso  il  suono  essendo  gli  uomini  distanti 
per  circa  metri  30  fra  loro.  Anche  con  questa  seconda  misura  si  è  osservata  la  lunghezza 
delle  miglia  intermedie,  e  si  sono  trovate  con  molta  approssimazione  le  stesse  differenze 
rimarcate  quando  se  ne  fece  la  misura  delle  stagge,  ciò  che  prova  lesattezza  delle  mi- 
sure. Il  risultato  di  queste  due,  che  qui  per  concludere  si  può  riportare ,  è  per  le  stagge 
metri  5011,  62;  perchè  1478  stagge  lunghe  metri  4  importano  metri  5912,  dalle  quali 
tolti  centimetri  38,  avvanzati  nella  misura,  come  si  è  detto,  restano  metri  5911,  62: 
per  la  catena  5911,  90  che  risultano  da  200  catene  diminuite  di  metri  19,  10  a  seconda 
di  quanto  si  è  detto  precedentemente.  Quindi  la  lunghezza  del  miglio  dedotta  dalla  mi- 
sura delle  stagge  verrebbe  ad  essere  1477,  900  e  dedotta  dalla  misura  della  catena 
1477.975. 


SUL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  253 

(li  metri  19,  100,  rinvenuto  nella  totale  estensione  delle  suddette  quattro 
miglia  della  via  Appia,  si  rende  importante  il  far  conoscere,  che.  avendomi 
fatto  ritornare  la  catena  di  cento  piedi ,  che  servì  a  determinare  la  stessa 
dimensione,  e  raffrontandola  con  la  misura  dei  cento  piedi  dedotti  dalle 
anzidette  due  colonne  e  registrata  in  effettivo  sopra  regoli  ben  connessi , 
(rovai  che  in  vece  di  essere  metri  29 ,  655  si  era  eslesa  a  metri  29 ,  665 
evidentemente  nell'eseguire  la  indicata  operazione.  Quindi  detraendo  i  venti 

Questi  due  numeri  additano,  da  quanto  sembra  ragionevole,  che  la  misura  del  mi- 
glio sia  di  metri  1478.  Infatti  pare  probabile  che  li  38  centimetri,  di  cui  l'ultima  staggia 
ha  oltrepassato  Tasse  della  migliarla  XLII,  siano  conseguenza  del  non  perfetto  impos- 
sibile) contatto  delle  stagge  lunghe  con  precisione  metri  4;  e  che  la  catena  ad  onta 
di  tutta  la  diligenza  usata  possa,  come  ben  si  comprende,  avere  dato  una  differenza  in  me- 
no di  centimetri  10. 

2.  Misura  del  piede  antico.  —  La  misura  del  piede  antico  dedotta  dai  numeri 
incisi  in  mezzo  a  targhe  quadrangolari  nello  scoglio  chiamato  Pisco-montano  presso 
porta  Napolitana  in  Terracina,  si  è  eseguita  come  appresso.  Si  è  adoprata  la  catena  per 
ottenere  la  linea  a  piombo  inalteral)ile  dal  vento,  e  si  sono  misurate  con  essa  le  altezze 
seguenti:  1.  L'altezza  compresa  fra  il  segno  XXX,  e  il  segno  CXX  si  è  trovata  di  me- 
tri 26,  608.  2.  Si  è  fatta  la  misura  egualmente  colla  catena  dal  segno  C  al  CXX  e  si  è 
rinvenuta  di  metri  5.  900.  3.  Si  è  finalmente  ripetuta  dal  segno  C  al  CX  e  è  si  è  trovata 
di  metri  2,  949. 

Ora  a  giudicare  della  lunghezza  del  piede  dalla  prima  misura  risulterebbe  prima,  metro 
0,  2956  ;  dalla  seconda  0,  2950  ;  dalla  terza  0,  2958.  Tali  differenze  risultanti  certamente 
dalla  inesattezza  con  cui  sono  fatte  e  disposte  le  targhe  contenenti  i  numeri,  che  non  sono 
nò  eguali,  né  in  una  medesima  verticale,  in  una  parola  la  inesattezza  di  esecuzione  nel- 
r  incidere  nello  scoglio  i  nominati  numeri,  produce  una  incertezza  della  vera  lunghezza  del 
piede  antico.  Se  non  che  si  potrà  fare  osservare  che  il  primo  di  tali  risultati ,  quello  che 
da  il  piede  lungo  metri  0,  2956,  differisce  di  soli  3  decimi  di  millimetro  da  quello  ripor- 
tato nell'opera  dell'egregio  professore  Venturoli  che  è  0,  2953;  e  che  di  più  essendo  il 
miglio  antico  composto  di  5000  piedi,  cinquemila  volte  la  lunghezza  0,  2956,  darebbe 
metri  1478  per  la  lunghezza  del  miglio,  come  si  è  trovato  nella  misura  descritta  e  ripor- 
tata nella  presente  relazione.  E  si  potrà  anche  aggiungere  che  pare  doversi  riguardare 
più  prossimo  al  vero  il  primo  risultato;  perchè  le  inesattezze  di  esecuzione  meno  sensi- 
bili si  rendono  nella  misura  totale  da  cui  risulta,  di  quello  che  non  sia  nelle  parziali, 
che  per  semplice  verifica  della  prima  ed  anche  in  qualche  modo  a  giustificarla  si  sono 
ripetutamente  eseguite. 

Terracina  10  Luglio  1852. 
V.  Minottini  Ing.  Asp. 
Visto  regolare 

P.  Cavi  Ing.  Pontino. 


254-  VIA    APPIA    APPENDICE    II. 

decimetri,  che  risultano  dal  complesso  delle  duecento  catene  componenti  le 
medesime  quattro  miglia,  si  trova  con  pochissima  varietà  compensata  la 
indicata  differenza,  cioò  metri  20,  in  vece  di  19,  100.  E  ciò  si  deve  vieppiù 
tenere  in  considerazione,  giacché  nella  parziale  misura  delle  indicate  miglia, 
si  sono  trovate  quelle  tra  le  XLIII  e  XLY  essere  eguale  a  metri  1480,  cioè 
di  poco  varie  di  quanto  si  è  risultato  in  seguito  della  riferita  operazione. 
Quindi  relativamente  alla  piccolissima  differenza  ottenuta  tra  il  valore  del 
piede  dedotto  da  quanto  esiste  tracciato  sul  piano  verticale  del  Pisco-mon- 
tano,  in  metro  0,  29560,  da  quella  derivata  dagli  anzidetti  monumenti  in 
metro  0,  29655,  è  tanto  insensibile  che  sui  piedi  120  di  estensione,  riducen- 
dosi a  metro  0,  00950,  può  considerarsi  equivalere  alla  larghezza  dei  segni 
che  rozzamente  vennero  incavati  in  detta  rupe  per  denotare  la  stessa  misura. 
Laonde  tutto  ciò  ci  porta  a  confermare  i  risultamenti  ottenuti  dai  suddetti 
più  insigni  monumenti  ;  cioè  per  il  piede  metro  0 ,  29635 ,  per  il  passo  1 , 
481750,  per  il  pletro  29,  635  e  per  il  miglio  1481 ,  750  (14). 

Siccome  si  trovano  spesso  dagli  antichi  scrittori  indicate  le  distanze 
della  stessa  parte  della  via  Appia,  presa  ad  illustrare,  anche  in  stadj  che 
propriamente  appartengono  alla  misura  greca  ;  così  non  si  può  omettere 
di  dare  un  qualche  cenno  su  tale  specie  di  misura,  come  eziandio  ciò  si 
rende  necessario  per  sempre  più  confermare  col  rapporto  ben  cognito  il 
suddetto  risultamento  per  la  misura  romana.  Limitandoci  a  considerare  tra 
la  grande  varietà  dei  diversi  stadj  quello  comunemente  detto  Olimpico,  che 
si  trova  determinato  con  maggiore  approvazione  sul  rapporto  dei  seicento 
stadj  per  ogni  grado,  che  corrisponde  a  metri  185,  201,  e  per  conseguenza 
la  seicentesima  parte,  che  costituisce  l'antico  piede  greco,  metro  0,  308501, 
come  particolarmente  è  stato  dimostrato  con  le  più  autorevoli  notizie  nel 
principio  del  Volume  V  della  mia  opera  sull'Architettura  antica.  Ora  seguen- 
do la  proporzione  stabilita  coH'autorità  di  Phnio  e  di  altri  antichi  scrittori , 
di  essere  stato  lo  stadio  stesso ,  composto  di  piedi  greci  600 ,  eguale  a 
passi  125,  cioè  piedi  romani  625,  se  ne  deduce  il  valore  dello  stesso  piede 


(14)  Gli  stessi  risultamenti  si  sono  verificati  col  prendere  a  considerare  diversi  mo- 
numenti di  recente  scoperti  lungo  la  via  Appia,  e  principalmente  in  quegli  spazj  che  si 
trovarono  detcrminati  con  misure  registrate  sui  soliti  cippi  terminali  che  si  trovarono  an- 
cora sussistere  al  proprio  luogo.  E  quindi  si  potè  anche  contestare  esaminando  l'area 
occupata  dal  grande  monumento  di  Cotta  a  Casal  rotondo  che  si  stendeva  nel  basamento 
a  piedi  120  per  ogni  lato,  cioè  un  acto,  e  così  quello  ben  cognito  di  Cecilia  Metella  che 
si  trova  essere  di  piedi  100,  cioè  un  pletro. 


Sl'L    VALORE    DEL    MIGLIO    ANTICO.  255 

di  metro  0,  296 160  5  cioè  di  assai  poco  differente  da  quello  ottenuto  da 
lutti  i  precedenti  risultamenli  (15).  Così  considerando  il  miglio  composto  di 
otto  stadii .  come  in  modo  più  distinto  si  è  dichiarato  da  Slrabone  coH'auto- 
ritiì  di  Polibio,  e  moltiplicando  il  detto  valore  dello  stadio  di  metri  185,  201 
per  8.  si  avrà  il  prodotto  di  metri  1481,  608,  che  eziandio  varia  assai 
poco  da  quello  precedentemente  stabilito.  E  questo  risultainento  serve  a 
spiegare  l'equivoco  spesso  preso  dagli  antichi  scrittori  di  considerare  lo  sta- 
dio composto  di  piedi  romani  600  in  vece  di  625,  cioè  confondendo  il 
piede  greco  col  romano,  mentre  differivano  tra  loro  come  24  a  25  (16). 

(15)  Staditim  cenlitm  liginli  quinque  noslros  effacit  passili,  hoc  est  pedes  sexcentos  vi- 
gnili qiiiiiqiie.  'Plinio,  !\al.  Ifist.  Lih.  IL  e.  21.'  E  lo  stesso  è  confermato  da  Censorino  fDe 
Die  \at.  e.  13  ',  da  Columella    De  Re  Riisl.  Lib.  IV.  e.  V  e  da  Isidoro  fOrig.  Lib.XV.  e.  15.; 

(16)  Slrabone,  descrivendo  la  via  che  da  Apollonia  metteva  nella  Macedonia,  e  che 
denominavasi  Ignazia,  dichiarava  che  si  estendeva  a  miglia  535;  cosicché  computando,  se- 
condo il  comune  uso,  olio  stadii  per  ciascun  miglio,  sarebbero  slati  stadii  4280:  ma  os- 
servava egli  che,  secondo  Polibio,  agli  otto  stadii  si  dovevano  aggiungere  due  jugeri,  ossia 
la  terza  parte  di  uno  stadio,  cioè  altri  stadii  178,  che  corrispondevano  alla  terza  parte 
del  suddetto  numero  delle  miglia,  ed  insieme  costituivano  stadii  4458;  Ex  5i  rij,  ^AncX- 
l'jivia;  ci;  MzzjSsvj'av  ó  'Ej^/aiici  IttÌv  c§è;  npè;  'ia,  /Sj^Svjuariffjtis'vi?  zara  ixihov,  y.x'. 
y.xrzazvilaijAvrj  [jI/oi  Kuóf/ju  v.y.ì  "Ef^jou  nozap.ov-  nù.'fM  S'  ìc-:t  m'jza.y.oaioyj  rpióc/.ov- 
TX  -£vT5'  lo'jiì^cixi'J'j)  oi,  à;  fj.hj  ci  nolloì,  to  p.'thTJ  òy.zccjz^^Lov,  rzrpxy.i'y/Dxoi  m  z'tvj 
(jnx^ict,  VM  ìv.  av-oì;  ^tu.v.ó'j'.c'.  ìySjv^zovta,  oó;  §£  Ylo)/jlito',  ~po'j-ùiiq  rìi  'cy.-a<jxcciia 
Qinlz'Sspov,  e  ia-.t  xpixo^j  a-xSiov,  r,poa'bi-ic'j  cùlcv;  a-a^cov;  iy.xzò'j  ifi^cvny.ovza.  cy:à, 
tÒ  ■zpi-o-J  rcv  zS)V  ujX/mv  àpùuov.  (Slrabone.  Lib.  VII.  e.  1.)  E  da  osservare  neiresposla 
calcolazione  che  Slrabone  prese  a  considerare  lo  stadio,  composto  di  piedi  600,  senza  far 
distinzione  tra  il  piede  greco,  che  con  tal  numero  si  componeva  lo  stadio,  ed  il  romano  che 
ne  comportava  625,  come  si  dichiara  dalle  surriferite  notizie,  e  come  doveva  intendere  Po- 
libio citato  in  tale  memoria;  e  così  per  tale  equivoco  venne  a  produrre  un  numero 
maggiore  di  178  stadii;  mentre  considerando  il  miglio,  composto  sempre  di  otto  stadii,  di 
piedi  greci  600  ciascuno  eguali  a  piedi  romani  625,  ne  sarebbe  risultato  il  numero  delle 
miglia  limitalo  a  4280  stadii.  Ed  in  tale  equivoco  si  trova  spesso  caduto  il  medesimo  de- 
scrittore allorché  si  fece  a  determinare  la  estensione  delle  distanze  col  ridurre  le  miglia  a 
stadii ,  come  può  in  particolare  conoscersi  da  quanto  si  riferisce  alla  stessa  parte  della 
via  Appia  presa  ad  illustrare,  prescrivendo  stadii  160  alla  distanza  da  Roma  all'Ancia, 
mentre  secondo  tutte  le  notizie  più  esatte,  e  ciò  che  tuttora  può  conoscersi,  si  trova  sten- 
dersi tale  prima  stazione  miglia  16,  le  quali  calcolandole  sul  metodo  comunemente  appro- 
vato portano  solo  stadii  128,  errore  veramente  ragguardevole  quando  non  voglia  attri- 
buirsi ai  trascrittori  della  stessa  sua  descrizione.  Soltanto  al  medesimo  equivoco  si  può 
appropriare  la  indicazione  esposta  da  Plutarco  nel  far  menzione  delle  grandi  opere  falle 
eseguire  da  C.  Gracco  lungo  le  vie  principali  che  partivano  da   Roma  e  delle  lapidi  mi- 


256  VIA    APPIA    APPENDICE    II. 

Inoltre  è  importante  losservare  sul  medesimo  rapporto,  che  siccome 
600  degli  anzidetti  stadii  corrispondevano  ad  un  grado  del  meridiano  terre- 
stre ,  considerato  sempre  diviso  in  3G0  parli  eguali  secondo  il  metodo  solo 
conosciuto  dagli  antichi  senza  tenere  conto  delle  differenze  di  latitudine 
posteriormente  determinate ,  così  dividendo  un  tal  numero  di  stadii  in  8  per 
ridurli  in  miglia,  secondo  l'uso  di  piìi  approvato,  si  avranno  precisamente 
migha  75  per  ognuno  dei  medesimi  gradi  di  eguale  estensione.  E  così  men- 
tre si  è  trovato  il  valore  di  stadii  600  corrispondere  a  quello  prefisso  per 
uno  degli  stessi  gradi ,  ne  emerge  poi  maravigliosamente ,  moltiplicando  per 
75  il  valore  suddetto  di  metri  1481,  750,  prescritto  ad  un  miglio,  il  prodotto 
di  metri  111131,  250,  che  si  ragguaglia  colla  sola  piccola  varietà  di  metri  10, 
598,  a  quello  di  metri  111120,  652  dedotto  dalla  nonagesima  parte  della 
estensione  di  metri  10000858,  560,  assegnata  al  quadrante  terrestre  secondo 
le  correzioni  ultimamente  fatte  sulla  misura  del  metro ,  che  non  è  più  la 
dieci  millionesiina  parte  precisa  del  medesimo  quadrante ,  come  primie- 
ramente erasi  determinato.  E  quando  si  volesse  anche  farne  il  confronto 
con  la  misura  assegnata  al  parziale  grado  della  latitudine  da  Roma .  che  si 
prescrive  di  metri  111057,  93,  secondo  le  calcolazioni  del  Bessel,  si  avrà 
la  differenza  di  metri  73 ,  320,  che  pure  non  è  ragguardevole  in  confron- 
to di  tanta  estensione  per  essere  meno  di  un  metro  per  ogni  miglio.  Ma 
lenendosi  al  surriferito  metodo  proprio  degli  antichi ,  si  troverà  ragionevole 
di  avere  continuato  a  considerare  il  riparto  della  via,  presa  a  descrivere, 
sulle  miglia  di  75  per  ogni  grado  del  meridiano  terrestre  di  uniforme  esten- 
sione, equivalenti  a  stadii  italici  600,  ciò  che  costituisce  sempre  una  espres- 
sione più  aliquota  di  quelle  dedotta  dalle  moderne  definizioni  metriche  (17). 

gliarie  da  esso  stabilite,  dicendo  che  il  miglio  era  poco  minore  di  otto  stadii:  noè;  BÈ  rov- 
rst;  5cc(ij.-.7priijx;  y.arà  ij.D.co'j  ò^cv  nxam,  (ts  Se  [jaIìo-j  sxtsj  ctzS/cjv  o).r/ov  àr.o^ft)  y.io- 
vc<;  5,.'3(V5'j;  Gr^u.v.'x  tìÙ  fJ-zipov  v.oaiovtYJVi.  ("Plutarco,  ni  Cajo  Gracco,  e.  1.)  Perciocché, 
omettendo  di  fare  la  suddetta  distinzione  tra  il  piede  greco  ed  il  romano,  si  trova  infatti 
lo  stadio  considerato  composto  di  piedi  romani  600,  cioè  metri  177,  810,  essere  poco 
minore  di  piedi  greci  600  che  corrispondono  a  metri  185,  185. 

;17)  Suil' indicato  importante  risultamento,  ottenuto  per  la  esatta  divisione  di  un 
grado  del  meridiano  terrestre  tanto  in  stadii  600,  quanto  in  miglia  75,  si  rende  opportuno 
l'osservare  che  sarebbe  stato  assai  meglio ,  per  la  più  facile  ed  universale  applicazione , 
(he  nella  passata  epoca  delle  innovazioni  si  fosse  introdotto  il  parlimento  di  uno  degli 
stessi  gradi  di  media  estensione,  in  stadii  600  o  miglia  60;  ciò  che  avrebbe  corrisposto  a 
quella  divisione  che  è  tuttora  universalmente  adottata  e  che  suolsi  indicare  col  titolo  di 
miglio  gcograOco,  il  quale  particolarmente  si  trova  conservarsi  tuttora  con  pochissima  va- 
riazione nel  regno  di  Napoli,  come  venne  ultimamente  dimostrato  dal  cav.  Alfan  de  Ri- 


SUL   VALORE   DEL   MIGLIO   ANTICO.  257 

In  seguito  del  surriferito  più  esatto  risultaniento  sul  valore  delle  anti- 
che miglia  romane,  si  sono  con  grande  esattezza  stabiliti  i  luoghi  precisi  in 
cui  dovevano  essere  collocate  le  lapidi  migliane  lungo  la  stessa  parte  della 
via  Appia,  seguendo  l'ordinamento  stabilito  da  C.  Gracco,  secondo  Plutarco, 


vera.  E  ciò  sarebbe  stato  di  universale  approvazione  in  vece  di  stabilire  la  misura  metrica; 
che  ora  dopo  le  piiì  esatte  calcolazioni  non  si  trova  neppure  più  corrispondere  alla  diecl- 
miglionesima  parte  del  quadrante  terrestre,  sul  quale  si  volle  basare,  e  che  d'altronde  non 
offre  alcuna  relazione  con  tutte  le  misure  precedentemente  poste  in  uso  da  qualunque  po- 
polo antico  e  moderno;  mentre  per  altra  parte  si  discosta  per  l'indicato  suo  principio  da 
quanto  è  stato  in  ogni  tempo  stabilito  sulla  divisione  in  trecentosessanta  gradi  del  meridiano 
terrestre ,  che  non  si  è  potuta  vincere  colla  proposta  innovazione  e  che  continua  ad  essere 
praticata  in  qualunque  operazione  che  viene  fatta  sulla  divisione  del  circolo.  Quindi  siffatta 
misura,  anche  considerata  esente  da  errore,  si  trova  ridotta  a  presentare  nella  indicata  vo- 
luta divisione  una  espressione  assai  più  imperfetta  di  quella  degli  stadii  GOO,  o  delle  miglia 
60;  perchè  vedesi  determinata  a  metri  11  liti,  111,  e  colla  correzione  di  più  appro- 
vata a  metri  111120,  653.  Il  tanto  riconosciuto  benefizio,  che  è  proprio  di  tal  specie  di 
misura,  consiste  nella  suddivisione  decimale:  ma  ciò  si  poteva  ottenere  con  qualunque  altra 
specie  di  misura  ;  ed  anzi  ben  si  conosce  particolarmente  da  Vitruvio  essere  stato  lo  stes- 
so metodo  di  parlimento  instituito  dai  tempi  più  antichi:  Nec  minus  mensurarum  rationes 
(juae  ili  omnibus  operibus  videnlur  neccssariae  esse,  ex  corporis  mcmbris  collegerunt,  uti  digilum, 
palmum,  pedem,  cubitum,  et  eas  distribucrunt  in  perfeclum  numerum,  quem  Graeci  zilzio'j 
dicunt.  Perfectum  autem  antiqui  instituerunt  numerimi,  qui  decem  dicitur.  Namque  ex  ma- 
nibus  denarius  digitorum  numerus  ;  ex  digilis  vero  palmiis,  et  ab  palmo  pes  est  inventus. 
Si  autem  in  utrisque  palmis  ex  articulis  ab  natura  decem  sunt  pcrfecti,  edam  Plutoni  pla- 
cuit  esse  eum  numerum  ea  re  perfectum,  quod  ex  singularibus  rebus,  quae  p.o'jy^i:  apud 
Graecos  dicuntur,  perficitur  decussis;  quae  simul  ac  undecim  aut  duodecim  sunt  factae,  quot 
superaverint ,  non  possunt  esse  perfeclae,  donec  ad  alterum  decussim  pervenerint.  Singula- 
res  enim  res  particulae  sunt  eius  numeri,  f Vitruvio.  Lio.  III.  e.  \.)  Da  che  forse  si  è  co- 
minciato a  determinare  dall'uomo  qualche  estensione,  si  dovette  sempre  riferirla  ad  alcuna 
parte  del  corpo  umano,  come  trovasi  dichiarato  dai  nomi  appropriati  alle  varie  misure  rite- 
nute presso  tutti  i  popoli,  quali  sono  la  tesa,  il  passo,  il  braccio,  il  cubito,  il  piede,  il  palmo, 
il  pollice  ed  il  digito;  e  le  variazioni  delle  misure  stabilite  su  tali  particolarità  non  si  tro- 
vano mai  eccedere  di  molto  le  varietà  determinate  dalla  stessa  natura  umana.  Così  volen- 
dosi contenere  in  tali  prescrizioni,  universalmente  adottate,  si  poteva  la  precisa  esten- 
sione di  un  grado  terrestre,  dedotta  sempre  dalla  divisione  di  Irecentosessanta,  dividere  in 
miglia  sessanta,  una  delle  stesse  miglia  in  stadii  10,  ed  uno  di  questi  stadii  in  cento  tese,  il  di 
cui  valore  si  trova  corrispondere  all'altezza  o  stesa  comune  dell'uomo  ;  e  quindi  continuando 
la  stessa  suddivisione  decimale  di  una  tesa  in  dicci  palmi,  di  un  palmo  in  dieci  dita,  e  di  un 
digito  in  dieci  minuti.  Così,  non  discostandosi  dalle  pratiche  più  comunemente  tenute  in 
uso  da  inveterate  abitudini,  si  sarebbe  ottenuta  la  più  facile  universale  applicazione  che 

33 


Ì5H  MA    AI'PIA    APPENDICE    li. 

delle  quali  disgiazialainenle  nessuna  si  trovò  al  proprio  luogo.  Ma  essendosi 
conservata  precisa  memoria  del  luogo,  in  cui  fu  rinvenuta  la  colonna  del 
primo  miglio,  che  ora  serve  d'inconcludente  ornamento  alla  balaustrata 
che  racchiude  la  piazza  Capitolina,  cioè  a  palmi  romani  512  fuori  dalla 
porta  di  S.  Sebastiano,  come  ampiamente  fu  dimostrato  dal  Revillas,  che 
si  trovano  corrispondere  a  metri  Ili,  480,  si  ebbe  così  un  punto  certo  on- 
de basare  l'operazione.  II  giorno  5  giugno  1852  il  sig.  Bravuzzi  ingegnere 
del  ministero  dei  Lavori  pubblici,  in  allora  deputato  ad  assistere  gli  scava- 
menti della  via  Appia ,  colla  coopcrazione  dell'architetto  Fontana  ispettore 
dei  monumenti  antichi ,  si  cominciò  a  determinare  la  indicata  posizione 
della  prima  colonna  migliarla  coU'appoggio  della  surriferita  distanza  dalla 
porta  S.  Sebastiano,  che  si  trovò  corrispondere  effettivamente  nel  luogo 
descritto  nelle  surriferite  memorie,  cioè  palmi  romani  8  prima  dell'angolo 
settentrionale  della  casa  annessa  alla  vigna  Naro  che  corrisponde  lungo  la 
via  Appia  al  di  fuori  della  suddetta  porta,  ove  infatti  si  dice  essersi  conser- 
vata sino  verso  la  metà  del  secolo  passato  una  lapide  commemorativa,  ed 
ove  ora  si  è  rinnovata  la  stessa  memoria.  Quindi  impiegando  la  catena  anzi- 
detta di  piedi  cento,  cioè  della  precisa  lunghezza  di  quanto  si  è  ottenuto  dagli 
studj  surriferiti  falli  sulle  due  colonne  coclidi  Trajana  ed  Antonina,  corrispon- 
denti a  metri  29,  635,  si  è  determinata  la  estensione  del  primo  miglio  facendo 
scorrere  diligentemente  la  stessa  misura  per  cinquanta  volte  dal  detto  luogo 
verso  la  città  e  seguendo  l'andamento  della  via  moderna  che  si  trova  corri- 
spondere sull'antica  ;  e  così  fu  definita  la  posizione  della  porta  Capena , 


l.inlo  si  desidera  in  ogni  specie  di  misura;  lucnlre  la  nuova  misura  non  si  è  potuta  ancora 
far  adottare  in  Francia  stessa,  ove  si  serve  sempre  del  piede  e  della  libbra  nel  comune  com- 
mercio. E  forse  correrà  pericolo  di  vedere  abbandonata  la  misura  metrica,  nonostante  le 
ordinazioni  governative,  come  si  dovette  abbandonare  tanto  la  divisione  dei  quattrocento 
gradi  nelle  figure  circolari,  quanto  quella  del  giorno  in  dieci  ore  cbe  si  volle  pure  intro- 
durre nella  stessa  epoca  delle  innovazioni  contro  ogni  prescrizione  dedotta  anche  dalla 
pulsazione  umana  in  stato  normale.  Quindi  è  cbe  si  troverà  ragionevole  di  essersi  in  que- 
sta esposizione  della  via  Appia  continuato  ad  adottare  il  riparto  in  miglia  delle  settanta- 
cinque a  grado,  e  di  mille  passi  comuni,  o  cinque  mille  piedi,  che  è  eziandio  una  espres- 
sione assai  meno   imperfetta  del  chilometro  in  rapporto  col  grado  stesso. 

(18,  Per  la  notizia  di  C.  Gracco,  esposta  da  Plutarco,  si  veda  la  nota  precedente 
N.  16.  E  tutto  ciò  che  venne  riferito  dal  Revillas  sul  luogo,  in  cui  esisteva  la  colonna  del 
primo  miglio  della  via  Appia,  si  trova  esposto  nella  sua  dissertazione  sopra  la  colonna 
chiamata  MllUariam  Aurmm,  che  fu  inserita  nel  Tomo  I.  Parte  II  delle  Dissertazioni  del- 
r.Vccademi.n  di  Cortona.  ])ubl)lica(o  in  Roma  ncIPanno  1802. 


SIL    VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  259 

ove  si  è  indicala  con  le  lettere  P  C ,  sul  muro  di  cinta  della  vigna  dei 
PP.  Camaldolesi  di  S.   Gregorio,  come  è  stato  ampiamente  descritto  in 
principio  della  Parte  I  di  questa  esposizione.   Poscia  ritornando  al  luogo 
determinato  avere  occupato  la  prima  colonna  niigliaria ,  si  è  rivolta  1  opera- 
zione lungo  la  continuazione  della  via  Appia  che,  nonostante  la  piegatura 
dell'attuale  strada,  si  conosce  avere  corrisposto  sull'antica  via;  e  facendo  tra- 
scorrere la  stessa  catena  per  cinquanta  volte,  si  giunse  a  determinare  il  luo- 
go, in  cui  doveva  esistere  la  colonna  del  secondo  miglio,  a  metri  6,  930 
distante  dall'angolo  meridionale  del  casino  della  villetta  Casali.  Così  succes- 
sivamente nel  modo  stesso  si  conobbe  il  luogo  occupato  dalla  colonna  del 
miglio  terzo  a  metri  102,  750  distante  dal  centro  del  sepolcro  di  Cecilia 
Metella  determinato  dal  mezzo  della  lapide  contenente  la  iscrizione  antica, 
ove  fu  fissata  l'estremità  settentrionale  della  base  romana  stabilita  dal  Bo- 
scovich  per  servire  alla  misura  di  un  grado  del  meridiano.  Continuando 
la  misurazione  anzidetta,  si  è  rinvenuto  il  luogo  occupalo  dalla  quarta  co- 
lonna migliaria  a  metri  2,  300  prima  del  centro  del  monumento  antico 
atlribuilo  a  Seneca.  Quindi  quella  del  miglio  quinto  si  è  conosciuta  avere 
corrisposto  a  metri  i4,  200  prima  del  centro  di  quel  monumento  rotondo 
antico  su  cui  vedesi  eretta  una  torre  del  medio  evo.   Quella  del  miglio 
sesto  si  conobbe   essere  stata  collocata   a  metri  29,  500  dopo  il  centro 
dell'antico  monumento  di  Colla  a  Casal  rotondo.  La  corrispondenza  della 
colonna  settima  si  è  indicala   nella  macerie  del  lato   destro  al  termine 
della  discesa,  per  non  essersi  rinvenuto  da  vicino  alcun  monumento.  La 
colonna  del  miglio  ottavo  si  trovò  avere  corrisposto  a  metri  53  dopo  la 
linea  centrale  delle  colonne  del  lato  meridionale  del  tempio  detto  di  Ercole. 
La  posizione  della  colonna  del  nono  miglio  si  trovò  determinata  a  metri 
420,  890  prima  del  centro  del  grande  monumento  rotondo  che  s'innalza 
a  guisa  di  un  colle  nel  confine  dell'agro  romano.  La  colonna  del  miglio  de- 
cimo fu  determinata  a  metri  165,  -iOO  dopo  un  grande  monumento  quadralo 
che  si  trova  esistere  nel  lato  sinistro.  E  la  posizione  del  miglio  undecimo 
si  è  indicala  nelle  crepidini  della  via  antica  alla  distanza  di  metri  527,  290 
dall'angolo  settentrionale  della  fabbrica  delle  Frallocchie  ed  a  metri  124. 
500  da  quel  tumulo  posto  nel  lato  sinistro  della  via,  che  credesi  avere  ser- 
vito per  determinare  la  estremità  meridionale  della  base  di  Boscovich.  Quin- 
di in  fine  si  è  protratta  la  misura  stessa  lungo  l'attuale  via  di  Albano,  stabi- 
lita sull'andamento  dell'antica,  e  si  è  trovata  la  colonna  del  duodecimo  raigho 
avere  corrisposto  a  metri  385,  250  prima  della  colonna  che  serve  a  denota- 
re lo  stesso  miglio  della  nuova  via.  E  siccome  da  vicino  al  luogo  stesso  si 


2(>0  MA     Vl'I'IA    Al'l'ENDlCE    II. 

trova  avere  corrisposto  l'antica  città  di  Boville,  clic  costituisce  il  limite  pre- 
scritto alla  parte  della  via  Appia  presa  a  descrivere;  così  venne  ivi  deter- 
minalo anche  il  termine  dell'operazione  impresa  ad  eseguire  al  particolare 
scopo  di  determinare  le  miglia  comprese  in  essa. 

La  esposta  determinazione  delle  antiche  miglia  lungo  la  via  Appia , 
ci  porta  inoltre  a  stendere  le  ricerche  ad  altri  importanti  studj  che  possono 
servire  di  mac'ior  conferma  al  risultamento  ottenuto.  È  ben  noto  che  nel- 
Tanno  1 750  fu  commesso  dal  Sommo  Pontefice  Benedetto  XIV  ai  PP.  Giu- 
seppe Boscovich  e  Cristoforo  Maire  di  fare  un  viaggio  scientifico  nello  stato 
Pontificio  onde  precipuamente  determinare  con  maggiore  precisione  una 
data  porzione  del  meridiano  terrestre,  e  che  a  tale  oggetto,  unitamente  alla 
diligente  misura  della  base  Riminese,  si  fece  quella  della  base  detta  Romana 
che  fu  stesa  precisamente  lungo  la  prima  parte  dell'antica  via  Appia,  presa 
ad  illustrare,  dal  sepolcro  di  Ceciha  Metella  alle  adiacenze  dell'osteria  delle 
Frattocchie  portando  a  compimento  le  operazioni  tutte  nell'anno  1755,  come 
si  dichiara  nell'opera  espressamente  pubblicata  a  tale  oggetto  (19).  Ma, 
mentre  non  rimase  dubbio  veruno  nel  riconoscere  la  estremità  settentrio- 
nale di  tale  base  Romana,  perchè  determinata  corrispondere  nel  mezzo 
della  lapide  in  cui  esiste  la  iscrizione  del  suddetto  sepolcro  di  Cecilia  Me- 
tella ,  insorsero  poi  disparità  di  opinione  nel  riconoscere  la  opposta  estre- 
mità corrispondente  nel  lenimento  delle  Frattocchie;  perchè  determinata 
da  una  pietra  che  si  dice  collocata  entro  ad  un  tumulo  che  non  più  si  potè 
rinvenire,  e  né  le  notizie  riferite  a  tale  riguardo  furono  sufficienti  a  scio- 
ghere  ogni  incertezza.  Quindi  dall'anno  1808  al  1810  alcuni  ingegneri  geo- 
grafi Francesi  sotto  la  direzione  del  tenente  colonnello  Moynet  si  accinsero 
con  diligenti  studj,  collegati  con  la  base  Riminese,  a  riconoscere  la  corri- 
spondenza dell'indicata  estremità  meridionale  della  base  Romana;  e  cre- 
dettero averne  ritrovato  il  luogo  ove  nel  mezzo  della  via  antica  nel  detto 
tenimento  delle  Frattocchie  innalzarono  un  pilastro  di  travertino  con  la 
iscrizione  denotante  essere  quello  il  termine  della  base  che  i  PP.  Maire  e 
Boscovich  misurarono  nell'anno  1751  per  servire  al  grado  di  Roma.  Ma 
anche  questo  pilastro,  dopo  di  avere  servito  di  segnale  a  tutte  le  osserva- 
zioni che  si  fecero  successivamente ,  venne  rovesciato  e  rialzalo  poscia 
nell'almo  1822  dagli  astronomi  Andrea  Conti  e  Giacomo  Ricchebach  per 

(19)  De  litleraria  expedilione  per  Ponlificiam  ditionem  ad  dimetiendos  dms  meridiani 
gradm  et  corrigendam  mappam  geographicam  jtissit  et  auspiciis  Benedicli  XIV  Pont.  Max. 
fimreptn  a  palrilms  Sue.  Jcsm  Christophoro  Maire  et  Rogerio  Joscpho  Boscovich.  Romae  1755. 


SUL   VALORE   DEL    MIGLIO    ANTICO.  261 

deleruiinare  la  posizione  geografica  dei  principali  luoghi  di  Roma  e  suoi 
contorni  benché  si  fosse  stabilita  a  tale  oggetto  un'altra  base.  Quindi  lo  stesso 
pilastro  servì  a  tutte  le  diligenti  ricerche ,  che  fece  per  più  anni  particolar- 
mente lo  stesso  Ilicchebach,  dalle  quali  venne  a  conoscere  non  potere 
esso  essere  identico  con  l'estremo  della  base  Boscovichiana  (20).  Poscia 
dopo  di  avere  servito  pure  di  segnale  per  la  triangolazione  ultimamente 
fatta  dagli  ingegneri  geografi  Austriaci  collegandola  pure  colla  base  Rimi- 
uese,  venne  nellanno  1850  interamente  tolto  dal  luogo  per  impiegarlo  a 
guisa  di  materiale  spezzalo  nella  costruzione  delle  macerie  che  racchiudono 
l'anzidetto  lenimento.  Per  riparare  a  tanta  trascuratezza  nell'avvicinare  le  sca- 
vazioni, imprese  a  farsi  dal  governo  Pontificio  per  lo  scuoprimento  della  via 
antica,  al  luogo  in  cui  doveva  trovarsi  il  dello  pilastro,  feci  usare  le  più  dili- 
genti cure,  onde  non  solamente  rinvenire  tracce  del  suo  basamento,  ma  an- 
che se  fosse  stato  possibile  scuoprire  la  pietra  sotterrata  dal  Bosco\ich  entro 
ad  un  tumulo.  Però  solamente  si  è  potuto  scuoprire  la  pietra  che  fu  posta  a 
servire  di  base  al  suddetto  pilastro  in  circa  nel  mezzo  della  via  antica  ed  a 
metri  73,  500  prima  di  giungere  ad  un  sepolcro  che  unico  a  guisa  di  tumulo 
esiste  nel  lato  sinistro  nelle  stesse  adiacenze  ;  e  si  procurò  che  tale  ba- 
samento fosse  conservato  al  proprio  luogo.  In  questo  stato  di  cose,  mentre  si 
desidera  che  sia  portata  ad  effetto  la  operazione  proposta  a  farsi  dal  P. 
A.  Secchi  direttore  dell'osservatorio  astronomico  del  Collegio  Romano  al- 
loggetlo  parziale  di  determinare  con  precisione  tutto  ciò  che  può  essere  re- 
lativo alla  medesima  base,  imprendendone  anche  una  più  diligente  misura- 
zione con  lutti  quei  mezzi  che  ora  si  sono  portati  a  miglior  perfeziona- 
mento ,  tanto  per  contestare  la  esattezza  delle  operazioni  fatte  dai  PP. 
Boscovich  e  Maire,  appartenenti  al  medesimo  ordine  religioso,  le  quali  furono 
tacciate  d'inesattezza  principalmente  dal  barone  di  Zach ,  nelle  sue  esposi- 
zioni pubblicale  nei  volumi  delle  corrispondenze  astronomiche ,  quanto  per 
determinare  con  la  maggiore  esattezza  possibile  la  estensione  della  base 
slessa  ed  in  conseguenza  il  suo  estremo  meridionale ,  mi  Umilerò  a  fare  le 


^20)  Posizione  geografica  dei  principali  luoghi  di  Roma  e  dei  suoi  contorni.  Opmcoìo 
di  Andrea  Conti  e  Giacomo  Ricchebach  pubblicato  in  Roma  nellanno  1824.  —  Esame  im- 
parziale della  triangolazione  del  P.  G.  Ruggero  Boscovich.  Memoria  postuma  del  canonico 
Giacomo  Ricchebach.  Roma  1846.  Sui  risullamenli  ottenuti  dalie  operazioni  descritte 
nelle  citate  pubblicazioni  fu  fissata  la  mia  grande  pianta  topografica  della  Campagna 
romana  contenuta  in  sei  fogli  e  redatta  sulla  proporzione  di  uno  a  sessantamille,  che 
offre  sempre  il  più  ragguardevole  lavoro  che  sin"  ora  si  sia  pubblicato  su  tale  oggetto. 


262  VIA    APPIA    APPENDICE    II. 

seguenti  osservazioni  unicamente  dirette  a  servire  alloggetlo  prefisso  dallo 
scopo  di  queste  ricerche. 

Stante  l'indicata  incertezza  della  corrispondenza  dell'estremità  meridio- 
nale della  base  stabilita  lungo  la  via  Appia  dal  Boscovich ,  per  lo  smarri- 
mento del  segnale  espressamente  collocato,  che  si  volle  persino  credere  dai 
suoi  oppositori  avvenuto  secondo  i  desiderii  dello  stesso  astronomo  per  to- 
ghere  il  motivo  a  qualunque  verifica  delle  sue  asserzioni;  e  stante  i  grandi 
sconvolgimenti  che  si  fecero  nel  terreno ,  in  cui  fu  slabihta  la  stessa  estre- 
mità, per  i  molti  scavamenti  fatti  e  per  le  susseguenti  variazioni  delle  mace- 
rie costrutte  nel  riparto  delle  suddivisioni,  tutto  ciò  porta  ad  attenersi  a 
quanto  può  dedursi  dalle  attuah  condizioni  del  medesimo  luogo.  Quindi  dalle 
indicazioni  esposte  dal  Boscovich  sulla  determinazione  della  estremità  della 
sua  base ,  escludendo  le  corrispondenze  riferite  alle  macerie  ad  altro  og- 
getto che  più  non  sussiste,  si  devono  limitare  le  ricerche  a  quanto  venne 
indicato  sul  collocamento  della  pietra  posta  sotto  ad  un  tumulo  per  con- 
servare memoria  dello  stesso  estremo  (21).  Ora  nello  stato  attuale  del 
luogo  stesso  non  si  trova  sussistere  nessuna  rehquia  che  nelle  sue  adiacen- 
ze presenti  la  forma  di  tumulo,  altro  che  una  esistente  nel  lato  sinistro 

(21)  Le  notizie  sulla  corrispondenza  dell'eslremità  meridionale  della  base,  misurala 
da  Boscovich  lungo  la  via  Appia,  si  deducono  dai  seguenti  passi  della  citata  sua  esposizio- 
ne sulla  letteraria  spedizione;  cioè  all'art.  109  del  primo  Opuscolo:  Pro  altero  igitur 
basis  exlrcmo  ipsam  Metellae  molem  deìegimus,  punctum  nimirum  illiid,  quod  in  eadem 
via  mediae  inscriptioni  respondet  ad  perpendictdum,  alterum  autem,  uhi  infra  eum  locitm, 
quem  Fraltochias  dicunt,  Iribus  circiter  ab  Albana  porta  milliariis  ipso  via  intermmpitur 
pomario,  circiimsepto  qua  muro,  qua  maceria,  ad  Columnensium  familiam  pertinente,  et  ipso- 
runi  villulae  ex  apposita  viae  parte  respondente-  Ibi  autem  jmullo  ante  maceriam  ipsam 
lapidem  in  editiore  loco  basis  dimensae  finem  effossa  humo  condidimus,  certts  circum  signis 
adjectis,  quo  deinde  facilius  inveniri  posset.  All'art.  120  dello  stesso  primo  Opusculo  : 
Invenimus  autem  reduclionum  omnium  ralione  habita,  in  ca  basi  palmos  53562  iy2  quos, 
hexapedae  modulo  recepto,  constitit  valere  liexapedis  0139  1^2  quamproxime  a  media  inscri- 
ptione  Metellae,  ad  lapidem  defossum  in  tumulo  Frattocchianae  UH  Columnensium  maceriae 
proximum.  Ed  in  fine  alParticolo  131  del  medesimo  primo  Opuscolo  determinando  an- 
che con  più  precisione  la  situazione  dcllaltro  estremo:  Et  primum  quidem  in  ipsa 
summa  sepulchri  Metellae  mole  constituimus,  prope  murorum  pinnas,  quae  inscriptioni  immi- 
nenti cum  suhiecto  alliorc  tabulato,  ubi  possemus  cum  ingenti  quadrante  consistere;  unde 
prospectus  in  alterum  basis  caput  poteret,  et  in  Januarinm  montem;  secundum  autem  in 
tumulo  ipsi  alteri  basis  capiti  proximo.  I.e  più  diligenti  ricerche  fatte  per  trovare  la 
corrispondenza  di  tale  estremità  della  base  Boscovichiana.  si  trovano  esposte  nella  citata 
memoria  postuma  del  Ricchebach. 


SUL    VALOKE    DEL    ftUGLIO    ANTICO.  263 

alla  distanza  di  metri  73 ,  500  dal  centro  della  base  discoperta  nel  mezzo 
della  via  del  pilastro  francese.  E  tale  tumulo  presenta  in  sostanza  il  solo 
luogo  da  dove  più  opportunamente  si  sia  potuto  operare  per  fare  le  osser- 
vazioni tanto  sul  segnale  dell'opposta  estremità  della  base  quanto  su  que- 
gli stabiliti  negli  altri  punti  della  triangolazione.  Ed  è  inoltre  da  osservare 
che  tale  tumulo  si  trova  distare  dalla  linea  media  della  via  quanto  pre- 
cisamente si  scosta  la  lapide  della  iscrizione  posta  sulla  fronte  del  se- 
polcro di  Cecilia  Metella,  ove  si  è  fissato  l'altro  estremo  della  stessa  base. 
Ma  poi  non  si  è  rinvenuto  entro  la  sua  piccola  cella  alcuna  pietra  che  aves- 
se potuto  servire  all'indicato  oggetto  ;  però  si  può  credere  essere  stata 
tolta  ,  come  si  tolsero  tanti  altri  oggetti  di  maggior  volume.  Quindi  se 
effettivamente  tale  tumulo  fosse  lo  stesso  di  quello  accennato  nelle  me- 
morie del  Boscovich,  mentre  si  sarebbe  trovato  corrispondere  nella  mi- 
sura prescritta  dalle  giustificazioni  fatte  dal  Ricchebach  per  la  distanza 
dalla  linea  centrale  della  via  determinata  in  tese  4,  26,  cioè  metri  8,  34-3, 
avrebbe  poi  corrisposto  a  maggiore  distanza  sulla  direzione  longitudinale 
della  stessa  via  di  quella  prescritta  dalle  medesime  correzioni  in  tese  5, 
462,  cioè  metri  10,795;  giacché  si  trova  la  differenza  protrarsi  sino  a 
metri  73,  500.  Ma  ciò  sarà  oggetto  di  considerazione  nei  surriferiti  studj 
proposti  a  farsi  per  togliere  ogni  incertezza  su  tale  riguardo.  Però  è  da  os- 
servare che  alle  dimensioni  prescritte  nelle  accennate  correzioni  del  Ric- 
chebach, nelle  scavazioni  ultimamente  estese  in  tutte  le  adiacenze,  non  si 
sono  trovate  tracce  di  aver  sussistito  alcun  monumento  distinto  che  avesse 
potuto  presentare  la  forma  di  tumulo.  Quindi,  considerando  avere  l'estremo 
della  base  Boscovichiana  corrisposto  sulla  direzione  del  mezzo  di  tale 
monumento ,  si  trova  tutta  la  stessa  base  essersi  compresa  dalla  colonna 
del  terzo  miglio  sino  a  quella  dell' undecimo  per  miglia  otto  di  esten- 
sione, che  calcolate  sul  rapporto  ottenuto  dai  precedenti  risultamenti  di 
metri  148L  750  per  ogni  miglio,  sono  insieme  metri  11854.  Poscia  ag- 
giungendovi i  metri  102,  750  rinvenuti  tra  il  centro  del  sepolcro  di  Ce- 
ciha  Metella  ed  il  luogo  in  cui  si  conobbe  avere  esistitito  la  colonna  del 
terzo  miglio,  e  più  metri  124,  500  per  la  distanza  dal  luogo  stabilito  per 
la  colonna  del  migho  undecimo  al  centro  del  suddetto  tumulo,  risultano  in- 
sieme metri  12081,  250  di  estensione  sulla  superficie  del  suolo  della  via, 
cioè  miglia  otto  e  più  metri  227,  250.  La  misura  poi  della  base  Bosco- 
vichiana, considerata  su  di  una  linea  retta  e  su  di  un  piano  perfettamente 
orizzontale,  essendosi  ritrovata,  secondo  le  correzioni  del  Ricchebach,  di  tese 
6139,  650,  cioè  metri  11966,  400,  che  corrisponde  ad  otto  dei  suddetti 


26i  VIA    Al'l'U    APPENDICE    II. 

miglia  e  più  metri  112,  iOO,  si  trova  essere  minore  dell'anzidetta  conside- 
rata nell'estensione  superficiale  di  metri  Ili,  850  (22).  E  questa  differenza 
si  può  con  poca  varietà  considerare  poter  compensare  tutto  ciò  che  emerge 
dalla  maggiore  estensione  tanto  del  piano  generalmente  saliente  dal  luogo, 
in  cui  esiste  il  sepolcro  di  Cecilia  Metella,  ove  fu  fissato  un  esfremo  della 
base  anzidetta,  al  surriferito  tumulo,  ove  fu  riconosciuto  sussistere  l'altro 
estremo  deducendolo  dalle  stesse  calcolazioni  del  Boscovich  sulla  differenza 
delle  respettive  elevazioni  sopra  il  livello  del  mare  che  fu  determinato 
in  tese  4-7,  685,  cioè  metri  93,  302.  quanto  dai  parziali  piani  inchnati  e 
dalle  piccole  tortuosità  che  esistono  lungo  la  via.  Oneste  particolarità,  men- 
tre non  si  possono  con  precisione  determinare,  si  trovano  poi  produrre  una 
qualche  maggiore  estensione  sopra  la  misura  della  base  calcolata  sul  ret- 
tihneo  e  perfetto  piano  orizzontale  da  essere  sempre  però  contenuta  nella 
surriferita  differenza  di  metri  11-4,  850  derivata  dalle  due  differenti  esten- 
sioni. Laonde  da  ciò,  nonostante  le  indeterminazioni  e  le  varietà  che  sus- 
sistono, si  trova  ognora  contestata  la  corrispondenza  dell'antico  miglio  ro- 
mano in  metri  1481,  750  dedotta  dalle  precedenti  calcolazioni. 

Si  può  adunque  conchiudere  che  da  tutti  i  più  importanti  confronti,  che 
si  possono  fare  sulle  memorie  conservateci,  si  deve  ritenere  per  esatta  la 
misura  dei  cento  piedi  dedotta  dalle  due  colonne  coclidi  di  Trajano  e  di 
^larco  Aurelio ,  che  si  trovò  corrispondere  a  metri  29 ,  635.  E  da  questo 
preciso  risultamento  ne  emerge  la  corrispondenza  dell'antico  piede  romano 
in  metro  0,  296,  del  passo  composto  di  cinque  piedi  in  metri  I,  481,  e 
del  miglio  composto  di  cinque  mille  piedi  o  mille  passi  in  metri  1481 ,  750, 
che  con  assai  piccola  varietà  si  trova  eguagliare  la  settantacinquesima  parte 
del  grado  del  meridiano  terrestre  alla  latitudine  di  Roma  calcolato  sulle  cor- 
rezioni ultimamente  fatte. 

'22)  La  tesa,  di  cui  si  servì  il  Boscovich  nella  misura  della  base  stabilita  lungo  la 
via  Appia,  si  considerò  divisa  in  linee  804,  cioè  in  piedi  sei,  ogni  piede  in  once  dodici, 
ed  ogni  oncia  in  dodici  linee.  Quindi  nelle  più  diligenti  ricerche  fatte  dal  Ricchebach  , 
come  sono  esposte  negli  articoli  25,  26,  27,  28  e  29  del  citato  suo  Esame  impar- 
ziale sulla  triangolazione  del  Boscovich,  ne  risultò  esservi  stata  una  piccola  varietà  da 
([uclla  cosi  detta  del  Perù,  e  stabilì  avere  il  metro  corrisposto  a  443296  millesimi  delle 
suddette  linee,  mentre  quella  del  Perù  si  trovò  essere  eguale  a  443233.  Da  ciò  n'è 
risultato  che  la  estensione  della  base  stessa  calcolata  dal  Boscovich  si  trovò  essere  di 
tese  6140,  537,  cioè  di  metri  11968,  130;  mentre  colle  correzioni  del  Ricchebach 
venne  ad  essere  stabilita  in  tese  6139,  650,  cioè  metri  11966,  400.  Da  questi  rapporti 
si  trova  così  essere  stata  la  tesa,  impiegata  in  tale  misura,  eguale  a  metro  1 ,  949. 


APPENDICE  TERZA 
INDICAZIONE    TOPOGRAFICA 

DELLA  PRIMA  PARTE  DELLA  VIA  APPIA 


A  compimento  di  quanto  è  stato  enunciato  in  fine  delle  notizie  pre- 
liminari si  espone  una  succinta  indicazione  topografica  della  prima  parte 
della  via  Appia,  presa  ad  illustrare,  onde  dimostrare  la  sua  ubicazione  e  la 
posizione  dei  monumenti  principali  eretti  nei  suoi  lati.  Siffatta  indicazione  è 
basata  su  due  Tavole  che  fanno  conoscere  tutto  l'andamento  della  via  da 
Roma  a  Roville  diviso  in  tre  parti,  e  che  si  congiungono  a  questa  stessa 
Appendice.  Tutti  gli  oggetti  meritevoli  di  considerazione  sono  distinti  con 
una  successiva  numerazione  ripartita  negli  spazj  compresi  tra  le  colonne 
migliane,  e  contrasegnata  in  egual  modo  sulle  citate  Tavole.  Alle  stesse  par- 
ziali indicazioni  si  aggiungono  i  numeri  delle  pagini  in  cui  si  sono  descritti 
gli  accennati  oggetti  nella  esposizione  generale;  e  così  questa  Appendice 
serve  nel  tempo  stesso  d'indice  alla  medesima  descrizione.  Laonde  i  numeri 
romani,  posti  in  principio  di  ogni  indicazione  parziale,  corrispondono  a  quei 
simili  segnati  nelle  Tavole  topografiche;  ed  i  numeri  arabi,  posti  in  fine, 
si  riferiscono  a  quei  delle  pagiui  della  descrizione. 

PARTE  PRIMA. 

DALLA    PORTA   CAPENA    ALLA    PRISW    COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Porta  Capena  e  sue  adiacenze.  33  -  36. 

II.  Sepolcro  di  Grazia  posto  da  vicino  alla  detta  porta  Capena.  37. 

III.  Bosco  e  tempio  delle  Camene.  37  -  39. 

IV.  Tempj  dell'Onore  e  della  Virtù.  40  -  42. 

V.  Area  Radicarla  e  Mutatorio  di  Cesare.  .43. 

VI.  Case  denominate  dei  Parti.  43. 

VII.  Terme  Antoniniane  con  gH  edifizj  adiacenti.  43. 

VIII.  Via  Nuova  con  gli  orti  Asiniani  che  dovevano  esistere  ove  poscia   fu- 
rono edificate  le  dette  terme.  44. 

IX.  Posizione  delle  terme  Severiane  e  Commodiane.  45. 

34 


26(J  VIA    APPIA    APPENDICE    III. 

X.  Separazione  della  via  Latina  dall'Appia.  4-5. 

XI.  Sepolcro  degli  Scipioni  e  tempio  della  Tempesta.  -i6. 

XII.  Sepolcri  diversi  della  vigna  Moroni.  47. 

XIII.  Sepolcri  diversi  della  vigna  Casali.  48. 

XIV.  Altri  sepolcri  comuni  scoperti  nella  vigna  Codini.  49  -  50. 

XV.  Arco  di  Druso.  51. 

XVI.  Porta  Appia  detta  di  S.  Sebastiano.  52. 

PARTE  SECONDA. 

DALLA  PRIMA  ALLA  SECONDA  COLONNA  MIGLI  ARIA. 

I.  Colonna  del  primo  miglio,  53. 

II.  Tempio  di  Marte  e  scuola  di  Esculapio  e  di  Egia.  54  -  56. 

III.  Clivo  detto  di  Marte.  57  -  58. 

IV.  Archi  di  Vero  e  di  Trajano.  59. 

V.  Campo  di  Marte.  59  -  60 

VI.  Orti  di  Terenzio,  60-61. 

VII.  Sepolcri  diversi  a  destra  del  clivo  di  Marte  nella  vigna  Naro.  61. 
Vili.  Fiume  Aimone.  62. 

IX.  Sepolcro  di  Priscilla.  63. 

X.  Sepolcro  di  Gela.  64. 

XI.  Colombario  detto  dei  liberti  di  Augusto  nella  vigna  Vagnolini.   64  -  65. 

XII.  Colombario  dei  liberti  e  servi  di  Livia  Augusta.  66. 


»•- 


PARTE  TERZA. 

DALLA    SECONDA    ALLA    TERZA   COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Campo  ed  edicola  del  dio  Rediculo.  67  -  68. 

II.  Colombario  dei  liberti  della  famiglia  Cecilia.  68. 

III.  Colombario  dei  liberti  e  servi  della  famiglia  Volusia.  69. 

IV.  Via  antica  traversante  l'Appia  tra  il  secondo  ed  il  terzo  miglio  con  molti 

sepolcri  nei  suoi  lati.  70  -  72. 

V.  Scuola  e  collegio  del  dio  Silvano.  73. 

VI.  Sepolcro  di  Volumnio  esistente  tra  il  secondo  e  terzo  miglio.  74. 

VII.  Sepolcro  di  Claudia  Semne,  75. 

Vili.  Sepolcri  del  lato  sinistro  della  via.  76. 


LNDIGAZIONE    TOPOGRAFICA.  26T 

IX.  Chiesa  di  S.  Sebastiano.  77. 

X.  Tempio  di  Romolo  figlio  di  Massenzio.  77  -  78. 

XI.  Circo  di  Massenzio  e  villa  imperiale  nel  lato  orientale.  79. 

XII.  Tempio  di  Bacco  ridotto  a  chiesa  dedicata  a  S.  Urbano.  80-81. 

XIII.  Ninfeo  detto  volgarmente  grotta  di  Egeria.  82. 

XIV.  Acqua  fluente  nella  sottoposta  valle  detta  Relriceue  e  via  Ardeati- 
na.  83  -  85. 

XV.  Sepolcro  volgarmente  detto  tempio  del  dio  Redicolo  posto  lungo  la  via 
Ardeatina.  86. 

XVI.  Sepolcro  di  Cecilia  Metella.  87. 

XVII.  Sepolcri  di  Q.  Granico  Labeone  e  di  T.  Crustidio,  88. 

PARTE  QUARTA. 

DALLA    TERZA    ALLA   QUARTA    COLONNA   MIGLIARIA. 

I.  Triopio  con  tutti  gli  edifizj  annessi  alla  villa  di  Erode  Attico.  89  -  92. 

II.  Fabbrica  principale  del  predio  Amaranziano.  92. 

III.  Sepolcri  diversi  corrispondenti  tra  il  terzo  ed  il  quarto  migho.  93. 

IV.  Sepolcro  di  M.  Servilio  Quarto.  94  -  96. 

PARTE  QUINTA. 

DALLA    QUARTA    ALLA   QUINTA   COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Memoria  del  luogo  in  cui  accadde  la  morte  di  Seneca.  97  -  102. 

II.  Sepolcro  rotondo  incognito.  103. 

III.  Sepolcri  dei  figli  di  Sesto  Pompeo  Giusto.  104  -  105. 

IV.  Tempio  di  Giove  e  secondo  pago  Sulpizio.  106-  107. 

V.  Sepolcro  di  C.  Plinio  Eutico  eretto  da  C.  Plinio  Zosimo.   108. 

VI.  Sepolcro  di  C.  Licinio.  109. 

VII.  Sepolcro  dorico  costrutto  con  la  pietra  albana.  1 09. 
Vili.  Sepolcro  d' Ilario  Fusco.  110. 

IX.  Sepolcro  di  Tiberio  Claudio  Filippiano  e  dei  suoi  figli  Secondini.  1  IO. 

X.  Sepolcro  di  Q.  Appuleo  Pamfilo.  111. 

XI.  Grande  sepolcro  di  opera  laterizia.  Ili  -  112. 

XII.  Sepolcro  di  Rabido  Ermodoro,  di  Rabiria  Demaride  e  di  Usia  Prima 
sacerdotessa  d' Iside.  1 1 2. 


2()8  VIA    APPU    APPENDICE    III. 

X!II.  Luogo  ili  cui  fu  rinvenuta  la  iscrizione  di  lasdio  Domiziano  personag- 
gio consolare.  113  -  115. 

XIV.  Sepolcri  di  A.  Emilio  e  di  M.  Clodio  Filostorgo.  E  quindi  le  memorie 
di  L.  Valerio  Giddo,  e  di  A.  Argentario.  112  -  115. 

XV.  Sepolcri  del  lato  sinistro,  tra  i  quali  vi  sono  le  memorie  di  P.  Cacurio 
Filocle,  di  Q.  Flavio  Critone,  di  P.  Faiano,  di  Cresto  littore  Cesareo  e 
deiTribonii.  116-117. 

XVI.  Memorie  diverse  del  lato  destro  ed  in  particolare  un  grande  monu- 
mento di  opera  laterizia  e  le  iscrizioni  di  L.  Valerio  Barica,  di  T.  Fidi- 
clanio  e  di  M.  Cerdone.  117  -  119. 

XVII.  Sepolcro  rotondo  vicino  al  quinto  miglio.  119  -  120. 

XVIII.  Sepolcro  di  opera  laterizia  nel  lato  sinistro.  120. 

XIX.  Memorie  diverse  di  monumenti  comuni  cogniti  per  diverse  iscrizio- 
ni. 120  -  122. 

PARTE  SESTA. 

DALLA    QUINTA    ALLA   SESTA   COLONNA   MIGLIARIA. 

I.  Sepolcro  rotondo  formato  a  tumulo  posto  da  vicino  al  quinto  miglio  ed 

alle  fosse  Cluilie.  123  -  124. 

II.  Ustrino  corrispondente  dietro  al  detto  sepolcro  rotondo.  127. 

III.  Grandi  tumuli  creduti  avere  appartenuto  ai  due  Orazj  caduti  estinti  nella 
ben  nota  battaglia  data  in  tale  luogo.  125  -  127. 

IV.  Grande  sepolcro  piramidale  incognito.  128. 

V.  Sepolcro  di  Pomponio  Attico  e  di  Marco  Cecilio.  129  -  131. 

VI.  Sepolcro  dei  Terenzi.  132. 

VII.  Sepolcro  di  Pompea  Azzia.  133. 
Vili.  Villa  dei  Quintilii.  135  -  138. 

IX.  Sepolcri  di  Valerio  Spintore  e  di  Supsifana  Nice.  139. 

X.  Sepolcri  di  Pompeo  Licino  e  di  Settimia  Galla  con  altro  di  Vettena  Afro- 

disia. 140. 

XI.  Sepolcro  rotondo  con  fregio  ornato  d' Ippogrifi  ed  altro  di  P.  Sergio  De- 
metrio vinario  del  Velabro.  1  42. 

XII.  Sepolcri  del  lato  destro,  tra  i  quali  vi  sono  le  memorie  di  L.  Arrio  e  di 
C.  Gerulonio.  143. 

XIII.  Sepolcri  del  lato  sinistro  con  memoria  di  M.  Calvio  Rufo.  143. 

XIV.  Bagni  e  villa  a  destra  con  frammenti  di  trofei  e  fasti  consolari  143-1 44. 

XV.  Parziale  sepolcro  della  gente  Aurelia.  1 44. 


INDICAZIONE    TOPOGRAnCA.  269 

PARTE  SETTIMA. 

DALLA   SESTA    ALLA    SETTIMA    COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Grande  sepolcro  rotondo  detto  di  Cotta  a  Casal-rotondo.  1  i5  -  155. 

II.  Sepolcro  di  Sergio  Svezzio.  156. 

III.  Sepolcri  di  P.  Furio  Fiacco  e  di  Antonia  Trufera.  137. 

IV.  Sepolcro  di  P.  Quinzio  tribuno  della  legione  XVI.  157. 

V.  Sepolcro  comune  con  pavimento  in  musaico.  158. 

VI.  Sepolcro  di  M.  Lollio  Dionisio  ed  altri  del  lato  destro.  158. 

VII.  Sepolcro  di  A.  L.  Ilara  del  lato  destro.  159. 

VIII.  Grande  sepolcro  detto  volgarmente  Torre  selce.  159  -  160. 

IX.  Sepolcro  di  un  attore  scenico  greco.  160-161. 

X.  Sepolcro  di  M.  Giulio  dispensatore  di  T.  Claudio  Cesare.  162. 

XI.  Sepolcro  di  Tizia  Eucaride.  163. 

XII.  Sepolcro  di  G.  Attilio  Evodo  margaritario  della  via  Sacra.  163. 

XIII.  Altri  sepolcri  del  lato  sinistro  ed  in  particolare  una  memoria  di  Euti- 
chio  Fosforo.  16i. 

XIV.  Sepolcro  di  P.  Decumio  Filorauso,  164. 

XV.  Sepolcro  di  C,  Cedricio  Flacceiano  tribuno  militare.  165. 

XVI.  Monumento  adornato  con  figure  di  Telamoni.  165. 

XVII.  Sepolcro  del  lato  destro  di  M.  Llpio.  166. 

XVIII.  Secondo  ustrino  praticato  nel  lato  sinistro  della  via.  166. 

XIX.  Piegatura  della  via  successivamente  stabilita.  167. 

XX.  Sepolcri  del  lato  destro  della  discesa  della  via.  168. 

XXI.  Sepolcri  del  lato  sinistro  della  stessa  discesa.  168. 

PARTE  OTTAVA. 

DALLA   SETTIMA    ALL  OTTAVA   COLONTS'A    MIGLIARIA. 

I.  Sepolcro  posto  da  vicino  al  luogo  in  cui  esisteva  la  colonna  del  miglio  set- 

timo, e  nel  quale  fu  rinvenuto  un  ben  conservato  vaso  di  alabastro.  169. 

II.  Sepolcri  diversi  del  lato  destro.  170. 

III.  Grande  essedra  di  riposo.  170. 

IV.  Sepolcro  di  opera  laterizia.  170. 

V.  Sepolcri  diversi  del  lato  destro,  tra  i  quali  esiste  memoria  di  C.  Baberio 

col  suo  figlio  Zosimo  Lupo.  171. 


270  MA    APPI  A    APPENDICE    111. 

VI.  Sepolcro  del  lato  sinistro  di  0-  Plauzio.  171. 

VII.  Grande  nionumenlo  del  lato  destro.  172. 

Vili.  Sepolcro  di  M.  Pompeo  Maggiore  scriba  dei  questori.  172. 

IX.  Sepolcro  di  Cornelia  Salvia.  172. 

X.  Sepolcri  del  lato  sinistro.  172. 

XI.  Grande  sepolcro  rotondo.  173. 

XII.  Atrio  di  Silvano  e  tempio  di  Ercole  all'ottavo  miglio.  173  -  178. 

PARTE  NONA. 

dall'ottava    alla   nona   colonna   MIGLIARIA. 

I.  Reliquie  appartenenti  probabilmente  alla  villa  di  Basso.  180. 

II.  Altre  reliquie  forse  della  villa  di  Persio.  181. 

III.  Sepolcri  di  Q.  Cassio  appaltatore  di  marmi.  181. 

IV.  Sepolcro  grande  del  lato  destro.  181. 

V.  Sepolcro  di  Q.  Verranio.  182. 

VI.  Grande  sepolcro  rotondo  detto  il  Torraccio.  183. 

VII.  Reliquie  di  sepolcri  comuni  del  lato  destro.  184. 

VIII.  Reliquie  di  simili  sepolcri  del  lato  sinistro.  184.. 

IX.  Sepolcro  dell'imperatore  Gallieno  al  nono  miglio.  18.5  -  186. 

X.  Villa  dello  stesso  imperatore  Gallieno.  186  -  188. 

PARTE  DECIMA. 

DALLA   NONA    ALLA    DECIMA   COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Mutazione  di  cavalli  al  nono  miglio.  189. 

II.  Sepolcri  di  M.  Vitale  e  di  Celere  Vedano.  189  -  190. 

III.  Monumento  vetusto  costrutto  con  pietra  albana  ed  adornalo  con  colonne 
corintie  di  tale  pietra.  190. 

IV.  Memorie  del  lato  sinistro.  191. 

V.  Grande  tumulo  esistente  nel  lato  destro  della  via  da  vicino  al  confine 

dell'agro  romano.  191. 

VI.  Altri  sepolcri  del  lato  destro.  192. 

VII.  Sepolcri  del  lato  sinistro.  192. 

Vili.  Grande  sepolcro  quadrato  del  lato  sinistro  appartenente  ad  alcun  no- 
bile personaggio.  192. 
IX.  Sepolcri  comuni  del  lato  sinistro.  192. 


INDICAZIONE   TOPOGRAFICA.  271 

PARTE  UNDECIMA. 

DALLA    DECIMA    ALL'lADECIMA   COLONAA   MIGLIARIA. 

I.  Reliquie  di  sepolcri  esistenti  nel  lato  sinistro  della  via  dopo  il  luogo  de- 

terminato per  la  colonna  del  decimo  miglio.  193. 

II.  Reliquie  di  monumenti  del  lato  destro.  193. 

III.  Grande  sepolcro  rotondo   decorato   con    colonne  e  nicchie  diverse. 
194  -  195. 

IV.  Memorie  del  Iato  destro  con  cippi  terminali  di  pietra  albana  di  Giulio 

Dionisio  e  di  marmo  di  Yeturio  Rufo.  195  -  196. 

PARTE  DUODECIMA. 

DALl'l"M)ECIMA  alla  DUODECIMA  COLONNA    MIGLIARIA. 

I.  Luogo  in  cui  fu  discoperta  la  pietra  che  sosteneva  il  pilastro  terminale 

eretto  nell'anno  1808,  ove  fu  creduto  corrispondere  l'estremità  raeridio-. 
naie  della  base  di  Roscovich.  197  -  198. 

II.  Monumento  in  forma  di  tumulo  che  solo  presenta  probabilità  aver  potu- 

to sernre  al  detto  Roscovich  per  termine  della  sua  base.   198. 

III.  Memorie  del  lato  destro.  199. 

IV.  Termine  della  via  ristabiUta.  199. 

V.  Grande  sepolcro  rotondo  posto  lungo  la  via  di  Albano  a  sinistra.  201. 

VI.  Accesso  al  luogo  in  cui  esistono  le  rehquie  delle  fabbriche  principali 
della  parte  di  Roville  aggiunta  nel  tempo  dell'impero  romano.  202. 

VII.  Ruderi  di  mura  antiche  appartenenti  alla   vetusta  città  di   Roville. 
2U-216. 

FINE. 


DIPRBIATLR 
Fr.  Th.  M.  Larco  0.  P.  S.  P.  A.  Magistri  Socius. 

IMPRIMATUR 

Antonius  Ligi  Archiep.  Icon.  Vicesgerens. 


TAV=  I, 


-2_ 

s 


Temda/  dt/  Tpr  Carkp^^.,, 


VILLE 


PRIMA    PARTE    DALLA    PORTA    (-APENA  AL   MIGLIO    J\ 


TAV. 


c 


SmUIiPi^ia 


TOPOGRAFIA  DELLA  V!A  APPIA   DALLA    PORTA  CAPENA  A  BOYILLI' 


-S?" 


o    Ba.r'hu.ifi 


ÉAG  O    1  S  VliPIZlO    "VXTJIIUOB  E 


hJO 


TAV«1L  • 


ì 


Tea^a/      d«ù     I^aloTniar.i 


Tervlch^   diy'ùijp^:^^ 


di/    Ben>e/ 


|!^;;;-.»4i'' 


J  rf?uif7         nel' 


0L 


1 


XI    xn  3 

IKMl'IO  DI   ERCOLE 


_s 


-T51  1 


T'         _7  _?,V        P,.     „,   ^  WLLLA  DI  PERSICI 

I  muta/      tU/-      If7.0Taìì-o  .  „   ,;^\ 


VILCA    »!    BASSO 


^EJnb^jtìT'*''" 


.■3^;.^i 


^(Wiri-  ^^ 


Temila/  -di^  Fiorrìnf? 


':^ 


IO 


— "(J  U  »  1UI£<HJV -•VU.UfA.U    ' «JjH^m ■  «O'»*. 


vrf 


lifv^i"^"^"-*^'-  .■■:.,s:/ 


^tfe. 


AL  Noxo  ^   '^  7^^:5^IS^      J0I 


=ir- 


^ 


<;*■•''.- 


^./-iriV^^     -• 


a:    " 

i  -.  ■  ■ 


APPIA 

POSITTDNK     1>]'.  I.l. 
S%c         PIV  AN'EOjC.À    ci 'l'^'A    iU 


Z  emx-la 


^  1'  F.ATR  O  \         J 


\:'«<%v-.-^ 


lA . 


i<^>^' 


BOVILLE 

.■^^, 

^o 

■:, 

:'  Z 

< 

.-^-    -'-=|S 

/;>//,: 

J  ' ■'ikÌi.ii,  mi 

■    ',   ,. 

•    J^^ 

'""i 

>  7'  '^' 

•    ll^iV 

f^  ■' 

is<%A 

.-■/& 

ij"                 ( 

~lo           ■       .' 

•^ 

/- 

- 

%■-      ; 

- 

■■■%>  *:  1 

mv^a 

DELL>/  ■•' 

'■>*»««  |i. 

-vr-»-JBl-!^" 

^"^T*^:   ■ 

LI.  E 


)ND.\    l'Afv 


l-r    SI,:. 
Sterilita 


Tfnu/a    i/i  Iforria  rif/Ytii'i 


T.\v.  ]]. 


.  ,"  In'  — "  W  "■  ViìT*   ii-tri 


nllfm-       tit'      Fìf 


TILLA  DI  i>jiniiD 


/;,„^ 


TKRZA    PAKÌ  ) 


•SF^^-^"^ ^  '^"% li 


;  HI 


lì  nvy.  I-  i: 


IWU'lIJrfe       À 


,Vr*U  A  /I.A.  -^-*.   (-»- 


— l ^ 1— 


TOi^OGRAFlA   BEI. LA  VIA  APPIA    DALLA   PORTA   CAPKAA  A   BOyHJiK 


^i 


:«t:  ^  ;^ '^t^^F^'^^i^  'tùwm'mPk 


•  '»* 


-*«%  1^ 


■■^■■tski 

s 

.sdit. 

..■^■./ 


■^■% 


t:-t^